Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Lupinacci

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma: d’argento, alla fascia d’azzurro caricata di un lupo coronato d’oro, passante e rivoltato; con un’aquila di nero linguata di rosso, col volo abbassato, uscente dalla fascia. Lo scudo sormontato da elmo e corona da barone ed ornato di cercine e svolazzi d'oro, d'argento, d'azzurro e di nero.
Arma di Casole: di..., al pino di... sinistrato da un lupo di... rampante al tronco, ed accompagnato nel capo da tre stelle (5) di...
Titoli: nobili patrizi di Cosenza, baroni di Scalzati e Ponticelli.
Dimore: Cosenza, Casole Bruzio, Manneto di Celico, Lagarò Lupinacci di Celico, Sambucina di Luzzi.
Patrona: Santa Maria.


© Stemma Famiglia Lupinacci

Una cronaca angioina del XIII secolo annovera i Lupinacci tra le tre famiglie più nobili del tempo. Marco Antonio,  feudatario di Carfizzi e S. Remiglio, con il figlio Giulio, nel 1448 fu fregiato del cingolo militare dal re Alfonso V d’Aragona, I come re di Napoli in carica dal 1442 al 1458. Nel 1498 altro Marco Antonio fu insignito da re Ferdinando II d’Aragona di regia familiarità.
Il magnifico Domenico è citato in un atto notarile del 16 novembre 1566 per la vendita di un terreno per ducati 150, la controparte era il Monastero di Sant'Agostino di Cosenza, rappresentato dal frate Agostino della Roccella, priore (Archivio di Stato di Cosenza, Not. 44, 11, 848v). Vincenzo Maria Egidi in “Regesto delle pergamene dell'Archivio Capitolare di Cosenza” a cura di Raffaele Borretti, pagg. 44-45.

I Lupinacci nei secoli furono grandi proprietari terrieri,  hanno posseduto il feudo di Torano  acquistato da Domenico nel 1665 dai Cavalcanti; per sopravvenute necessità economiche lo cedettero, per 48.000 ducati, al nobile Fabio Caputo di Cosenza per ottenere in cambio, per 24.000 ducati, il feudo Sartano.
Francesco, vissuto nel Seicento, come risulta da un inventario dei suoi beni del marzo 1692.
L'inventario di Tommaso del 1729 menziona: due ritratti senza cornice, uno raffigurante lo stesso Tommaso, un altro di suo figlio morto prematuramente, e altri dieci quadri; nell'ottobre dello stesso anno, i Lupinacci, abitanti a Casole poi Casole Bruzio, testimoniarono che un loro antenato, Marco Antonio Lupinacci, nel 1649, aveva lasciato un patrimonio d'argenteria e gioielli per un ammontare di oltre 12.000 ducati.
Nonna o Monna Lupinacci, figlia di Marco Antonio, sposò Berardino Rossi juniore, figlio di Orazio.
Ludovico ( 1732) di Casole, dell'aprile dello stesso anno risale l'inventario dei suoi beni, sposò Lalla Tirelli, fu uno dei più grandi giocatori di scacchi del suo tempo, l'abate Rocco lo descrive come un uomo freddo, parlava poco e si muoveva lentamente, davanti alla scacchiera si trasformava. Suoi fratelli furono: Francesca, Giuseppe, e Michele ( 1770), sposato a Saveria Pascale ebbero per figlio Ludovico (Cosenza, 17 marzo 1759), liberale, appartenne alla carboneria, repubblicano esagerato nel 1799, moderato costituzionale nel 1820, era contro la tirannia del potere, amante delle scienze e delle lettere, sposato il 17 maggio 1783 a Maria Gonzales de Luna figlia di Francesco, ebbero come figli: Emmanuela (24 febbraio 1784), Raffaele (14 aprile 1790), e Michele, sposato il 28 giugno 1820 a Rosa Caselli, figlia di Pietro.
Achille Lupinacci di Casole, congiunto dei precedenti, per circa vent'anni, nei primi decenni del Settecento, appaltò l'ufficio di Partitario, e dal 1712 al 1720 anche quello di Esattore dell'Università (oggi comune) di San Pietro in Guarano, questi servizi per l'amministrazione finanziaria venivano appaltati in un'apposita riunione del Parlamento (oggi consiglio comunale) attraverso un'asta col sistema delle offerte pubbliche ad alta voce, per la durata di un anno; il Partitario s'impegnava a pagare a tempo debito i mandati firmati dal Sindaco e le somme dovute alla Regia Corte, l'Esattore provvedeva a riscuotere dai capi famiglia le somme da essi dovute ed elencate nel libro delle imposizioni fiscali approvato dal Parlamento.
Achille e suo fratello Bonaventura sposarono le figlie del ricco possidente Angelo Cugini (o Cuggini) di Celico il quale non aveva avuto figli maschi; il primo sposò la Felicia Antonia, la quale gli portò in dote il feudo rustico quinternato, e registrato nel regio cedolario e regi quinternioni della Regia Camera, posto nella Sila Regia, denominato Agarò Ponticelli e Scalzati (1) ed il titolo di barone a queste terre legato, e diversi altri appezzamenti, tra gli altri, Serra della Borga e Pappafratto, da lei acquistati il 17 ottobre 1733, per ducati 1.792 da Pietro Maria e da suo padre Tommaso Firrao, 3° principe di Sant'Agata e Luzzi, per mano del notaio Giuseppe Torano di Celico, con Regio Assenso del 7 novembre 1735; si stabilì a Manneto (o Menneto) di Celico per occuparsi dei beni portati in dote da sua moglie. Bonaventura sposò Fulvia, che gli portò in dote altri beni burgensatici.

