Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Ferrari

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma  più antica Ferrari d'Epaminonda: d'azzurro, al compasso di ferro al naturale aperto in capriolo, accostato in capo da tre stelle a sei raggi, ed in punta da un monte di tre cime, il tutto d'oro.
Altra: d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accostato in capo da tre stelle a sei raggi, ed in punta da un monte di tre cime, il tutto d'oro.
Arma di Matera: d'azzurro, al compasso aperto sormontato da due stelle di sei raggi il tutto d'oro, ed accompagnato in punta da un monte di tre cime al naturale.
Arma Ferrari d'Antonello: d'azzurro, al monte di tre cime movente dalla punta, accompagnato in capo da un compasso aperto in capriolo, il tutto d'oro col filetto di rosso attraversante posto in banda(1).
Arma Ferrari di Catanzaro e Taverna: d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accompagnato da tre stelle di sei raggi due nei fianchi ed una tra le aste; col monte di tre cime movente dalla punta, il tutto d'oro.
Altra
dei Ferrari di Catanzaro e Taverna del ramo di Gerardino con il capo dell'impero concessa da Carlo V il 1° febbraio 1536, unitamente al cimiero ed il motto:
d'azzurro, al compasso aperto in capriolo accompagnato da tre stelle di sei raggi due nei fianchi ed una tra le aste, il tutto d'oro; e sormontato in capo da un ramoscello di palma, col monte di tre cime movente dalla punta, il tutto di verde; il tutto abbassato sotto il capo dell'impero del secondo.
Cimiero: tre rami di palma di verde.
Motto: IUSTUS UT PALMA FLOREBIT


© Cosenza, Chiesa di San Domenico, particolare: stemma Ferrari d'Epaminonda

I Ferrari sono originari della città spagnola di Valenza; giunsero nel Regno di Napoli con gli Angioini.
Dall'archivio della Regia Camera Summaria dell'anno 1316 si ha notizia di Goffredo Ferrarius di Cosenza “pro quibusdam bonis foeudalibus, consistentibus in Vallis et Terrenis quoe tenent in foendum in pertinentiis Consentinoe et Montis Scini”.
Dall'archivio citato, nel 1383 e 1384, Riccardo Ferrari viene chiamato “fedele e familiare del Re Carlo III di Durazzo”.
Giacomo Ferrari, fu “milite fedele e barone”, lo si legge nel registro di Re Ladislao e figlio del citato Re Carlo.
Altro Goffredo di Giacomo, nei registri su citati è chiamato “Vir nobili et fidelis”.
In Cosenza fiorirono due rami: Ferrari d'Epaminonda e Ferrari d'Antonello.

Ferrari di Macchia e d'Epaminonda
Titoli:
patrizi di Cosenza, baroni, marchesi.
Patroni: Santa Maria, San Francesco di Paola, San Vincenzo Ferreri.

Famiglia originaria di Acri in provincia di Cosenza,  parte integrante del principato di Bisignano dominato dalla famiglia Sanseverino, si diramò a più riprese in provincia: Luzzi, Rossano, Cosenza, Bisignano.

Carlo ne fu il capostipite, era notaio.


Acri, Chiesa del Convento di San Francesco di Paola, pala dell'Altare maggiore commissionata dalla famiglia Ferrari.
Sotto: il Portale, la Cappella della Famiglia Bernaudo intitolata a San Francesco di Paola, e lo stemma Ferrari

Carlo ha avuto come figli: Bernardino, fu vescovo di Bisignano dal 1486 al 1498; Renato o Ranuccio, sotto re Ferdinando II d'Aragona detto Ferrante ebbe in feudo la mastrodattia presso il capitano di Luzzi, l'ufficio della catapania (controllo dei pesi e delle misure) di Acri e la giurisdizione criminale sui giudici di Bisignano; e Francesco, al quale venne concesso dal principe di Bisignano il feudo di Noci, in territorio di Luzzi. Avendo partecipato alla congiura dei baroni accanto al principe di Bisignano, re Ferrante, per lesa maestà, gli tolse il feudo donandolo ad Antonello Piccolo, figlio di Enrico, di Cosenza, con privilegio del 1488. Francesco fu condannato a morte, nel 1489 beneficiò dell'indulto, fu reintegrato in tutti i suoi diritti tranne del possesso del feudo, il quale fu accorpato a quello di Luzzi. Ha avuto come figli, tra gli altri, Roberto (dal quale ebbe origine il ramo d'Epaminonda, che descriveremo di seguito), Scipione († 1552), tesoriere generale del principe di Bisignano, sposò Polissena Scaglione di Cosenza, nel 1509 fu investito, previo regio assenso, da Bernardino Sanseverino principe di Bisignano del feudo di Macchia Pianorotondo in territorio di Luzzi e ne fu il primo barone.
Francesco Maria († 1564), figlio di Scipione subentrò nei diritti del padre, sposò Vincenza Spadafora di Cosenza.
Fabio, figlio di Francesco Maria, barone di Macchia e Pianorotondo, nel 1586 fu aggregato al sedile di Cosenza; sposò in prime nozze Olimpia Sambiase ed in seconde nozze Livia Susanna che gli diede un erede.


Cosenza, Palazzo Ferrari d'Epaminonda, già Donati e Garritano, oggi Mollo

Vincenzo, fu nominato vescovo di Montepeloso nel 1550, nel 1561 si dimise, nel 1564 fu nominato per la seconda volta vescovo di Montepeloso restando in carica fino al 1578, anno in cui fu nominato vescovo di Umbriatico, l'anno successivo morì.
Laudomia, sorella del citato Fabio, sposò Tiberio Castiglione Morelli, i capitoli matrimoniali furono stipulati il 10 gennaio 1563.
Vincenza, figlia di Fabio, sposò Diego Longo di Bisignano.
Francesco Scipione Ferrari (n. 1597), figlio di Fabio, barone di Macchia e Pianorotondo, con atto del 18 gennaio 1617 in Rossano, stipulato dal notaio Giovan Domenico de Vico di Corigliano, si ratificava, da parte di Francesco Scipione, l'atto stipulato in data 12 gennaio 1617 in Luzzi dal notaio Patrizio Tavernese, della vendita della mastrodattia dei capitani della terra di Luzzi da parte di Francesco Scipione, per mezzo del procuratore Alfiero Pietro Parisio, al marchese di S. Agata, Cesare Firrao. Seguì il regio assenso il 24 luglio dello stesso anno, con privilegio del vicerè duca d'Ossuna. Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano, 275, 277.
Sposò Giulia Britti, nobile di Rossano, ed ivi si trasferì, ebbero per figli:  Sigismina; Livia; Giuseppe; Tiberio; Domenico e il primogenito Fabio (n. 1622) barone di Macchia e Pianorotondo, feudo che vendette nel 1669 a Domenico Parise di Celico per 7000 ducati; nel 1651 sposò Felicia Maria Lupinacci con la quale ebbero per figli: Scipione; Roberto; Carlo; Francesco; Tiberia; Emanuele ed Ignazio; quest'ultimi vollero sposarsi creando due rami.
Emanuele sposò Doria Labonia, i loro due figli furono:
Beatrice
, monaca in Santa Chiara e Piero, monaco antoniano nel convento di S. Antonio da Padova dei Minori Conventuali in Castrovillari col nome di Padre Adeodato, rimasti orfani da piccoli, il padre nel testamento del 1708 li aveva istituiti eredi ed aveva nominato tutore lo zio Ignazio, nel fare la sua professione, nel 1725, donò al convento i suoi beni, compresa la quarta parte della Sila di Neto posseduta in comune con suo zio Roberto e i suoi cugini figli di Ignazio.
Il citato Ignazio sposò una sua parente del ramo di Cosenza,
Maroccia Ferrari ed in seconde nozze Eleonora Cherubino con la quale ebbe 22 figli, tra i figli maschi ricordiamo: Bernardino; Vincenzo, fu monaco; Fabio, dimorò a Roma sotto la direzione dello zio Carlo, fu cantore e abate; Giuseppe; Domenico; Gaetano e Serafino.
Il citato Serafino sposò Aurelia, nobile dei baroni de Riso, figlia del barone Ottavio e della nobile Feliciana Cherubino sposata in seconde nozze; non avendo altra prole questo ramo dei de Riso si estinse nei Ferrari; generarono oltre le figlie femmine:
Pietro
, canonico, devoto della Beata Vergine delle Grazie, stava prostrato per lunghi periodi in orazione presso una chiesetta fuori l'abitato di Rossano, morì in odore di santità, in questa chiesetta desiderò di essere tumulato; Pasquale , cappellano dell'Oratorio della Mica, istituì il giudizio per la rivendica della Sila di Neto donata dal citato padre Adeodato al convento di S. Antonio da Padova di Castrovillari, alla fine del giudizio, ne prese possesso suo nipote Serafino che la vendette al barone Mollo di Cosenza; Ignazio, sposò Teresa Abenante con la quale ebbe oltre le otto figlie femmine Ottavio e il citato Serafino (il quale vendette la Sila di Neto), quest'ultimo sposando Acheropita, nobile dei baroni de Rosis, ebbe: Teresa, Maria, Aurelia, Ignazio, Pietro e Pasquale.

