Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
d'Alessandro |
Il Principe dei legisti:
Antonio d’Alessandro, regio
ambasciatore e giurisperito della corte aragonese
di Ettore d’Alessandro
di Pescolanciano
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Antonio d’Alessandro, il noto “principe
dei legisti”, legò la sua fama professionale alle
vicissitudini della regnanza aragonese, insediatasi in Napoli nel XV
secolo, nonostante la famiglia gentilizia di appartenenza fosse
rimasta fedele ai
d’Angiò. |
L'Ambasciatore Antonio d'Alessandro
( 1420-1499)
© Proprietà privata
Casa d'Alessandro |
I nuovi
regnanti, riconoscendo il valore e le capacità di taluni personaggi
legati alla precedente dinastia, si avvalsero degli stessi patrizi filo-angioini per governare il regno. Il d’Alessandro, difatti,
seppur legato ad un casato, che annovera diversi esponenti legati ai
sovrani angioini, si mise in mostra per essere, a detta del
D’Afflitto(1)
“primo
dei primi del Foro per il suo vantaggio di possedere tutte le doti
dello spirito e del corpo per ben riuscirvi”.
Nato
a Napoli intorno al 1420, Antonio, secondo un “ignoto” araldista
(2), fu figlio del
banchiere Severo (il cui sepolcro trovasi nella chiesa dei Santi Severino e Sossio,
ed ascritto al
sedile di Montagna e poi di
Porto il 21 maggio 1460),
nonché fratello di Antonello (“fu
banchiere pubblico”), Petrillo, Jacovo (“fu
gran cacciatore”).
L’autore scrive che detto personaggio “essendo
Dr. di legge divenne famosissimo in tal professione, fu Regio
Consigliero, e adoprato per la sua fecondia e dottrina dal re
Ferdinando in molte ambasciate e particolarmente a Gio. re Aragona
fratello carnale e leg.mo successore in tutti i regni dal re Alfonso
primo… il che Ant. tutto
ottenne da quel Re. Perloche il suo Re gli concesse in dono il Castel di Cardito con altri feudi,
quali perché ne passarono agli eredi si stima che fossero in vita
concessi o devoluti al Regio Fisco per morte senza figli; veram.te
quest’Antonio p.la sua virtù diede ben molto splendore principio
alla nobiltà della famiglia, ebbe moglie
Macedonia
Riccio sorella del famoso Michele con la quale non
fe prole ”. |
La regina di Napoli Giovanna II di Durazzo
(1414-1434) |
Secondo il genealogista di Casa d’Alessandro, il De Daugnon(3), la discendenza dell’Antonio sarebbe
derivata invece da Paolo o Paolello (fratello del Severo), direttore
del Gran Sigillo nel 1403 e segretario della regina
Giovanna II di cui dicevasi essere “suo
familiare”. Inoltre, oltre ai citati fratelli l’autore fa
menzione del famoso umanista-giurisperito Alessandro (n. 1461 † 1523)
e di Giovanna / Giovannella sposa di Casotto
De Gennaro.
Si potrebbe, invece, ipotizzare che detto Paolo fu
padre dei soli tre figli Alessandro, Antonio, Giovannella, di cui il
secondo però diverso dall’ambasciatore in questione.
L’esistenza
di questo omonimo Antonio nella Napoli di
metà-fine XV secolo, tra l’altro, risponderebbe alla tesi
genealogica del D’Afflitto(4), secondo la quale era da
ritenersi errata la notizia del Toppi(5)
circa la nomina del d’Alessandro anche a presidente della
Regia
Camera della Sommaria nel 1484.
Difatti,
dimostrò il D’Afflitto che “sapendo
noi da cento documenti, e dallo stesso Toppi, che Antonio nel
1480 fu dichiarato Vice-protonotario; e che tenne questa carica fino
alla morte, come può credersi, che nel 1484 fosse disceso all’infimo
grado della magistratura?... Io per me direi, che questi è diverso dal
nostro, e col tal diversità salverei più cose. |
Napoli della metà del XV sec.
Particolare copia tavola Strozzi (1465) - ingresso Castel dell'Ovo |
I. Non si darebbe una solenne smentita al Toppi; cosa dura in
se stessa, e durissima nel darsi ad uno che cita i pubblici
registri, dei quali è custode.
II.
