
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia Bernaudo |
A cura del dr. Giuseppe Pizzuti |
Arma:
d'azzurro, al sole d'oro figurato di rosso.
Titoli:
patrizi di Cosenza,
nobili di Gerace,
nobili di Acri,
nobili
napoletani fuori piazza,
baroni
di Chianca,
baroni di Luzzi,
baroni di Rose,
baroni di Montaguto,
duchi di Bernauda.
Patroni:
Santissima Vergine della Purità, San Francesco di Paola. |

Napoli, stemma famiglia Bernaudo,
duchi di Bernauda |
La Famiglia
Bernaudo fiorì in
Provincia di
Calabria Citra e si diramò in
Calabria Ultra,
Filippo, per i sevigi resi a
re Ferdinando I
d'Aragona, nel 1460 ottenne per sé e
per i suoi eredi e successori dieci oncie l'anno sopra
la Dogana
del
ferro di Cosenza
per aver difeso il Castello della Città, fu
fatto franco da ogni franchigia, ed ebbe il Privilegio
di portare ogni sorta d'armi per tutto il Regno, inoltre
ebbe in concessione la metà dei
Regi Scrivani di
tutta la Calabria,
comprò il resto da Antonello Bonaccorsi;
nel 1493, il re gli donò in perpetuo l'Ufficio
della
Mastrodattia per le
Province di
Calabria
(redazione degli atti della Regia Udienza),
successivamente
re Alfonso II
d'Aragona donò a lui ed ai suoi figli,
Bernardino e Giovanni, l'Ufficio
di Credenziero nella Corte del
Luogotenente di
Cosenza con la facoltà di far esercitare un
loro deputato con una provvigione di 72 ducati annui, ed
inoltre l'Ufficio di
Credenzieria
della Regia Udienza di
Calabria (gli organismi giurisdizionali) con
36 ducati di provvigione annui. Pochi anni dopo,
re Federico
d'Aragona confermò l'Ufficio
della Mastrodattia per le
Province
di Calabria
ai due fratelli
riconoscendolo anche ai loro eredi e successori.

Cosenza, lapidario, stemma
inquartato della fine del Cinquecento: nel 1°
Bernaudo; nel 2°, alla grù
con la sua vigilanza (Marsico?);
nel 3°, all'albero radicato (de
Lauro?); nel 4°, alla coppa. |
Bernardino
(† Napoli, 1509), si
trasferì a Napoli, dopo gli studi umanistici, fu allievo
di Giovanni Pontano, intraprese la carriera di
Segretario al servizio dei re di Napoli, nell'anno 1500
fu inviato come ambasciatore presso il Sommo Pontefice;
inviato da re Federico d'Aragona presso il re di Francia
Luigi XII, con l'incarico di offrire al re un milione di
franchi affinchè rinunciasse alle pretese sul Regno di
Napoli, l'anno successivo il re francese mosse contro re
Federico, il quale inviò Bernardino in missione in
Sicilia presso
Consalvo Ferrando de
Cordova detto il
Gran Capitano,
per chiedere aiuto, d'allora rimase suo segretario come
attestano i documenti del 29 aprile 1503 e del gennaio
1504.
Per tutti i suoi servigi fu compensato con la
Terra di Camarda,
ribattezzata da Bernardino in Bernauda (oggi comune di
Bernalda in provincia di Matera), dove fondò un
Monastero intitolato a San Bernardino, inoltre gli donò
un palazzo in via San Giovanni a Carbonara. |
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Bernalda (Matera), il Castello |
Il Gran
Capitano concesse a Bernardino anche la
Terra di Fontanarosa
in Provincia di Principato Citra
(oggi comune omonimo in provincia di Avellino),
confermata con Privilegio del 3 novembre 1504 dal
re Ferdinando III
d'Aragona detto
il Cattolico.