Dal ramo originato dal citato Ignazio discende l'attuale ramo Ferrari Zumbini, riconosciuto nel titolo di nobile nella persona di Giuseppe con decreto ministeriale del 18 settembre 1937; sposato in prime nozze con Alfonsina de Tommasi ed in seconde nozze con Roswitha Spiess.
Massimo Ferrari Zumbini (n. 1948), figlio di Giuseppe, sposato con Rita Mimmo ha avuto per figli: Angela e il primogenito Flavio (n. 1975).
Romano, fratello del citato Massimo.
Vogliamo ricordare Giuseppe (Acri, 1769) figlio di Cesare, nobile di Acri, il quale nel 1796 dimorava a Napoli in quanto prestava servizio militare, nel 1799 fece parte dell'esercito della Repubblica Napoletana, con la sua caduta fu imprigionato e confinato sull'isola di Favignana. Avuta la libertà tornò ad Acri, nel 1806, volle tornare a Napoli per arruolarsi nell'esercito francese, non mancarono atti di eroismo come nell'Assedio di Gaeta, promosso a Capitano di Artiglieria fu nominato comandante delle piazze di Acri e Bisignano ed i circondari; fece dipingere l'Assedio di Gaeta sopra la porta in una sala del suo palazzo ad Acri, ed accanto allo stemma fece aggiungere due cannoni e la medaglia al valore.
Nel 1812 seguì il re Gioacchino Murat nella spedizione in Russia dove fu ferito nella gloriosa giornata di Jaròslawl. Dopo la caduta di Murat si ritirò malinconicamente ad Acri. Nel 1820, all'annunzio della Costituzione ritornò a Napoli. Messo ai margini e schernito per la sua fedeltà a Murat pochi anni dopo morì, il suo palazzo fu venduto all'asta nel 1889.


Giuseppe Ferrrari
Immagine inviata da Francesco Paolo Dodaro


Cosenza, cattedrale, Altare della Cappella del SS. Sacramento, dipinto raffigurante
la Madonna con anime purganti commissionato dalla famiglia Ferrari

Ritornando alle origini, Roberto, figlio del citato Francesco di Carlo, e fratello di Scipione, quest'ultimo,  con atto stipulato in S. Mauro il 13  gennaio 1513 dal notaio Francesco Calabria di Nola, donava al fratello Roberto, un mulino posseduto per concessione del principe di Bisignano in territorio di Luzzi, presso il fiume Mucone; nello stesso giorno seguiva il privilegio di assenso del principe di Bisignano per la donazione. Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano, 133, 134. 
Roberto sposò Dianora Sambiase di Cosenza con la quale hanno avuto per figli, tra gli altri: Sydonia, Mariangela, Epaminonda,  capostipite dell'omonimo ramo che fiorì in Cosenza, con privilegio del 3 aprile 1541 dato in Luzzi, Scipione
di Somma, barone di Luzzi e Rose, confermava, in qualità di figlio ed erede del quondam Roberto, la donazione del mulino sito nel territorio di Luzzi, nel luogo detto Mucconi. Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano, 162.
Nell'anno 1557-1558 fu eletto tra i nobili di Cosenza per il reggimento annuale, con: Cesare Barone, Urbano
Beccuti, e Giovan Matteo Garofalo, Sindaco Geronimo de Donato. Comprò dai Sanseverino, principi di Bisignano, il feudo di Roggiano (oggi Roggiano Gravina in provincia di Cosenza) con il patto di ricompra, che esercitarono nel 1559. Sposò Lucrezia Brisach (Brisac o  Brisacca) dei baroni di Orsomarso (1bis), hanno avuto come figli, tra gli altri: Roberto († 1570 c.a), morì ucciso, per questo delitto fu incriminato Ottavio Caselli; Auria, alla quale fu dedicato un carme dal poeta Antonio Telesio (1482 † 1534), sposò Scipione Cavalcanti; Francesco Antonio († 1573), e Giulio, al quale con privilegio del 10 agosto 1600 dato in Luzzi, da parte di Pietro Antonio Luzzi, barone di Luzzi, gli veniva confermata la concessione del Mulino di Luzzi, sito nella contrada del fiume Mucone, quale figlio ed erede di Epaminonda. In data 20 luglio 1622, fu stipulato dal notaio Giovan Francesco de Palermo di Sangineto, l'atto di vendita di vari beni siti in Luzzi, da parte del chierico Giulio Ferrari di Cosenza del quondam Epaminonda, a favore del principe di S. Agata, Cesare Firrao; il 14 ottobre 1622, fu stipulato dal notaio Francesco Palermo di Sangineto, l'atto di vendita del mulino di Luzzi, al principe di S. Agata Cesare Firrao, da parte di Giulio Ferrari, patrizio cosentino, figlio di Epaminonda. Amedeo Miceli di Serradileo,"Delitti e pene riservati ai nobili in provincia di Cosenza", pdf, p. 195.  Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano, 232, 290, 292.