Potrebbe esser vero, che Alessandro d’Alessandro
ebbe un fratello per nome Antonio, come asserisce il Chioccarelli;
lo che non è fatto possibile per le ragioni da me addotte
nell’articolo antecedente alle quali si può aggiungere l’enorme
disparità degli anni: e ciò tutto si accomoda con questo nuovo
Antonio d’Alessandro”.
Lo stesso Biagio Aldimari(6) riconosce che “vi fu un altro Antonio,
che fu Consigliere, e Presidente del Sacro Regio Consiglio nel 1483 ”, divergendo, però, sull’incarico riconosciuto. L’esistenza di due
cugini con stesso nome, con ruoli di prestigio diversi mantenuti
presso la corte aragonese e con età
anagrafica diversa (Antonio di Paolo forse più giovane),
acquieterebbe la secolare discussione sollevata da vari studiosi
circa la rilevata differenza di età tra l’illustre
umanista-giurisperito Alessandro (n.1461 † 1523, autore dei
Dies Geniales) e il presunto fratello Antonio, identificato
dalla storiografia ufficiale nel famoso regio ambasciatore, per
la quale si è sostenuto la non appartenenza del primo alla
famiglia patrizia napoletana. |
L’Antonio di Paolo, pertanto, ebbe una carriera nella Regia
Camera della Sommaria, ove il 13 gennaio 1459 ricevette la prima
nomina come “ufficiale” e successivamente ne divenne
“presidente”(7). |
© Napoli - ingresso di Alfonso I d'Aragona
detto il Magnanimo,
re di Napoli
(1442-1457) e
particolare corte aragonese |
In gioventù messer Antonio frequentò
gli studi in legge (leggi romane) in alcune università d’Italia,
quale Ferrara e Siena, diventando solerte discepolo del famoso
Francesco Aretino ed Alessandro d’Imola. Il Chioccarelli(8)
sostiene che prese il dottorato a Ferrara sotto il magistero
dell’Aretino (Francesco Accolti insegnò giurisprudenza a Bologna dal
1440 al 1445, poi a Ferrara dal 1448 al 1461 ove predilesse leggere
testi canonisti), mentre Matteo d’Afflitto(9) lo menziona tra gli illustri
personaggi del collegio dei dottori di Napoli. Rientrato in Napoli,
già famoso, fu scelto da
re Alfonso I per “leggere giurisprudenza”(10) alla Università dei Regi Studi “nella
cattedra matutina”, tanto che i suoi insegnamenti suscitarono
grande interesse presso gli studenti della materia a tal punto che “da
per tutto correvano gli scolari alle sue lezioni ”.
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Scrive il Chioccarelli(11),
in merito : “Ubi
primum leges interpretari in patrio gymnasio, caepisset, famam suam
usque ad ultimos Europae fines expandit; ita ut non ex Regno, et
universa Italia solum, sed etiam ex Gallis, Hispaniisque ad illum
audiendum passim et gregatimconfluxerint”. Contemporaneamente all’insegnamento, Antonio d’Alessandro si diede
a svolgere anche la professione di avvocato,
diventando tra i primi legisti del foro partenopeo, le cui qualità
furono apprezzate dallo stesso sovrano aragonese che lo nominò nel
1447, all’età di soli 27 anni, Regio Consigliere(12)
con assegno di 500 ducati l’anno(13).
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© Napoli
- Napoli - Regia Camera della Sommaria o Sala Major |
Queste sue illustri qualità forensi
furono confermate e riconosciute anche dal successore al trono di
Napoli,
re Ferrante (Ferdinando) I
che “creò dett’Antonio del Consiglio Supremo, e lo fece per
l’assenza di D. Gioffredo
Borgia
Principe di Squillace”(14).
Il sovrano lo mandò, poi, come suo ambasciatore a Roma (1458) presso la corte di papa
Pio II(15) per ottenere il riconoscimento pontificio
sull’investitura al Regno, contesa dai duchi d’Angiò. |
Papa Pio II (1458-1464),
al secolo: Enea
Silvio
Piccolomini |
A detta del D’Afflitto(16), “si
guadagnò a segno la stima, e la buona grazia di quel Papa letterato,
e del Collegio de’ Cardinali, ch’è fama ch’egli consultasse e
dettasse la stessa Bolla dell’Investitura, che felicemente ottenne”.
