Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
A cura del dr. Giuseppe Pizzuti |
Arma
più antica Ferrari d'Epaminonda: d'azzurro, al compasso di
ferro al naturale aperto in capriolo, accostato in capo da tre
stelle a sei raggi, ed in punta da un monte di tre cime, il
tutto d'oro.
Altra: d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accostato
in capo da tre stelle a sei raggi, ed in punta da un monte di
tre cime, il tutto d'oro.
Arma di Matera:
d'azzurro, al compasso aperto sormontato da due stelle di sei
raggi il tutto d'oro, ed accompagnato in punta da un monte di
tre cime al naturale.
Arma Ferrari d'Antonello: d'azzurro, al monte di tre cime
movente dalla punta, accompagnato in capo da un compasso aperto
in capriolo, il tutto d'oro col filetto di rosso attraversante
posto in banda(1).
Arma Ferrari di Catanzaro e Taverna:
d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accompagnato da tre
stelle di sei raggi due nei fianchi ed una tra le aste; col
monte di tre cime movente dalla punta, il tutto d'oro.
Altra
dei Ferrari di Catanzaro e Taverna del ramo di Gerardino con il
capo dell'impero concessa da Carlo V il 1° febbraio 1536,
unitamente al cimiero ed il motto:
d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accompagnato da tre
stelle di sei raggi due nei fianchi ed una tra le aste, il tutto
d'oro; e sormontato in capo da un ramoscello di palma, col monte
di tre cime movente dalla punta, il tutto di verde; il tutto
abbassato sotto il capo dell'impero del secondo.
Cimiero:
tre rami di palma di verde.
Motto:
IUSTUS UT PALMA FLOREBIT |
© Cosenza, Chiesa di San
Domenico, particolare: stemma Ferrari d'Epaminonda |
I Ferrari
sono originari della città spagnola di Valenza; giunsero
nel Regno di Napoli con gli Angioini.
Dall'archivio della Regia Camera Summaria dell'anno 1316
si ha notizia di Goffredo Ferrarius di Cosenza
“pro quibusdam bonis foeudalibus, consistentibus in
Vallis et Terrenis quoe tenent in foendum in
pertinentiis Consentinoe et Montis Scini”.
Dall'archivio citato, nel 1383 e 1384, Riccardo
Ferrari viene chiamato “fedele e familiare del Re
Carlo III di Durazzo”.
Giacomo Ferrari, fu “milite fedele e barone”, lo
si legge nel registro di Re Ladislao e figlio del citato
Re Carlo.
Altro Goffredo di Giacomo, nei registri su citati
è chiamato “Vir nobili et fidelis”.
In Cosenza fiorirono due rami: Ferrari d'Epaminonda e
Ferrari d'Antonello. |
Ferrari di Macchia e d'Epaminonda
Titoli: patrizi di Cosenza, baroni, marchesi.
Patroni:
Santa Maria, San Francesco di Paola, San Vincenzo
Ferreri. |
Famiglia
originaria di Acri in provincia di Cosenza, parte
integrante del principato di Bisignano dominato dalla
famiglia
Sanseverino, si diramò a più riprese in provincia:
Luzzi, Rossano, Cosenza, Bisignano.
Carlo
ne fu il capostipite, era notaio.
Acri, Chiesa del Convento di San
Francesco di Paola, pala dell'Altare maggiore
commissionata dalla famiglia Ferrari.
Sotto: il Portale, la Cappella della Famiglia
Bernaudo
intitolata a San Francesco di Paola, e lo stemma
Ferrari |
Carlo ha avuto come figli: Bernardino, fu vescovo
di Bisignano dal 1486 al 1498; Renato o Ranuccio,
sotto re
Ferdinando II
d'Aragona detto Ferrante
ebbe in feudo la
mastrodattia
presso il capitano di Luzzi, l'ufficio della
catapania
(controllo dei pesi e delle misure) di Acri e la
giurisdizione criminale
sui giudici di Bisignano; e Francesco, al quale
venne concesso dal principe
di Bisignano il feudo di Noci,
in territorio di Luzzi. Avendo partecipato alla congiura
dei baroni accanto al principe di Bisignano, re
Ferrante, per lesa maestà, gli tolse il feudo donandolo
ad Antonello Piccolo,
figlio di Enrico, di Cosenza, con privilegio del 1488.
Francesco fu condannato a morte, nel 1489 beneficiò
dell'indulto, fu reintegrato in tutti i suoi diritti
tranne del possesso del feudo, il quale fu accorpato a
quello di Luzzi. Ha avuto come figli, tra gli altri,
Roberto (dal quale ebbe origine il ramo
d'Epaminonda, che descriveremo di seguito), Scipione († 1552),
tesoriere generale del principe di Bisignano, sposò
Polissena Scaglione di
Cosenza, nel 1509 fu investito, previo regio assenso, da
Bernardino
Sanseverino
principe di Bisignano del feudo di Macchia
Pianorotondo
in territorio di Luzzi e ne fu il primo barone.
Francesco Maria († 1564),
figlio di Scipione subentrò nei diritti del padre, sposò
Vincenza Spadafora di
Cosenza.
Fabio,
figlio di Francesco Maria, barone di Macchia e
Pianorotondo, nel 1586 fu
aggregato al sedile di Cosenza;
sposò in prime nozze Olimpia Sambiase ed
in seconde nozze Livia Susanna che gli diede un erede. |
Cosenza, Palazzo Ferrari d'Epaminonda, già
Donati e Garritano,
oggi
Mollo |
Vincenzo,
fu nominato vescovo di Montepeloso nel 1550, nel 1561 si
dimise, nel 1564 fu nominato per la seconda volta
vescovo di Montepeloso restando in carica fino al 1578,
anno in cui fu nominato vescovo di Umbriatico, l'anno
successivo morì.
Laudomia,
sorella del citato Fabio, sposò Tiberio
Castiglione Morelli,
i capitoli matrimoniali furono stipulati il 10 gennaio
1563.
Vincenza,
figlia di Fabio, sposò Diego
Longo
di Bisignano.
Francesco
Scipione
Ferrari (n. 1597), figlio di Fabio, barone di Macchia e
Pianorotondo,
con atto del 18 gennaio 1617 in Rossano, stipulato dal
notaio Giovan Domenico de Vico di Corigliano, si
ratificava, da parte di Francesco Scipione, l'atto
stipulato in data 12 gennaio 1617 in Luzzi dal notaio
Patrizio Tavernese, della vendita della mastrodattia dei
capitani della terra di Luzzi da parte di Francesco
Scipione, per mezzo del procuratore Alfiero Pietro
Parisio,
al marchese di S. Agata, Cesare
Firrao.
Seguì il regio assenso il 24 luglio dello stesso anno,
con privilegio del vicerè
duca d'Ossuna.
Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di
Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati,
Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino
di Bisignano, 275, 277.
Sposò Giulia Britti, nobile di Rossano, ed
ivi si trasferì, ebbero per figli:
Sigismina;
Livia;
Giuseppe;
Tiberio;
Domenico
e il primogenito
Fabio
(n.
1622) barone di Macchia e Pianorotondo, feudo che
vendette nel 1669 a Domenico
Parise
di Celico per 7000 ducati; nel 1651 sposò Felicia Maria
Lupinacci
con la quale ebbero per figli:
Scipione;
Roberto;
Carlo;
Francesco;
Tiberia;
Emanuele
ed
Ignazio;
quest'ultimi vollero sposarsi creando due rami.
Emanuele sposò Doria
Labonia,
i loro due figli furono:
Beatrice
,
monaca in Santa Chiara e
Piero,
monaco antoniano nel convento di S. Antonio da Padova
dei Minori Conventuali in Castrovillari col nome di
Padre Adeodato, rimasti orfani da piccoli, il padre nel
testamento del 1708 li aveva istituiti eredi ed aveva
nominato tutore lo zio
Ignazio,
nel fare la sua professione, nel 1725, donò al convento
i suoi beni, compresa la quarta parte della Sila di Neto
posseduta in comune con suo zio
Roberto
e i suoi cugini figli di Ignazio.
