Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
A cura del dr. Giuseppe Pizzuti |
Armi di Cosenza: d'azzurro, alla fascia accompagnata in capo da due stelle (6) ed
in punta da un tronco d'albero sormontato da una stella (6), il
tutto d'oro.
Altra: d'azzurro,
al grifo alato di verde con la testa rivoltata tenente in bocca
un dardo d'argento su un terrazzo di verde, ed accompagnato in
capo da un artiglio di rosso sostenente un bastone al naturale
inclinato in banda.
Altra: d'azzurro,
al castello merlato d'oro col braccio armato impugnante una
croce patente del secondo sporgente dalla porta. Arma adottata
dal ramo trasferito a Palermo nel 1531 il cui capostipite fu
Angelo.
Altra: d'azzurro,
a due scale d'oro appoggiate in capriolo legate da una catena
del medesimo e delle quali un leone sale la destra, un grifo
la sinistra, entrambi d'oro sostenenti con le branche anteriori
un libro aperto d'argento fogliato di rosso sormontato da una
stella d'oro (8, altre volte 6).
Titoli: patrizio
di Cosenza,
patrizio di Benevento,
nobile
di Reggio Calabria,
nobile
di Palermo,
barone
di San Cono,
marchese di Panicocoli.
Patroni: San
Rocco, San Pietro. |
Moliterno (Potenza), Palazzo Parisi, arma
personale di
Alessandro
Parisi,
si noti il grifo ed il leone in posizione invertita |
© Napoli - Arma di Antonio
Parisio, barone di Panicocoli (oggi Villaricca) - Anno 1635 |
Arma Parisio del ramo di Palermo. Per
gentile concessione della Galleria Regionale della
Sicilia
Palazzo Abatellis
(Autorizzazione prot. 2575 del 7-6-2023) |
La famiglia
Parisi, Parisio o de Parisio, di origine francese, scrisse padre
Giovanni
Fiore da Cropani, nella sua opera "Della
Calabria illustrata", che: "sotto il regnare del
conte Rogiero" ovvero di Ruggiero II d’Altavilla, re di Sicilia,
duca di Apulia e di Calabria dal 1130 al 1154, arrivò in Sicilia
Bartolomeo
Parisio discendente da
Gualtiero
che fu governatore di Parigi nel 998, la
Lutetia Parisiorum
dei romani, e prese il cognome di Parisio. Bartolomeo fu
signore di
Calatabiano e feudatario
della chiesa vescovile di Catania ed ivi si trasferì, ebbe per
figli: Pagano
e
Gualtiero i quali furono signori di terre in
Sicilia ed in Calabria dove ottennero la
baronia di
Crucoli e Pagano fu
Goverantore di Cosenza,
da un atto del 1194 è attestato essere
conte di Avellino e da un
altro, del 1195, risulta essere conte di
Butera, sposò Margherita de Luci (famiglia di origine
normanna, sposata in prime nozze a Gugliemo Malcovenant) figlia
di Bartolomeo, conte di Butera(1), e di
Desiderata Policastro dei conti di Ragusa,
ebbero per figli:
Gualtiero,
Perretto
e Parisio
che fu Governatore di Cosenza.
Raimondo,
figlio di Parisio, fu Governatore di Cosenza al tempo di re
Manfredi (1232 † 1266).
Ruggero,
feudatario di Figline e Santo Stefano
(oggi comuni di Figline Vegliaturo e Santo Stefano di Rogliano
in provincia di Cosenza), nel 1188 fu uno dei baroni che andò a
combattere in Terrasanta ai tempi di
re Guglielmo II detto il Buono.
Simone,
fu
Gran Cancelliere di re
Carlo I d'Angiò,
il quale morto nel 1285 a succedergli fu il figlio
Carlo II
d'Angiò
detto il zoppo che, però, si insedierà sul trono nel 1288 e
regnerà fino al 1309. Nei primi anni della presenza degli
Angioini a Cosenza, la famiglia Parisio, in virtù del prestigio,
continuò ad esercitare un ruolo di primo piano nella vita civile
e politica sia della città che del suo territorio.
In questo periodo visse il conte
Guglielmo,
discendente di Ruggero, il quale fu tra i ribelli di re Carlo II
d'Angiò, al quale venuti in odio, per fuggirne lo sdegno venne
necessitato a trapiantarsi a Messina con tutta la sua famiglia,
per cui alla fine del Duecento restò a Cosenza soltanto Simone
con la sua discendenza
(1bis).
Dopo oltre un secolo, svanite "le tempeste" che durante tale
periodo si susseguirono tra Angioini ed Aragonesi i discendenti
del Parisio ritornarono nei territori cosentini con i fratelli
Tommaso
e Ruggero.
Il loro ritorno è avvalorato da due provvedimenti emessi da
Luigi III d'Angiò [Luigi III d'Angiò-Valois
(1403 † Cosenza, 15 novembre
1434), re titolare di Sicilia e successore designato della
regina di Napoli
Giovanna II d'Angiò-Durazzo che lo aveva investito
del titolo di erede al trono, 9° duca di Calabria, alla quale
premorì]: il primo del dicembre 1423 col quale si ordina ai
giustizieri di Val di Crati e Terra Giordana e al giudice
ordinario di Cosenza di provvedere alla restituzione dei beni
feudali tolti da
Alfonso di Aragona
ad alcuni cittadini dei Casali di Cosenza, fra questi cittadini
troviamo
Tommaso Parisio e fratello; il secondo
provvedimento, emanato da Aversa quattro anni dopo, nel quale
viene confermata a
Ruggero di Parigi
e ad altri abitanti di Figline l'esenzione del pagamento delle
collette (raccolta di denaro sotto forma di contributi volontari
per bisogni privati e pubblici, successivamente divennero forma
di imposta forzata che colpiva tutti i possessori di beni
immobili). Si può ritenere che l'indicazione di "Ruggero di
Parigi" e non "Ruggero Parisio" sia stata determinata dalla
comune origine francese sia del firmatario che dal beneficiario
del provvedimento. Tali disposizioni, oltre ad attestare il
rientro dei Parisio dalla Sicilia, ci induce a pensare che il
ritorno in Calabria sia stato favorito dalla adesione dei
Parisio alla causa degli Angiò contro gli Aragonesi. I
discendenti dei fratelli Tommaso e Ruggero crearono due rami che
la storiografia definirà del
Cardinale
e del Consigliere
(1ter).