Visto il buon esito della missione, che fu molto apprezzata da re
Ferrante, si verificò che appena tornato da Roma, ottenne altra
importante missione, quale commissario (“in priori
legatione nuptias inter dictum Regum Ferdinandum”), inviato con
Stefano de Comitibus di Bologna, nel 1459, in Calabria in occasione
di una rivolta di tali popolazioni presso Rossano, onde convincerle
a rimanere fedeli alla corona aragonese.
Il d’Alessandro andò, poi, in Spagna, accompagnato da Turco
Cicinello,
per incontrare re Giovanni II d’Aragona, zio di Ferrante, al fine
di distogliere l’interesse verso le tumultuose richieste del
principe di Taranto ed altri baroni ribelli che lo
esortavano ad occupare il regno di Napoli, destituendo dal
trono suo nipote.
Anche
tale ambasceria ebbe esito positivo “non solo ottenne, che
fossero ricusate le offerte de’ ribelli, ma tolse un altro seme di
discordia tra le due corti, accomodando gl’interessi per le doti
della Regina Maria, moglie del nostro Re Alfonso I, morta in
Catalogna, la quale aveva lasciato erede il (cognato) Re
Giovanni”(17). |
© Napoli - Facoltà giurisprudenza della
Federico II |
Molto probabilmente, lo stesso fu occupato in altre ambascerie fino
al 1465, dal momento che non risultano sentenze del Sacro Regio
Consiglio a firma di costui. Dal 1465 al 1468 fu presente in Napoli,
riprendendo la cattedra dell’insegnamento all’Università
nel 1466 (come è attestato dal titolo di una sua opera che raccoglie
le lezioni ivi svoltesi: “Recollectae in Tit., saluto matrimonio,
de liberis posthumis, de vulgari pupillari substitutione,collectae
per Franciscum Mirabellum eius scholarem, dum idem Antonius in
Neapolitano Gymnasio an.1466 publico regio stipendio conductus
legerat, concurrens D.Andrea Maricondo in lecitone extraordinaria“) e dedicandosi alla sua professione forense.
Nel 1468 il Toppi(18) lo cita nel modo seguente: “Antonium de Alexandro, ac Jo Anton. Carafam eiusdem Regis jussu
ad alia occupatos negozia “, mentre l’anno successivo si ritiene
essere stato incaricato a negoziare la pace con Bartolomeo Coleone
Bergamasco, sceso in guerra contro re
Ferrante, nonché ad accogliere
l’imperatore Federico III, sceso in Italia per alcuni mesi del 1469. |
La Biblioteca Nazionale di Napoli |
Una sua
pubblicazione manoscritta, presente presso il fondo Brancaccio della biblioteca nazionale
di Napoli, apparve nel 1469 con il seguente titolo: “Reporta
tradita per eximium legum doctorem dominum Antonium de Alessandro
codicis de edendo sub anno domini 1469”(19).
Il successivo periodo 1470-1475 vide Antonio
d’Alessandro riprendere la carica di Consigliere, pur mantenendo
sempre la cattedra e producendo altra opera giuridica “ Reportata
Carissimi U.I Interpretis Domini Antonimi de
Alessandro super II
Codicis in Fiorenti studio Partenopeo sub aureo seculo, augusta pace
Ferdinandi Siciliane”.
Trattasi, questa, di raccolta di discussioni processuali,
riguardanti argomenti di diritto privato (eredità, dote etc),
seppur trattati con spirito innovativo, rispetto al medioevale
“schema feudale”, tipico della cultura umanistica del tempo. |
Scrive, in proposito, Francisco E. De Tejada(20) che nell’opera “Reportata”
l’autore “ripete fedelmente lo schema feudale del regno,
inclinandosi a correggere gli abusi dei baroni con norme di
giustizia razionale; per esempio, quando proibisce al servo di
obbligarsi col suo signore con patto di non petendo (fol.21a). Alla
maniera tomista, presenta la legge positiva come fondata sulla
ragione naturale (fol.19a) e, copiando Baldo, contrappone l’equità
al rigore della legge, raccomandando la prima ai giudici giacché la
generalis intentio Imperatoris est mitescere duriciem et rigorem. Il
fatto che identifichi l’equità con la ragione naturale, che equitas
est naturalis, colora di intellettualismo il suo idearlo,
incorporandolo nella tendenza a esaltare la speculazione, tipica
della mentalità dei letterati, di fronte alla violenza bruta
”.