Il citato Ignazio sposò una sua parente del ramo di
Cosenza,
Maroccia
Ferrari ed in seconde nozze Eleonora Cherubino con la
quale ebbe 22 figli, tra i figli maschi ricordiamo:
Bernardino;
Vincenzo,
fu monaco;
Fabio,
dimorò a Roma sotto la direzione dello zio Carlo, fu
cantore e abate;
Giuseppe;
Domenico;
Gaetano
e
Serafino.
Il citato Serafino sposò Aurelia, nobile dei baroni de
Riso, figlia del barone Ottavio e della nobile Feliciana
Cherubino sposata in seconde nozze; non avendo altra
prole questo ramo dei de Riso si estinse nei Ferrari;
generarono oltre le figlie femmine:
Pietro
,
canonico, devoto della Beata Vergine delle Grazie, stava
prostrato per lunghi periodi in orazione presso una
chiesetta fuori l'abitato di Rossano, morì in odore di
santità, in questa chiesetta desiderò di essere
tumulato;
Pasquale
,
cappellano dell'Oratorio della Mica, istituì il giudizio
per la rivendica della Sila di Neto donata dal citato
padre Adeodato al convento di S. Antonio da Padova di
Castrovillari, alla fine del giudizio, ne prese possesso
suo nipote Serafino che la vendette al barone
Mollo di
Cosenza;
Ignazio,
sposò Teresa
Abenante
con la quale ebbe oltre le otto figlie femmine
Ottavio
e il citato
Serafino
(il
quale vendette la Sila di Neto), quest'ultimo sposando
Acheropita, nobile dei baroni de Rosis, ebbe:
Teresa,
Maria,
Aurelia,
Ignazio,
Pietro
e
Pasquale. |
Dal ramo originato dal citato Ignazio discende l'attuale
ramo Ferrari Zumbini,
riconosciuto nel titolo di nobile nella persona di
Giuseppe con decreto ministeriale del 18 settembre 1937;
sposato in prime nozze con Alfonsina de Tommasi ed in
seconde nozze con Roswitha Spiess.
Massimo
Ferrari Zumbini (n.
1948), figlio di Giuseppe, sposato con Rita Mimmo ha
avuto per figli:
Angela
e il primogenito
Flavio
(n. 1975).
Romano,
fratello del citato Massimo.
Vogliamo ricordare
Giuseppe
(Acri, 1769) figlio di
Cesare,
nobile di Acri, il quale nel 1796 dimorava a Napoli in
quanto prestava servizio militare, nel 1799 fece parte
dell'esercito della
Repubblica
Napoletana, con la sua caduta fu
imprigionato e confinato sull'isola di Favignana. Avuta
la libertà tornò ad Acri, nel 1806, volle tornare a
Napoli per arruolarsi nell'esercito francese, non
mancarono atti di eroismo come nell'Assedio di Gaeta,
promosso a Capitano di Artiglieria fu nominato
comandante delle piazze di Acri e Bisignano ed i
circondari; fece dipingere l'Assedio di Gaeta sopra la
porta in una sala del suo palazzo ad Acri, ed accanto
allo stemma fece aggiungere due cannoni e la medaglia al
valore.
Nel 1812 seguì il re
Gioacchino Murat
nella spedizione in Russia dove fu ferito nella gloriosa
giornata di Jaròslawl. Dopo la caduta di Murat si ritirò
malinconicamente ad Acri. Nel 1820, all'annunzio della
Costituzione ritornò a Napoli. Messo ai margini e
schernito per la sua fedeltà a Murat pochi anni dopo
morì, il suo palazzo fu venduto all'asta nel 1889.
Giuseppe Ferrrari
Immagine inviata da Francesco Paolo Dodaro |
Cosenza,
cattedrale, Altare della Cappella del SS.
Sacramento, dipinto raffigurante
la Madonna con anime purganti commissionato
dalla famiglia Ferrari |
Ritornando alle origini, Roberto, figlio del
citato Francesco di Carlo, e fratello di Scipione,
quest'ultimo, con atto stipulato in S. Mauro il 13
gennaio 1513 dal notaio Francesco Calabria di Nola,
donava al fratello Roberto, un mulino posseduto per
concessione del principe di Bisignano in territorio di
Luzzi, presso il fiume Mucone; nello stesso giorno
seguiva il privilegio di assenso del principe di
Bisignano per la donazione. Ministero dell'Interno,
pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di
Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda
edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano,
133, 134.
Roberto sposò Dianora Sambiase di Cosenza con la quale
hanno avuto per figli, tra gli altri: Sydonia, Mariangela, Epaminonda,
capostipite dell'omonimo ramo che fiorì in Cosenza, con
privilegio del 3 aprile 1541 dato in Luzzi, Scipione
di
Somma,
barone di Luzzi e Rose, confermava, in qualità di figlio
ed erede del quondam Roberto, la donazione del
mulino sito nel territorio di Luzzi,
nel luogo detto Mucconi. Ministero dell'Interno,
pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di
Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda
edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano,
162.
Nell'anno 1557-1558 fu eletto tra i nobili di
Cosenza per il reggimento annuale, con: Cesare Barone,
Urbano
Beccuti,
e Giovan Matteo Garofalo,
Sindaco Geronimo de Donato.
Comprò dai Sanseverino, principi di Bisignano, il feudo
di Roggiano (oggi
Roggiano Gravina in provincia di Cosenza) con il patto
di ricompra, che esercitarono nel 1559. Sposò Lucrezia
Brisach (Brisac o Brisacca) dei baroni di Orsomarso (1bis),
hanno avuto come figli, tra gli altri: Roberto
(† 1570 c.a), morì ucciso, per questo delitto fu
incriminato Ottavio
Caselli;
Auria,
alla quale fu dedicato un carme dal poeta Antonio Telesio (1482
† 1534), sposò Scipione Cavalcanti;
Francesco Antonio († 1573), e Giulio, al
quale con privilegio del 10 agosto 1600 dato in Luzzi,
da parte di Pietro Antonio Luzzi, barone di Luzzi, gli
veniva confermata la concessione del Mulino di Luzzi,
sito nella contrada del fiume Mucone, quale figlio ed
erede di Epaminonda. In data 20 luglio 1622, fu
stipulato dal notaio Giovan Francesco de Palermo di
Sangineto, l'atto di vendita di vari beni siti in Luzzi,
da parte del chierico Giulio Ferrari di Cosenza del
quondam Epaminonda, a favore del principe di S.
Agata, Cesare Firrao; il 14 ottobre 1622, fu stipulato
dal notaio Francesco Palermo di Sangineto, l'atto di
vendita del mulino di Luzzi, al principe di S. Agata
Cesare Firrao, da parte di Giulio Ferrari, patrizio
cosentino, figlio di Epaminonda.
Amedeo Miceli di
Serradileo,"Delitti e pene riservati ai nobili in
provincia di Cosenza", pdf, p.
195.
Ministero
dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI,
Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I
seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di
Bisignano, 232, 290, 292.
Cosenza, Complesso
monumentale di San
Domenico, stemma partito Ferrari d'Epaminonda - Brisach |
La famiglia Brisach, Brisac o Bricacca,
originaria della Francia, passò in Napoli ai
tempi degli Angioini dove fu ascritta al
Patriziato Napoletano del
Seggio di
Montagna. I Ferrari Brisac sono un
ramo dei Ferrari d’Epaminanda che agli inizi del
‘600 aggiunse il nome e lo stemma Brisac.
Arma Brisac di Napoli: d’azzurro ai tre elmi
posti 2 e 1.
Arma Ferrari Brisac: d’azzurro ai tre elmi posti
1, 2, alla fascia diminuita d'oro in capo.