Manneto di Celico, Palazzo Lupinacci

Achille e Felicia Antonia ebbero per figli: Maria Anna, sposata a Pietro Vincenzo Caselli; Stanislao, sposato a Caterina Alimena di Montalto (1749 † 1819), figlia di Francesco e di Vittoria Cavalcanti,  ebbero per figlie Carolina († Cosenza, 26 dicembre 1843), sposata a Pietro Caselli, e Carmela (n. 2 aprile 1789), sposata nel 1821 a Rovito con Giovanni Arnedos; Bernardo; Benedetto; ed il primogenito Giuseppe, sposò  la nobile Orsola Ferrari.
La famiglia fu aggregata al patriziato di Cosenza con Regio Assenso  del 3 febbraio 1796, nel 1708 gli era stato riconosciuto il titolo di Barone onorario dell'Impero.

Giuseppe ed Orsola ebbero per figli: Antonio ( 1828), Stanislao ed il primogenito Luigi, il quale fu investito del titolo di barone di Scalzati, morì il 22 ottobre 1803, gli successe nel feudo suo fratello Stanislao che sposò Raffaella Maida; comprò altre terre, contigue a quelle già possedute a Lagarò, dal Barbaja (2), come fecero altre famiglie, tra di esse: Barracco, Campagna, Collice, Giannuzzi Savelli e Mollo. Stanislao e Pasquale, con istrumenti del 14 dicembre 1832, dell'8 dicembre 1833 e del 23 gennaio 1835, acquistarono da Luca, Michele ed Antonio Casole parte della vasta difesa Agarò, dal nome di un rigagnolo che l'attraversava. Le altre porzioni dell'Agarò l'acquistarono Michele e suo figlio Vincenzo Cosentini con istrumenti del 7 e dell'8 gennaio 1835, il primo da Giacomo ed il secondo da Pasquale Casole, in queste porzioni vi erano il molino e la maggior parte delle terre irrigabili. Ci fu un inconveniente, le porzioni acquistate dai Lupinacci e dai Cosentini non risultavano contigue alle loro proprietà, per rimediare se le scambiarono; con una scrittura privata del 20 agosto 1840 Stanislao comprò le quote della difesa Agarò da Cosentini ed ebbe il possesso di tutta la difesa.
Prese parte ai moti rivoluzionari  del 1848, fu membro del “Comitato di Salute Pubblica” di Cosenza per organizzare la resistenza contro il governo borbonico; fallito il tentativo di rinnovamento liberale, la Gran Corte di Calabria Citra, nel 1852, lo condannò a morte in contumacia in quanto si era imbarcato a Botricello per raggiungere la Toscana, morì in esilio dopo dieci anni, nel 1858; in questo contesto furono confiscati diversi beni alla famiglia, sua moglie fu abile nel limitarne i danni.