Da sinistra a destra: Santo Stefano di Rogliano,
Cappella di
San Rocco della famiglia Parisio,
Palazzo Parisio,
particolari
architettonici, Palazzo Parisio, portale |
Discendenti
di "Ruggero di Parigi" furono:
Andrea,
Segretario di re Ferdinando I d'Aragona e
Filippo,
notaio, nel 1444 dal Casale di Figline si trasferì a Cosenza per
esercitare il suo ufficio, ebbe per figli:
Ruggiero,
U.J.D. (dottore nell'uno e
nell'altro diritto, civile e canonico), professore di legge,
Consigliere di re
Ferdinando I d'Aragona,
aggregato al Sedile dei Nobili
di Cosenza nel 1500; aveva
sposato Caterina
di Francia (detta Covella) di
Nicola, patrizio Cosenza, i capitoli matrimoniali furono
stipulati il 17 novembre 1471, ed ebbero per figli:
Pietro
Giovanni o
Giovanni,
Pietro Paolo
e Francesco;
e Nicolantonio,
il quale, con privilegio di re Ferdinando del 3 maggio 1477, per
i suoi meriti e per quelli di suo fratello Ruggiero fu
dichiarato Milite,
col godimento di tutte le prerogative, ed armi di nobiltà, per
sè e per i suoi successori; fu il capostipite del ramo di
Moliterno in terra di Basilicata, ebbe per per figlio
Angiolo,
notaio in Moliterno, nel 1531 a Napoli, fu stipulato un
compromesso per la divisione dei beni nel quale si stabilì: che
i beni di Cosenza fossero ereditati da suo cugino Francesco e
quelli di Moliterno da Angiolo.
Cesare,
figlio di Angiolo, sposò Giulia Pugliese ed ebbero per figli:
Gioconda,
sposata a Gaspare d'Elia di Montemurro;
Parisio; ed
Ascanio
(1528 † 1614) vescovo di Hebron
dal 1599 al 1612 e di Marsico Nuovo dal 1600 al 1614, il quale
istituì un monte di maritaggi di 600 ducati per ogni donzella
discendente da Giovanni, suo patrino, e da Parisio suo fratello,
un legato di 50 ducati annui per gli studenti maschi della
famiglia ed inoltre un ospedale per poveri. Figli di Parisio
furono Troilo
e Ferrante,
baroni di Brindisi ed Albano
ed ebbero per figli
Lelio
e Claudio,
questo ramo si estinse nell'Ottocento.
Giovanni,
filio di Angiolo e fratello di Cesare, sposò Costanza
Venata, nel 1576 fece edificare la
Cappella Gentilizia di San Pietro in Moliterno, testando nel
1580 istituì un legato perpetuo per i suoi discendenti che si
fossero applicati agli studi, ebbero per figli:
Giacomo Antonio,
rimase celibe, ed il primogenito
Lelio,
il quale con Sentenza del Consiglio del 4 maggio 1574 furono
dichiarati con suo padre Giovanni, Nobili del Sedile di Cosenza
nonostante da molti anni fossero assenti dalla città, sposò
Porzia
Gallotti dei baroni di
Battaglia e Casaletto, nel 1608 fondò un monte di ducati 120
annui per i discendenti in linea maschile che avessero
esercitato la professione di avvocato a Napoli, ebbero per
figli, tra gli altri:
Francesco, la sua linea si estinse con
Ignazio (†
1784), avvocato in Napoli; ed
Orazio,
suo figlio fu
Ottavio sposò Maddalena Tornisiello dei conti di
Latronico ed ebbero per figlio
Domenico che sposando Isabella Pugliese di
Vibonati ebbero per figlio
Nicolangiolo
(1657 † 1751), nel 1696 sposò
in prime nozze Paola Vitarelli di Vibonati, e nel 1701, in
seconde nozze Sofia
de Dominicis.
Domenico Parisi (1699
† 1770), figlio di Nicolangiolo e di
Paola Vitarelli, nel 1735 sposò Margherita Porcellini di
Stigliano, e generarono:
Michele Arcangelo;
Stanislao,
sacerdote;
Ascanio, sacerdote;
Nicola
(Moliterno, 1739), avvocato in Napoli, Primo Presidente della
Gran Corte Civile di Napoli, dal 1806 Consigliere della Suprema
Corte di Napoli;
Giuseppe
Ruggiero
(Moliterno, 1745 † Napoli
1831), fu avviato a Napoli agli studi di matematica, fisica ed
astronomia dallo zio
Angiolo
che gli permise di frequentare amicizie come Francesco Mario
Pagano, fu Tenente Generale,
Ministro della Guerra e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito del
Regno delle Due Sicilie, il 18 novembre 1787 fondò la Reale
Accademia Militare della Nunziatella;
Luigi
(Moliterno, 1754) Ufficiale di Artiglieria, con Decreto del 19
maggio 1818 fu nominato Commendatore dell'Ordine
delle Due Sicilie, e nel
1819 ebbe la Commenda dell'Ordine
Militare di San Giorgio della Riunione,
ebbe per figlia
Raffaella
(morta di colera nel 1837) che sposò Giustino Fortunato di
Rionero, professore di matematica alla Nunziatella, avendo preso
parte alla
Repubblica
Napoletana del 1799, lo salvò il
Generale Giuseppe Ruggiero, che lo fece rifugiare nel palazzo di
famiglia a Moliterno dove conobbe Raffaella;
Lelio
(Moliterno, 1756), Vice Presidente della Suprema Corte di
Giustizia di Napoli, ebbe discendenza.