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Ferrante o Ferdinando I d'Aragona
Re di Napoli (1458-1493) |
Per
quest’approccio culturale alla scienza del diritto, costumanza
proseguita anche da altri discendenti del Casato, la fama del dottore
Antonio d’Alessandro si diffuse nei vari regni tra la gioventù studiosa,
tanto da riferire lo stesso che alle sue lezioni assistevano più di
trecento studenti(21).
Tornò in Spagna per la seconda volta, nel 1476, per altra
ambasciata, volta a ricomporre le differenze sorte tra le corone di Portogallo e Castiglia(22), nonché a chiedere
all’ispanico sovrano Ferdinando (succeduto al padre Giovanni)
di dare in sposa la di lui sorella,
l’infanta Giovanna, a re Ferrante di Napoli. Tale matrimonio
si concluse felicemente nel 1477, allorquando lo stesso “messere”
Antonio con il duca di Calabria ed un gruppo di importanti baroni
napoletani ripartirono da Napoli (11 giug.) per la Spagna per
prendere la novella regina. Detta unione servì a consolidare il
potere regale dell’Aragona in Napoli, intensificando i contatti
parenterali con la patria d’origine, onde garantire eventuali
rivendicazioni sulla futura successione al trono spagnolo. Sempre
nel 1477 il d’Alessandro raggiunse il re di Francia per concludere
altro matrimonio tra la nipote di costui, la
principessa di Savoia, e Federico d’Aragona(23). A questa data esiste corrispondenza nel citato fondo brancacciano tra il d’Alessandro e Perloisius Ricius
Iuris Civilis studiosus(24). |
A tale epoca si fa risalire il
riconosciuto dono, fatto dal re Ferrante,
del casale di Crispano nei pressi di Aversa (6 mar.1479)
nonché del confinante feudo di Cardito
(1480) posto a meridione dello stesso, seppur il Mazzella riferì che Antonio
d’Alessandro ricevette “in dono Cardito con due altre terre”. |
Cardito (NA) - Feudo d'Alessandro |
Come accennato, Antonio d’Alessandro
fu promosso “Vice-Protonotario” (luogotenente del logotera
protonotario del Regno) nel 1480, sostituendo solo pro-forma (in
quanto risulterebbe aver mantenuto detto mandato “ad interim” o per
poco tempo; nel 1482 viene infatti riferito “Lucas de Toczolis
per aliquot menses officium Viceprothonotarii exercuit, donec
redierit Ant. de Alexandro.. nel 1483, poi, Lucas de Toczolis
obiit 25 Septembris; quo morto Ant. de Alexandro Viceprothonotarius
rediit ad S.C.”) il celebre romano Luca Tozzi (Tozzolo) come
riferito nel catalogo del Toppi: “Lucas de Toczulis per aliquot
menses officium prothonotarii exercuit, donec vedierit Ant. de
Alexandro”. Nello stesso anno risulta aver ottenuto anche
l’ufficio di “portolano” e “custode” del porto
del Fortore in Puglia. Tale incarico
era stato coperto anche dal familiare Giovanni e successivamente nel
1533 da un pronipote Vincenzo del ramo della Castellina.
Tale tipologia di incarico, se si considera il periodo storico
minacciato dalle numerose incursioni piratesche dei musulmani
-nel 1480 vi fu l’eccidio di Otranto per mano turca-,
conferma l’elevato livello di stima, esistente presso la corte
aragonese, nei confronti del d’Alessandro, ritenuto capace di
organizzare anche presidi di difesa militare
sul territorio. |
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© Rappresentazione dell'eccidio di
Otranto con il
tronco di Antonio Pezzulla
che resta in piedi senza testa. A destra: Napoli -
una delle due urna che
racchiudono
le salme dei martiri di Otranto |
In proposito, va ricordata una lettera del
1492, a lui indirizzata in qualità di vice-protonotario, in cui si
riferisce sulle opportune disposizioni difensive. Ma sembra che i
riconoscimenti ricevuti dalla corona d’Aragona per il buon servizio
svolto dal d’Alessandro non si limitarono alle suddette cariche, in
quanto lo stesso re Ferrante lo cinse cavaliere (insignito del collare dell’Ordine della Giara, come
da raffigurazione del suo monumento funebre, ove appare l’insegna
della Giara sovrapposta sulla banda calante dalla spalla e ricadente
sul petto; “due grandi Giare a rilievo decorano poi i pannelli
marmorei che fiancheggiano lo stemma di famiglia collocato in quello
centrale”)(25)
e lo nominò suo “aiutante di camera”(1481).