Cosenza, Complesso monumentale di San Domenico, stemma partito Ferrari d'Epaminonda - Brisach

La famiglia Brisach, Brisac o Bricacca, originaria della Francia, passò in Napoli ai tempi degli Angioini dove fu ascritta al Patriziato Napoletano del Seggio di Montagna. I Ferrari Brisac sono un ramo dei Ferrari d’Epaminanda che agli inizi del ‘600 aggiunse il nome e lo stemma Brisac.
Arma Brisac di Napoli: d’azzurro ai tre elmi posti 2 e 1.
Arma Ferrari Brisac: d’azzurro ai tre elmi posti 1, 2, alla fascia diminuita d'oro in capo.
Motto:
Aedes Restitutae


Stemma Brisach di Napoli


Stemma Brisach di Cosenza

Ortensia Ferrari Brisac, sposò Francesco Guerra, U.J.D., il quale acquistò, per ducati 17.000, il feudo di Grisolia da Fabio Bologna, con Regio Assenso del 5 novembre 1611.
Linea dei baroni di Cinga: Epaminonda († 23 agosto 1665), patrizio di Cosenza, nel 1647 acquistò da Giacomo Malfitano il feudo di Cinga (poi denominato Zinga, oggi frazione di Casabona in provincia di Crotone) col titolo di barone, ha avuto come figli: Lucrezia, sposata a Carlo Rota figlio di Giovan Pietro e di Isabella Cicala ed erede di suo nonno,Vittorio Rota da Pedace, del feudo di Belvedere Malapezza, limitrofo a Zinga,Vittorio lo aveva acquistato per vendita fattagli all'asta dal Sacro Regio Consiglio contro il patrimonio di Ferdinando Barbaro, con Regio Assenso del 30 ottobre 1630; Ippolita († 3 maggio 1693), sposata a Vincenzo Rota, barone di Cerenzia, figlio di Antonio e nipote di Giovan Pietro; e Francesco Maria († 6 febbraio 1688), patrizio di Cosenza, barone di Zinga per successione a suo padre Epaminonda, costruì la chiesa col titolo di San Marco e successivamente intitolata a Santa Maria del Monte Carmelo; morì improle, gli successe nel feudo suo nipote Giovan Battista Rota figlio di Lucrezia e Carlo, anch'esso morì senza figli nel 1689, e, dopo il sequestro del Regio Fisco, a seguito dell'opposizione di sua zia Ippolita e di suo marito Vincenzo Rota, barone di Cerenzia, quest'ultimo riuscì ad ereditare il feudo.
Linea marchionale: Giuseppe Gaetano ha avuto come figli: Michele, e Gennaro, sposato ad Orsola Curati ha avuto come figli: Teresa († 13 dicembre 1826), sposata a Saverio Castiglione Morelli (1742 † ante 1803), patrizio di Cosenza, i capitoli matrimoniali furono stipulati il 14 giugno 1763; Luigi (Catanzaro, 6 novembre 1749); ed Antonio († Cosenza, 8 ottobre 1806), si distinse per la sua fedeltà alla casa regnante di Napoli, re Ferdinando I di Borbone nella restaurazione dopo l'avventura della Repubblica Napoletana del 1799 gli concesse, nel 1803, il titolo di marchese ed a suo figlio, adolescente, il grado di sotto ufficiale di cavalleria; nel mese di marzo del 1806, in qualità di Sindaco dei nobili, accoglieva in Cosenza, reduce dalla sconfitta di Campotenese, il principe ereditario Francesco (futuro re Francesco I) impegnato nel respingimento dei francesi, ed anche in quest'occasione seppe dar prova della sua fedeltà; il principe, lasciando Cosenza con suo fratello Leopoldo donò al marchese un bel cane con collare d'argento abbellito con la cifra del suo nome. Nel mese d'agosto venne imprigionato dal maresciallo Palumbo, Preside di Cosenza, in quanto avversario dei francesi, morì l'8 ottobre dello stesso anno. Aveva la cappella di famiglia nella chiesa di San Domenico, abbellita da un dipinto raffigurante San Vincenzo Ferreri che resuscita un morto, il Santo era originario di Valenza e di nobile famiglia, è probabile la loro comune origine.
Il marchese Antonio, il 12 ottobre 1777 a Cosenza, aveva sposato Maria Caterina d'Aquino (25 gennaio 1761 † 22 aprile 1839), figlia di Raffaele, patrizio di Cosenza, e di Tommasina Santomango, ha avuto come figli: Orsola (n. 7 ottobre 1780); Anna (n. 19 agosto 1781); Isabella (7 marzo 1784 † San Marco Argentano, 1° agosto 1874), sposata a Filippo Fera di San Marco Argentano; Maria Tommasina (n. 11 maggio 1785); Teresa (n. 1792), sposata il 9 giugno 1822 a Gabriele de PreziiFortunata (n. 1797), sposata ad Antonio de Vita; Gaetano (n. Cosenza, 7 agosto 1802), celibe; Francesco, nato a Manneto (o Minnito) di Celico, in quanto il marchese Antonio negli ultimi anni della sua vita stabilì la residenza di famiglia anche nella Presila Cosentina; e Michele (1788 † Cosenza, 14 luglio 1836), ereditò il titolo di marchese, sposato in prime nozze a Giulia 
Vercillo, con la quale ha avuto come figli: Isabella (n. Cosenza, 4 gennaio 1822); i gemelli Luigi (Cosenza, 26 novembre 1823 † 28 novembre 1823) e Carlo (Cosenza, 26 novembre 1823 † 30 novembre 1823); e Luigi (Manneto di Celico, 22 giugno 1826 † 13 maggio 1873).
Il marchese Gaetano Ferrari d'Epaminonda da Celico, don Giuseppe e don Luigi, nel 1853 risultavano occupatori delle difese nella 
Sila Regia nelle contrade di: Lagarò Ferrara, Neto, Santa Maria di Lagarò, Pietra Cupa, Scalaretto, Sculca, Varco di Giordano e Serra della Borga.
Il marchese Luigi (Manneto di Celico, 22 giugno 1826 † 13 maggio 1873), fu tra coloro che introdussero in Sila la coltivazione del lino di Riga, presidente della camera provinciale di commercio ed arti, e della commissione organizzatrice agraria industriale artistica calabra. Sposato a Maria Pilerio
Lupinacci (21 novembre 1838 † 21 febbraio 1882) figlia del barone Stanislao e di Raffaella Maida, ha avuto come figli:


Cosenza, Chiesa di San Domenico


Marchesa Maria Pilerio Ferrari d'Epaminonda nata Lupinacci


Sila Grande, Neto di Ferrara, la Torre

Luigi (Manneto di Celico, 30 settembre 1873 Napoli, 1897), nato postumo, studiò legge a Napoli e vi restò; Emilia (n. 26 luglio 1868), sposata il 16 luglio 1889 a Carlo Campagna; Annina (n. 18 maggio 1867), sposata l'8 maggio 1890 a Francesco Nicoletti, già Deputato al Parlamento Nazionale; Eugenio (n. 27 aprile 1866); Stanislao (n. 28 maggio 1862); Caterina (n. 25 febbraio 1861), sposata ad Eugenio Castiglione Morelli; ed il primogenito Michele (Cosenza, 4 agosto 1859 † 1922), fu Provveditore agli studi di Cosenza, poeta, nel 1911 dettò l'epigrafe per la lapide posta sulla  facciata della chiesa dell'Assunta di Celico sorta sul perimetro della casa natale dell'abate Gioacchino da Fiore: FULGIDA GLORIA NOSTRA E DI GENTI UNIVERSE QUI NACQUE LO CALAVRESE ABATE GIOACCHINO DI SPIRITO PROFETICO DOTATO -MCXI-MCCII.
Il marchese Michele vendette alla Biblioteca Civica di Cosenza il suo patrimonio librario costituito da duemilacinquecento volumi, tra di essi si trovano: edizioni stampate dagli Aldi, dai Giunti, dai Giolito, edizioni pregevoli olandesi e veneziane del Settecento.


Eugenio Ferrari d'Epaminonda Brisach (n. 27 aprile 1866)

La Famiglia è ascritta all'Elenco Regionale, spetta al primogenito il titolo di Marchese, e di Patrizio di Cosenza (m.); spetta lo stesso titolo di Patrizio di Cosenza (m.), ed il predicato dei Marchesi Ferrari d'Epaminonda (m.) a tutti i maschi discendenti da Antonio primo cessionario nel 1803; spetta lo stesso predicato col titolo personale di Nobile a tutte le femmine della stessa discendenza.