Cosenza, museo diocesano, targa posta alla base della statua della Madonna

Stanislao (Manneto di Celico, 28 agosto 1802 † Cosenza, 12 luglio 1858) e Raffaella ebbero numerosa prole: Carlo (n. 1848), Enrico (n. 1845 ), Eugenio (Cosenza, 16 dicembre 1842 † 1917), Elena (n. Manneto di Celico, 5 luglio 1841), Francesco (Cosenza, 28 marzo 1840 † 1910), Achille (n. Manneto di Celico, 7 ottobre 1837), Maria Pilerio (21 novembre 1838 † 21 febbraio 1882) sposata a Luigi Ferrari d'Epaminonda, Giovanni Napoleone (Manneto di Celico, 1° agosto 1836 † 13 gennaio 1916), Antonio (1833 † 1835), Maria Anna (n. 12 marzo 1832), Orsola (3 giugno 1829 † 15 maggio 1890), Maria Antonia (14 dicembre 1827 † 7 febbraio 1890), Orsola (Cosenza, 24 ottobre 1826 † 15 maggio 1929), Filippo (n. 7 luglio 1825) e Luigi (Manneto di Celico, 6 agosto 1830 † ivi, 16 agosto 1893) il quale ereditò il titolo, fu uno dei fondatori della Cassa di Risparmio di Cosenza, sposò Maria Filomena Telesio (1835 † 1873) .


Carlo Lupinacci di Stanislao e Raffaella Maida
Archivio Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona


Maria Filomena Telesio
Archivio Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona


Cosenza, museo diocesano, variante dello stemma Lupinacci

Luigi e Maria Filomena Telesio ha avuto come figli: Roberto (n. Cosenza, 3 marzo 1868), sposato a Rosa Andreotti Loria, figlia del marchese Federico (n. 12 novembre 1837, postumo, di Federico 1807 † 13 agosto 1837, e di Raffaella Mollo) e di  Isabella Giannuzzi Savelli dei baroni di Pietramala, ha avuto come figli Anna Maria e Federico (Cosenza, 3 dicembre 1913 † Cosenza, 28 dicembre 1984), conseguì gli studi classici a Cosenza per poi andare a Roma dove si addottorò in lettere, tornato a Cosenza ottenne la cattedra di latino e greco presso il suo liceo, sposato a Rosa Nardi, non ebbero prole, la sua biblioteca fu donata al Convento dei Cappuccini di Scigliano; Antonio (Cosenza, 14 settembre 1866 † 1945); Giuseppe (Cosenza, 14 febbraio 1865 † 1936); ed il primogenito Stanislao II (Cosenza, 20 gennaio 1863 † 1948), riconosciuto nei titoli con Regie Lettere Patenti del 6-XII-1900 di barone di Scalzati o Ponticelli, trasmissibile ai discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi, in linea e per ordine di primogenitura, è dichiarato, inoltre, che il medesimo e la sua famiglia sia iscritto nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana. Il 24 luglio 1892 a Cervicati sposò Maria Adelaide († 1957), nobile dei baroni Guzzolino di Cervicati, figlia del barone Angelo e di Giuseppina, nata principessa Pignatelli di Strongoli, ha avuto come figli: Francesco (n. Cosenza, 2 maggio 1910), Giuseppina (n. Celico, 18 agosto 1897), sposata a Francesco Feraudo, Filomena (n. Cosenza, 15 febbraio 1895), ed il primogenito Luigi (Cosenza, 18 maggio 1893 † 1973), barone di Scalzati o Ponticelli, patrizio di Cosenza, commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia, sposato a Giselda, nobile dei marchesi Ciacci di Siena (1906 † 1978), ha avuto avuto come figlia Maria Adelaide (n. 1942), sposata a Vincenzo Pirozzi, ha avuto come figlia Barbara.
La famiglia è ascritta all'Elenco Regionale e spettano i titoli di barone di Scalzati o Ponticelli (m.pr.) e di nobile patrizio di Cosenza (m.), ed il predicato dei baroni di Scalzati o Ponticelli (m.f.), spetta il titolo (pers.) di nobile con l'anzidetto predicato (f.).