Ippolita Camilla (†
1835), nipote di Giuseppe Ruggero, sposò Ferdinando De Caro,
barone di Rocca Gloriosa, morì di parto dando alla luce
Giustino
il quale ricoprì diverse cariche politiche: parlamentare del
Regno d'Italia, Presidente del Consiglio Provinciale di Salerno,
Sindaco di Moliterno dal 1885 al 1890; ereditò i beni paterni e
quelli materni, con sua madre si estinse il ramo in Moliterno,
rimase fiorente il ramo di Napoli con i discendenti del Generale
Giuseppe Ruggero; rimase celibe.
Giuseppe
Parisi, nel 1857 acquistò dal suo congiunto Giustino De Caro, il
titolo di barone(1quater). |
Generale Giuseppe Parisi
di Moliterno
Si ringrazia Dale John Joseph Leppard per aver inviato
la foto |
Moliterno, Palazzo Parisi, stemma
inquartato con le famiglie imparentate |
Moliterno (Potenza), Palazzo Parisi ed
accanto il Museo Civico di Arte Sacra, già Cappella
gentilizia della famiglia Parisi |
Moliterno, Museo Civico di Arte Sacra,
sarcofagi di Angelo ed Ascanio Parisi |
Moliterno, Museo Civico Arte Sacra,
sarcofago Notaio Angelo Parisi |
Moliterno, sarcofago Notaio Angelo
Parisi, epitaffio |
Moliterno, Museo Civico Arte Sacra,
sarcofago Vescovo Ascanio Parisi |
Sarcofago di Angelo Parisi, particolare
dello stemma. A destra: Sarcofago del Vescovo Ascanio, particolare
dello stemma |
Moliterno, Chiesa del Rosario, Cappella
di Sant'Antonio, e lapide
sepolcrale di Domenico Parisio morto nel 1786 all'età di
otto anni |
Moliterno, Chiesa del
Rosario, Cappella di Sant'Antonio, lapide sepolcrale di
Paolo Parisi |
Moliterno, Museo Civico Arte Sacra,
lapide sepolcrale di Lelio Parisi |
I Parisio raggiunsero il massimo splendore durante il periodo
degli Aragonesi; si divisero in due rami: il primo detto
Parisio del Cardinale il
cui massimo esponente fu il cardinale Pietro
Paolo;
ed il secondo detto Parisio
del Consigliere,
capostipite fu Tommaso,
giureconsulto, membro del Sacro Regio Consiglio della Camera di
Santa Chiara sotto Ferdinando
I d'Aragona, nel
1483 fu nominato Capitano di Lecce, sposato a Pellegrina Poerio ed Arnone
originaria di Taverna, ebbero per figlio, tra gli altri, Aulo Giano Parrasio (Cosenza,
1470 † ivi, 1521) nome latinizzato di Giovan Paolo Parisio,
il padre lo avrebbe voluto giureconsulto ma egli era incline
alle lettere, fu filosofo, umanista e scrittore, tra i massimi
latinisti della sua epoca. Studiò il greco a Corfù, ritornato in
patria, aprì una scuola a Cosenza; a Napoli fu membro dell'Accademia
Pontaniana,
a Roma dell'Accademia di Pomponio Leto;
dal 1499 al 1507 visse a Milano dove insegnò privatamente,
conobbe, tra gli altri, l'umanista Demetrio Calcondila
proveniente da Atene, sposò sua figlia Teodora. Nel 1511 fu
costretto a tornare a Cosenza, in questo periodo fondò
l'Accademia Cosentina; dopo un breve soggiorno a Roma, chiamato
da papa Leone X per insegnare al romano ginnasio della Sapienza,
ritornò definitivamente nella sua città natale. Lasciò la sua
preziosa biblioteca al suo amico, l'umanista Antonio Seripando,
che la riordinò con Decio Apriano e la portò a Napoli; passò poi
a suo fratello, cardinale Girolamo Seripando (1493-1563) ed in
seguito alla chiesa di San Giovanni a Carbonara di Napoli.
Attualmente è collocata nella Biblioteca Nazionale di Napoli.
Mario,
nipote del Consigliere Tommaso, scrisse Scipione
Mazzella che furono appellati anche come Parisio di Mario.
Mario morì assassinato nel mese di giugno del 1588 nella sua
casa di campagna nel territorio di Cosenza nel luogo detto
sopra Torrevecchia, i responsabili furono i nobili
Fabrizio, Vincenzo, Prospero, ed Aloisio Cavalcanti. Mario ha
avuto come figli: Trineo, Cavaliere di Malta, Bartolo,
Pietro Antonio, Cavaliere di Malta, ammesso nell'Ordine
il 1° marzo 1584 ed abitante a Napoli. Frà Pietro Antonio, nel
1599 venne nominato procuratore da suo cugino Flaminio Buglio
per trattare l'affitto della terra di San Lucido con Donna
Giovanna Carafa,
Marchesa di San Lucido. Flaminio Buglio era figlio di Giovan
Domenico, nobile di Castelfranco (oggi comune di Castrolibero),
il quale nel 1580 aveva sposato Isabella Parisio.
Amedeo Miceli di
Serradileo,"Delitti e pene riservati ai nobili in provincia di
Cosenza", pdf, pp.196-197. Amedeo Miceli di Serradileo,"I Buglio
di Castelfranco attraverso le fonti notarili dell'Archivio di
Stato di Cosenza" in "Araldica Calabrese", Cosenza, MIT, 2008,
p.152.
Prospero,
patrizio di Cosenza, patrizio romano, congiunto di Aulo Giano
Parrasio, visse a Roma dove ebbe la cittadinanza onoraria, si
addottorò in filosofia, legge e matematica per la quale fu
celebre, fu anche geografico, fu uno degli iniziatori del
restauro e dell'archeologia moderna. Governatore di molte città
dello Stato Pontificio e di quello di Napoli, ebbe lotta
preminente per estirpare i malviventi e la diffusione del
colera. Nel 1589 pubblicò la prima carta geografica stampata
della Calabria, e nel 1591 una carta generale del Regno di
Napoli; nel 1592 pubblicò un Compendio di Storia della Calabria
che nel 1683 ripubblicò a Norimberga Gio. Giorgio Wolkamero. Il
7 ottobre 1571 prese parte alla battaglia di Lepanto con altri
suoi congiunti, dopo aver cooperato per l'arruolamento di
volontari in Calabria ebbe il grado di capo battaglione sotto
Prospero Colonna il
quale comandava uno dei tre corpi di fanteria sulle galee di
Venezia. Conquistò una bandiera turca che, rientrato a Reggio,
donò alla capella di jus patronato della sua famiglia nel Duomo.