Altro importante incarico fu affidato
nel 1481, quando fu spedito a Firenze per trattare l’alleanza con
Lorenzo de Medici sostituendo il
consigliere Giovanni
Albino, occupato nell’accompagnare il duca
Alfonso di Calabria alla
guerra di Otranto.
In alcune lettere di Marino Tomacello all’Albino, datate 25-29
giugno 1481, si menziona messer Antonio per la missione fiorentina:
“Le vostre lettere a la Illustriss. Madonna de Ferraro ho dato ad
M.Antonio, e factele le vostre raccomandationi, e l’altra ho dato al
mag.Lorenzo “. L’ambasceria doveva persuadere “il Magnifico” a
non scontrarsi col re di Napoli, bensì a formare un’alleanza
(“lega”) tra le due corti. Si concluse, così , un cotale accordo che
vide la partecipazione anche di Giangaleazzo duca di Milano, nonché
il consenso del duca di Ferrara e del papa. |
Giovanni Pontano |
Vi fu anche una
probabile ambasciata in Venezia presso la corte dei Dogi(26). Di questo periodo esiste numerosa
corrispondenza tra il
Pontano,
l’Albino ed il d’Alessandro. Al riguardo il Gravier(27) ha
evidenziato dalle numerose lettere consultate negli archivi aragonesi che esistesse tra questi ultimi due personaggi un buon
rapporto di amicizia e confidenza anche con scambi d’opinione
personali su problemi governativi “delicati” di politica interna ed
estera. Oltre a queste epistole, perse
nell’incendio del fondo archivistico aragonese del 1943, furono
citati dagli storici di fine ‘800 numerosi altri atti di varia
natura risalenti al 1483. Dalla
formula finale di tale documentazione amministrativa, che va dalla “Alienatio
bonorum burgensaticorum heredum Ambrosii” alla “Concessio
familiaritatis Johannello de Grimaldo”
risulterebbe il d’Alessandro incaricato alla spedizione degli atti
governativi in qualità di cancelliere e/o luogotenente del logotera
e protonotario del Regno. |
Altra documentazione del 1483 testimonia,
invece, la sua partecipazione in qualità di “commissario regio”
con Nicola Barone nel sequestro e nella vendita delle robe dei
Veneziani nel regno. L’anno successivo, 1484, il d’Alessandro fu
anche menzionato per aver imprestato circa 350 ducati al suo sovrano(28) con probabile aiuto del
fratello banchiere Antonello. |
La trattativa di pace nella congiura
dei baroni
Con l’incalzare degli eventi
rivoluzionari all’interno del regno, il re Ferrante si affrettò a
spedire l’Antonio a Roma presso la corte di
papa Innocenzo VIII “per accordar varie differenze, e
particolarmente quella dell’annuo censo”(29). Il Giannone
sostenne, invece, che tale missione del 1485 servì per presentare il
“palafreno” al papa, il cui rifiuto portò il d’Alessandro ad elevare
protesta e a lasciare in breve tempo la città pontificale. La protesta fu riportata per intero
nell’opera del Chioccarelli nel tomo I della “Reale Giurisdizione”. |
In Castel Nuovo vi è la
Sala dei Baroni, così chiamata perchè ivi
furono arrestati i ribelli
per ordine di re Ferrante I |
La protesta fu riportata per intero
nell’opera del Chioccarelli nel tomo I della “Reale Giurisdizione”.
In verità, la Chiesa aveva preso le difese di un gruppo di
baroni in congiura
contro
la corona aragonese a seguito di un’intrapresa politica governativa
di inasprimento delle imposte. I ribelli intendevano proclamare la
restituzione del regno di Napoli al casato dei Lorena, ritenuti
eredi dei diritti successori dei d’Angiò. Per aiutare i baroni,
pertanto, fu costituito un esercito, grazie anche al sostegno della
repubblica veneziana, comandato dal principe di Salerno, Roberto
Sanseverino, per aiutare i baroni in
rivolta. A questi primi tumulti insurrezionali fece seguito la
missione del d’Alessandro a Roma, onde scongiurare il papa
dall’intervenire nella suddetta questione politica interna al
regno.
