Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Fiore Melacrinis

Arma:
dei Fiore di Cropani: inquartato, ai quattro gigli;
dei Melacrino, Melacrinis o Melecrinis: d'azzurro al melo al naturale nodrito sulla campagna erbosa, fruttato e sostenuto da un leoncino ed accompagnato a destra da tre stelle ordinate in fascia il tutto d’oro
(1);
Altra dei Melacrinis, adottata in seguito dai Fiore Melacrinis: partito, nel 1° di (?) al leone rampante con la banda di (?) attraversante caricata da tre stelle di (?); nel 2° spaccato di (?) e di (?) alla fascia di (?) attraversante sulla ripartizione e caricata di tre rose rosse bottonate d’oro, accompagnata in capo da un’aquila coronata di (?) ed in punta di (?) a tre pali di (?).


© Stemma della famiglia Fiore di Cropani

Individuare le origini della famiglia Fiore o de Fiore di Cropani è impresa ardua per la carenza di documenti e la moltitudine di omonime casate in molte città, delle quali non si sa se imparentate o meno tra di esse.
Alcuni storici sostengono che alcuni componenti della famiglia Fiore, iscritta al patriziato di Sorrento nel seggio di Porta, si trasferirono in Puglia e in Calabria.


Stemma famiglia Fiore di Sorrento

Tale ipotesi è sostenuta per le somiglianti armi innalzate, infatti, lo stemma dei Fiore, estinta in Sorrento, era inquartato, nel 1° e 4° d’argento al giglio di azzurro; nel 2° e 3° di azzurro al giglio d’argento (2).
Un Cola di Fiore, uomo ricchissimo e religiosissimo, nel XVI secolo fece costruire in Napoli, nella piazza Mercato, un ospedale per gli uomini poveri in quanto quello di S. Eligio ospitava solo donne; sotto gli archi dell’ospedale di detto Cola, Masaniello fece depositare gli ori, gli argenti, le sete preziose, le carrozze e i cavalli, razziati da palazzo Carafa di Maddaloni
(3).
In Calabria la famiglia Fiore ottenne le baronie di Cropani e Simeri poi marchesato di Simeri, (oggi Simeri Crichi in provincia di Catanzaro)
(4).

Cropani - Palazzo Fiore: veduta laterale e portale con stemma appartenente a famiglia successiva
Per gentile concessione del dr. Giuseppe Pizzuti

Cropani, terra in Calabria ultra in diocesi di Catanzaro, diede i natali il 5 giugno 1623 a Giovanni Fiore ( Cropani, 5.12.1683), il quale fattosi Cappuccino, scrisse molte opere, la più importante fu "della Calabria illustrata". Egli apparteneva all’illustre famiglia Fiore la quale godeva della Signoria di Cropani col titolo di Baronia (5).

Orazio Fiore ( 1708), originario di Sambiase (oggi Lamezia Terme, a seguito della fusione con i comuni di Nicastro e di Sant'Eufemia Lamezia) acquistò i feudi di Cropani e Simeri da Francesco Ravaschieri, 2° duca di Cardinale e 2° principe di Satriano (feudi ereditati da suo zio paterno Ettore Ravaschieri, 1° duca di Cardinale e 1° principe di Satriano, deceduto nel 1658) con i casali e le pertinenze, con le seconde cause e la portulania per la somma di ducati 120.000, con Regio Assenso del 12 gennaio 1701 registrato nel Quinternione 191, f.1, seguì l'intestazione il 10 gennaio 1702 nel Cedolario 82, f.189. Sposò Antonia de Cordova.
Francesco Domenico, ebbe significatoria di rilevio per le terre di Cropani e Simeri come erede per la morte di suo padre il barone Orazio, s'intestò le terre il 22 maggio 1715; con privilegio dell'imperatore Carlo VI dato il 27 luglio 1715 fu il 1° marchese di Simeri. Il 29-06-1716 sposò a Sorrento Anna Sersale, figlia di Fabrizio ed Elena Marignano, da cui deriva la linea di Sorrento; la loro figlia Elena, impalmò il 14-05-1738 Felice Antonio de Nobili, trasferendosi successivamente a Sorrento. Il marchese Francesco Domenico vendette il feudo di Simeri alla famiglia Barreta che nel 1749 ebbe il privilegio del titolo di duca su questa terra (il duca Giuseppe Barreta vendette il feudo di Simeri ad Emanuele de Nobili che lo intestò l'8 ottobre 1800); inoltre vendette il feudo di Cropani a 
Basilio Fiore ( 1751), barone di Stalettì, suffeudo dello Stato di Squillace, con le seconde cause per la somma di ducati 41.600,  con Regio Assenso del 20 febbraio 1734 e registrato nel Quinternione 288, f.132; nel 1738 sposò a Stilo  Anna F. Lamberti dei patrizi di Stilo.
Pietro ( 1795), barone di Cropani come erede per la morte di suo fratello, il barone Basilio, ebbe l'intestazione il 20 giugno 1753.
Basilio ( 1801), barone di Cropani come erede per la morte di suo padre, il barone Pietro, ebbe l'intestazione del feudo il 15 dicembre 1800; sposò Francesca Suriano dei nobili di Crotone.
Pietro, il 23 ottobre 1802, ebbe l'ultima intestazione del feudo come erede per la morte di suo padre, il barone Basilio(6).