Alla sua morte fu sepolto nella Basilica di Santa Maria degli
Angeli e dei Martiri, il monumento sepolcrale fu posto dai
cosentini: Fabrizio de
Gaeta,
Antonio de Prosperis e Giulio Cesare Frangelli, l'epitaffio lo
appella nuovo Bruto e Curzio. |
Cosenza, Chiesa di San
Francesco d'Assisi, lapide pavimentale con stemma dei
Parisio |
Cosenza, Chiesa di San
Francesco d'Assisi, lapide
pavimentale di Cesare Parisio. A destra:
stemma Parisio (2) |
Traduzione in italiano della lapide a cura dell’Avv.
Rosario Salvatore
Migliaccio di
Sanfelice:
“A Dio, il Migliore, il più Grande.
Fermati, viandante. Qui riposano le ossa di Cesare di
Parisio, patrizio cosentino, ma giace (anche) la gloria
dell’intero casato di Parisio qui sepolto con lui,
casato eminente tra i nobili cosentini per 400 anni,
ricco di splendori: furono in guerra condottieri
illustri, in pace assisi al consiglio del re. Sua fonte
di speranza furono i fratelli Mario ed Orazio, prospera
prole dalla Natura accordatagli; ma giacché da sorte
fatale entrambi i figli vennero a mancare, l’uno a
sette, l’altro a quattro anni di età, la linea
gentilizia dei Cesari si estinse con lui; in un solo
Cesare per sempre si spengono i lumi dell’intero casato.
Flavio Guzzolino Barone di Cervicati, regio avvocato dei
poveri di Calabria, nipote ed erede, eresse a memoria
della sua devozione (per lo zio) nell’anno del Signore
1641”. |
Aulo Giano Parrasio |
|
|
Il citato Pietro Paolo (Figline, 1473 †
Roma, 1545 ), figlio di Ruggiero e di Caterina
di Francia , studiò a Bologna dove si laureò
nel 1499; ritornato a Cosenza impalmò Gismonda
di Tarsia figlia di Giacomo, barone di
Belmonte, che gli diede un solo figlio,
Ruggiero.
Rimasto vedovo e, perso il figlio, intraprese la
carriera ecclesiastica; nel 1514 fu chiamato a Roma per
ricoprire l'ufficio di correttore nell'Archivio della
Curia, nello stesso anno fu nominato da papa Leone X
docente in diritto civile, nel 1515 fu nominato canonico
della cattedrale di Cosenza; nel 1520 si trasferì a
Padova per insegnare diritto canonico; nel 1537 divenne
Uditore Generale delle Cause nella Camera Apostolica e
nel 1538 fu nominato vescovo di Nusco. Il 19 dicembre
del 1539 fu creato cardinale, assumendo il titolo di
Santa Balbina; uomo di fiducia di papa Paolo III, il 16
ottobre del 1542 lo nominò, con i cardinali Giovanni
Morone e Reginald Pole, legato pontificio a Trento, dove
si attendeva l’apertura del Concilio, rinviata ancora
una volta, su ordine del papa raggiunse Bologna, che lo
inviò come legato presso Carlo V. Morì assistito dal suo
amico Ugo
Boncompagni,
futuro papa Gregorio XIII. Nominò suoi eredi i
nipoti, figli del fratello Francesco, e lasciò legati
alle nipoti
Covella ed
Adriana,
figlie del fratello Giovanni e di Laura
Cavalcanti, che
oltre ad esse, ebbero per figli:
Flaminia,
Filippo e
Belluzio
il quale si trasferì a Reggio Calabria con i nipoti di
Gaspare Ricciulli del Fosso (nato a Marzi di Rogliano
nel 1492, già Superiore Generale dell'Ordine dei Minimi
di San Francesco di Paola) il quale era stato nominato
vescovo di questa città, carica che ricoprì dal 1560 al
1592, anno della sua morte, sposò sua nipote Medea
Ricciulli del Fosso ed ebbero per figli:
Matteo, suo figlio
Antonino si stabilì a Rogliano ed il 6
settembre 1683 ottenne la reintegra alla nobiltà di
Reggio Calabria con i suoi sette figli; e
Gaspare,
entrambi furono aggregati alla nobiltà di Reggio
Calabria. Matteo e Gaspare si arruolarono per la
battaglia di Lepanto con una propria galera nomata
Maria
Santissima della Consolazione sulla quale
presero imbarco diversi esponenti della casata dei rami
di Cosenza e Reggio fornita di ciurma reclutata a
Reggio, Bagnara e Solano; Matteo nella battaglia predò
una saetta turca nomata
Fusta del
Profeta, nell'arrembaggio riportò ferite
come i suoi amici Geria, Ferranti, de Cicco, Basugi e
Galimi, fecero prigionieri tra di essi una giovane
guerriera e quattro damigelle suonatrici di famiglia
sultanesca, una di esse, Miriam rivelò che sulla saetta
vi erano un barracano (una veste caratteristica) ed una
bandiera verdi, reliquie per i musulmani, per questa
rivelazione furono lasciate libere, la saetta fu
chiamata
Santa Maria del Pilerio, ritornati a Reggio
i cimeli furono esposti in Duomo, a sinistra dell'Atare
dell'Eucaristia, a destra era la bandiera quadrata
azzurra dei Parisio, in seguito tali cimeli, a mezzo di
Miriam, convertita al Cristianesimo, vennero restituiti
ai turchi senza pretendere compenso; Miriam finì in
convento col nome di Suor Maria.
