Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Rota

Arma: d'azzurro alla ruota d'oro a otto raggi. Lo scudo accollato dall'aquila spiegata di nero.
Dimora: Napoli


© Napoli - Stemma della famiglia Rota

La famiglia Rota, originaria di Asti, si diramò nel Regno di Napoli al seguito di re Carlo I d'Angiò; godette di nobiltà in varie città tra le quali Cosenza, Sorrento ove fu ascritta al Patriziato del Seggio di Porto e a Napoli fuori Seggio.
Possedette numerosi feudi tra i quali: Belvedere, Castelrota, Cinque, Melito, Prata, Rodi, Torano e fu decorata coi titoli:
Principe di: Caposele, Cerenzia
Duca di: San Paolo
Marchese di: Colletorto
Conte di: Copertino.

Riccardo Rota fu Cameriere di Carlo II d'Angiò, si distinse come valoroso capitano e diede nel 1322, per i feudi che possedeva, sette militi e otto servienti a Roberto II d'Angiò.
Nel 1334 Guglielmo fu Castellano di Bagnara.


Campobasso, giardini pubblici, tomba del milite Ricciardi Rota († 1392)
Si ringrazia il collaboratore Aniello Gatta per le immagini

Giovanni, comandante della Rocca di Tropea, dovette arrendersi a Ludovico d'Angiò in quanto le 26 galee inviate da Alfonso I d'Aragona giunsero troppo tardi.
Berardino Rota difese Mandella Gaetani, moglie di
Girolamo Sanseverino ( 1487), principe di Bisignano, ed i suoi figli dalle ire Ferrante I d'Aragona, dopo la congiura dei Baroni
Il Casato edificò ai primi anni del XV secolo una sontuosa residenza in Napoli, in Platea Sanctae, nell'antico quartiere di Nido, al limite delle mura medievali; nel 1595 Antonio Rota (
† Napoli, 1517), patrizio di Sorrento, barone di Torano, segretario e ambasciatore degli Aragonesi, ebbe in dono un arco marmoreo da re Ferrante II d'Aragona quale segno di riconoscenza per la fedeltà dimostrata durante l'invasione di Carlo VIII. Sposò Lucrezia Brancia, figlia di Maffeo e di Caterina Guardati, dalla quale ebbe 12 figli.


© Napoli - Lapide marmorea nel cortile di Palazzo Rota: "Antonio Rota Cavaliere illustre per nascita,
che aveva seguito Ferdinando II dedicava al Re l'arco marmoreo da lui ricevuto in dono quando, liberata
la Patria respinti i nemici, ritornò vincitore dalla Sicilia, affinchè non si sminuisse la fedeltà, 1495
".


© Napoli - Sepolcro dei coniugi Antonio Rota
e Lucrezia Brancia - Anno 1497


© Napoli - particolare sepolcro di Salvatore Rota,
uno dei 12 figli di Antonio e Lucrezia Brancia

Alfonso Rota ( 1565), valoroso guerriero, sotto il comando di Alfonso d'Avalos partecipò alla presa di Tunisi; fu uno dei primi ad assaltare e conquistare, con la fanteria napoletana comandata da Ferrante Sanseverino, principe di Salerno, la Goletta, fortezza allora ritenuta inespugnabile a difesa di Tunisi. Per ricompensa ottenne dall'Imperatore Carlo V d'Asburgo-Spagna di mettere lo scudo in cuore dell'aquila.

Bernardino Rota (Napoli, 1509 † ivi, 1574), figlio di Antonio e di Lucrezia Brancia, insigne poeta e commediografo, fu nominato cavaliere di S. Giacono della Spada, istituito nel 1170 per combattere i Mori che assalivano i pellegrini che si recavano a S. Giacomo di Campostella. Sposò nel 1543 Porzia Capece, cugina di Scipione Capece detentore dello scettro dell'Accademia Pontaniana per dieci anni, la quale morì di parto nel 1559 a soli 36 anni; a lei dedicò un intero Canzoniere (Rime in Vita ed in Morte di Portia Capece, 1560) e, per tale motivo, Bernardino viene ricordato come poeta dell'Amor coniugale, oltre per aver scritto in volgare la versione delle Egloghe Pescatorie del Sannazaro.


© Napoli - monumento funebre di Berardino Rota (
† 1574)


© Napoli - monumento funebre di Alfonso Rota (
† 1565)


© Napoli - monumenti sepolcrali di Porzia Capece, moglie di Atonio Rota e dei cavalieri
della Famiglia Rota, tra cui Gio. Battista Rota.

La famiglia ottenne il titolo di duca di San Paolo, casale di Nola. Detto titolo pervenne poi ad Alessandro Mastrilli, nobile di Nola e Cavaliere dell’Ordine di Malta, con Privilegio dato ad Aranjuez il 27 dicembre 1652.
A seguito di matrimonio celebrato nel 1671 tra Domenico Milano (1628 † 1677), patrizio napoletano, figlio di Giacomo e di Cornelia del Tufo dei baroni di Vallata, e Beatrice Mastrilli, figlia ed erede del duca Giovanni Angelo, il titolo di duca di San Paolo passò in casa Milano; successivamente pervenne ai Riario Sforza.