Manneto di Celico, Palazzo Ferrari d'Epaminonda


Cosenza, Chiesa di San Domenico, dipinto commissionato dalla famiglia Ferrari d'Epaminonda


Annina Ferrari d'Epaminonda, Archivio Roberto Bilotti Ruggi D'Aragona


M. Ferrari d'Epaminonda

Ramo dei baroni di Roseto

Gaetano Ferrari († 1801), patrizio di Cosenza, nel 1791 comprò il feudo di Roseto (oggi comune di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza) messo all'asta dal Sacro Regio Consiglio su istanza dei creditori di Adriano Calà Lanzina y Ulloa 3° duca di Lauria; nonostante avesse, il compratore, versato un acconto di 40.000 ducati su un totale di 84.000 ducati, un decreto del Sacro Regio Consiglio del 21 gennaio 1792 lo immetteva nel possesso del feudo.
Sposato con Ignazia d'Amato dei patrizi di Amantea, ha avuto come figli: Maria Raffaella, sposata il 28 marzo 1798 a Carmelo
Dattilo; Teresa, sposata il 6 giugno 1802 a Bernardino Telesio, patrizio di Cosenza, figlio di Antonio e di Maria Antonia Ventura; e Francesco Maria († 1830), sposato a Rosa Maria Ferrari, figlia d'Ignazio e Teresa Abenante, patrizi di Rossano, ha avuto come unica figlia Carolina (1801 † ante 1877), sposata nel 1820 a Michele Collice, figlio di Filippo e di Teresa dei baroni Scoglio di Catanzaro, portò in questa casata il feudo di Roseto.


Amantea, Oratorio dei Nobili, stemma d'Amato


Donnici, frazione di Cosenza, Villa Ferrari, l'iscrizione sulla chiave di volta recita: Villa del barone Ferrari A.D. 1801

Ramo dei duchi di Parabita

Domenico (1642 † 17 novembre 1716), patrizio di Cosenza, sposato ad Elisabetta Landi († 2 marzo 1720). Nel 1674 venne nominato suo procuratore dallo zio Lorenzo Landi (originario di Sanseverino e sposato con Anna Palazzo) in occasione della sua partenza per Napoli, e gli donava 3.000 ducati per gestire i suoi interessi a Cosenza durante la sua assenza; nel 1676 costituiva una società con Antonio Landi di Napoli per una somma di 20.000 ducati che era stata loro donata dal fu Lorenzo Landi; il 22 giugno 1699 acquistò all'asta, per ducati 98.675, il feudo di Parabita nel leccese, posseduto in precedenza da Domenico Castriota. Ha avuto come figli: Violante, sposata ad Antonio Landi; Anna, sposata nel 1698 ad Alfonso Garofalo; Antonio, sacerdote; Paolo († 10 maggio 1748), barone di Sogliano dal 10 agosto 1729 (oggi comune di Sogliano Cavour in provincia di Lecce), ha avuto come figlio Giovanni che gli successe nella baronia di Sogliano; Giovanni; Giuseppe († 7 luglio 1710), e Giacinto († 1° agosto 1714), sposato a Margherita Villani ha avuto come figlio Giuseppe († 3 febbraio 1746), successe nel feudo  di Parabita al suo avo Domenico. Giuseppe fu il 1° duca di Parabita dal 19 dicembre 1724, sposato ad Agnese Sabariani († 13 ottobre 1761), ha avuto come figli: Anna Maria, sposata a Gabriele Bozzi Corsi Colonna; Domenico Antonio; Francesco Saverio (1740 † 1781); e Giacinto († 24 gennaio 1785), 2° duca di Parabita, nel 1746 ottenne l'intestazione del feudo di Parabita nel Regio Cedolario della Terra d'Otranto, barone di Sogliano, sposato a Maria Antonia de Beaumont († 14 gennaio 1818), ha avuto come figlio Giuseppe († 1° gennaio 1834), 3° duca di Parabita, sposato il 5 giugno 1790 a Lucia La greca († Ceglie, 18 giugno 1855), nobile dei marchesi di Polignano, ha avuto come figli: Giovanni (20 maggio 1795 † 6 novembre 1839), 4° duca di Parabita, sposato il 27 agosto 1820 ad Olimpia Monticelli della Valle dei duchi di Ventignano; e Maria Antonia (1799 † Ceglie, 14 febbraio 1859), 5^ duchessa di Parabita per successione a suo fratello morto improle, sposata a Napoli il 6 dicembre 1812 con Raffaele Sisto y Britto dei duchi di Ceglie non ebbe prole.

Ramo di Francesco Saverio (1740 † 1781): sposato a Rosaria Cataldi, ha avuto come figli: Vincenzo (1780 † 9 novembre 1862); e Francesco (1778 † 1851), sposato a Marianna Velasco, ha avuto come figlio Saverio (Napoli, 1832 † Parabita, 3 novembre 1899), sposato a Vincenza Cacciapaglia ha avuto come figli: Augusto (n. 1878); Emma (n. 1876); Marianna; Luisa (n. 1873), sposata a Vincenzo Barone; ElviraAlessandro (n. 1869), sposato a Teresa Olita ha avuto come figli: Alfredo (n. Taranto, 24 luglio 1894), Maria Teresa (n. Taranto, 25 dicembre 1895), Armando (n. Lecce, 3 ottobre 1897), Matilde (n. Taranto, 31 dicembre 1899), Alberto (n. Taranto, 31 dicembre 1900); ed il primogenito Cesare (n. 1866), sposato in Maglie a Lucia Panareo († 1901) ha avuto come figli: VincenzoSaverio, e la primogenita Maria Teresa.
Sorella e Fratelli di Saverio (Napoli, 1832 † Parabita, 3 novembre 1899) furono: Rosaria (n. 1829), sposata a Giovanni Montuori; Giovanni (n. 1833), sposato a Marianna Contursi ha avuto come figli:  LuigiFrancesco Vincenzo,  FrancescaRosaria, sposata a Vincenzo Garzia, Aurora, e Giuseppe (n. Parabita, 23 marzo 1861), sposato il 22 ottobre 1887 a Pasqualina Ponzetta ha avuto come figli: Ferruccio (n. 18 agosto 1888), Adele (n. 31 luglio 1890),  Giovanni (n. 8 giugno 1892), Ettore (n. 27 agosto 1894), Maria (n. 20 febbraio 1897), e Giuseppe (n. 4 agosto 1899); e Domenico (n. Parabita, 21 febbraio 1837), sposato il 24 marzo del 1860 a Filomena Trani, ha avuto come figli: Carlo (n. 21 agosto 1863), sposato a Gaetana Pizzolante ha avuto per figli Ugo (n. 15 maggio 1890), e Giovanni Domenico (n. 11 aprile 1895); Alessandro (n. 4 aprile 1867); Marianna (n. 16 aprile 1871), sposata nel 1898 ad Antonio Muzy; Francesco (n. 22 luglio 1873); ed Antonio (n. 17 gennaio 1876).

Linea di Vincenzo (1780 † 9 novembre 1862): sposato a Lucia Nicolazzo ha avuto come figlio Giuseppe (n. 1832), sposato ad Annunziata Fracasso ha avuto come figli: AgneseLuigiGabrieleTeresa, sposata a Sebastiano Vetromile, VincenzoLuisa, e Maria.