Gaspare sposò Francesca Pescara di Diano, creando il
ramo
Parisio Diano ed ebbero per figlio
Camillo che sposando Tarquinia Malgeri e
Furnari generarono:
Francesca,
che sposò il nobile Marco Barone ed ebbero Domenico,
cavaliere gerosolimotano;
Lucrezia,
nel 1621 sposò Giovan Michele Genoese; e
Giacinto,
che nel 1649 sposò Faustina de Jacovo ed ebbero per
figlio
Francesco
Parisio Diano, sposato a Vittoria
de Mari,
baronessa di 3/4 del feudo di
San Cono de
Proditoribus (in territorio di Fiumara di Muro in
provincia di Reggio Calabria) ed ebbero per figlio
Carlo
(Reggio Calabria, 1655), barone di San Cono, sposato ad
Antonia Rejtano e Furnari ebbero per figlio
Domenico
(Reggio Calabria, 1691), barone di San Cono, sposato ad
Antonia Barone ebbero per figlia
Anna
Parisio Diano (Reggio Calabria, 1712), baronessa di San
Cono, sposata a
Nicola
Parisio, patrizio di Cosenza. |
L'arma Parisio Diano:
partito, nel 1° d'azzurro, alla fascia accompagnata in
capo da due stelle (6) ed in punta da un tronco d'albero
sormontato da una stella (6), il tutto d'oro; nel 2° di
rosso, a due scaglioni d'argento accompagnati da tre
stelle (6) d'oro, due in capo ed una in punta. |
Stemma Furnari. A destra: stemma Genoese |
Domenico
Parisio (Reggio Calabria, 1732), figlio primogenito di
Nicola ed Anna Parisio Diano, dal 1760 barone di San
Cono per successione a sua madre; sposò la nobile
maltese Anna Muscat, di Paolo e Caterina Bonici, e gli
portò una dote di 36.000 ducati, ebbero per figli
Paolo, e
Francesco
Parisio Muscat.
Paolo
Parisio Diano,
fu vescovo di Oppido Mamertina dal 1663 al 1673. |
Il Cardinale Pietro Paolo
Parisio. A destra: stemma del Cardinale Pietro Paolo Parisio |
Roma, Basilica di Santa
Maria degli Angeli e dei Martiri. A destra:
Monumento funebre del Cardinale Pietro Paolo
Parisio, fatto erigere per volontà del suo
congiunto
Flaminio
(Figline, 1563),
Vescovo di Bitonto dal 1593 al 1603(2bis) |
Stemma del vescovo
Flaminio |
Chiaravalle
(Catanzaro) |
|
Pietro
Parisio da Cosenza, figlio di
Ruggiero,
alfiere dei militi catafratti (corazzati) della
compagnia del principe di Cariati, nel suo testamento
del 30 luglio 1617, nominò erede suo figlio
Girolamo,
al quale sostituisce i propri fratelli
Fulvio
e
Filippo.
A Filippo,
il 6 gennaio del 1636, venne attestato dal Sindaco dei
Nobili di Cosenza Bernardino
Rossi, di appartenere alla famiglia
Parisio del Cardinale; sposò Livia Caligiuri, figlia di
Giovanni, barone di San Morello, feudo presso Cariati.
Guglielmo
(Campana, 7 gennaio 1737) figlio di Filippo e Livia, fu
Governatore, sposò a Cosenza, il 10 febbraio 1654,
Giovanna
Quattromani
di Girolamo, ebbero per figlio
Gaetano (Cosenza, 10 febbraio 1655),
dottore in legge, sposato in prime nozze a Toccia
Garritano di Francesco ed ebbero per figli
Guglielmo
juniore e
Pietro Paolo,
cononici della cattedrale di Cosenza; in seconde nozze,
il 5 agosto 1694, ad Isabella o Belluccia
Castiglione
Morelli,
figlia di Scipione e Laudomia
Dattilo,
ed ebbero per figli:
Giovanna,
sposò Giuseppe Andreotta;
Antonio,
fu monaco benedettino col nome di don Faustino;
Nicola
(Cosenza, 1698), sposato ad
Anna
Parisio Diano, baronessa di San Cono, di Reggio
Calabria;
Scipione,
dottore a Napoli, acquistò la
baronia di Chiaravalle
in terra di
Calabria Ultra
(oggi comune omonimo in provincia di Catanzaro) da Carlo
Alfarano Capece, barone di Lucugnano, come erede di casa
Pandone ed
Alfarano, in qualità di avente causa, della sua
ava Vittoria
Capece Piscicelli
figlia del barone Fabrizio, la quale aveva sposato, agli
inizi del Seicento, don Carlo Pandone, conte di Ugento
in terra d'Otranto. Seguì Regio Assenso il 27 giugno
1720. L'anno successivo lo vendette a Francesco Maria
Castiglione Morelli, 3°
marchese di Vallelonga;
Francesco
Saverio (Cosenza, 1704), nel 1716,
avendo provato, tra l'altro, di essere discendente del
Balio
Ruggiero de Parise, primo stipite, fu
ammesso nel
S.M.O. di Malta,
divenne Commendatore, Gran Croce, Balì,
Ricevitore in Napoli e Generale delle Galere, nel 1752
attaccò Tripoli; ebbe in fitto, dall'Ordine, la Commenda
di Sant'Eufemia in Calabria. |
Frà Francesco Saverio. Immagine tratta da
Gustavo Valente,
"Il Sovrano Ordine di Malta e la Calabria", 1996, La
Ruffa Editore. |
Giuseppe
(Cosenza, 1707) fratello di frà Francesco Saverio, fu
ammesso nell'Ordine nel 1720.
Furono ammessi nell'Ordine i nipoti di frà Francesco
Saverio e di frà Giuseppe con
Giacinto
(Reggio Calabria, 1742) figlio di Nicola e di Anna
Parisio Diano, ammesso nel 1744, e
Giuseppe
(Reggio Calabria, 1748), fratello di Giacinto, ammesso
nel 1760.