Motto:
Aedes Restitutae |
Stemma Brisach di Napoli |
Stemma Brisach di Cosenza |
|
Ortensia Ferrari
Brisac, sposò Francesco Guerra, U.J.D., il quale
acquistò, per ducati 17.000, il feudo di Grisolia da
Fabio Bologna,
con Regio Assenso del 5 novembre 1611.
Linea dei baroni di Cinga: Epaminonda
(† 23 agosto 1665), patrizio di Cosenza, nel 1647
acquistò da Giacomo Malfitano il feudo di
Cinga (poi
denominato Zinga, oggi frazione di Casabona in provincia
di Crotone) col titolo
di barone,
ha avuto come figli: Lucrezia, sposata a Carlo Rota figlio
di Giovan Pietro e di Isabella Cicala ed erede
di suo nonno,Vittorio Rota da Pedace, del feudo di
Belvedere Malapezza, limitrofo a Zinga,Vittorio lo aveva
acquistato per vendita fattagli all'asta dal Sacro
Regio Consiglio contro il patrimonio di
Ferdinando Barbaro, con Regio Assenso del 30 ottobre
1630; Ippolita († 3 maggio 1693), sposata a
Vincenzo Rota, barone di Cerenzia, figlio di Antonio e
nipote di Giovan Pietro; e Francesco
Maria († 6 febbraio 1688), patrizio di Cosenza,
barone di Zinga per successione a suo padre Epaminonda,
costruì la chiesa col titolo di San Marco e
successivamente intitolata a Santa Maria del Monte
Carmelo; morì improle, gli successe nel feudo suo nipote
Giovan Battista Rota figlio di Lucrezia e Carlo,
anch'esso morì senza figli nel 1689, e, dopo il
sequestro del Regio Fisco, a seguito dell'opposizione di
sua zia Ippolita e di suo marito Vincenzo Rota, barone
di Cerenzia, quest'ultimo riuscì ad ereditare il feudo.
Linea marchionale: Giuseppe
Gaetano
ha avuto come figli: Michele, e Gennaro,
sposato ad Orsola Curati ha
avuto come figli: Teresa († 13 dicembre 1826),
sposata a Saverio Castiglione
Morelli (1742 † ante 1803), patrizio di
Cosenza, i capitoli matrimoniali furono stipulati il 14
giugno 1763; Luigi (Catanzaro, 6 novembre 1749); ed Antonio (†
Cosenza, 8 ottobre 1806), si distinse per la sua fedeltà
alla casa regnante di Napoli, re
Ferdinando I di Borbone nella
restaurazione dopo l'avventura della Repubblica
Napoletana del 1799 gli concesse, nel 1803,
il titolo
di marchese ed
a suo figlio, adolescente, il grado di sotto ufficiale
di cavalleria; nel mese di marzo del 1806, in qualità di
Sindaco dei nobili, accoglieva in Cosenza, reduce dalla
sconfitta di Campotenese, il principe ereditario
Francesco (futuro re
Francesco I) impegnato nel respingimento dei
francesi, ed anche in quest'occasione seppe dar prova
della sua fedeltà; il principe, lasciando Cosenza con
suo fratello Leopoldo donò al marchese un bel cane con
collare d'argento abbellito con la cifra del suo nome.
Nel mese d'agosto venne imprigionato dal maresciallo
Palumbo, Preside di Cosenza, in quanto avversario dei
francesi, morì l'8 ottobre dello stesso anno. Aveva la
cappella di famiglia nella chiesa di San Domenico,
abbellita da un dipinto raffigurante San Vincenzo
Ferreri che resuscita un morto, il Santo era originario
di Valenza e di nobile famiglia, è probabile la loro
comune origine.
Il marchese Antonio, il 12 ottobre 1777 a Cosenza, aveva
sposato Maria Caterina d'Aquino (25
gennaio 1761 † 22 aprile 1839), figlia di Raffaele,
patrizio di Cosenza, e di Tommasina Santomango, ha avuto
come figli: Orsola (n. 7 ottobre 1780); Anna (n.
19 agosto 1781); Isabella (7 marzo 1784 † San
Marco Argentano, 1° agosto 1874), sposata a Filippo Fera
di San Marco Argentano; Maria Tommasina (n. 11
maggio 1785); Teresa (n. 1792), sposata il 9
giugno 1822 a Gabriele de Prezii; Fortunata (n.
1797), sposata ad Antonio de Vita; Gaetano (n.
Cosenza, 7 agosto 1802), celibe; Francesco, nato
a Manneto (o Minnito) di Celico, in quanto il marchese
Antonio negli ultimi anni della sua vita stabilì la
residenza di famiglia anche nella Presila Cosentina; e Michele (1788
† Cosenza, 14 luglio 1836), ereditò il titolo di
marchese, sposato in prime nozze a Giulia Vercillo, con
la quale ha avuto come figli: Isabella (n.
Cosenza, 4 gennaio 1822); i gemelli Luigi (Cosenza,
26 novembre 1823 † 28 novembre 1823) e Carlo (Cosenza,
26 novembre 1823 † 30 novembre 1823); e Luigi (Manneto
di Celico, 22 giugno 1826 † 13 maggio 1873).
Il marchese Gaetano Ferrari d'Epaminonda da
Celico, don Giuseppe e don Luigi, nel
1853 risultavano occupatori delle difese nella Sila
Regia nelle
contrade di: Lagarò Ferrara, Neto, Santa Maria di
Lagarò, Pietra Cupa, Scalaretto, Sculca, Varco di
Giordano e Serra della Borga.
Il marchese Luigi (Manneto di Celico, 22 giugno
1826 † 13 maggio 1873), fu tra coloro che introdussero
in Sila la coltivazione del lino di Riga, presidente
della camera provinciale di commercio ed arti, e della
commissione organizzatrice agraria industriale artistica
calabra. Sposato a Maria Pilerio
Lupinacci (21
novembre 1838 † 21 febbraio 1882) figlia del barone
Stanislao e di Raffaella Maida, ha avuto come figli:
Cosenza, Chiesa di San Domenico |
Marchesa Maria
Pilerio Ferrari d'Epaminonda nata Lupinacci |
Sila Grande, Neto
di Ferrara, la Torre |
Luigi
(Manneto di Celico, 30 settembre 1873
†
Napoli, 1897), nato postumo, studiò legge a Napoli e vi restò;
Emilia
(n. 26 luglio 1868), sposata il 16 luglio 1889 a Carlo
Campagna;
Annina
(n. 18 maggio 1867), sposata l'8 maggio 1890 a Francesco
Nicoletti, già Deputato al Parlamento Nazionale;
Eugenio
(n. 27 aprile 1866);
Stanislao
(n. 28 maggio 1862);
Caterina
(n. 25 febbraio 1861), sposata ad Eugenio
Castiglione Morelli;
ed il primogenito Michele
(Cosenza, 4 agosto 1859 † 1922), fu Provveditore agli studi di
Cosenza, poeta, nel 1911 dettò l'epigrafe per la lapide
posta sulla facciata della chiesa dell'Assunta di Celico sorta sul perimetro della casa natale dell'abate
Gioacchino da Fiore:
FULGIDA GLORIA
NOSTRA E DI GENTI UNIVERSE QUI NACQUE LO CALAVRESE ABATE
GIOACCHINO DI SPIRITO PROFETICO DOTATO -MCXI-MCCII.
Il marchese Michele vendette alla Biblioteca
Civica di Cosenza il suo patrimonio librario costituito
da duemilacinquecento volumi, tra di essi si trovano:
edizioni stampate dagli Aldi, dai
Giunti, dai Giolito, edizioni pregevoli olandesi e
veneziane del Settecento.