Barone Stanislao e la consorte Maria Adelaide
Foto tratta dall'esposizione permanente nella Casa delle Culture in Cosenza
Archivio Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona 


Lagarò, a destra il barone Luigi la consorte Giselda e la figlia Maria Adelaide

Nel 1780 l'Abbazia Cistercense di Santa Maria della Sambucina, ricadente nel comune di Luzzi (Cosenza), venne soppressa da Ferdinando IV di Borbone ed i suoi beni incamerati dal Demanio, successivamente, nel 1803, alcuni dei suoi beni (terreni e corpi di fabbriche compreso il chiostro) vennero acquistati dalla famiglia Lupinacci.

Portale dell'ex Convento di Santa Maria della Sambucina. A destra: stemma dei baroni Lupinacci


Abbazia di Santa Maria della Sambucina

Cosenza - Palazzo Lupinacci. A destra; Cosenza, Palazzo Lupinacci. Portale (3)


Cosenza, Palazzo Lupinacci, caratteristica ringhiera in tufo semicircolare del giardino.

Ramo di Casole


Stemma Lupinacci di Casole

A Casole (poi Casole Bruzio, oggi incorporato nel comune di Casali del Manco) ha continuato ed è tuttora fiorente (2022) un ramo della famiglia.
Vogliamo iniziare la descrizione con Domenico Lupinacci, vissuto nel Seicento, il quale  tra il 1687 e 1688 aveva transatto come censuario ducati sessanta con la Regia Corte per le occupazioni delle difese Nieto e Barrese in Regia Sila.
Ipotizziamo che Domenico sia stato padre di Achille e Bonaventura, il primo sposato a Felicia Antonia Cugini di Manneto di Celico ed ivi si trasferì, il secondo sposato a Fulvia Cugini, sorella di Felicia Antonia, figlie di Angelo, possidente di diverse difese nella Regia Sila, continuando a risiedere in Casole.
Fulvia possedeva sin dal 1721 la difesa Moccone, di tomolate 330 di erbaggi, confinante con la difesa Moccone di don Antonio Giudicessa di Spezzano Grande, altra detta Moccone, di Ciccio Parise, dal Comune di Campo San Lorenzo, e fiume Miglianò, inoltre possedeva la terza parte di un'altra difesa Moccone, in comune con Giuseppe Ferraro di Cosenza, possessore degli altri due terzi. Eseguito il sequestro delle difese, i figli di Fulvia, chierici don Domenico e don Nicola Lupinacci di Casole, offerirono per la transazione ducati 265,50 per le difese di Moccone, e per le altre dette Fossiata e Lagarò, possedute da Fulvia. A fine Settecento erano possedute da Pasquale (figlio di Serafino), il quale con il suo congiunto Stanislao tra il 1832 ed il 1835 acquistò parte della vasta difesa Agarò dalla famiglia Casole. Stato della Regia Sila, sotto la delegazione dell'Illustre giudice della Gran Corte della Vicaria Giuseppe Zurlo, compilato dal Giureconsulto Carlo Romeo direttore dello stato del sacro patrimonio nell'anno 1790, Volume I, Napoli, stamperia governativa 1866, pagg. 14, 33, 555-556.
Nella seconda metà dell'Ottocento la famiglia era rappresentata da Luigi, sposato ad Alfonsina Abenante
 di Corigliano Calabro, ha avuto come figli: Maria Anna, sposata in casa Magliari; Giuseppe, celibe, nel 1953 fece restaurare la Cappella di famiglia dedicata alla Madonna del Rosario; ed il primogenito Pasquale (4), sposato a Guglielmina Cecere di Benevento ha avuto come figli: Luigi (1922 † 2002), sposato ad Eleuthera Catalano, non ebbe prole; Alfonsina (12 gennaio 1924 † 12 maggio 1986), sposata a Gustavo Valente di Celico (storico, con particolare attenzione allo studio della guerra di corsa e pirateria nel Mediterraneo)nel 1993 in memoria della consorte hanno restaurato, con suo figlio Giuseppe Valente, la Cappella di famiglia; Anna Maria (1926 † 2017), sposata a Nicola Majatico di Benevento; Maria Teresa, sposata a Silvio Cilento di Corigliano Calabro; e Francesco, sposato ad Erminia Curcio di Cosenza, ha avuto come figlie: GuglielminaFrancesca, ed Antonella.