Francesco
Parisio Muscat (Reggio Calabria, 1773), figlio del
barone
Domenico
ed Anna Muscat, nipote di frà Giacinto e di frà
Giuseppe, fu ammesso nell'Ordine nel 1781; visse a Malta
anche dopo l'espulsione dell'Ordine, possedette il
Palazzo Parisio a Mdina (probabilmente ereditato da sua
madre) antica capitale dei Cavalieri Ospitalieri di San
Giovanni di Gerusalemme. Alla Valletta vi è un altro
Palazzo Parisio, appartenuto nell'Ottocento a suo
fratello
Paolo
il quale aveva la residenza di campagna a Naxxar. |
Ottaviano (†
Napoli, 1594), figlio di
Francesco,
patrizio di Cosenza, e di Caterina
Garofalo dei patrizi di Cosenza, nipote del cardinale
Pietro Paolo e di
Pietro Giovanni o Giovanni si portò in
Campania, questo ramo godette il
patriziato in Benevento; ebbe per figli, tra gli
altri,
Leone,
avvocato, ebbe l'unica figlia
Anna Maria,
morì in giovane età;
Giovanni Antonio (†
1659), avvocato, nel 1608 acquistò, per ducati 45.100,
da Beatrice Putigna il feudo di Altavilla,
città in Principato Citra, per conto di Pompeo
Colonna che ne ottenne il successivo trasferimento. Acquistò da Salvo
Sclano(3)
il
feudo di Panicocoli,
oggi Villaricca in provincia di Napoli, all'epoca era un
villaggio in
Terra di Lavoro,
per ducati 20.370, con Regio Assenso del 10 maggio 1634;
sposò Anna Sclano, sorella di Salvo, ed ebbero per
figli:
Francesco
Antonio, dottore in legge, non esercitò
la professione di avvocato, sposò sua cugina Anna Maria
Parisio ed ebbero per figli:
Giovanni
Antonio juniore,
Giovan Battista e
Giacinto Casimiro; ed il primogenito
Ottavio (†
1674), 2° barone di Panicocoli, come erede per la morte
di suo padre, barone Giovanni Antonio, ebbe
significatoria di relevio il 28 gennaio 1666; morto
improle, venne ucciso da suo cugino, Gennaro Sclano
(figlio di Salvo) per motivi di interessi, un giorno,
mentre erano in casa del consigliere Stefano Padilla,
commissario alla lite, vennero fra di loro a parole,
scesi sulla strada con la spada in mano, si tirarono
molti colpi di lama ed Ottavio rimase ucciso(4).
Giacinto
Casimiro († 23-9-1712), patrizio di Benevento, 3° barone
di Panicocoli, come erede per la morte di suo zio,
barone Ottavio, ebbe significatoria di relevio il 18
maggio 1679. Con privilegio del re Carlo II dato dalla
residenza del Bonriposo in data 1° novembre 1683 gli fu
concesso il titolo trasmissibile di marchese di
Panicocoli, esecutoriato in Napoli il 29 febbraio 1684.
Nel 1702 vendette il feudo al principe Carlo de Tassis o
de Taxis, conte di Zellò e marchese di Paullo, per
difficoltà economiche, nel 1728, per ducati 52.500,
vendette il feudo di Panicocoli a Nicola
Petra, 6°duca di Vastogirardi, 2° marchese di Caccavone, la cui
famiglia lo tenne fino all'eversione della feudalità del
1806.
Nel 1703 Giacinto acquistò
il feudo di Balvano o
Valvano, all'epoca
sito in Principato Citra e non in Basilicata (oggi
comune in provincia di Potenza). Sposò Ippolita
Capecelatro del
Sedile di
Capuana di Napoli
ed ebbero per figli:
Beatrice (Panicocoli, 1682), nel
1718 sposò Francesco Maria Sozj Carafa (Castello di San
Nicola Manfredi, 1702 † Napoli, 1752), primogenito di
Nicola e di Anna Maria
Merenda, patrizio di Benevento e barone di San
Nicola Manfredi, terra in Principato Ultra, comandante
di una compagnia alla
battaglia di Velletri;
Emanuele;
Antonio; ed il primogenito
Ottavio
(† 14-5-1753). |
|
|
© Napoli - Cappella Famiglia
Parisio di Benevento. A destra e sotto: stemma Parisio |
|
Pietro
Parisio, venne dichiarato erede per la morte di suo
padre
Ottavio nel 1754; la
Gran Corte della
Vicaria, con decreto di preambolo, dichiarava eredi universali i quattro
figli di Antonio, in quanto risultavano eredi universali
per testamento, poichè figli maschi impuberi, il feudo
venne trasferito a Vespasiano
Giovene,
duca di Girasole, come risulta dalle intestazioni
feudali della Regia Camera della Sommaria nel 1757-1759.