Eugenio Ferrari
d'Epaminonda Brisach (n. 27 aprile 1866) |
La Famiglia è ascritta all'Elenco
Regionale, spetta al primogenito il titolo
di Marchese, e di
Patrizio di Cosenza
(m.); spetta lo stesso titolo di Patrizio di Cosenza
(m.), ed il predicato dei Marchesi Ferrari d'Epaminonda
(m.) a tutti i maschi discendenti da Antonio primo
cessionario nel 1803; spetta lo stesso predicato col
titolo personale di Nobile a tutte le femmine della
stessa discendenza.
Manneto di Celico,
Palazzo Ferrari d'Epaminonda |
Cosenza, Chiesa di San Domenico,
dipinto
commissionato dalla famiglia Ferrari d'Epaminonda
|
M. Ferrari
d'Epaminonda |
Ramo dei baroni di Roseto |
Gaetano Ferrari
(† 1801), patrizio di Cosenza, nel 1791 comprò il feudo
di Roseto (oggi
comune di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza)
messo all'asta dal
Sacro Regio
Consiglio
su istanza dei creditori di Adriano Calà
Lanzina y Ulloa 3° duca di Lauria; nonostante
avesse, il compratore, versato un acconto di 40.000
ducati su un totale di 84.000 ducati, un decreto del
Sacro Regio Consiglio del 21 gennaio 1792 lo immetteva
nel possesso del feudo.
Sposato con Ignazia d'Amato dei patrizi di Amantea, ha
avuto come figli: Maria Raffaella, sposata il 28
marzo 1798 a Carmelo
Dattilo;
Teresa, sposata il 6 giugno 1802 a Bernardino
Telesio,
patrizio di Cosenza, figlio di Antonio e di Maria
Antonia
Ventura;
e
Francesco Maria († 1830), sposato a
Rosa Maria Ferrari, figlia d'Ignazio e
Teresa
Abenante, patrizi di Rossano, ha avuto come unica
figlia
Carolina (1801 † ante 1877), sposata nel
1820 a Michele
Collice, figlio di Filippo e di Teresa dei baroni
Scoglio di Catanzaro, portò in questa casata il feudo di
Roseto. |
Amantea, Oratorio dei
Nobili, stemma d'Amato |
Donnici, frazione di Cosenza,
Villa Ferrari, l'iscrizione sulla chiave di
volta recita: Villa del barone Ferrari A.D. 1801 |
Ramo dei duchi di Parabita
|
Domenico (1642
† 17 novembre 1716), patrizio di Cosenza, sposato ad
Elisabetta Landi († 2 marzo 1720). Nel 1674 venne
nominato suo procuratore dallo zio Lorenzo Landi (originario
di Sanseverino e sposato con Anna Palazzo) in occasione
della sua partenza per Napoli, e gli donava 3.000 ducati
per gestire i suoi interessi a Cosenza durante la sua
assenza; nel 1676 costituiva una società con Antonio
Landi di Napoli per una somma di 20.000 ducati che
era stata loro donata dal fu Lorenzo Landi; il 22 giugno
1699 acquistò all'asta, per ducati 98.675, il
feudo di Parabita nel
leccese, posseduto in precedenza da Domenico
Castriota.
Ha avuto come figli: Violante, sposata ad
Antonio Landi; Anna, sposata nel 1698
ad Alfonso
Garofalo;
Antonio, sacerdote; Paolo († 10 maggio 1748),
barone di Sogliano
dal 10 agosto 1729 (oggi comune di Sogliano Cavour in
provincia di Lecce), ha avuto come figlio Giovanni
che gli successe nella baronia di Sogliano; Giovanni; Giuseppe
(† 7 luglio 1710), e Giacinto († 1° agosto 1714),
sposato a Margherita
Villani
ha avuto come figlio Giuseppe († 3 febbraio
1746), successe nel feudo di Parabita al suo avo
Domenico. Giuseppe fu il
1° duca di Parabita
dal 19 dicembre 1724,
sposato ad Agnese Sabariani († 13 ottobre 1761), ha
avuto come figli: Anna Maria, sposata a Gabriele
Bozzi Corsi Colonna;
Domenico Antonio;
Francesco Saverio
(1740 † 1781); e Giacinto († 24 gennaio
1785), 2° duca di Parabita,
nel 1746 ottenne l'intestazione del feudo di Parabita
nel Regio Cedolario della Terra
d'Otranto, barone
di Sogliano, sposato a Maria Antonia de Beaumont
(† 14 gennaio 1818), ha avuto come figlio Giuseppe
(† 1° gennaio 1834), 3° duca
di Parabita,
sposato il 5 giugno 1790 a Lucia La greca († Ceglie, 18
giugno 1855), nobile dei marchesi di Polignano, ha avuto
come figli: Giovanni (20 maggio 1795 † 6 novembre
1839), 4° duca di Parabita,
sposato il 27 agosto 1820 ad Olimpia Monticelli della
Valle dei duchi di Ventignano; e Maria Antonia
(1799 † Ceglie, 14 febbraio 1859),
5^ duchessa di Parabita
per successione a suo fratello morto improle, sposata a
Napoli il 6 dicembre 1812 con Raffaele Sisto y Britto
dei duchi di Ceglie non ebbe prole. |
Ramo di
Francesco Saverio (1740 † 1781):
sposato a Rosaria Cataldi, ha avuto come figli:
Vincenzo
(1780 † 9 novembre 1862);
e Francesco (1778 † 1851), sposato a Marianna
Velasco, ha avuto come figlio Saverio (Napoli,
1832 † Parabita, 3 novembre 1899), sposato a Vincenza
Cacciapaglia ha avuto come figli: Augusto (n.
1878); Emma (n. 1876); Marianna; Luisa (n.
1873), sposata a Vincenzo Barone; Elvira; Alessandro (n.
1869), sposato a Teresa Olita ha avuto come figli: Alfredo (n.
Taranto, 24 luglio 1894), Maria Teresa (n.
Taranto, 25 dicembre 1895), Armando (n. Lecce, 3
ottobre 1897), Matilde (n. Taranto, 31 dicembre
1899), Alberto (n. Taranto, 31 dicembre 1900); ed
il primogenito Cesare (n. 1866), sposato in
Maglie a Lucia Panareo († 1901) ha avuto come figli: Vincenzo, Saverio,
e la primogenita Maria Teresa.
Sorella e Fratelli di Saverio (Napoli, 1832 †
Parabita, 3 novembre 1899) furono: Rosaria (n.
1829), sposata a Giovanni Montuori; Giovanni (n.
1833), sposato a Marianna Contursi ha avuto come figli:
Luigi, Francesco, Vincenzo,
Francesca, Rosaria, sposata a Vincenzo Garzia, Aurora,
e Giuseppe (n. Parabita, 23 marzo 1861), sposato
il 22 ottobre 1887 a Pasqualina Ponzetta
ha avuto come figli: Ferruccio (n. 18 agosto
1888), Adele (n. 31 luglio 1890), Giovanni (n.
8 giugno 1892), Ettore (n. 27 agosto 1894), Maria (n.
20 febbraio 1897), e Giuseppe (n. 4 agosto 1899);
e Domenico (n. Parabita, 21 febbraio 1837),
sposato il 24 marzo del 1860 a Filomena Trani, ha avuto
come figli: Carlo (n. 21 agosto 1863), sposato a
Gaetana Pizzolante ha avuto per figli Ugo (n. 15
maggio 1890), e Giovanni Domenico (n. 11 aprile
1895); Alessandro (n. 4 aprile 1867); Marianna (n.
16 aprile 1871), sposata nel 1898 ad Antonio Muzy; Francesco (n.