Per l'ottenuta iscrizione nell'Elenco Regionale, spetta il titolo di nobile col predicato dei duchi di Parabita a tutti i discendenti in linea maschile di Giacinto († 24 gennaio 1785), 2° duca di Parabita.


Rende, Chiesa Matrice, stemma della famiglia Landi, lo stesso stemma campeggia sul soffitto ligneo della Cappella del SS. Rosario all'interno del complesso monumentale di San Domenico in Cosenza realizzato nella prima metà del Seicento con il contributo del mecenate Lorenzo e blasonato da Luca Irwin Fragale

Arma Landi: troncato alla fascia di rosso caricata di tre stelle d'oro (6); nel primo d'argento all'albero nodrito al naturale e fogliato di verde su di un monte d'oro; nel secondo d'argento a tre pali di rosso.

Ferrari d'Antonello
Titoli:
patrizi di Cosenza, nobili di Catanzaro, baroni di Cropani e di Quartieri o Maldotto.

Questo ramo, originario del casale di San Pietro presso Taverna, il capostipite Pietro Antonio († ante 1465) Regio Familiare di re Alfonso I d'Aragona, il quale giunto in Calabria nel 1444 per stroncare la prima delle rivolte di Antonio Centelles al quale tolse tutti i suoi feudi, uno di questi denominato Puzello, in territorio di Cirò in Calabria Citra ed oggi in provincia di Crotone, l'8 novembre dello stesso anno lo concesse a Pietro Antonio in ricompensa del suo operato. Nel 1465 Antonio Centelles era stato reintegrato nel possesso di questo feudo; sposato a donna di nome Costanza, ebbero per figli: Tomaso, divenuto signore del feudo di San Giovanni Miganò e di altre terre in territorio di Santa Severina e delle Castella, ebbe per figli Costanza, sposata in casa Pisciotta, baroni di Casabona; Giovanni, il quale ereditò il feudo; e Pietro, sposato a N. Monizza (o Monizio), figlia unica di Lupo, nobile di Taverna, ebbero per figli: Costanza, sposata in casa Giustiniani, nobili di Genova; Ottavio, Commendatore nei Cavalieri di Malta, Capitano della galera Caravacca, nave ammiraglia, morì a Famagosta nel mentre passava all'isola di Rodi, istituì come erede, per il quinto delle sue robe, suo nipote Antonello; Francesco, sposò Elena di Colle, figlia di Giovanni, cavallerizzo dei re aragonesi, Ferdinando I d'Aragona, con privilegio del 7 maggio 1495, gli confermò i feudi di Santo Stefano, in territorio di Santa Severina, e di Umbro di Manno in territorio di Roccabernarda, portato in dote da sua moglie, ebbero per figli Alfonsina, e Ferdinando, dottore in legge, diseredato da suo padre, il quale nominò come erede suo nipote Antonello, con Regio Assenso del 7 ottobre 1520; altro figlio di Pietro fu Marco, sposato a Beatrice Poerio, figlia di Giovan Battista, ebbero per figli: Raimondo, Gerardino, ed il primogenito Antonello († ante novembre 1551), Artis Medicinae Doctor, come scrisse Giovanni Fiore fu caro a tutti i principi d'Italia ed agli ecclesiastici regolari e non, papa Leone X gli concesse vari privilegi estesi alla sua famiglia, tra gli altri, di erigere altari ovunque fossero e di ricevere l'amministrazione di tutti i sacramenti con i familiari fino al numero di cento, di poter mangiare carne nei giorni proibiti, le donne della casata potevano entrare quattro volte l'anno nei monasteri. Fu aggregato alla nobiltà di Cosenza nel 1520 c.a, sposò Regale o Reale Fera, famiglia del seggio di Cosenza, ed ebbero per figli: Laura, sposò Cesare Castiglione Morelli di Giovan Pietro; Beatrice, sposò Berardino Caselli di Salvatore; Diomede, morì fanciullo; Ottavio, sposò a Catanzaro in casa Sanseverino con la sorella del barone di Marcellinara, non ebbero prole; Orazio, Capitano di fanteria, militò nelle Fiandre sotto il duca d'Alba, sposò in casa Bernaudo con la figlia del barone (poi duchi) della Bernauda già Camarda (oggi comune di Bernalda in provincia di Matera), famiglia nobile di origine cosentina; Giovan Battista; ed il primogenito Pietro Antonio († 24 agosto 1576), patrizio di Cosenza, Maestro di Campo, militò nelle Fiandre con suo fratello Orazio, portò la famiglia in Catanzaro dove godette la nobiltà senza sedile, intorno al 1560 acquistò il feudo di Cropani da Antonio II D'Aragona duca di Montalto (oggi Montalto Uffugo in provincia di Cosenza), sposò Gesimonda Cavalcanti di Vincenzo, barone di Rota (oggi Rota Greca in provincia di Cosenza), i cui pagamenti dotali, per la figlia, sono attestati il 7 maggio 1552, notaio Angelo Desideri di Cosenza, ebbero per figli: Beatrice, sposata a Scipione Majorana di Catanzaro ed ebbero per figli Anna, sposata a Giuseppe Rocca, Popa, sposata a Marcello Poerio, Vitaliano, Capitano di fanteria, e Carlo, dottore in legge; Lucrezia, sposò Muzio Poerio di Taverna ed ebbero per figlio Rotilio; e Fabrizio, il 28 settembre 1577 ebbe significatoria di relevio per la terra di Cropani come erede per la morte di suo padre, fu Sergente Maggiore nelle guerre di Milano, vendette il feudo nel 1580 c.a, per dissapori con i vassalli, ad Antonio Sersale del ramo della Motta detti anche del Gran Siniscalco.


Cosenza, Palazzo Persiani, appartenuto a Carlo Ferrari

Sposò Francesca Morano, figlia di Giovan Geronimo, barone di Gagliato, ed ebbero per figli, tra gli altri: Gesimonda, Dianora, Giovan Battista, morto celibe, Giovan Vincenzo, Ottavio, sposato a Dianora Poerio di Girolamo, ebbero due figli maschi morti in giovene età, e Francesca, sposata a Ludovico Ferrari del ramo di Raimondo; e Pietro Antonio, sposato a Catanzaro con Beatrice Sersale, figlia di Mario (di Antonino barone di Brognaturo), ed ebbero per figli Vincenzo, morto celibe, e Diego che sposando Lucrezia Susanna generarono: Fabrizio (Catanzaro, 5 marzo 1641), nel 1662 fu ricevuto nei Cavalieri di Malta; e Pietro Antonio (Catanzaro, 1639 † ivi, 1716), nobile di Catanzaro, nel 1702, s'intestò 3/4 del feudo di Quartieri o Maldotto, in territorio di Magisano presso Taverna, acquistato da Francesco Poerio Majorana; sposò in prime nozze Antonia Suriano Ralles, figlia di Scipione, nobile di Crotone, ed in seconde nozze, nel 1684, Faustina Mirabelli dei patrizi di Amantea. Ebbe numerosa prole, tra gli altri, Fabrizio, e Diego (1670 † 1722), barone di Quartieri per successione a suo padre, nel 1696 sposò Beatrice Rota, nobile dei baroni (poi principi) di Cerenzia.
Antonia Ferrari (1718), il 2 marzo 1723 ebbe significatoria di relevio per il feudo di Quartieri, come erede di suo padre, barone Diego, nel 1717 sposò Diego Marincola, futuro 4° duca di Petrizzi, ebbero per figli: Pietro, futuro 5° duca di Petrizzi, Giuditta ed Anna, i quali vendettero il feudo a Rosa Marincola, loro zia paterna
(2).