Casole Bruzio (Cosenza). A destra: Casole Bruzio - Villa Lupinacci

Casole Bruzio, Villa Lupinacci, lato sud

Casole Bruzio, chiesa di Santa Marina. A destra: Chiesa di Santa Marina, altare maggiore sul quale è posta la statua della Santa


Cappella di Famiglia dedicata alla Madonna del Rosario

Lapidi in ricordo dei restauri


Stemma Valente di Celico

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.

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Note:
 (1) -
Scalzati e Ponticelli non erano terre molto estese, ma avevano un grande valore in quanto erano proprietà feudali; Gustavo Valente scrisse in “La Sila dalla transazione alla riforma (1687-1950)” Studio Zeta, Rossano, 1990, che  le quattro terre feudali della Sila erano: feudo d'Ischito, feudo del Sacco, feudo di Ponticelli, ed il feudo di Tàcina; il resto della Sila era Regio Demanio. Angelo Cugini (1635 † 1702), nipote prediletto del sacerdote don Benigno Cugini, suo tutore, diventò il coerede dei numerosi beni accumulati. Angelo, chierico coniugato dal 1694, epoca in cui aveva un patrimonio di 30.000 ducati, sposò in prime nozze Virginia Valente di Celico, che portava una cospicua dote, ha avuto solo figlie femmine, oltre le predilette Felicia Antonia e Fulvia, ricordiamo: Porzia, sposata a Domenico Antonio Collice di San Pietro in Guarano, aveva portato una dote di 2.000 ducati; una figlia era morta lasciando una bambina di nome Belluccia; Anna; e Teresa, sposata a Domenico Antonio Marano. Suo genero Bonaventura Lupinacci fu suo braccio destro e procuratore in diversi affari, Bonaventura fu ucciso nel 1725 dal nobile Giuseppe Ferrari per questioni di confine tra le loro terre, il quale aveva sposato Isabella Cugini, figlia di Ottavio fratello di Angelo, per questo delitto fu condannato a 24 anni di carcere, scontati prima a Pantelleria e poi nel castello di Crotone dove morì.
(2) - Barbaja era un imprenditore di Milano il quale aveva ristrutturato e costruito un'ala del teatro San Carlo di Napoli per ordine del Re; venne pagato con parte della Sila Regia consistente in 4 difese e 28 demani. (G. Valente. 1990, opera citata).
 (3) - Davide Andreotti nella sua “Storia dei Cosentini ” volume III, nell'ambito dell'esultanza da parte del popolo e gran parte dei nobili che si ebbe a Cosenza per le notizie che arrivavano dalla capitale a causa dei moti del 1799 miranti all'instaurazione della Repubblica; in città vi erano stati atti di vandalismo come quello avvenuto nelle sede del Seggio, l'autore a pag. 80 scrive: non avendo voluto prendere parte alla generale esultanza i signori Lupinacci, Mollo, e Giannuzzi Savelli, comechè Luigi di questo cognome fossi ardentissimo repubblicano, il popolo tirò un colpo di pistola allo stemma de' primi, imbrattò di melma quello dei secondi e de' terzi. Dopo di ciò ridusse a pezzi lo stemma del Regio Palazzo.... Il Palazzo Lupinacci di Cosenza che si cita non è quello riportato nelle immagini, era ubicato in Corso Telesio dove oggi sorge la vecchia sede della banca.
A confermare tale ubicazione dell'antico Palazzo Lupinacci riportiamo tre perizie giudiziarie: nel 1832 venne richiesta una perizia per verificare un condotto che alimentava una fontana ed una vasca sita in contrada Giostra Nuova a Cosenza; causa tra la Beneficenza di Cosenza e Stanislao Lupinacci di Cosenza. Del 1875 la comunicazione di avvenuta interruzione della perizia da eseguirsi su istanza della Banca Nazionale di Catanzaro, della casa con giardino contiguo di proprietà di Achille Lupinacci di Cosenza, sita in Corso Telesio (Giostra Nuova), a seguito di atto di protesta presentato da Baldassarre Telesio, legittimo proprietario della casa, acquistata con atto pubblico il 4 ottobre 1873.