22 luglio 1873); ed Antonio (n. 17 gennaio 1876). |
Linea di Vincenzo (1780
† 9 novembre 1862):
sposato a Lucia Nicolazzo ha avuto come figlio
Giuseppe (n. 1832), sposato ad Annunziata Fracasso
ha avuto come figli: Agnese, Luigi, Gabriele, Teresa,
sposata a Sebastiano Vetromile, Vincenzo, Luisa,
e Maria.
|
Per l'ottenuta iscrizione nell'Elenco Regionale,
spetta il titolo di nobile
col predicato dei duchi di Parabita a tutti i
discendenti in linea maschile di Giacinto († 24 gennaio
1785), 2° duca di Parabita. |
Rende, Chiesa Matrice, stemma della
famiglia Landi, lo stesso stemma campeggia sul soffitto
ligneo della Cappella del SS. Rosario all'interno del
complesso monumentale di San Domenico in Cosenza
realizzato nella prima metà del Seicento con il
contributo del mecenate Lorenzo e blasonato da Luca
Irwin Fragale |
Arma Landi:
troncato alla fascia di rosso caricata di tre stelle
d'oro (6); nel primo d'argento all'albero nodrito al
naturale e fogliato di verde su di un monte d'oro; nel
secondo d'argento a tre pali di rosso. |
Ferrari d'Antonello
Titoli:
patrizi di Cosenza, nobili di Catanzaro, baroni di
Cropani e di Quartieri o Maldotto. |
Questo ramo, originario del casale di San Pietro presso
Taverna,
il
capostipite
Pietro Antonio
(† ante 1465),
Regio Familiare
di
re Alfonso I
d'Aragona, il quale giunto in Calabria nel
1444 per stroncare la prima delle rivolte di Antonio
Centelles al quale tolse tutti i suoi feudi, uno di
questi denominato
Puzello,
in territorio di Cirò in Calabria Citra ed oggi in
provincia di Crotone, l'8 novembre dello stesso anno lo
concesse a Pietro Antonio in ricompensa del suo operato.
Nel 1465 Antonio Centelles era stato reintegrato nel
possesso di questo feudo;
sposato a donna di nome Costanza, ebbero per figli:
Tomaso,
divenuto signore del feudo di
San Giovanni Miganò e di altre terre in
territorio di Santa Severina e delle Castella, ebbe per
figli
Costanza, sposata in casa Pisciotta,
baroni di Casabona;
Giovanni,
il quale ereditò il feudo; e
Pietro,
sposato a N. Monizza (o Monizio), figlia unica di Lupo,
nobile di Taverna, ebbero per figli:
Costanza, sposata in casa Giustiniani,
nobili di Genova;
Ottavio,
Commendatore nei Cavalieri di Malta, Capitano della
galera Caravacca, nave ammiraglia, morì a Famagosta nel
mentre passava all'isola di Rodi, istituì come erede,
per il quinto delle sue robe, suo nipote
Antonello;
Francesco,
sposò Elena di Colle, figlia di Giovanni, cavallerizzo
dei re aragonesi,
Ferdinando I d'Aragona, con privilegio del 7
maggio 1495, gli confermò i feudi di
Santo Stefano,
in territorio di Santa Severina, e di
Umbro di Manno in
territorio di Roccabernarda, portato in dote da sua
moglie, ebbero per figli
Alfonsina,
e
Ferdinando, dottore in legge, diseredato
da suo padre, il quale nominò come erede suo nipote
Antonello, con Regio Assenso del 7
ottobre 1520; altro figlio di Pietro fu
Marco,
sposato a Beatrice
Poerio,
figlia di Giovan Battista, ebbero per figli:
Raimondo,
Gerardino, ed il primogenito
Antonello († ante novembre 1551), Artis
Medicinae Doctor, come scrisse Giovanni
Fiore
fu caro a tutti i principi d'Italia ed agli
ecclesiastici regolari e non, papa Leone X gli concesse
vari privilegi estesi alla sua famiglia, tra gli altri,
di erigere altari ovunque fossero e di ricevere
l'amministrazione di tutti i sacramenti con i familiari
fino al numero di cento, di poter mangiare carne nei
giorni proibiti, le donne della casata potevano entrare
quattro volte l'anno nei monasteri. Fu aggregato alla
nobiltà di Cosenza nel 1520 c.a, sposò Regale o Reale
Fera, famiglia del seggio di Cosenza, ed ebbero per
figli:
Laura,
sposò Cesare Castiglione
Morelli di Giovan Pietro;
Beatrice, sposò Berardino
Caselli di Salvatore;
Diomede,
morì fanciullo;
Ottavio, sposò a Catanzaro in casa
Sanseverino con la sorella del barone di Marcellinara,
non ebbero prole;
Orazio,
Capitano di fanteria, militò nelle Fiandre sotto il duca
d'Alba, sposò in casa Bernaudo con la figlia del barone
(poi duchi) della Bernauda già Camarda (oggi comune di
Bernalda in provincia di Matera), famiglia nobile di
origine cosentina;
Giovan Battista; ed il primogenito Pietro
Antonio († 24 agosto 1576), patrizio di
Cosenza, Maestro di Campo, militò nelle Fiandre con suo
fratello Orazio, portò la famiglia in Catanzaro dove
godette la nobiltà senza sedile, intorno al 1560
acquistò il feudo di Cropani
da Antonio II D'Aragona duca di Montalto (oggi Montalto
Uffugo in provincia di Cosenza), sposò Gesimonda
Cavalcanti di Vincenzo, barone di Rota (oggi Rota
Greca in provincia di Cosenza), i cui pagamenti dotali,
per la figlia, sono attestati il 7 maggio 1552, notaio
Angelo Desideri di Cosenza, ebbero per figli:
Beatrice,
sposata a Scipione Majorana di Catanzaro ed ebbero per
figli Anna, sposata a Giuseppe Rocca, Popa, sposata a
Marcello Poerio, Vitaliano, Capitano di fanteria, e
Carlo, dottore in legge;
Lucrezia,
sposò Muzio Poerio di Taverna ed ebbero per figlio
Rotilio; e
Fabrizio,
il 28 settembre 1577 ebbe significatoria di relevio per
la terra di Cropani come erede per la morte di suo
padre, fu Sergente Maggiore nelle guerre di Milano,
vendette il feudo nel 1580 c.a, per dissapori con i
vassalli, ad Antonio
Sersale del ramo della Motta detti anche del
Gran Siniscalco. |
Cosenza, Palazzo
Persiani, appartenuto a Carlo Ferrari |
Sposò
Francesca Morano, figlia di Giovan
Geronimo, barone di Gagliato, ed ebbero per figli, tra
gli altri:
Gesimonda,
Dianora,
Giovan
Battista, morto celibe,
Giovan
Vincenzo,
Ottavio,
sposato a Dianora Poerio di Girolamo, ebbero due figli
maschi morti in giovene età, e
Francesca,
sposata a
Ludovico
Ferrari del ramo di Raimondo; e
Pietro Antonio,
sposato a Catanzaro con Beatrice Sersale, figlia di
Mario (di Antonino barone di Brognaturo), ed ebbero per
figli
Vincenzo, morto celibe, e
Diego
che sposando Lucrezia Susanna generarono: Fabrizio
(Catanzaro, 5 marzo 1641), nel 1662 fu
ricevuto nei
Cavalieri di Malta; e
Pietro Antonio (Catanzaro,
1639 † ivi, 1716), nobile di Catanzaro, nel 1702,
s'intestò 3/4 del feudo di
Quartieri
o Maldotto, in
territorio di Magisano presso Taverna, acquistato da
Francesco Poerio Majorana; sposò in prime nozze Antonia
Suriano Ralles,
figlia di Scipione, nobile di Crotone, ed in seconde
nozze, nel 1684, Faustina Mirabelli dei patrizi di
Amantea. Ebbe numerosa prole, tra gli altri,
Fabrizio,
e
Diego (1670 † 1722), barone di Quartieri
per successione a suo padre, nel 1696 sposò Beatrice
Rota, nobile dei baroni (poi principi) di
Cerenzia.