Ramo di Gerardino
Titoli:
nobili di Taverna, nobili di Catanzaro, baroni di Clima, baroni di Tornafranza.


Stemma Ferrari di Catanzaro

Gerardino, fratello d'Antonello, fu Cavaliere dell'Ordine della Milizia Aurata o dello Speron d'Oro, nominato Familiare dall'Imperatore Carlo V, dato a Napoli il 1° febbraio 1536, il quale gli confermò l'arma di famiglia con l'aggiunta dell'aquila nera ad un sol capo. Sposò Teodora Campana di Salvatore, ed ebbero per figli: Lelia, sposò Giacomo Simorra, nobile di Crotone; Giulio; Cesare; Giovan Stefano; Giovan Francesco, sposò Porzia Caselli, nobile del Seggio di Cosenza, ed ebbero per figli: Laura, sposò Scipione Ferrari del ramo di Raimondo; Giovan Battista; Luzio, addottorato in legge a Napoli il 14 settembre 1553; Marco ed Alessandro, entrarono nella Compagnia di Gesù; e Pietro, il quale si trasferì a Catanzaro dove sposò Isabella Fleria, ebbero per figlio Giovan Francesco, Vescovo d'Isola (oggi Isola Capo Rizzuto) dal 2 marzo 1649 al 1655, anno della sua morte, con lui si estinse questo ramo; ed Antonino, sposato in casa Albertini dei baroni d'Usito, ebbero per figlio Giulio, sposato a Camilla Piterà, baronessa del feudo di Clima, subentrata nel possesso del feudo nel 1573 (compreso tra i comuni di Belcastro e Mesuraca),  ebbero per figli: Tiberia, nel 1612 sposata a Diomede Ferrari del ramo di Raimondo, rimasta vedova in seconde nozze sposò Girolamo Madotto, nobile di Taverna; e Francesco, barone di Clima per successione a sua madre baronessa Camilla, sposato a Diana Susanna, fondò il jus patronato sotto il titolo della Madonna degli Angeli nella chiesa di San Giovanni Battista, ebbero per figli: Giulio e Fabrizio, morirono celibi; Antonino, gesuita; Ignazio, entrò nell'ordine degli Osservanti Riformati; e Giuseppe (1601 † 1651), barone di Clima per successione a suo padre Francesco, e nel 1637 del feudo di Tornafranza per la morte di sua zia materna Porzia Susanna. Sposato a Prudenza Albertini generarono Francesco, barone di Clima per successione a suo padre Giuseppe, sposato a Nicolina Majorana di Carlo, ebbero per figli: Antonino, Ignazio, ed il primogenito Giuseppe il quale prendendo i voti fece refuta in favore di suo fratello Ignazio, il quale morendo celibe gli successe suo nipote Francesco Antonio (1709 † 1761).


Catanzaro, Palazzo Ferrari-de Riso, portale


 

Catanzaro, Palazzo Ferrari-de Riso del Settecento, la famiglia
lo possedette fino al 1940, anno in cui passò ai de Riso.

Si ringrazia la Signora Anna Veraldi per aver inviato le due foto
 

Giuseppe, di Gioacchino fu erede dello zio, barone Francesco Antonio, fu l'ultimo intestatario del feudo, sposò Vittoria Sculco dei duchi di Santa Severina.
Questo ramo si estinse con
Elisa Ferrari (1846 † 1925) la quale sposò in prime nozze Francesco Saverio Lucifero ed in seconde nozze Gaspare Cocozza, marchese di Montanara ramo che fiorisce in Napoli.

Ramo di Raimondo
Titoli: nobili di Taverna, baroni di Pantane.

Raimondo, fratello d'Antonello e Gerardino, letterato, uno dei più famosi giureconsulti del suo tempo, addottorato a Roma il 15 settembre 1520 con questi titoli che riporta Giovanni Fiore: eum igitur magnificus vir Dominus Raymundus Ferrarius laicus de Civitate Tabernae. Chatacen Diocesis, caro a Margherita d'Austria, duchessa di Parma e Fiorenza, figlia dell'Imperatore Carlo V, il 16 gosto 1538 l'istituisce governatore delle sue città di Penna e di Campoli in Abruzzo, sposò Elisabetta Campana, sorella di Teodora, moglie di suo fratello Gerardino, con la quale ebbero per figli: Costanza, sposata a Giovan Pietro Catizone, nobile di Taverna; Marcello; Pompilio, sposato ad Ippolita Perricciola, ebbero per figli Girolamo, morto celibe, ed Orazio, il quale fu Sindaco dei Nobili di Catanzaro, ebbe per figlio Francesco morto improle; ed il primogenito Marc'Antonio, U.J.D., addottorato a Bologna il 10 ottobre 1542, il quale passò a Cosenza come suo zio Antonello, sposò Lucrezia Sauli di Belcastro, figlia di Pietro Paolo di origini genovesi, ebbero per figli: Elisabetta; Lelio; Scipione, U.J.D., sposato a Laura Ferrari, sorella di Pietro, del ramo di Gerardino; Raimondo, nominato nel 1602 Vice-Ammiraglio delle Marine da Matteo II di Capua, Grand'Ammiraglio del Regno; Muzio, sposato ad Aurelia Micheli, nobile di Catanzaro, generarono Livia, Vincenzo, Marc'Antonio,  i quali non ebbero discendenza; e Diomede (1562), gli venne imposto questo nome in memoria di suo cugino Diomede, figlio di suo zio Antonello, U.J.D., si sposò in età matura con Tiberia Ferrari del ramo di suo zio Gerardino, ed ebbero per figli: Laura, Dianora, Alessandro, i quali non ebbero discendenza, e Ludovico, sposato a Francesca Ferrari, figlia d'Ottavio del ramo d'Antonello, e generarono: Tiberia, clarissa; Ludovico, nato postumo, studiò a Napoli presso il Collegio dei Nobili dei padri Gesuiti, vestì l'abito di quest'Ordine, morì all'età di quindici anni; Ottavio, sposato a Prudenza Majorana, figlia del Capitano Marcello, ebbero per figlio Ludovico, ed Alessandro, Sindaco dei Nobili di Taverna nel 1683 e nel 1694, sposato intorno al 1678 a Teresa Mazza († 12 novembre 1704), di nobile famiglia tavernese, baronessa di Pantane (sezione del feudo Riccio, l'altra sezione era denominata Cotura o Cutura appartenuta alla famiglia Stocco), ottenne intestazione il 21 febbraio 1698, il loro figlio Antonio († 17 agosto 1706), il 12 luglio 1721 ebbe una tardiva e postuma significatoria di relevio per il feudo di Pantane come erede di sua madre, con l'intestazione nel Cedolario 83, f.530 dell'11 dicembre dello stesso anno.


Taverna (Catanzaro)

Carlo Ferrari (1685 † 1760)  successe al fratello Antonio; sposò la nobile di Taverna Cornelia Schipani.

Alessandro (1718 † 1799), nobile di Taverna e barone di Pantane successe al padre Carlo in quanto primogenito; sposò in prime nozze Teresa Ferrari del ramo dei baroni di Clima ed in seconde nozze Francesca Melacrinis figlia del barone di Joppolo e Coccorino Giorgio.

Antonio (n.1751) ebbe l'ultima intestazione del feudo prima dell'eversione (abolizione) della feudalità avvenuta nel 1806, ebbe tre figli maschi: Orazio, Cesare (celibe) ed il primogenito Carlo, nobile di Taverna, erede del padre Antonio.