Cropani. A destra: Sambiase, in diocesi di Nicastro

Vincenzo Fiore, figlio di Mariano e Camilla Tauro, sposò la nobildonna Nicoletta Melagrino (dei Melacrino di Reggio C.) (7).
Nel 1773 il nobile Pietro Antonio de Fiore, figlio di Vincenzo, acquistò dalla principessa di Feroleto
(8) per ducati 700 un vasto territorio denominato “La Felicetta” nel distretto della città di S. Biase, confinante da scirocco (Sud-Est) con i beni di Pietro Fiore, barone di Cropani.
Il contratto d'acquisto però fu impugnato dalle città di Nicastro e S. Biase in quanto una parte del territorio in questione apparteneva a dette Università.

Raffaele Fiore acquistò il feudo Tota o Fate presso Santa Severina dal barone Nicola Piterà di Cutro con Regio Assenso dell'8 agosto 1798.

I Fiore di Cropani, furono proprietari, oltre alle terre di Cropani, in Nicastro, anche di vaste tenute nelle località di Santo Sidero, Monteleone e Papasidero (in provincia di Cosenza).
Nel corso dei secoli, furono conclusi matrimoni con le più importanti famiglie della nobiltà calabrese, tra le quali: i d'Aquino, i de Fazzari (di Tropea), i Gagliardi di Monteleone, i de Nobili (di Catanzaro), i marchesi d'Ippolito (di Nicastro), i Piromallo di Reggio,  i Romeo, gli Schipani (di Monteleone oggi Vibo Valentia), i de Marco (originari delle terre di Otranto, discendenti da Toma Cantacuzeno), ed i Melacrino o Melacrinis o anche Melecrinis (originari di Reggio Calabria ed in seguito un ceppo trasferito a Pizzo Calabro).


Sambiase, Palazzo Fiore Melacrinis
Per gentile concessione del dr. Giuseppe Pizzuti

I Melacrinis è un’antichissima casata, proveniente dalla Grecia Tessalonica, si insediarono in Italia a Reggio Calabria e a Nicastro, una linea in seguito dimorò a Pizzo Calabro, in seguito alla caduta dell'Impero Bizantino ad opera delle armate ottomane presumibilmente intorno al 1415/1425. I Melacrino affondano le loro origini, nella antica stirpe imperiale dei Doukas (o Ducas), famiglia aristocratica dell’Impero Bizantino, i cui componenti ricoprirono importanti cariche nella società imperiale, tra cui quelle di cesare (da Kaisar o Dux), arconti e diversi basileus dei Romei dell’Impero Bizantino (o Impero Romano d'Oriente), dal 1050 circa al 1315.
Furono baroni di Coccorino, terra in Calabria ultra in diocesi di Tropea
(9), e baroni di Joppolo, piccola terra in diocesi di Mileto e poco distante da Nicotera (10); il feudo fu acquistato da Orazio Mottola, marchese di Amato, nel 1767 dal nobile Giorgio Melacrinis e ne divenne il 1° barone, già Regio Giudice a Taverna (Catanzaro), sua figlia Francesca aveva sposato nel 1750 in seconde nozze il nobile tavernese Alessandro Ferrari barone di Pantane, nel 1772 lo ereditò il primogenito Francesco-Saverio il 2° barone di Joppolo; passò al figlio primogenito di quest'ultimo Giovan-Battista Melacrinis 3° barone di Joppolo sino all' eversione della feudalità (abolizione) nel 1806 ad opera del governo francese.