Inoltre possedette il feudo di
Montaguto
(oggi comune omonimo in provincia di Avellino). |
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Montaguto (Avellino) |
Giovanni
(† 1578), fratello di
Bernardino, capostipite del ramo di Cosenza, ebbe per
figlio, tra gli altri, Consalvo Ferdinando (†
1578) il quale ereditò la terra di Bernarda e di
Montaguto da suo zio Bernardino morto improle, ebbe per
figlie: Cornelia, sposata a Juan de Soto,
notabile spagnolo, segretario vice-reale, la quale nel
1562 gli portò in dote la Terra di Montaguto (Quinternione
57, foglio 262), nel 1576 fu venduta all'asta dal
Sacro Regio
Consiglio su istanza dei creditori di
suo padre, fu acquistata per 8.550 ducati da
Francesco Bernaudo (Quinternione 90, foglio 286),
inoltre Francesco ebbe l'Assenso del Viceré de
Mendocza, a 11 dicembre 1576, l'obbligo nei feudali
fatto dall'Ill.mo Francesco di Bernaudo in
annui duc.160 per duc. 2.000 da lui dovuti al Banchiere
Michele Coniglio per l'acquisto di metà del Mulino lo
Giundazzo nella palude di Napoli, espropriato a danno
dell'Ecc. Consalvo Ferrante Bernaudo, Barone di Bernaudo:
quali annui duc. 160 avea venduti a pro dell'ospedale
dell'Annunziata sulle entrate di detto Mulino e con la
evizione dell'Ill. D. Loyse Gaetano de Aragonia Duca di
Trayetto e dell'Ecc.Ascanio Filomarino agli inizi
dell'Ottocento la Terra di Montaguto era posseduta dalla
famiglia
Spinelli
dei principi di Cariati; Giulia, sposò in prime
nozze Alberico
Carafa della Stadera,
nel 1552 in seconde nozze Alfonso III Loria, barone di
Majerà; e Beatrice I (†
1607), baronessa di Bernauda per successione a suo padre
Consalvo Ferdinando, sposando un suo cugino Francesco
Bernaudo,
il quale acquistò dal Sacro Regio Consiglio il
feudo Chianca
(oggi comune di Chianche in provincia di Avellino) con
Regio Assenso del 6 aprile 1585 da parte del
Vicerè duca di
Ossuna,
su istanza di d'Isabella de Clavellis creditrice verso
il feudatario Ascanio
Filomarino,
Francesco lo cedette, il 26 ottobre dello stesso anno, a
Giovan Vincenzo
Caracciolo,
marchese di Casalbore;
ebbero per figli, tra gli altri, Agnese,
che sposò Giovanni Battista
Capecelatro,
secondo genito di Antonio e di Cornelia d'Abenavolo; e
Ferdinando,
barone di Bernauda per successione a sua
madre, ebbe concesso il
titolo di duca di Bernauda
da
re Filippo III
d'Asburgo-Spagna,
con Privilegio del 28
marzo 1607, sposato ad Anna di Mendoza
ebbero numerosi figli, tra gli altri: una figlia, che
sposò don Carlo
Acquaviva,
fratello del principe di Caserta; Diego,
sacerdote, devoto alla Santissima Vergine della Purità,
della quale la Casata Bernaudo possedeva una preziosa
effige, eseguita dal pittore Luis de Morales, che
nel 1641 donò all'Ordine dei Teatini, facendola
collocare in una cappella della Basilica di San Paolo
Maggiore di Napoli; Antonio; Beatrice;
Alessandro; Consalvo; Giovanni Maria;
Ferdinando; ed il primogenito Francesco,
vestì l'abito dell'Ordine Militare di Alcatara, duca di
Bernauda dal 1624, quando il padre, ancora in vita, gli
cedette il feudo, premorendo al padre il ducato passò
alla sorella che divenne duchessa di Bernalda con il
nome di
Beatrice II
fino al 1634. Sposò in prime nozze un suo
congiunto di casa Bernaudo, ed ebbero per figlio
Bernardino che vestì l'abito monacale, in seconde
nozze Giovan Giuseppe
d’Afflitto,
conte di Loreto, figlio di Ferdinando e di Beatrice
della Tolfa,
figlia di Giacomo, conte di San Valentino e signore di
Serino, e di Violante
di Capua. Non avendo avuto prole,
rimasta vedova, con la duchessa di Mondragone Elena
Aldobrandini
(Roma, 1589 † Napoli,
1662) moglie del duca Antonio Carafa della Stadera,