Antonia Ferrari (1718), il 2 marzo 1723
ebbe significatoria di relevio per il feudo di
Quartieri, come erede di suo padre, barone Diego, nel
1717 sposò Diego
Marincola, futuro 4° duca di Petrizzi, ebbero
per figli: Pietro, futuro 5° duca di Petrizzi, Giuditta
ed Anna, i quali vendettero il feudo a Rosa Marincola,
loro zia paterna
(2).
|
Ramo di Gerardino
Titoli:
nobili di Taverna, nobili di Catanzaro, baroni di Clima,
baroni di Tornafranza.
|
Stemma Ferrari di
Catanzaro |
Gerardino,
fratello d'Antonello,
fu Cavaliere dell'Ordine della
Milizia Aurata o dello Speron d'Oro, nominato
Familiare dall'Imperatore Carlo V, dato a Napoli
il 1° febbraio 1536, il quale gli
confermò l'arma di famiglia
con l'aggiunta dell'aquila nera ad un sol
capo. Sposò
Teodora Campana di Salvatore, ed ebbero per figli:
Lelia,
sposò Giacomo Simorra, nobile di Crotone;
Giulio;
Cesare;
Giovan Stefano;
Giovan Francesco,
sposò Porzia
Caselli,
nobile del Seggio di Cosenza, ed ebbero per figli:
Laura,
sposò
Scipione
Ferrari del ramo di Raimondo;
Giovan Battista;
Luzio,
addottorato in legge a Napoli il 14 settembre 1553;
Marco
ed
Alessandro,
entrarono nella Compagnia di Gesù; e
Pietro,
il quale si trasferì a Catanzaro dove sposò Isabella
Fleria, ebbero per figlio
Giovan Francesco,
Vescovo d'Isola (oggi Isola Capo Rizzuto) dal 2 marzo
1649 al 1655, anno della sua morte, con lui si estinse
questo ramo; ed
Antonino,
sposato in casa
Albertini
dei baroni d'Usito, ebbero per figlio
Giulio,
sposato a Camilla Piterà, baronessa del
feudo di Clima, subentrata nel possesso del feudo
nel 1573 (compreso tra i comuni di Belcastro e Mesuraca),
ebbero per figli:
Tiberia,
nel 1612 sposata a
Diomede
Ferrari del ramo di Raimondo, rimasta vedova in seconde
nozze sposò Girolamo Madotto, nobile di Taverna; e
Francesco,
barone di Clima per successione a sua madre baronessa
Camilla, sposato a Diana Susanna, fondò il jus patronato
sotto il titolo della Madonna degli Angeli nella chiesa
di San Giovanni Battista, ebbero per figli:
Giulio
e
Fabrizio,
morirono celibi;
Antonino,
gesuita;
Ignazio,
entrò nell'ordine degli Osservanti Riformati; e
Giuseppe
(1601 † 1651), barone di Clima per successione a suo
padre Francesco, e nel 1637 del
feudo di Tornafranza
per la morte di sua zia materna Porzia Susanna. Sposato
a Prudenza Albertini generarono
Francesco,
barone di Clima per successione a suo padre Giuseppe,
sposato a Nicolina Majorana di Carlo, ebbero per figli:
Antonino,
Ignazio,
ed il primogenito
Giuseppe
il
quale prendendo i voti fece refuta in favore di suo
fratello Ignazio, il quale morendo celibe gli successe
suo nipote
Francesco Antonio
(1709 † 1761).
|
|
Catanzaro, Palazzo Ferrari-de
Riso del Settecento, la famiglia
lo possedette fino al 1940, anno in cui passò ai
de Riso.
Si ringrazia la Signora Anna
Veraldi per aver inviato le due foto |
Giuseppe,
di
Gioacchino
fu erede dello zio, barone Francesco Antonio, fu
l'ultimo intestatario del feudo, sposò Vittoria
Sculco dei duchi di Santa Severina.
Questo ramo si estinse con
Elisa
Ferrari (1846 † 1925) la quale sposò in prime
nozze Francesco Saverio
Lucifero, marchese di Aprigliano, ed in seconde nozze Gaspare Cocozza
(Nola, 27/12/1843 † 1924),
marchese di Montanara ramo che fiorisce in
Napoli.
|
Napoli, targa con
i nominativi di coloro che davano generose e
cospicue offerte per opere di pietà e di
beneficenza |
|
Ramo di Raimondo
Titoli:
nobili di Taverna, baroni di Pantane. |
Raimondo,
fratello d'Antonello
e
Gerardino, letterato, uno dei più famosi
giureconsulti del suo tempo, addottorato a Roma il 15
settembre 1520 con questi titoli che riporta Giovanni
Fiore: eum
igitur magnificus vir Dominus Raymundus Ferrarius laicus
de Civitate Tabernae. Chatacen Diocesis,
caro a Margherita d'Austria, duchessa di Parma e
Fiorenza, figlia dell'Imperatore Carlo V, il 16 gosto
1538 l'istituisce governatore delle sue città di Penna e
di Campoli in Abruzzo, sposò Elisabetta Campana, sorella
di Teodora, moglie di suo fratello
Gerardino,
con la quale ebbero per figli:
Costanza,
sposata a Giovan Pietro
Catizone,
nobile di Taverna;
Marcello;
Pompilio, sposato ad Ippolita
Perricciola, ebbero per figli
Girolamo, morto celibe, ed
Orazio, il quale fu Sindaco dei Nobili
di Catanzaro, ebbe per figlio
Francesco
morto improle; ed il primogenito
Marc'Antonio, U.J.D., addottorato a
Bologna il 10 ottobre 1542, il quale passò a Cosenza
come suo zio
Antonello,
sposò Lucrezia Sauli di Belcastro, figlia di Pietro
Paolo di origini genovesi, ebbero per figli:
Elisabetta;
Lelio;
Scipione, U.J.D., sposato a
Laura
Ferrari, sorella di
Pietro,
del ramo di Gerardino;
Raimondo, nominato nel 1602
Vice-Ammiraglio delle Marine da Matteo II
di Capua, Grand'Ammiraglio del Regno;
Muzio,
sposato ad Aurelia Micheli, nobile di Catanzaro,
generarono
Livia,
Vincenzo,
Marc'Antonio,
i quali non ebbero discendenza; e
Diomede
(1562), gli venne imposto questo nome in memoria di suo
cugino
Diomede,
figlio di suo zio
Antonello,
U.J.D., si sposò in età matura con
Tiberia
Ferrari del ramo di suo zio
Gerardino,
ed ebbero per figli:
Laura,
Dianora,
Alessandro, i quali non ebbero
discendenza, e
Ludovico,
sposato a
Francesca
Ferrari, figlia d'Ottavio
del ramo d'Antonello, e generarono:
Tiberia,
clarissa;
Ludovico,
nato postumo, studiò a Napoli presso il Collegio dei
Nobili dei padri Gesuiti, vestì l'abito di quest'Ordine,
morì all'età di quindici anni;
Ottavio,
sposato a Prudenza Majorana, figlia del Capitano
Marcello, ebbero per figlio
Ludovico,
ed
Alessandro, Sindaco dei Nobili di
Taverna nel 1683 e nel 1694, sposato intorno al 1678 a
Teresa Mazza († 12 novembre 1704), di nobile famiglia
tavernese, baronessa di
Pantane (sezione del
feudo Riccio, l'altra sezione era denominata
Cotura o Cutura appartenuta alla famiglia
Stocco),
ottenne intestazione il 21 febbraio 1698, il loro
figlio
Antonio
(† 17 agosto 1706), il 12 luglio 1721 ebbe una tardiva e
postuma significatoria di relevio per il feudo di
Pantane come erede di sua madre, con l'intestazione nel
Cedolario 83, f.530 dell'11 dicembre dello stesso anno. |
Taverna
(Catanzaro) |
Carlo Ferrari
(1685 † 1760) successe al fratello Antonio; sposò la
nobile di Taverna Cornelia
Schipani.