Coccorino, frazione di Joppolo. A destra: Joppolo

Cesare Antonio Melacrinis, figlio ultrogenito di Giorgio, 1° barone di Joppolo che fu sindaco dei Nobili di Pizzo e governatore di Monteleone, e di Caterina Tranquillo, nacque negli anni 40 del Settecento a Pizzo, in Calabria ulteriore. Proprietario della Regia Segreteria di Cosenza, dal 1780 curò gli interessi della cognata, baronessa Anna Burungi, moglie di don Francesco Saverio, 2° barone di Joppolo.
Filippo, fratello di Francesco Saverio e di Cesare, fu canonico.

Stemma famiglia Melacrinis. A destra: Arma Melacrino / Melacrinis di Reggio Calabria


Reggio Calabria, stemma Melacrino

Pasquale Melacrinis, canonico della Collegiata di Pizzo, fu nominato vicario capitolare della diocesi di Mileto dal 1786 al 1792.
Francesco Melecrinis, dottore in legge, figlio di don Saverio e di donna Chiara Costarella della città di Pizzo, sposò il 2 agosto 1774 donna Giulia Englen, che rimasta vedova nel 1804, essendo stato assassinato il marito, donò il giurispatronato della famiglia Melacrinis sito nella città di Pizzo a don Francesco Englen
(10 bis).
Il barone D. Cesare Melacrinis, della linea di Pizzo, ed il canonico Giovambattista Melacrinis furono cavalieri di grazia nel 1816 del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Nella Chiesa Matrice di Pizzo, risalente al XVI sec., dedicata a San Giorgio Martire, è presente una cappellina con lapide sepolcrale e stemma (arma ormai illeggibile dall’usura del calpestio), e l’iscrizione:” HIC NOBILIS MELACRINIS DOMUS/TUMULATA QUIESCIT”; inoltre è presente uno stemma sulla ”balaustra“ della chiesa, nei pressi dell’altare
(11).    

Pizzo Calabro - Chiesa Matrice di S. Giorgio Martire. A destra: Lastra Famiglia Melacrinis


Particolare iscrizione su lastra Famiglia Melacrinis

Il canonico Giorgio Melacrinis/Melecrinis (n. Pizzo, 03.07.1823   Napoli, 26.02.1900), donò Villa Melacrinis, ubicata in Napoli nel quartiere Vomero, all’Ordine dei Frati minori Gesuiti come Casa di Noviziato per i Padri Gesuiti. Fu illustre gesuita, laureato in lettere, giurisprudenza e teologia. La sua opera fu attiva non solo a Napoli ed in Italia, ma anche in Francia. Alla morte dei genitori, lasciò tutto l’ingente patrimonio in opere di beneficenza per la città di Pizzo e per i poveri. Contribuì alla creazione a Pompei della famosa Basilica e dell’Istituto di scuola di Carità. Ebbe come studenti uomini politici che raggiunsero le più alte cariche dello stato, che lo venerarono fino alla sua morte. E’ in corso il processo di beatificazione.  
Alfredo Marranzini
(12) scrive: “…Risale proprio al 1884 il suo incontro con P. Giorgio Melecrinis, di cui aveva già sentito parlare dai suoi discepoli e propri amici. … Non valgo a descrivere – nota Bartolo Longo - il forte entusiasmo di quel Santo calabrese [Giorgio Melecrinis], quando nel 29 maggio 1892 io avevo raccolto il primo figliuolo di  carcerato ed era appunto un giovanotto calabrese …” . Venne creato il primo Ospizio per i figli dei carcerati, il primo in Italia!