fondarono in questa città nel luogo detto alle
Mortelle la casa del Retiro, per quelle
signore che avessero voluto perfezionare la vita
cristiana. |

Napoli, Cappella della
SS. Vergine della Purità |
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Giovanni
Maria
(nato a Cosenza negli anni quaranta del Cinquecento
† ivi, 1627), nipote
di Giovanni, fratello di Bernardino, e zio del
duca Ferdinando, con il quale vi fu un sodalizio
dal 1607 al 1619; ereditò i Privilegi degli Uffici
concessi ai suoi avi che gli permisero di condurre una
vita molto agiata, poeta classicista, socio dell'Accademina
Cosentina col nome di Candido, nel 1565 sposò
Elisabetta Beccuti (†
1617), famiglia patrizia di Cosenza originaria di
Perugia, poetessa, educata dal filosofo telesiano
Francesco Muti di Aprigliano, questo matrimonio durò 32
anni, non fu felice. Fu amico di Sertorio
Quattromani
con il quale vi fu una cospicua corrispondenza, si
prodigò, con l'aiuto di altri amici accademici, affinchè
si insediasse a Cosenza l'Ordine dei Gesuiti, che
avvenne nel 1589. Ebbe per figli Giuseppe e
Filippo, sul finire del Cinquecento si trasferì a
Napoli dove visse con la seconda moglie, sua nipote
Cornelia, sorella di Ferdinando Bernaudo, duca di
Bernauda, vedova di Giovan Giacomo Ramando, convissero
per 24 anni fino al 1622, poi ritornò a Cosenza, e morì
solo in casa di Laura Granata, vedova del cugino Carlo
Ferrari,
nel mentre sua moglie Cornelia permaneva a Napoli.
Tra le sue
opere ricordiamo La Zotica, del 1618, paragonata
dallo studioso Salvatore
Spiriti
all'Arcadia di Sannazzaro,
e le Rime. Testò a favore dei suoi figli, ai
quali lasciò gli Uffici, oltre ad essi anche a favore di
Iacovo e Francesco Beranudo. Volle essere
sepolto nella Cappella di Carlo
Ferrari in San Domenico
di Cosenza lasciando 550 ducati affinchè si ampliasse,
sé entro tre anni dalla sua morte non si fosse ampliata
i 550 ducati sarebbero dovuti essere devoluti a Lucrezia Bisacca, ai suoi figli e successori.
Da un atto del notaio Angelo Desideri di Cosenza del
1558, Fabio risulta essere fratello di
Giovanni Maria, e per madre ebbero la magnifica
Giovanna Bifano; inoltre da un atto notarile dello
stesso anno per mano del citato notaio, Ferdinando
(Consalvo Ferdinando) de Bernaudo di Napoli risulta
essere zio di Fabio e Giovanni Maria.
Giovan Giacomo,
fu cugino di Giovanni Maria.
La
Mastrodattia della Calabria Ulteriore venne
portata da donna Bernaudo in Casa
Contestabile-Ciaccio;
la
Mastrodattia della Calabria Citeriore, per
lo stesso motivo, venne portata in Casa
Pignatelli. |

Napoli, stemmi Bernaudo e
Marigliano |
Un ramo
della famiglia godette la nobiltà in Acri (oggi comune
omonimo in provincia di Cosenza) con le famiglie:
Aliprandi, d'Antoni,
Berlingieri,
Brancaccio,
Capalbo, Civitate, de Falco,
Ferrari, Gaudineri, Gencarelli, Giannone, Julia,
Lagaccia, Le Pera, de Rosis,
Salimbeni,
Salvidio,
Schiavo,
de Simone,
Sprovieri, Traietta, de Urso.

Acri, stemma
Bernaudo |
Palazzo Bernaudo,
particolare dei dipinti |
Giovan
Bernardino
acquistò il feudo di Rose,
(oggi comune omonimo in provincia di Cosenza) per 38.000
ducati dal patrimonio del principe di Bisignano, della
famiglia
Sanseverino,
con Regio Assenso del 10 giugno 1603 (registrato nel
Quinternione 28, foglio 156, Cedolario 76, foglio 7).
Giovan
Pietro
(†
1° maggio 1610), con atto del 19 febbraio 1604, ebbe refuta dal barone Giovan Bernardino suo padre (Quinternione
Refute 3, foglio 366). Il 20 dicembre 1607, ratificarono
l'atto dell'11 dicembre con cui avevano costituito un
censo su alcuni beni in Acri e sulla terra di Rose in
favore del dottor Orazio Guerra.