Alessandro, nobile di Taverna, successe al padre Carlo, da cui Carlo Raffaele (1841 † 1931), celibe.

Antonio di Giuseppe e nipote del citato Orazio terzogenito di Antonio successe al cugino Carlo Raffaele .

Umberto (1878 † 1950), nobile di Taverna, successe al fratello, cavaliere dell'Ordine della Corona; sposò Francesca d'Amico.

Domenico (1910 † 1999), nobile di Taverna, successe al padre Umberto, cavaliere di Grazia e Devozione del S.M.O di Malta; sposò Teresa Barbieri con la quale ebbero per figli: Francesca ed Umberto (n. 1944) nobile di Taverna, cavaliere d'Onore e Devozione in Obbedienza del S.M.O.M., cavaliere di Giustizia del S.M.O. Costantiniano di San Giorgio, Accademico Cosentino; sposato con Angela Bettini  hanno avuto per figli: Alessandro ed il primogenito Domenico.


Stemma Ferrari di Catanzaro con le insegne melitense (2bis)


Taverna, Palazzo Ferrari, portale d'ingresso

Ramo dei baroni di Cotura alla Basilicata, Staglio Grande, e Feudicello

Sebastiano (Taverna, 1699 † ivi, 1771), nobile di Taverna, figlio di Giovan Battista e di Sabina Lia, acquistò dal barone Giuseppe Poerio di Giacinto, una porzione della seconda metà della sezione Cotura alla Basilicata e Staglio Grande o Cardito e Feudicello del feudo di Poerio (così tanto frazionato in quanto retto jure longobardorum), con regio assenso del 16 marzo 1741. Sposato ad Anna Campagna  ed ebbero per figlio Giova Battista (Taverna, 1720 † ivi, 1807), sposò Cara de Cosenza e generarono: Fortunato (Taverna 1761, † ivi 1845); Antonio Tommaso; Gregorio; ed il primogenito Vincenzo (Taverna, 1744 † ivi, 1834) suo erede. Fortunato, successe a suo fratello Vincenzo morto celibe, ed agli altri morti improle, sposò Rosa Messina ed ebbero l'unico figlio Antonio (Taverna, 1802 † ivi, 1878), sposato ad Anna Stocco dei patrizi di Cosenza ed ebbero per figli: Gregorio, primogenito, cantore nella collegiata di Taverna, Fortunato; e Vincenzo (Taverna, 1841 † ivi, 1886), sposato a Lavinia Catizone, nobile di Taverna,  ebbero per figlio Domenico (1866 † 1953), sposato con Elisa Rosselli hanno avuto per figli Gregorio, sposato ad Elvira Foresta; ed il primogenito Vincenzo (1903 † 1972), sposato a Maria Foresta hanno avuto per figlio Antonio (Taverna, 1942), sposato a Rosa Tarantino.


Antonio Ferrari († 1865), ritratto a penna

Antonio Ferrari ( Catanzaro 1865 ), nobile di Taverna, di Giuseppe e di donna Maria Sculco, fu storico, numismatico, archeologo e poeta; sposò nel 1808 donna Maria Poerio (1783 † 1845), sorella del patriota Giuseppe.

Ramo di Matera

Titoli: nobili di Matera, baroni di Galise dal 4 maggio 1705 per eredità Galeota.

Questo ramo ha avuto origine dalla famiglia Ferrari dei patrizi Cosenza, denominata Firrao o Firraù (da non confondere con la famiglia Firrao patrizia di Cosenza), il primo che giunse a Matera fu Ladislao nel 1439, ed ivi aggregata al primo ordine civico della Città, ha avuto come figlio Giovan Battista.
Altro Giovan Battista detto il Francioso per aver vissuto in Francia, Camerlengo nel 1585, sposò Angiolella Troiano.
Flaminio, fu Prosindaco di Matera nel 1596.
Giovanni, ha avuto come figlio Francesco, da cui Giovan Battista sposato in casa Gattini, ha avuto come figlio Teodosio, sposato a Caterina Galeota baronessa di Galise ha avuto come figlio Giovan Battista (Matera, 26 aprile 1686 † 26 maggio 1750), Sindaco di Matera nel 1735, sposato a Giovanna de Cordova di Consalvo, ha avuto come figlio Giuseppe (n. 4 settembre 1712), sposato in prime nozze il 10 novembre 1736  a Camilla Marrese di Scipione, in seconde nozze ad Eleonora Damiano, ha avuto come figlio Giovan Battista (Matera, 20 settembre 1741 † 17 luglio 1803), Sindaco di Matera nel 1768, sposato a Matera il 21 luglio 1773 con Angela Dusmet († 27 novembre 1803), figlia di Enrico e di Maria Antonia Martinez, ha avuto come figli: Nicola (Matera, 4 maggio 1783 † 20 agosto 1851); e Giuseppe (Matera, 17 giugno 1774 † 13 maggio 1811), ammesso nel 1796 come Cavaliere di Giustizia nell'Ordine di Malta, avvocato dei poveri di Matera, sposato a Marianna Caracciolo dei marchesi di Pannarano († 23 giugno 1861), ha avuto come figli: Giovan Battista (n. 1803); Giovan Battista (n. 23 agosto 1804); Maria Caterina (n. Matera, 19 gennaio 1808), sposata il 29 marzo 1835 a Giuseppe de Miccolis; Maria Giuseppa (Matera, 14 ottobre 1811 † 26 febbraio 1903), sposata il 5 aprile 1836 a Giuseppe Malvinni Malvezzi dei duchi di Santa Candida, rimasta vedova il 24 maggio 1886; Luigi (Matera, 5 maggio 1810 † Aversa, 21 giugno 1891), sposato in prime nozze ad Aversa il 18 febbraio 1844 con Serafina Lanza († 20 giugno 1855) ha avuto come figlia Marianna (Caserta, 7 dicembre 1844 † Napoli, 29 marzo 1912), sposata in Aversa il 16 giugno 1868 a Pietro Bono († 30 agosto 1886), in seconde nozze sposato a Cesa il 17 dicembre 1856 con Margherita de Marinis († 18 ottobre 1898), ha avuto come figli Maria (n. 1865), sposata ad Antonio Muti, Giuseppe (10 aprile 1869 † 30 maggio 1888); e Cesare Maria Enrico (Matera, 12 luglio 1806 † 17 aprile 1878), Cavaliere dell'Ordine di Francesco I nel 1843, ingegnere, Ufficiale del corpo del Genio Militare, Direttore dell'Ufficio Topografico di Napoli, Consigliere Comunale di Napoli (3), sposato il 3 giugno 1844 a Marianna di Capua ha avuto come figli: Giuseppe (4 ottobre 1846 † 5 ottobre 1846), Maria Carmela (28 ottobre 1847 † 4 novembre 1873), sposata il 7 gennaio 1871 al conte Gabriele Genoino, e Giuseppe (8 dicembre 1850 † 28 settembre 1855).

Linea di Nicola (Matera, 4 maggio 1783 † 20 agosto 1851): ammesso nel 1796 come Cavaliere di Giustizia nell'Ordine di Malta, sposato il 6 agosto 1818 a sua cognata Marianna Caracciolo dei marchesi di Pannarano († 23 giugno 1861) ha avuto come figlie: Angela (Napoli, 4 luglio 1818 † ivi, 4 maggio 1898), sposata il 10 maggio 1847 a Giuseppe Vecchione; e Clelia (Matera, 7 agosto 1820 † Napoli, 1897), sposata il 5 agosto 1841 a Giuseppe Schellenbrid (4).