Via del Priorato

Pompei

Napoli - variante arma Melacrinis. A destra: Basilica di Pompei

Nel maggio del 1891 furono pubblicati in italiano due inni che la Chiesa canta ancora oggi nel giorno della ricorrenza della Consacrazione del Tempio di Pompei. I versi furono tradotti dal citato canonico Giorgio (13).
Giuseppe Severino Boezio
(14) cita Giorgio Melecrinis, Baroncino di Joppolo e Coccorino, Principe dell’Accademia del Giglio d’Oro, presente nell’Anfiteatro di Pozzuoli: “…i Signori Convittori del Collegio De’ Nobili, Diretto dai PP della Compagnia di Gesù, in Napoli, il giorno 18 settembre 1840, alla presenza di S.A.R.  Il Principe D. Sebastiano di Borbone e Braganza, Infante di Castiglia e Gran Priore dell’Ordine Gerosolomitano”.


Anfiteatro di Pozzuoli

Il canonico era figlio di Francesco, barone di Ioppolo e Coccorino, e di Felicita Taccone del Marchesi di Sitizano. Egli era l’unico maschio erede diretto del suo nobile casato; aveva tre sorelle. Nel 1831, all’età di otto anni, fu condotto a Napoli e affidato alle cure dei PP. della Compagnia Gesuita per studiare nel convitto dei nobili (15).


Il P. Giorgio Melecrinis (1823 † 1900)

Studiò senza soste con l’animo rivolto a Gesù sino al 1839, ultimo anno del collegio; fu uno degli studenti più virtuosi e brillanti, fu fregiato del giglio d’oro per la sua maestria nel suonare. Il conte Achille Rossi, suo compagno di collegio, lo definì una perfezione; si fece notare anche da Mons. Gioacchino Pecci, poi divenuto Papa Leone XIII, il quale sostò nel Collegio di Napoli nel 1839.
Giorgio a 17 anni avrebbe voluto vestire l’abito Gesuita ma, per non deludere il padre che aveva per lui grandi progetti, non disse nulla ma rifiutò ogni proposta di matrimonio che il genitore gli proponeva. Tornò nella capitale del Regno per laurearsi in legge e nel 1853 iniziò la professione di avvocato presso la Gran Corte criminale e la Corte Suprema di Giustizia in Napoli. Ogni mattina si recava nella Chiesa della Madonna delle Grazie a Toledo  per prendere l’Ostia Sacra; il 15 maggio 1848, uscendo dalla chiesa, vide un giovane soldato a terra ferito e, incurante delle scariche di moschetteria che si succedevano a breve distanza per i moti rivoluzionari, lo trascinò sino al cortile di casa dove spirò tra le sue amorevoli braccia.

Chiesa S.Maria delle Grazie a Toledo
Napoli - Chiesa della Madonna delle Grazie a Toledo, innanzi a quest'altare Giorgio Melacrinis ogni giorno prendeva l'Ostia.


Napoli - Via Toledo, le barricate dei moti del 15 maggio 1848, qui il Baroncino aiutò il soldato ferito

 

La voce di Dio si faceva sentire sempre più nel cuore del Baroncino, ma il padre gli negava ancora il desiderio di entrare nella Compagnia dei Gesuiti, anzi continuava a cercare una sposa degna di lui, tanto più che due delle tre sorelle già avevano preso il velo tra le Benedettine del monastero di S. Paolo in Sorrento.
La terza sorella, Anna Maria, desiderosa anche lei di divenire sposa di Gesù Cristo, venne a Napoli con una grave malattia; Giorgio si rivolse alla Vergine S. Filomena, promettendo in caso di guarigione di donare una collana di perle al Santuario di Mugnano, cosa che fece alcuni giorni dopo per la grazia ricevuta e, quando la sorella entrò nel Monastero di S. Paolo in Sorrento, compose per la vestizione una messa in musica a grande orchestra che diresse personalmente.