Marco,
barone di Rose per successione a suo fratello, barone
Giovan Pietro, avendone pagato il relevio (Relevi
Originale, Vol. 355, fascicolo 4°). Marco, compare per
un breve periodo come
feudatario di Luzzi, feudo contiguo a Rose,
alienato da Marcello
Firrao,
il quale l'aveva acquistato con i feudi di Noci, Muro,
Scalzati o Ponticelli con le seconde e terze cause,
portolania e zecca, dal Sacro Regio Consiglio dai
creditori del barone Marcello
Spadafora, per conto del suo congiunto Cesare
Firrao, barone di Sant'Agata, seguì il Regio Assenso il
6 marzo 1614.
Orazio
Salerni, appartenente ad una famiglia di commercianti di Rovito
(oggi comune omonimo della Presila Cosentina) con i
fratelli Fabrizio e Biase acquistarono da Marco Bernaudo
il feudo di Rose per 34.550 ducati, seguì il Regio
Assenso dell'8 luglio 1615.
Marzio,
nel 1621 sposò Cornelia Civitate, di Pietro Paolo e
Claudia Bajo.
Marco,
sposato a Cornelia Civitate, figlia di Claudio, di
Pietro Paolo e fratello di Cornelia, e di Aurelia
Giannuzzi di Rossano.
Maria
Bernaudo, discendente da Marco, dall'inventario dei suoi
beni del 4 maggio 1657, notaio Giuseppe Genise di
Cosenza, lascia: ventiquatri di varie istorie... e
paesi vecchi. Item uno altro quatro sopra pietra vecchio
incorniciato con … di ottone... sei quatri di regamio di
diverse figure. Item uno Cristo in Croce con cornice
negra. Una Madonna con il Bambino et Santo Giuseppe con
cornice negra, perfilato di oro. Una Madonna con putto
in braccio con cornice di noce. Item uno quatro di San
Francesco di Assisa con cornice negra vecchia perfilato
di oro. Una Susanna con cornice negra. Cinque parsi
piccoli con cornice negra perfilati di oro.
Marianna
di Acri, Suora Terziaria Domenicana, a quarant'anni si
ammalò di febbre quartana, con dolori articolari, i
medici non gli diedero speranza di guarigione, si
rivolse all'intercessione del Cappuccino Angelo d'Acri
(oggi Santo, Acri 1669 †
ivi, 1739) il quale, ancora in vita, aveva promesso di
aiutarla nei suoi bisogni, gli comparve in sogno e le
disse: vieni a trovarmi nel mio sepolcro, e sarai
sana, raccontato tutto, e specialmente a suo
fratello, Vicario Generale della Diocesi di Bisignano,
si fece accompagnare al Convento dei Cappuccini, luogo
del sepolcro, giunta dinanzi ad esso vi si prostrò con
la faccia a terra dicendo: ecco son venuta, voglio
esser curata, in quell'istante guarì. Il miracolo fu
una delle prove nel processo per la causa di
beatificazione. |

Acri, Basilica di
Sant'Angelo, le spoglie mortali |
Felice,
sposò Francesco
Romano
di Rossano, famiglia nobile originaria di Crotone,
figlio di Antonia e di Serafina Cherubino, una loro
figlia Rosa Romano (1780), sposò
Raffaele Bernaudo di Acri, questo ramo si estinse,
come riporta il de Rosis, con Aurelia, sposata in
casa
de Lauro,
e con Felicia, sposata in casa Le Pera di Acri.
La famiglia in Acri si estinse nella linea maschile nel
1806 con l'uccisione, da parte delle bande armate del
brigante Francatrippa, di
Raffaele,
figlio di
Fedele
e della nobildonna napoletana Maria
de Dominicis. |
Acri, Chiesa del Convento di San
Francesco di Paola, Cappella Gentilizia della Famiglia
Bernaudo intitolata a San Francesco di Paola |
Marcello,
nel febbraio 1581 fu nominato Uditore del Reverando
Vicario Generale della Curia di Gerace.
Maurizio,
figlio di Marcello, di Annibale, nel
dicembre del 1689, risulta essere patrono della Cappella
della Santissima Annunciazione nelle Catacambe della
Cattedrale di Gerace, eretta dal suo avo Annibale.