Matera, Palazzo Firraù, ipotizziamo sia lo stemma partito Ferrari - Caracciolo Rossi, fatto realizzare da Frà Giuseppe, Cavaliere di Malta
Si ringrazia il N.H.
Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona per aver inviato la foto

Ramo di Squillace

La famiglia Ferrari ha avuto una sua diramazione a Squillace (oggi comune omonimo in provincia di Catanzaro), diede lustro alla famiglia Saverio (Squillace, 30 luglio 1667 Martirano, 29 aprile 1733), figlio di Francesco e di Eliodora Nicotera di Nicastro, sacerdote dal 7 marzo 1693, si laureò in Diritto alla Sapienza Romana il 5 novembre 1725, fu Vicario Generale e Capitolare di Squillace, nominato Vescovo di Martirano (oggi diocesi soppressa) il 26 novembre 1727 e consacrato dal Papa Benedetto XIII il 14 dicembre successivo.
Nel 1732 Francesco Maria Ferrari fu Regio Governatore della Città e dello Stato di Squillace, passati alla Regia Corte per la morte senza successori della principessa Maria Antonia de Pimentel; nel 1744 il feudo di Squillace fu concesso da re Carlo di Borbone a Leopoldo de Gregorio con titolo di marchesato (5).


Insegne ecclesiastiche del Vescovo Saverio

Per la genealogia Ferrari e de Ferrari si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e per Nicola Ferrari il Registro della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.

_________________
Note:
(1) -
Blasonatura riportata da Luigi Palmieri nell'opera citata nella bibliografia a pag. 352 del Tomo II; diversamente da Fabrizio Castiglione Morelli nella sua opera “De Patricia Consentina Nobilitate Monimentorum Epitome”, nella quale, a pag. 17, dedicata ai Ferrari d'Antonello, scrive, sotto la rappresentazione dello stemma, che le due famiglie Ferrari hanno lo stesso stemma: “Ferrariorium de Epaminaonda, icon commune est Ferrariis de Antonello”;  a pag. 16, dedicata ai Ferrari d'Epaminonda è rappresentato lo stesso stemma.
(1bis) - Il capostipite di questa famiglia fu Perotto Brisach, maggiore della regina d'Ungheria, il 2 luglio 1498 re Federico d'Aragona, fratello della regina,  gli vendeva la terra ed il castello di Orsomarso (oggi comune omonimo in provincia di Cosenza), ricaduti alla Regia Corte per ribellione di Barnaba Sanseverino, conte di Lauria, il 29 maggio 1506, Mattia Brisach denunciò la morte di  suo padre Perrotto; nel 1514 gli successe nel feudo suo figlio Francesco, nel 1520 ebbe significatoria di relevio Ippolito, come erede di suo fratello Francesco; nel 1538 Barbara Brisach ebbe significatoria di relevio per il feudo di Orsomarso come erede per la morte di suo padre, barone Ippolito; sposò Silvestro Tomacelli, barone di Ragusa. Nel 1580, la baronessa Barbara vendette, per ducati 35.000, il feudo di Orsomarso a Ferrante de Alarcon y Mendoza, marchese della Valle Siciliana e di Rende.
(2) - Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.II pagg.195-196; Vol.IV pagg.179-180; Editrice C.B.C. 1999-2002.
(2bis) - Tratto da “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.IV, di Mario Pellicano Castagna e curato da Umberto Ferrari.
(3) - Francesco Scardaccione, Carlo Cudemo “Raccolta delle famiglie nobili e notabili di Basilicata tra il XVI ed il XIX secolo”, Erreciedizioni, pag. 208.
(4) -
L'Araldo “Almanacco Nobiliare del Napoletano 1890, 1915”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli 1889, 1914, pagg. 156-157, 135. Tavola genealogica numero 1455 di Livio Serra di Gerace. Lo stemma partito che segue è tratto da: https://www.wikimatera.it/cosa-vedere-a-matera/casa-noha-salone-degli-stemmi-e-palazzi-nobiliari/palazzo-ferrau/
(5) - Ezio Arcuri
, “Notizie della Città di Scigliano e dei suoi Casali del Parroco D. Giuseppe Talarico”, prefazione di Leonardo Falbo, Falco Editore 2006, pagg. 111-112. Franz von Lobstein, “Settecento Calabrese” Vol. I, pag. 295.

_________________
Fonti bibliografiche:
- Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti" Tomi I – II;  Pellegrini Editore, 1999.

- Cav. barone Luca de Rosis “Cenno storico della città di Rossano e delle sue nobili famiglie” - Napoli, 1838.
-
Eugenio Arnoni, "La Calabria illustrata Vol. III Cosenza", pag. 79; Edizioni Orizzonti Meridionali 1992.
- Luca Irwin Fragale, Microstoria e araldica di Calabria Citeriore e di Cosenza. Da fonti documentarie inedite, Milano, Banca CARIME, 2016.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.III pagg.49-50-51 e pagg.325 -326; Vol.IV pag.298 e pagg.315-316; Editrice C.B.C. 1999-2002.
- Mario Pellicano Castagna op. cit. Vol.I pagg.130-133; Vol.IV pagg. 219-223.
- Luca Irwin Fragale, Araldica e committenze: i Ferrari di Cosenza, capitolo della miscellanea La Madonna con Bambino e Anime Purganti del Duomo di Cosenza: una nuova pala di Guglielmo Borremans, a cura di Giorgio Leone, Soveria Mannelli, 2016.
- Luca Irwin Fragale, Di un anomalo episodio nell’araldica dell’Archiginnasio: lo stemma Monaco ne «Il Carrobbio. Tradizioni, problemi, immagini dell’Emilia Romagna», a. XXXIX, 2013.
- Amedeo Miceli di Serradileo in "Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria" pag.102; a cura di Alessandra Anselmi - Gangemi Editore.
- Cavaliere Pasquale Barletta "Statistica Silana", Stamperia Governativa - Napoli 1870.
- Michele Chiodo "L'Accademia Cosentina e la sua biblioteca", Pellegrini Editore 2002.
- Stefania Bosco, Enrichetta Salerno in "Un presidio di civiltà - Dimore storiche vincolate in Calabria - ", a cura di Giorgio Ceraudo, Rubbettino editore, 1998; pagg.151, 265.
- Mario Pellicano Castagna "Processi di Cavalieri Gerosolimitani calabresi", Frama Sud, 1978.
- Domenico Zappullo, "Sommario Istorico".
- Luigi Falcone, "Sviluppo urbano e residenze nobiliari in età moderna e contemporanea a Bisignano" . Atti del convegno di studi in Bisignano 20 giugno 2010.
- Gustavo Valente, "Compendium, dizionario storico, geografico, biografico ragionato della Calabria" Vol.III, Ferrari editore 2017.  
- Raffale Capalbo "Memorie storiche di Acri", Edizioni Brenner-Cosenza.
- Giovanni Fiore da Cropani “Della Calabria Illustrata, tomo III”, a cura di Ulderico Nisticò, Rubbettino Editore 2001.
- L'Araldo “Almanacco Nobiliare del Napoletano 1910”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli 1909.
- https://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterad/d'aquino/Aquino-Venere.htm
-
https://www.lastorialestorie.it/genealogie/ferrari_epaminonda.htm

Vedi: Ferraro o Ferrara


Casato inserito nel quinto volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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