Fiore Melacrinis
Mugnano - ai piedi della Vergine Santa Filomena il Melecrinis depose la collana di perle

In Calabria, il barone Francesco avviò, all’insaputa del figlio, le trattative di nozze con la figlia di alto funzionario dello Stato che ebbero esito positivo e così Giorgio si trovò, senza saperlo, fidanzato ufficialmente. Il 9 novembre del 1853 si tenne in Catanzaro una solenne accademia letteraria e musicale in onore di re Ferdinando II di Borbone, che aveva accettato il priorato perpetuo della Reale Arciconfraternita del S. Rosario; partecipò all’evento anche Giorgio che recitò delle ottave sul tema il “Monarco Religioso”, riscuotendo applausi, acclamazioni e congratulazioni per l’imminente matrimonio con la sua fidanzata che era presente.
Il Baroncino ruppe tutte le titubanze e la stessa notte fuggì per Napoli e cinque giorni dopo, l’avv. Giorgio Melecrinis entrò nel noviziato della Canocchia, il 30 novembre vestì l’abito della Compagnia dei Gesuiti.
Il genitore, non ancora rassegnatosi, si rivolse inutilmente al Re che così rispose alla richiesta: ”E chi ti ha detto che non possa servirmi meglio adesso tra i Gesuiti che non a casa tua?”.
Nel 1855 P. Giorgio Melecrinis iniziò il primo anno di magistero insegnando Lettere nelle scuole di San Sebastiano in Napoli; ritornò a Pizzo nel mese di novembre del 1857 per concludere in compagnia del procuratore generale de Horatiis la vendita di Coccorino e a dicembre dello stesso anno, spirando tra le sue braccia l’amato genitore la sera del giorno 13.
Nel 1859 le orde di Garibaldi fremevano alle porte del Regno delle Due Sicilie e i Superiori decisero di salvare i giovani mentre i filosofi furono mandati in Francia e in Spagna; Giorgio e i teologi Minervino, La Pegna, Iovine ed altri furono imbarcati sul Blidah il 25 luglio del 1860 alla volta di Marsiglia.
Frate Melecrinis ricevette il 28 ottobre 1860 a Parigi da Monsignor Mariano Ricciardi, vescovo di Reggio Calabria, la consacrazione Sacerdotale.
Nel 1864 ritorna in Italia fissando la sua dimora a Sorrento; dal 1870 al 1880 dimorò ad Alatri, nel 1880 fu inviato a Marigliano, nel 1884 a Benevento, nel 1886 a Napoli, nel 1888 di nuovo a Marigliano come prefetto della Chiesa. Nel settembre del 1898 la residenza di Marigliano fu chiusa e Padre Melecrinis, avanti negli anni e indebolito dalle tante fatiche, si ritirò in Napoli nella villa che porta il suo nome.


Napoli - Quartiere Vomero - Villa Melacrinis, già Macrì, abbattuta negli anni 50 del Novecento.

Rese l’anima a Dio il 24 febbraio all’età di 77 anni.
Francesca Melacrinis (m.1921), ebbe per figlio Salvatore Tucci (nato nel 1881 a Serra San Bruno) il quale fu iscritto nell'Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana col titolo di barone di Joppolo, Coccorino e Coccoriello trasmissibile in linea di primogenitura
(16).
Un ramo dei Fiore esiste in Sambiase (oggi facente parte della città di Lamezia Terme in provincia di Catanzaro) fin dalla prima metà del Quattrocento; con Pietrantonio Fiore (n. 1736
† ?), figlio di Gaspare e Teodora Nicotera, il quale sposando la nobile Anna Melacrinis, figlia del già citato Giorgio Melacrinis  di Pizzo Calabro, 1° barone di Joppolo, creò la casata Fiore Melacrinis ed utilizzarono indistintamente l'atavica arma dei Fiore e dei Melacrinis.
Dal censimento del 1803 risulta che Pietrantonio Fiore e la moglie Anna Melacrinis, il figlio vedovo Gaspare Fiore Melacrinis nato il 9 maggio 1772, con un figlio orfano Gustavo nato il 25 giugno 1794, vivevano a Sambiase nell' originario palazzo Fiore. All'età di quarant'anni Gaspare sposò in seconde nozze Dorotea, di anni diciassette, figlia del marchese D'Ippolito di Sant'Ippolito, con la quale ebbe tre figli: Michelangelo, nato nel 1813, Malchiorre e Florio.
Il citato Gustavo partecipò ai moti calabresi del 1848 di Maida, venne catturato dal generale marchese Ferdinando
Nunziante e condannato dal Tribunale Regio a 15 anni di ferri unitamente al marchese d'Ippolito di Sant'Ippolito (condannato invece a 25 anni di ferri); imprigionato, scontò la pena a Ventotene fino al 1860, quando venne liberato per l'amnistia, invece il marchese d'Ippolito morì durante la prigionia.
Figlio di Gustavo fu
Napoleone (1839 † 1910), quest'ultimo generò Caio Fiore Melacrinis (1878 † 1960), avvocato e sindaco di Nicastro (oggi Lamezia Terme in provincia di Catanzaro), sposato a Margherita de Marco generarono: Serenella, Galiana (detta Lianella) e Napoleone nato il 19-10-1927 (chiamato anche Caio II, detto Lionello).