Alessandro
(1718 † 1799), nobile di Taverna e barone di Pantane
successe al padre Carlo in quanto primogenito; sposò in
prime nozze Teresa Ferrari del ramo dei baroni di Clima
ed in seconde nozze Francesca
Melacrinis figlia del barone di Joppolo e Coccorino
Giorgio.
Antonio
(n.1751) ebbe l'ultima intestazione del feudo prima
dell'eversione (abolizione) della feudalità avvenuta nel
1806, ebbe tre figli maschi:
Orazio,
Cesare
(celibe) ed il primogenito
Carlo,
nobile di Taverna, erede del padre Antonio.
Alessandro,
nobile di Taverna, successe al padre Carlo, da cui
Carlo
Raffaele (1841 † 1931), celibe.
Antonio
di
Giuseppe e nipote del citato Orazio
terzogenito di Antonio successe al cugino Carlo Raffaele
.
Umberto
(1878 † 1950), nobile di Taverna, successe al fratello,
cavaliere dell'Ordine della Corona; sposò Francesca
d'Amico.
Domenico
(1910 † 1999), nobile di Taverna, successe al padre
Umberto, cavaliere di Grazia e Devozione del
S.M.O di Malta; sposò Teresa Barbieri con la quale
ebbero per figli:
Francesca
ed
Umberto
(n. 1944) nobile di Taverna, cavaliere d'Onore e
Devozione in Obbedienza del S.M.O.M., cavaliere di
Giustizia del
S.M.O. Costantiniano di San Giorgio, Accademico
Cosentino; sposato con Angela Bettini hanno avuto per
figli:
Alessandro
ed il primogenito
Domenico. |
Stemma Ferrari di
Catanzaro con le insegne melitense
(2bis) |
Taverna, Palazzo Ferrari,
portale d'ingresso |
Ramo dei baroni di Cotura alla Basilicata, Staglio
Grande, e Feudicello |
Sebastiano
(Taverna, 1699 † ivi, 1771), nobile di Taverna, figlio
di
Giovan Battista e di Sabina Lia,
acquistò dal barone Giuseppe
Poerio
di Giacinto, una porzione della seconda metà della
sezione Cotura alla Basilicata e Staglio Grande o
Cardito e Feudicello del feudo di Poerio (così tanto
frazionato in quanto retto
jure
longobardorum), con regio assenso del 16
marzo 1741. Sposato ad Anna
Campagna
ed ebbero per figlio
Giova Battista
(Taverna, 1720 † ivi, 1807), sposò Cara de Cosenza e
generarono:
Fortunato
(Taverna 1761, † ivi 1845);
Antonio
Tommaso;
Gregorio;
ed il primogenito
Vincenzo
(Taverna, 1744 † ivi, 1834) suo erede. Fortunato,
successe a suo fratello Vincenzo morto celibe, ed agli
altri morti improle, sposò Rosa Messina ed ebbero
l'unico figlio
Antonio
(Taverna, 1802 † ivi, 1878), sposato ad Anna
Stocco
dei patrizi di Cosenza ed ebbero per figli:
Gregorio,
primogenito, cantore nella collegiata di Taverna,
Fortunato; e
Vincenzo
(Taverna, 1841 † ivi, 1886), sposato a Lavinia
Catizone,
nobile di Taverna, ebbero per figlio
Domenico
(1866 † 1953), sposato con Elisa Rosselli hanno avuto
per figli
Gregorio,
sposato ad Elvira Foresta; ed il primogenito
Vincenzo
(1903 † 1972), sposato a Maria Foresta hanno avuto per
figlio
Antonio
(Taverna, 1942), sposato a Rosa Tarantino. |
Antonio Ferrari († 1865), ritratto a penna |
Antonio
Ferrari (†
Catanzaro 1865 ), nobile di Taverna, di Giuseppe
e di donna Maria
Sculco, fu storico, numismatico, archeologo e
poeta; sposò nel 1808 donna Maria Poerio (1783 † 1845),
sorella del patriota Giuseppe. |
Questo ramo ha avuto origine dalla
famiglia Ferrari dei patrizi Cosenza, denominata
Firrao o Firraù (da non confondere con la
famiglia
Firrao
patrizia di Cosenza), il primo che giunse a Matera fu
Ladislao nel 1439,
ed ivi aggregata al primo ordine civico della Città, ha
avuto come figlio Giovan
Battista.
Altro Giovan Battista
detto il Francioso per aver vissuto in Francia,
Camerlengo nel 1585, sposò Angiolella Troiano.
Flaminio,
fu Prosindaco di Matera nel 1596.
Giovanni, ha avuto come
figlio Francesco,
da cui Giovan Battista
sposato in casa
Gattini,
ha avuto come figlio Teodosio,
sposato a Caterina Galeota
baronessa di Galise
ha avuto come figlio Giovan
Battista (Matera, 26 aprile 1686 † 26 maggio
1750), Sindaco di Matera nel 1735, sposato a Giovanna de
Cordova di Consalvo, ha avuto come figlio
Giuseppe (n. 4
settembre 1712), sposato in prime nozze il 10 novembre
1736 a Camilla Marrese di Scipione, in seconde nozze ad
Eleonora Damiano, ha avuto come figlio
Giovan Battista
(Matera, 20 settembre 1741 † 17 luglio 1803), Sindaco di
Matera nel 1768, sposato a Matera il 21 luglio 1773 con
Angela
Dusmet (†
27 novembre 1803), figlia di Enrico e di Maria Antonia
Martinez, ha avuto come figli:
Nicola (Matera, 4 maggio 1783 † 20 agosto 1851);
e Giuseppe (Matera,
17 giugno 1774 † 13 maggio 1811), ammesso nel 1796 come
Cavaliere di
Giustizia nell'Ordine di Malta, avvocato dei
poveri di Matera, sposato a Marianna
Caracciolo
dei marchesi di Pannarano († 23 giugno 1861), ha
avuto come figli: Giovan Battista (n. 1803);
Giovan Battista (n. 23 agosto 1804); Maria
Caterina (n. Matera, 19 gennaio 1808), sposata il 29
marzo 1835 a Giuseppe de Miccolis; Maria Giuseppa
(Matera, 14 ottobre 1811 † 26 febbraio 1903), sposata il
5 aprile 1836 a Giuseppe Malvinni Malvezzi dei duchi di
Santa Candida, rimasta vedova il 24 maggio 1886;
Luigi (Matera, 5
maggio 1810 † Aversa, 21 giugno 1891), sposato in prime
nozze ad Aversa il 18 febbraio 1844 con Serafina
Lanza
(† 20 giugno 1855)
ha avuto come figlia
Marianna (Caserta, 7
dicembre 1844 † Napoli, 29 marzo 1912), sposata in
Aversa il 16 giugno 1868 a Pietro Bono († 30 agosto
1886), in seconde nozze sposato a Cesa il 17 dicembre
1856 con Margherita
de Marinis (†
18 ottobre 1898), ha avuto come figli
Maria (n. 1865),
sposata ad Antonio
Muti, Giuseppe (10 aprile 1869
† 30 maggio 1888); e Cesare
Maria Enrico (Matera, 12 luglio 1806 † 17 aprile
1878),
Cavaliere dell'Ordine di Francesco I nel
1843, ingegnere, Ufficiale del corpo del Genio Militare,
Direttore dell'Ufficio Topografico di Napoli,
Consigliere Comunale di Napoli
(3), sposato il 3 giugno 1844 a Marianna
di Capua
ha avuto come figli: Giuseppe (4 ottobre 1846 † 5
ottobre 1846), Maria Carmela (28 ottobre 1847 † 4
novembre 1873), sposata il 7 gennaio 1871 al conte
Gabriele
Genoino,
e Giuseppe (8 dicembre 1850 † 28 settembre 1855). |
Linea di
Nicola (Matera, 4 maggio 1783 † 20 agosto 1851):
ammesso nel 1796 come
Cavaliere di Giustizia nell'Ordine di Malta, sposato il
6 agosto 1818 a sua cognata Marianna Caracciolo dei
marchesi di Pannarano († 23 giugno 1861) ha avuto come
figlie: Angela (Napoli, 4 luglio 1818 † ivi, 4 maggio
1898), sposata il 10 maggio 1847 a Giuseppe
Vecchione;
e Clelia (Matera,
7 agosto 1820 † Napoli, 1897), sposata il 5 agosto 1841
a Giuseppe Schellenbrid
(4). |
La famiglia Ferrari ha avuto una sua diramazione a
Squillace (oggi comune omonimo in provincia di
Catanzaro),
diede lustro alla famiglia Saverio
(Squillace, 30 luglio 1667 †
Martirano, 29 aprile 1733),
figlio di
Francesco e di Eliodora
Nicotera
di Nicastro, sacerdote dal 7 marzo 1693, si
laureò in Diritto alla Sapienza Romana il 5 novembre
1725, fu Vicario Generale e Capitolare di Squillace,
nominato Vescovo di Martirano (oggi diocesi soppressa)
il 26 novembre 1727 e consacrato dal Papa Benedetto XIII
il 14 dicembre successivo.