Innigo Rota ammodernò l'avito palazzo di famiglia affrescato nel 1523 da Polidoro da Caravaggio; in data 4 maggio 1692 fu decorato col titolo di principe di Caposele, feudo in Principato Citra, ereditato dalla figlia figlia Ippolita († 3 luglio 1791) che sposò Domenico Ligny, duca di Marzano. Per successione il titolo passò al figlio Carlo de Ligny, anch'egli noto poeta.


© Napoli - Palazzo Rota


© Napoli - Ama famiglia Rota

Vittorio Rota ( 1616) da Pedace (comune della Presila Cosentina) acquistò da Ferdinando Barbaro il casale di Belvedere col feudo di Malapezza seguì Regio Assenso del 30 ottobre 1613 e ne divenne il 1° barone; sposò Laura Valente con la quale ebbero: Antonio ( 1637), capostipite dei baroni di Cerenzia, baronia acquistata per 26.000 ducati da Scipione Spinelli, 4° principe di Cariati, seguì Regio Assenso del 22 agosto 1636, sposò Cornelia Luca; il primogenito fu Giovan Pietro, sposò Isabella Cicala, premorì a suo padre Vittorio al quale successe come 2° barone di Belvedere Malapezza suo figlio Carlo il quale sposò Lucrezia Ferrari figlia di Epaminonda, patrizio di Cosenza e barone di Zinga, feudo limitrofo a Belvedere Malapezza.

Giovan Battista ( 1689) di Carlo e Lucrezia Ferrari, successe a suo padre, nel 1688 ereditò la baronia di Zinga per la morte di suo zio il barone Francesco Ferrari; morto improle il Regio Fisco sequestrò i suoi feudi, ma, si oppose il suo più prossimo parente Vincenzo Rota ( 1713), barone di Cerenzia il quale era successo a suo padre, il citato barone Antonio; si oppose anche sua moglie e zia di Giovan Battista, Ippolita Ferrari (  1693); il barone Vincenzo, previa transazione col Regio Fisco, riuscì ad ereditare i feudi di Malapezza e Zinga.

Vincenzo ed Ippolita ebbero per figli: Giuseppe e Domenico, i quali premorirono al padre ed il terzogenito Tommaso ( 1726) il quale gli successe nei feudi di Cerenzia e Belvedere col feudo di Malapezza ed ebbe significatoria di rilevio il 20 ottobre 1714,  nel 1711 era successo ai fratelli nel feudo di Zinga; acquistò da Antonia Sculco di Bernardo la terra di Montespinello (1) limotrofa a Zinga con Regio Assenso del 17 ottobre 1714, inoltre acquistò da Pietro Paolo Alimena Giuranna, barone di San Martino (oggi comune di San Martino di Finita in provincia di Cosenza), il feudo di Polligrone e Marri ed il suffeudo di Gipso con Regio Assenso del 28 settembre 1718. Con privilegio dell' imperatore Carlo VI dato in Vienna il 14 agosto 1717 fu il 1° principe di Cerenzia.


Polligrone, Masseria

Vincenzo ( 1742), 2° principe di Cerenzia, barone di Belvedere Malapezza, Zinga, Montespinello e del feudo di Polligroni e Marri intestati con le prime e seconde cause, la bagliva e la catapanìa; morì celibe.

Ippolita Rota ( 1785), 3^ principessa di Cerenzia, ebbe significatoria di rilevio per il principato e le baronie  il 30 dicembre 1748 come erede per la morte di suo fratello il principe Vincenzo. Sposò in prime nozze Vincenzo Giannuzzi Savelli, nobile dei baroni di Pietramala, ed in seconde nozze Giovan Battista Vitilio, marchese di Auletta col quale non ebbe prole.
Ercole Giannuzzi Savelli, 4° principe di Cerenzia per refuta fattagli dalla madre, principessa Ippolita, con Regio Assenso del 24 agosto del 1769
(2).


Ruderi dell'antico abitato di Cerenzia, a destra la Cattedrale di San Teodoro.

Il marchesato di Colletorto, terra in Contado di Molise, nel 1704 fu acquistato da Bartolomeo Rota, patrizio di Cremona. Il titolo passò per successione nel 1814 a Maria Emanuela Pignatelli, figlia di Maria Saveria Rota, marchesa di Colletorto e di Cesare Ettore Pignatelli, marchese di Casalnuovo, che sposò a Napoli nel 1786 Diego d'Andrea (Massa di Somma, 1748 † ivi, 1822), patrizio di Lucera, marchese di Pescopagano.

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.

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Note:
(1) - Oggi comune di Belvedere di Spinello nel quale ricade il feudo di Malapezza, Zinga è frazione di Casabona, Cerenzia è comune, Polligrone è una frazione di Rocca di Neto; tutti questi territori facevano parte della provincia di Calabria Citra con capoluogo Cosenza ed oggi ricadenti nella provincia di Crotone.
(2) - Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.I pagg. 210-211. Vol.II pagg. 93-94, Editrice C.B.C. 1984-1996.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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