La rivolta, comunque, non assunse notevole dimensione e non
dilagò in tutto il regno limitandosi ad alcune operazioni
militari di poca durata che videro, però, in qualche occasione
gli aragonesi in difficoltà. |
Fu rispedito, comunque, nell’agosto 1486, come
rileva il Giustiniani(30), per il suo voto
registrato dal segretario del Supremo Consiglio, Antonio Gaczo: “Votum
mag. D.Antonii de Alexandro in causa Marci Pisani cum Petro de
Campalo relictum ante ejus discessum in Urbe..23 Augusti 1486
Vestrae Dominationis filius Antonius de Alexandro Viceprothonotariu”,
sul ex quaterno II votorum et decretorum S.R.C. continuato in eodem
anno sub mag. D. Andrea
Mariconda U.J.D. Viceprothon. |
Papa Alessandro VI (1492-1503),
al secolo:
Rodrigo Borgia |
La
permanenza di messere Antonio in Roma deve essersi protratta dal
1486 (al 31 agosto risulta presente in qualità di “oratore”) fino al
novembre 1493, come da altro voto presso il S.R. Consiglio “sub die
3 dicembris” (“Mag. Dom. Antonius de Alexandro sedit in Consilio
ut Viceprothonotarius” nell’ex libro votorum S.R.C. a die 25
Jan.1493 usque ad 24 Dic.1494 Tom.I).
Dovette, anche, ritornare in
Roma, forse per altre due volte, “onde dicono alcuni, ch’egli per
due vosse fosse stato legato anche presso
Alessandro VI successore d’Innocenzo VIII”
(31).
Probabilmente ivi rimase fino alla morte di re
Ferrante/Ferd. il 25 gennaio, a seguito della quale con
l’arcivescovo di Napoli e il marchese di Gerace, il conte di Potenza
e Luise Paladini fu richiesta la condonazione del censo per Alfonso II,
di cui il d’Alessandro sottoscrisse da testimone il testamento in
data 27 gennaio 1495.
Tale notizia viene riportata dal D’Afflitto(32) in quanto appare, tra l’altro, che nel catalogo
cronologico del Toppi la carica di vice-protonotario fu mantenuta in
Napoli da Andrea
Mariconda: “1494,
I. Andreas Mariconda Vice-prothonotarius: aliquondia fuit hoc anno,
danec eodemmet anno vediti.II. Antonius de Alexandro
Vice-prothonotarius.”. |
In questo arco di tempo, ricevette anche
l’incarico di rappresentare il re di Napoli nel
concilio del 1490, ove si doveva bandire una crociata contro gli
infedeli.
Il Chioccarelli, infine,
informò sugli ultimi incarichi del d’Alessandro, sostenendo che fu
inviato per altre due volte presso il re di
Francia senza, però, specificare la motivazione.
All’età di 79 anni, di lunedì 26
ottobre 1499(33) cessò di vivere l’illustre ambasciatore, ormai
barone di Cardito, uomo di eccellenti qualità culturali e capacità
giuridiche e diplomatiche (scrisse re
Ferrante/Ferd.: “messer Antonio è jurisconsulto e sa bene
come si governare; Messere Antonio è peritissimo, usi la perizia e
prudenza sua”), tramandate per mezzo delle stesse sue opere
(Reportata carissimi, Commentaria, Additiones), rimaste famose per
diversi secoli. |
© Napoli - Sepolcro di Antonio d'Alessandro,
barone di Cardito |
Per tale lutto furono svolti pomposi funerali di
“stato” nella capitale presso la chiesa di
Monteoliveto, ovvero la
chiesa di S. Anna dei Lombardi, ove lo stesso Antonio
aveva fatto erigere proprio sepolcro e monumento funebre (attribuito
a T. Malvito) nel 1491 nella cappella di famiglia. In proposito,
secondo il D’Engenio(34)
la cappella doveva contenere anche un altare, ove era riposta “la
tavola dentrovi la Santissima Vergine che presenta a Simeone il suo
Figliuolo, opera di Lonardo Pistoia eccellentissimo pittore “.
Alle esequie intervenne lo stesso Ferdinando,
duca di Calabria, nella presenza del quale e di tanti altri
“degnissimi” signori fu recitata l’orazione funebre dal dottissimo
Francesco Pruis (Francesco Pucci) fiorentino,
accademico pontaniano, “posta
poi in stampa in potere del Dottor Antonio Bollito; fu l’officio predetto dato al Dottor Antonio di Gennaro
(nipote di costui, figlio di Giovannella d’Alessandro)
favoritissimo del Re Ferrante I”(35).