Luigi,
figlio di Pietro, colonnello dell'esercito borbonico, e
Giuseppe, tenente generale dell'esercito
borbonico, furono nominati Cavalieri Commendatori del
Real Ordine Militare
di S. Giorgio della Riunione
con decreto del 7 ottobre 1819. Luigi sposò Maria Irene
Latino dei baroni di Santa Maria a Toro ed ebbero per
figli:
Pietro (2 giugno 1802 † 23 febbraio
1874), sposato a Teresa Capobianco dei marchesi di
Carife, famiglia patrizia di Benevento († 6 settembre
1885) con la quale generarono
Marianna (n. 21 luglio 1849), sposata il
28 febbraio 1876 a Giovanni Mini, ed
Ernesto
(n. 6 gennaio 1852), sposato l'8 gennaio 1890 alla
nobile Gabriella
Gualtieri
ebbero per figli
Pietro
(n. 4 dicembre 1890), ed
Enrico (n. 7 aprile 1892); e
Salvatore
(n. 5 ottobre 1807), il
marchese Nicola
Perrotti,
patrizio di Benevento, sposato a
Gaetana
Parisio, non avendo avuto prole, nel 1838 adottò
Salvatore per suo figlio legittimo e naturale che
ereditò il nome aggiungendolo al suo, i titoli ed i beni
della famiglia Perrotti, nel 1869 fu ammesso come
Cavaliere di Giustizia nell'Ordine Gerosolimitano,
sposato il 4 novembre 1840 a Giustiniana dei marchesi
Mosti (n. 10 gennaio 1805), famiglia patrizia di
Benevento, ebbero per figli:
Raffaele
(1847 † 1920), sposò il 2 settembre
1883, in prime nozze, sua cugina
Enrichetta Parisio († 19 luglio 1884) ed
ebbero per figlia
Enrichetta
(n. 11 luglio 1884), in seconde nozze Costanza Visetti
d'Evoli
e generarono:
Bianca,
Clara,
Enrica e
Mario
(1891 † 1975) sposato
alla nobile Giulia Forquet generarono
Diego (1924) e
Raffaele
(1922), sposato a donna Antonietta
Capece Minutolo
dei duchi di San Valentino hanno avuto per figli:
Giovanna,
Maria Rosaria
e
Roberto (1948), sposato a Patrizia de
Paola ed hanno avuto per figlio
Mario (1986);
Francesco (n. 5 aprile 1845), Cavaliere
di Giustizia e Commendatore dell'Ordine Gerosolimitano;
ed il primogenito
Giuseppe
Parisio Perrotti
(1843
† 1926), sposò il 30 novembre 1872 donna
Maddalena Capece Minutolo dei duchi di San Valentino ed
ebbero per figli:
Maria (n. 21 dicembre 1873);
Giustiniana (n. 7 marzo 1876);
Pia
(n. 21 aprile 1878); e
Salvatore (Benevento, 19 marzo 1881 †
Napoli, 1963), sposato in prime nozze a Maria Felicita
Palmieri
dei marchesi di Monferrato ed ebbero per figlia
Emilia
che prese i voti, in seconde nozze sposò donna Rosa
Pignatelli della
Leonessa
dei principi di Monteroduni ed ebbero per figli:
Francesco;
Maria Immacolata;
Riccardo (1929 † 2003), sposato ad Anna Maria Smith hanno avuto Stefano (Napoli,
1960) sposato a Francesca Poloni ed hanno avuto per
figli Maria, Riccardo (Napoli,
1999) ed Andrea, e Francesco (Napoli,
1958) sposato ad Ilaria Marino hanno avuto per figli Claudia e Davide (Roma,
1987).
Giuseppe (1924 † 2005),
figlio primogenito del marchese Salvatore e di donna
Rosa Pignatelli
della Leonessa, sposato a Maria Luise
Carrillo hanno generato: Rosa Elena, ed il
primogenito Salvatore (Caracas,
1964).
Arma Parisio Perrotti:
partito; nel primo d'azzurro alla fascia, accompagnata
da tre stelle, il tutto d'oro, con la campagna
mareggiata ed un tronco d'albero, uscente dal mare, il
tutto al naturale; nel secondo d'azzurro alla campagna
erbosa al naturale sostenente un drago di verde, cucito,
fermo sulla campagna di verde, col capo rivoltato,
tenente con la bocca un dardo d'argento, posto in
sbarra; il drago sormontato da una mano d'aquila di
rosso, cucita, movente dal fianco sinistro, tenente un
bastone di legno, al naturale, nervoso, troncato, posto
in banda: il tutto con la bordatura d'oro, caricata, in
capo, del motto: OLIM MEMINISSE JUVABIT di nero e
sui fianchi, di quattro pere, per parte, al naturale
ciascuna con due foglie.
L'arma dei Perrotti:
d'oro, ad otto pere fogliate di due pezzi di verde in
due pali, col gambo in alto. |
Di seguito le Regie Lettere Patenti del 1901 di
concessione del titolo di Marchese a Francesco
Parisio Perrotti per successione alla famiglia Perrotti. |
Stemma Famiglia Perrotti
di Benevento |
La
famiglia da Cosenza si diramò anche a Celico, Casale di
Cosenza situato nella Presila,
Giovan
Battista
entrò nell'Ordine dei Minimi detti anche paolotti,
fondato da San Francesco di Paola, fu Correttore
provinciale nel 1644, e nel 1655 Procuratore Generale
dell'Ordine.
Camillo
Parisio originario di Celico che potrebbe essere identificato in
Camillo, iscritto nell’Albo
degli Avvocati del 1780,
istituito per la prima volta al mondo elaborato dal
legislatore del Regno di Napoli;
sposato a Marianna
Rossi
ebbero per figli:
Nicola
(Napoli, 25 agosto 1781
†
ivi, 27 novembre 1848),
familiare del re
Ferdinando II,
cavaliere di Gran croce del
Real Ordine di
Francesco I
e dell’Ordine
Costantiniano di San Giorgio;
ottenne riconoscimenti da alcuni sovrani stranieri: gran
croce dell’Ordine di Carlo III di Spagna, gran croce
dell’Ordine del Cristo del Brasile, gran croce
dell’Ordine di S. Giuseppe di Toscana, croce di
grand’ufficiale della Legion d’Onore in Francia.
All'inizio studiò presso i barnabiti dove apprese le
lettere italiane e latine, la filosofia e le scienze
naturali, poi intraprese gli studi giuridici sotto la
giuda di Marino Graziano. Sotto il governo francese, nei
primi anni dell'Ottocento, iniziò la sua carriera da
avvocato dinanzi alla commissione feudale, notato dal
procuratore generale Davide
Winspeare
ne favorì l'accesso alla magistratura, su proposta del
ministro Giuseppe Zurlo, fu nominato giudice del
Tribunale di prima istanza di Napoli. Iniziò così la sua
carriera nelle istituzioni che lo porterà ad essere
nominato ministro segretario di Stato di Grazia e
Giustizia, avvenuta il 16 febbraio 1831 su indicazione
del precedente titolare di quel dicastero Donato
Tommasi,
carica che ricoprì per diciassette anni.
Nicola Parisio, Ministro di Grazia e Giustizia |
Nel 1819 s’iscrisse all'
Augustissima
Arciconfraternita della Santissima Trinità del reale
albergo dei pellegrini e
convalescenti
di Napoli. Il 23 maggio 1823 aveva sposato Maria
Lutugarda D’Onofrio, di diciannove anni più giovane, ed
ebbero per figli:
Amalia,
Teresa,
Raffaele
ed il primogenito
Luigi
che fu magistrato.