Nel 1888 fu richiesta una perizia giudiziaria per la valutazione dei lavori al palazzo Telesio in costruzione in via Telesio a Cosenza, causa tra Antonietta Albani, vedova di Baldassarre Telesio, contro Achille Lupinacci ed altri. Archivio di stato di Cosenza, anno 1832, B. 3, perizia 2; anno 1875, B. 37, perizia 11; anno 1888, B. 50, perizia 36.
(4) -
Luigi acquistò la difesa Capolagarò-Monachelle; la difesa Capolagarò quinto detta anche Lagarò (in quanto costituiva la quinta porzione di tutta la difesa) era stata espropriata nel 1860 da Garibaldi all'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola e per questo detti Paolotti, di Acri, acquistata dall'abate Giovanni Sanseverino, fratello del principe di Bisignano, essa confinava: con la difesa Capolagarò, che si possedeva da Saverio Cosentino, le terre dell Monastero della Mattina, possedute dallo stesso Saverio, dal fiume Capolagarò o Lagarò (costituito dai due torrenti: del Purgatorio e del Rosario i quali unendosi formano il fiume Agarò o Lagarò) fino al pezzo Monachello, posseduto dallo stesso Saverio Cosentino, e la difesa Monachelle ovvero Lagarò di Santa Chiara, nel 1721 posseduta dal Monastero di Santa Chiara di Cosenza. La difesa Capolagarò- Monachelle fu ereditata da suo figlio Pasquale che la trasmise a sua figlia Alfonsina portandola in casa Valente.
Nel 1938 venne richiesta una perizia giudiziaria per la descrizione e valutazione degli immobili siti nel territorio di Casole Bruzio di proprietà del sig. Lupinacci Pasquale, su istanza della Banca Nazionale del Lavoro subentrata alla cessata Banca Popolare Cosentina. I beni stimati erano: fondo rustico denominato Castagna Paurosa, Casa di abilitazione in via Dante n. 56, palazzo di abitazione alla via Venezia n. 14 ed un giardino annesso al suddetto palazzo. Archivio di stato di Cosenza, anno 1938, B. 113, perizia 2.

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Bibliografia
:
- S.M.O. Gerosilimitano di Malta, “Elenco storico della Nobiltà Italiana”, 1960
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie Nobili e titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005
- Vittorio Spreti, “Enciclopedia storico-nobiliare italiana”.
- Archivio di Stato di Napoli – Tavole genealogiche di Livio Serra di Gerace.
- "Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria"  a cura di Alessandra Anselmi - Gangemi Editore.
- “Le pietre raccontano... case baronali in Sila....”; curato dall'ARSSA, dall'Istituto Conprensivo Statale B.Telesio e dei comuni di Spezzano della Sila  e  Spezzano Piccolo; Pubblisfera, 2000.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.III pag. 41; Editrice C.B.C. 1999.
- Giuseppe Zurlo, "Stato della Regia Sila" liquidato nel 1790 - dalla Stamperia Nazionale, Napoli 1862.

- AA.VV. "MILLE ANNI DI STORIA" (col patrocinio dell'Amministrazione Comunale di San Pietro in Guarano), CIC EDIZIONI INTERNAZIONALI - ROMA 1999.
- Eugenio Arnoni, "La Calabria illustrata Vol. III  Il Circondario di Cosenza"; Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 1995.    

- Giovanni Sole,  "Cavalieri erranti fortuna e declino degli scacchi in Calabria (XVI - XVIII secolo), Rubbettino editore.    
- Gustavo Valente, "Compendium, dizionario storico,geografico, biografico ragionato della Calabria" Vol.IV, Ferrari editore 2017.  
- Tavole genealogiche redatte da Livio Serra di Gerace.
- L'Araldo “Almanacco Nobiliare del Napoletano 1911”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli 1910.
- Stato della Regia Sila, sotto la delegazione dell'Illustre giudice della Gran Corte della Vicaria Giuseppe Zurlo, compilato dal Giureconsulto Carlo Romeo direttore dello stato del sacro patrimonio nell'anno 1790, Voll. I-II, Napoli, stamperia governativa 1866.


Casato inserito nel quinto volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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