Nel 1732 Francesco
Maria Ferrari fu Regio Governatore della Città e
dello Stato di Squillace, passati alla Regia Corte per
la morte senza successori della principessa Maria
Antonia de Pimentel; nel 1744 il feudo di Squillace fu
concesso da
re Carlo di Borbone
a Leopoldo de Gregorio con titolo di marchesato
(5). |
Insegne ecclesiastiche
del Vescovo Saverio |
_________________
Note:
(1) -
Blasonatura riportata da Luigi Palmieri
nell'opera citata nella bibliografia a pag. 352 del Tomo
II; diversamente da Fabrizio Castiglione Morelli nella
sua opera “De Patricia Consentina Nobilitate
Monimentorum Epitome”, nella quale, a pag. 17, dedicata
ai Ferrari d'Antonello, scrive, sotto la
rappresentazione dello stemma, che le due famiglie
Ferrari hanno lo stesso stemma: “Ferrariorium de
Epaminaonda, icon commune est Ferrariis de Antonello”;
a pag. 16, dedicata ai Ferrari d'Epaminonda è
rappresentato lo stesso stemma.
(1bis)
- Il capostipite di questa famiglia fu Perotto Brisach,
maggiore della regina d'Ungheria, il 2 luglio 1498
re Federico
d'Aragona, fratello della regina, gli
vendeva la terra ed il castello di Orsomarso (oggi
comune omonimo in provincia di Cosenza), ricaduti alla
Regia Corte per ribellione di Barnaba Sanseverino, conte
di Lauria, il 29 maggio 1506, Mattia Brisach denunciò la
morte di suo padre Perrotto; nel 1514 gli successe nel
feudo suo figlio Francesco, nel 1520 ebbe significatoria
di relevio Ippolito, come erede di suo fratello
Francesco; nel 1538 Barbara Brisach ebbe significatoria
di relevio per il feudo di Orsomarso come erede per la
morte di suo padre, barone Ippolito; sposò Silvestro
Tomacelli,
barone di Ragusa. Nel 1580, la baronessa Barbara
vendette, per ducati 35.000, il feudo di Orsomarso a
Ferrante de Alarcon y Mendoza, marchese della Valle
Siciliana e di Rende.
(2)
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei
Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.II pagg.195-196;
Vol.IV pagg.179-180; Editrice C.B.C. 1999-2002.
(2bis)
- Tratto da “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari
della Calabria” Vol.IV, di Mario Pellicano Castagna e
curato da Umberto Ferrari.
(3)
- Francesco
Scardaccione,
Carlo Cudemo “Raccolta delle famiglie nobili e notabili
di Basilicata tra il XVI ed il XIX secolo”,
Erreciedizioni, pag. 208.
(4) -
L'Araldo “Almanacco Nobiliare del
Napoletano 1890, 1915”, Enrico Detken, libraio editore,
Napoli 1889, 1914, pagg. 156-157, 135. Tavola
genealogica numero 1455 di Livio Serra di Gerace.
Lo stemma partito che segue è tratto da: https://www.wikimatera.it/cosa-vedere-a-matera/casa-noha-salone-degli-stemmi-e-palazzi-nobiliari/palazzo-ferrau/
(5) -
Ezio
Arcuri,
“Notizie della Città di Scigliano e dei suoi Casali del
Parroco D. Giuseppe Talarico”, prefazione di Leonardo Falbo, Falco Editore 2006, pagg.
111-112. Franz von Lobstein, “Settecento Calabrese” Vol.
I, pag. 295.
_________________
Fonti bibliografiche:
- Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue
famiglie attraverso testi atti e manoscritti" Tomi I –
II; Pellegrini Editore, 1999.
-
Cav. barone Luca de Rosis “Cenno storico della città di
Rossano e delle sue nobili famiglie” - Napoli, 1838.
-
Eugenio Arnoni, "La Calabria illustrata
Vol. III Cosenza", pag. 79; Edizioni Orizzonti
Meridionali 1992.
- Luca Irwin Fragale, Microstoria e araldica di Calabria
Citeriore e di Cosenza. Da fonti documentarie inedite,
Milano, Banca CARIME, 2016.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei
Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.III
pagg.49-50-51 e pagg.325 -326; Vol.IV pag.298 e
pagg.315-316; Editrice C.B.C. 1999-2002.
- Mario Pellicano Castagna op. cit. Vol.I pagg.130-133;
Vol.IV pagg. 219-223.
- Luca Irwin Fragale, Araldica e
committenze: i Ferrari di Cosenza, capitolo della
miscellanea La Madonna con Bambino e Anime Purganti del
Duomo di Cosenza: una nuova pala di Guglielmo Borremans,
a cura di Giorgio Leone, Soveria Mannelli, 2016.
- Luca Irwin Fragale, Di un anomalo episodio
nell’araldica dell’Archiginnasio: lo stemma Monaco ne
«Il Carrobbio. Tradizioni, problemi, immagini
dell’Emilia Romagna», a. XXXIX, 2013.
- Amedeo Miceli di Serradileo in
"Collezionismo e politica culturale nella Calabria
vicereale borbonica e postunitaria" pag.102; a cura di
Alessandra Anselmi - Gangemi Editore.
- Cavaliere Pasquale Barletta "Statistica Silana",
Stamperia Governativa - Napoli 1870.
- Michele Chiodo "L'Accademia Cosentina e la sua
biblioteca", Pellegrini Editore 2002.
- Stefania Bosco, Enrichetta Salerno in "Un presidio di
civiltà - Dimore storiche vincolate in Calabria - ", a
cura di Giorgio Ceraudo, Rubbettino editore, 1998;
pagg.151, 265.
- Mario Pellicano Castagna "Processi di Cavalieri
Gerosolimitani calabresi", Frama Sud, 1978.
- Domenico Zappullo, "Sommario Istorico".
- Luigi Falcone, "Sviluppo urbano e residenze nobiliari
in età moderna e contemporanea a Bisignano" . Atti del
convegno di studi in Bisignano 20 giugno 2010.
- Gustavo Valente, "Compendium, dizionario storico,
geografico, biografico ragionato della Calabria" Vol.III,
Ferrari editore 2017.
- Raffale Capalbo "Memorie storiche di
Acri", Edizioni Brenner-Cosenza.
- Giovanni Fiore da Cropani “Della
Calabria Illustrata, tomo III”, a cura di Ulderico
Nisticò, Rubbettino Editore 2001.
- L'Araldo “Almanacco Nobiliare del
Napoletano 1910”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli
1909.
- https://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterad/d'aquino/Aquino-Venere.htm
-
https://www.lastorialestorie.it/genealogie/ferrari_epaminonda.htm |
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