Michelangelo Fiore Melacrinis (1813 † 1878). A destra: Pietrantonio Fiore Melacrinis (1859 † 1932)


Luigi Fiore Melacrinis, figlio di Michelangelo e fratello di Pietrantonio

La famiglia Melacrino è stata riconosciuta nobile con D.M. 7 giugno 1900 ed iscritta nell'Elenco Ufficiale Italiano del 1922 col titolo di Nobile (mf) in persona di Pasquale Melacrino (17).
Gli attuali discendenti, seguendo le consolidate tradizioni di famiglia, esercitano la professione di notaio e avvocato.




 

Foto del nucleo familiare di S.A.R. Umberto di Savoia, ultimo Re d’Italia, con dedica a Donna Galiana (detta Lianella) Fiore Melacrinis.
A destra:
stemma della famiglia Fiore Melacrinis

Nel 1780 fu istituito a Napoli, per la prima volta nel Mondo, il primo Albo degli Avvocati elaborato dal legislatore del Regno di Napoli, il cui originale è conservato all’Archivio di Stato di Napoli; tra gli iscritti figurano, tra gli altri, Bellissario de Bellis e Michelangelo Cianciulli (Avvocati censori),  Domenico Antonio Melecrinis, Alessio del Pozzo, Carlo Mastellone, Cesare Coppola, Cesare della Ratta, Domenico Ciccarelli, Ermenegildo Albani, Filippo Sabatini d’Anfora, Francesco d’Alitto, Francesco e Nicola Carrano, Francesco Daniele, Giuseppe Cavallo, Giuseppe e Leonzio Ferri, Giuseppe e Nicandro Riccardi, Giuseppe Domenico Longo, Matteo Caravita, Michele Basile, Nicola Cito, Nicola Luigi e Vincenzo Mancini, Pasquale d’Auria, Trojano Petra, ed altri.

I DE FIORE ED IL SUFFEUDO DI AMBATO ED ANTO


Fuscaldo (Cosenza), stemma de Fiore

Il suffeudo di Ambato ed Anto, detto anche Calderone dalla famiglia che lo possedette, sito in territorio di Castelvetere in Calabria Ultra (oggi Caulonia in provincia di Reggio Calabria), ne era stata investita nel 1465 con privilegio di re Ferdinando I d'Aragona in favore di Giovanni Calderone, e confermato da re Alfonso II d'Aragona con privilegio del 26 luglio 1494 a Galeotto Calderone, regio familiare. Venuta meno la linea maschile della famiglia, ereditò il suffeudo Lucia Calderone o Calderon, sposata a Marcantonio Spagnolo, essendo che i Carafa della Spina, in quei tempi, avevano acquistato i territori di Castelvetere e Roccella, Lucia ha dovuto essere confermata dal marchese di Castelvetere; con Marcantonio ebbero una sola figlia, Ottavia Spagnolo, che ereditò il suffeudo, sposata a Giovan Tommaso de Fiore, ebbero come figli Lucrezia, battezzata il 24 luglio 1616 nella parrocchia di Santa Maria Minniti di Castelvetere, e Carlo, che ereditò il suffeudo di Ambato ed Anto, sposato a Lucrezia del Vecchio ebbero come figli: Antonia; Gennaro († 1685), entrato nell'ordine dei Celestini prese il nome di Carlo; ed il primogenito Giuseppe che ereditò il feudo, non avendo avuto eredi investì del feudo suo fratello Gennaro, essendo monaco, si secolarizza e prese moglie con dispensa pontificia, non ebbe prole e cedette i suoi diritti feudali a sua sorella Antonia, essendo sposata al dottor fisico  Domenico Musco, patrizio di Castelvetere, portò il feudo in questa casata, ebbero come figli: Felicia, Cecilia, Carmela (suora), Nicola, Liborio, Ferdinando, ed il primogenito Orazio Musco, erede dei beni feudali della baronessa Antonia de Fiore sua madre (18).