Sul tumolo marmoreo, ove fu
scolpita la figura di Antonio e quella della
consorte
Ricci, fu inciso per volontà del d’Alessandro il
semplice ed umile epitaffio, a ricordo del suo unico amore: madonna
Maddalena. |
“
ANTONII DE ALEXANDRO, E
MAGDALENAE RICCIAE CONJUGUM
QUOS DEUS CONJUNXIT,
HOMO NON SEPARET.
ANTONIUS DE ALEXANDRO
JURIS CONSULTUS AD SUAS, ET SUORUM
RELIQUIAS,QUOUSQUE
OMNES RESURGAMUS, REPONENDAS, SACELLUM
HOC
CONSTRUXIT,
ET REDEMPTORI NOSTRO DICAVIT ANNO
MCCCC CI”
(36)
|
_____________________
Note:
1) E. D’Afflitto, Memorie degli
scrittori del Regno, Napoli, 1782-94, pag.198.
2) Esame della Nobiltà Napoletana
di incerto autore, 1697.
3) DD. Daugnon, La Ducal Casa dei
d’Alessandro, patrizi napoletani, Milano 1880.
4) E. D’Afflitto, Memorie degli
scrittori del Regno, Napoli, 1782-94.
5) “Antonius de Alexandro neap.
Patrici judex magna Curia Vicaria an. 1484 ut in com, 24 fol 44
su Arch. Reg. Cam. Reperitur enter Regia Camera Sommaria
Presidentes in ann. 1488 ut in compusit acobi Cavalli praedicti
anni in archivio Reg.Cam."
6) B.Aldimari, Memorie delle
Famiglie imparentate con la Famiglia Carafa, Vol. IV, Napoli
1691 pag.372.
7) 1495, Toppi, op.cit.
8) B.Chioccarelli, De Illustris
Scriptorib. In Civitate et regno Neapoli s,t.I, Napoli 1780 pag.
50.
9) D’Afflitto, Decisionis, 194, n.I,
liber 3,1598 pag. 646.
10) P.Giannone, Storia Civile del
Regno di Napoli, Napoli, 1723 lib. 28,cap.V, pag. 486.
11) Chioccarelli, op. cit. p. 50.
12) N. Toppi, Catalogus cunctorum
regentium e judicum M.C. Vicriae..Regi Consiglieri, Par.2,
Napoli 1666 pag.388.
13) Società Napoletana di Storia
Patria, Regis Ferdinandi Primi Instructionum Liber, Napoli,
1916, pag. 220.
14) S.Mazzella, Descrittione del
Regno di Napoli, Napoli 1601 pag. 748.
15) Giannone, Storia Civile, op.
cit. lib. 27.
16) E. D’Afflitto, Memorie op.cit,
pag.199.
17) D’Afflitto, op. cit.,
pag.201.
18) Toppi, op. cit. num. 2.
19) A. Ambrosio, L’erudizione
storica a Napoli nel Seicento, Salerno 1996 pag. 143.
20) F. E. De Tejada, Napoli
Spagnola, Napoli 1999, pag.282.
21) Reportata, fol.215a.
22) Storia Patria,op.cit.
23) Storia Patria, op.cit.,
pag.221.
24) F.Delle Donne, Città e
monarchia nel Regno svevo di Sicilia, Salerno 1996, pag.15.
25) G. Vitale, Araldica e
Politica. Statuti di Ordini cavallereschi “curiali” nella Napoli
aragonsese, Salerno 1999.
26) L. Giustiniani, Memorie
Istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, t.I,
Napoli 1787 pag.41.
27) G. Gravier, Lettere
Istruzioni ed altre memorie dei re Aragonesi, 177.
28) Storia Patria, op.cit.
pag.221.
29) D’Afflitto, op. cit. pg.201.
30) L. Giustiniani, op. cit. pag.
41.
31) L. Giustiniani, op. cit.
pag.41.
32) D’Afflitto, op. cit. pag.202.
33) Secondo il solo Summonte –
Loc. Cit.t.4 p.28- l’anno fu il 1498.
34) E. Caracciolo, Napoli Sacra,
Napoli 1624 pag. 508.
35) A. Summonte, Dell’historia
della città e Regno di Napoli.
36)
Circa la data segnata, l’ipotesi accreditata da vari studiosi è
che nel corso dei secoli è venuta meno la lettera X posta prima
dell’ultima C . |
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