Luigi Maria,
fratello di Nicola, fu vescovo di Gaeta dal 25 giugno
1827 al 26 gennaio 1854, giorno della sua morte. |
Luigi Maria Parisio,
vescovo di Gaeta |
Insegna ecclesiastica del
vescovo Luigi Maria
Da BeWeB - Cerca : parisio |
Napoli, lapide
pavimentale di Camillo Parisio, patrizio di Cosenza,
sepolto nel 1751,
ad opera del figlio Nicola |
Domenico
Parise di Celico, nel 1669, acquistò dal barone Fabio
Ferrari,
figlio di Scipione, capostipite dei Ferrari di Rossano,
e di Giulia Britti, nobile di Rossano, il
suffeudo di Macchia e
Pianorotondo, in
territorio di Luzzi, ricadente nei possessi feudali
dello Stato di Bisignano, fu il principe Bernardino
Sanseverino
che investì di questi possessi, come rimunerazione dei
servigi resigli, a Scipione Ferrari, con Regio Assenso
del 1509.
Vittoria,
unica figlia del barone Domenico, ereditò il feudo;
sposando Saverio
Cosentini
di Aprigliano, e capostipite del ramo di Celico, portò
il feudo in questa casata e fu ereditato dal loro figlio
Domenico. |
Di seguito presentiamo alcuni stemmi presenti a Celico: |
Stemma Ripoli |
Stemma Zumpano
inquartato con le famiglie imparentate: nel 1° Zumpano,
nel 2°
Dattilo,
nel 3° (muto),
nel 4° Giudicissa |
Ipotizziamo trattasi degli stemmi della
famiglia Palmieri di Spezzano Grande, si noti: a
sinistra, d'azzurro
al palmizio di verde accostato da due leoni al naturale,
a destra, l'antico stemma di famiglia, scaccato
d'argento e d'azzurro (Luigi Palmieri, testo citato
nella nota 2) |
Stemma non
identificato |
_________________
Note:
(1)
-
Carlo Alberto Garufi, "I de Parisio e i de Ocra nei
contadi di Paternò e di Butera, in Archivio storico
Sicilia orientale", anno X,1913, doc. IV, p. 357.
(1bis)
- Francesco Piro “I Parisio a Rogliano e dintorni. Il
palazzo del cardinale e gli “otia” di Aulo Giano
Parrasio”, pag. 35.
(1ter)
- Francesco Piro, op. cit., pagg. 121-122.
(1quater)
- Vincenzo Valinoti Latorraca in
"Monografia storica della città di Moliterno", pp.
352-357, Modugno, Edizioni GrafiSystem 2003.
(2)
- La blasonatura di questo stemma è
riportata da Luigi Palmieri in "Cosenza e le sue
famiglie attraverso testi atti e manoscritti", Tomo II
pag. 447.
(2bis) - Da un atto
notarile redatto a Cosenza nel 1573, riportato da Luigi
Palmieri nell'opera citata nella nota precedente,
possiamo ipotizzare che trattasi di Flaminio, futuro
Vescovo ed i suoi familiari:
Costituito nella
presenza nostra il nobile
Vincenzo
Parisio de Filleno
(Figline)
agente pro
se
da una parte et la magnifica Isabella
Caputo
de Cosa tutrice dei magnifici
Flaminio
et
Francesco
de Parisio figli et heredi del quondam mag.
Petro Paolo
de Parisio.
Per approfondire la
figura del Vescovo Flaminio si consiglia la lettura
della seguente pagina web:
Una sosta al Museo A. Marena - osservatorio didattico
.
(3)
- Come scrisse Carlo de Lellis, fu Giureconsulto,
appartenente al Collegio dei Dottori di Napoli, figlio
di Pompeo, di Francesco e Maria
de Dura
nobile del
Seggio di Porto,
e di Isabella
Palumbo,
nobile di Bari. Sposò Francesca Scotti, nobile di
Genova, ed ebbero per figli: Costanza, monaca; Anna,
sposò in prime nozze Diego
de Liguoro,
nobile del
Seggio di Portanuova,
in seconde nozze Andrea
Pagano
dei duchi di Terranova; Isabella, sposò Angelo Maria
Rossi, nobile di Ravenna; Gennaro; ed il primogenito Pompeo. Salvo, aveva acquistato il feudo di Panicocoli
l'anno precedente, nel 1633 dalla Regia Corte.
(4)
-
Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie attraverso
testi atti e manoscritti", Tomo II pagg. 445-446.
Pellegrini Editore, 1999.
________________
Bibliografia:
- Berardo Candida Gonzaga, “Memorie delle famiglie
nobili delle Province Meridionali d’Italia”, Napoli,
1875.
- Vittorio Spreti, “Enciclopedia storico-nobiliare
Italiana”, Arnaldo Forni Editore.
- Erasmo Ricca, “La nobiltà del Regno delle Due Sicilie”,
Napoli, 1839.
- Salvatore Spiriti, “Memorie degli scrittori
cosentini”, Napoli 1750.
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie nobili e
titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005.
- Carlo Padiglione, “Trenta centurie di Armi
Gentilizie”, Napoli, 1914.
- Luca Irwin Fragale, Microstoria e
araldica di Calabria Citeriore e di Cosenza. Da fonti
documentarie inedite, Milano, Banca CARIME, 2016.
- Francesco Piro “I Parisio a Rogliano e
dintorni. Il palazzo del cardinale e gli “otia” di Aulo
Giano Parrasio”, Luigi Pellegrini Editore.
- Mario Pellicano Castagna “Processi ai
Cavalieri Gerosolimitani Calabresi”, Frama Sud, 1978.
- Pericle Maone "Dominatori e dominati
nella storia di Crucoli", Grafosud, 1969.
- Enciclopedia Treccani.
- Gustavo Valente “Calabria Calabresi e
Turcheschi nei secoli della pirateria (1400 - 1800)”,
Frama Sud 1973.
- Giuseppe Parisio del Cardinale
“Cronache della vecchia Calabria”.
____________________
Sitografia:
- BeWeb - Cerca - Beni storici e artistici - da:21 -
frase:bari+stemma - locale:it - ordine:rilevanza - it
- Sito web
http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/829 . |
|