Un doveroso ringraziamento all'avv. Antonio Fiore Melacrinis, al dr. Giuseppe Pizzuti e al sig. Mike Fiore per la preziosa collaborazione.

_________________
Note:
(1) – Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie Nobili e titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005
(2) – Biblioteca Nazionale di Napoli – Manoscritto X.A.42.
(3) – Aurelio De Rose, “I Palazzi di Napoli”, Newton & Compton Editori, 2004
(4) – Archivio di Stato di Napoli – Tavole genealogiche di Livio Serra di Gerace, Vol. 3 pag. 1044.
(5) – Vito Capialbi da Monteleone, “Bibliografia degli uomini illustri del Regno di Napoli”, Napoli 1827
(6)
Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.II pagg. 197-198  Editrice C.B.C. 1996.
(7) – Livio Serra di Gerace, op. cit.
(8) –  Vincenza Maria d’Aquino (n. Napoli 15-12-1734 + ivi, 8-10-1799),  principessa di Feroleto dal 1737, 7^ Principessa di Castiglione, 8^ Principessa di Santo Mango, 2^ Duchessa di Nicastro, 8^ contessa di Martorano, Signora di Falerna, Motta Santa Lucia,  Sanbiase, Serrastretta, Turboli, Zagarise.
(9) – Giuseppe Maria Alfano, “Istorica descrizione del Regno di Napoli, divisa in dodici provincie”, 1795 .
(10)
Simone Cesare Lombardi, “Il Poro e le coste di capo Vaticano, Guida Ambientale, Culturale e Turistica”, Ed. Rubbettino, pag.39. Lo stemma Melacrino di Reggio Calabria in bianco e nero è tratto da: “Per uno stemmario Reggino”, a cura di Arturo Nesci di Sant'Agata, in “Calabria Sconosciuta”, rivista trimestrale di cultura e turismo, anno II - n. 5 (gennaio-marzo 1979).

(10 bis) - Franz Von Lobstein, "Settecento Calabrese", Fausto Fiorentino, Napoli 1973
(11) – Vedi:  http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=95831
(12) – Atti del Convegno storico promosso dalla Delegazione Pontificia per il Santuario di Pompei, “Bartolo Longo e il suo tempo”, Pompei 24-28 maggio 1982, pagg. 315-318, capitolo “Bartolo Longo ed i Gesuati”.
(13) – Bartolo Longo, “ Il Barone Giorgio Melecrinis”,  d. C.d.G, bozza di stampa, in ABLP, corrisp. N.2206, ined.
(14) – Giuseppe Severino Boezio, “Anfiteatro di  Pozzuoli, Accademia di Belle Lettere d’Arti”, pag. 6.
(15) – "Lettere edificanti della Provincia Napoletana della Compagnia del Gesù", Serie IX n. 1, Gennaio 1901.
(16) - Mario Pellicano Castagna "La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria", Vol.II pag. 353, Vol.IV pag.220: Editrice C.B.C.1996.
(17) – Vittorio Spreti, "Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana", Arnaldo Forni Editore.
(18) - Mario Pellicano Castagna "La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria", Vol.I pagg. 87-88. Editrice C.B.C.1984.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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