Antonio,
ereditò il patronato da Maurizio; erede di Antonio fu il
Decano Abbate Maurizio de Barletta. |
Altri personaggi di Famiglia |
Diana,
nel 1558 sposò Claudio
Filomarino,
di Marcantonio, barone del feudo fiscale di annui ducati
300 su Paola e Fuscaldo, nonché di ducati 600 sulle
entrate di Fuscaldo e feudo Pantano, e di Isabella
Brancaccio.
Elisabetta,
sposata a Marco Arduino, come risulta da un atto del
notaio Angelo Desideri di Cosenza del 1568.
Autera,
sposata a Fabio
Bombini,
come risulta da un atto del notaio P. Plantedi di
Cosenza del 1572.
Antonia,
sposò Giovanni Maria
Rossi,
famiglia godente nel seggio di Montalto.
Francesco
Bernaudo di Cosenza,
dimorò a lungo a Napoli dove esercitò la professione
legale ed ivi morì, principe dell'Accademia
degli Erranti,
letterario ed autore di alcune
tragedie e commedie, scrisse la tragedia Il Gustavo
Re di Svezia del 1633; La Bernauda, commedia,
del 1634. Tradusse in Napoletano il quarto libro
dell'Eneide. Nel 1639 pubblicò a Napoli nella stamperia
di Roberto
Mollo:
Il terremoto in Calabria, dedicato al Sig. D. Antonio
Navarrete Auditor Generale di questo Regno e Giudice
Criminale della Gran Corte della Vicaria. Si
riferisce al disastroso terremoto avvenuto l'anno
precedente. |
________________
Bibliografia:
- Fondazione Istituto Banco di Napoli
“Giovanni Maria Beranudo un poeta classicista tra '500 e
'600”, in Quaderni dell'Archivio Storico, Napoli
2005/2006.
- “Raccolta di tutti i più rinomati scrittori del Regno
di Napoli”, Tomo VI, stamperia di Giovanni Gravier,
Napoli 1769.
- Lorenzo Giustiniani, “Dizionario Geografico-Ragionato
del Regno di Napoli”, Tomo VI, Napoli 1803.
- Biagio Aldimari, “Memorie Historiche di diverse
famiglie nobili, così Napoletane, come forestiere…”,
Napoli 1591.
- Carlo De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del
Regno di Napoli, Parte Terza, Napoli 1671.
- Giovanni
Fiore da
Cropani, “Della Calabria Illustrata, tomo III”, a cura
di Ulderico Nisticò, Rubbettino Editore 2001.
- Luigi
Palmieri,
"Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e
manoscritti" Tomi I-II, Pellegrini Editore 1999.
- Frà Girolamo
Sambiasi,
“Ragguaglio di Cosenza e di trent'una sue famiglie
nobili” - Napoli MDCXXXIX.
- Franz von Lobstein, “Settecento Calabrese”, Volume III,
Frama Sud, 1990.
- “Vita del Beato Angelo di Acri Missionario
Cappuccino...”, Tipografia Olivieri, Roma 1825.
- Mario Pellicano Castagna, “La Storia dei Feudi e dei
Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.III-IV; Editrice
C.B.C. 1999-2002.
- Amedeo
Miceli
di Serradileo, I beni delle famiglie
nobili e notabili di Cosenza attraverso gli inventari:
dal periodo vicereale alla fine del Settecento, in
“Collezionismo e politica culturale nella Calabria
vicereale borbonica e postunitaria” a cura di Alessandra
Anselmi - Gangemi Editore.
- Don Giuseppe
Reccho, Duca d'Aquadia, Cavaliere
dell'Ordine di Calatrava, Milite Napolitano, “Notizie di
Famiglie Nobili, ed Illustri, Della Città, e del Regno
di Napoli, presso Domenico Antonio, e Nicola Parrino,
Napoli 1717.
- Cav. Barone Luca de Rosis, “Cenno storico della città
di Rossano e delle sue nobili famiglie” - Napoli, 1838.
- Erasmo
Ricca,
“La nobiltà del Regno delle Due Sicilie”, Napoli, 1839.
- Francesco Paolo
Dodaro,
Dallo stemma
alla Storia: stralci di vita di alcune famiglie nobili
cosentine
in “Colligite fragmenta, il lapidario di Cosenza fra
storia, arte e restauro”, a cura di Mario Panarello e
Murat Cura, conSenso publishing 2019.
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Sitografia:
I nobili abitanti del Castello di
Bernalda
Risorse | Archivi del Rinascimento
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