Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
d'Alessandro |
Gli
ultimi esponenti del casato e la linea secondogenita di Fabio
nel ‘900
A cura di Ettore d'Alessandro
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Fabio III (1863 † 1954), figlio del duca
Giovanni Maria,
si sposò il 9 luglio 1885 con Silvia (1863†1944) dei marchesi
Stellati (di Vincenzo) ed ebbe 9 figli, ora tutti già scomparsi: il
primogenito Giovanni M., nato a Napoli il 27 aprile 1886, si tolse
la vita per motivo di amore, nell’abitazione a via Caracciolo, il 9
giugno 1903 alla giovane età di 17 anni. |
© Don Fabio d'Alessandro |
A tal proposito scrisse il padre Fabio “(...) quel
primo figlio che era stato la sua prima gioia, crudelmente ingiusto
fece se contro se giusto a 17 anni troncò barbaramente la sua
fiorente giovinezza!" (Arch. Centro Studi d’Alessandro, “Alla
contessa donna Silvia d’Alessandro”, 1944 p.8).
Gli altri figli furono: Anna M. nata a Napoli il 23 novembre 1887 e
morta anch’essa suicida nel 1945; Bianca M. nata a Napoli il 6
ottobre 1889; Carlo Ascenzo nato a Pescolanciano il 15 agosto 1891;
Ettore Emanuele nato a Pescolanciano il 24 dicembre 1892; Umberto
Vincenzo nato a Pescolanciano il 13 novembre 1894; Vittorio Emanuele
nato a Pescolanciano l’8 dicembre 1896; Assunta Flora nata a Napoli
il 18 agosto 1900 e Vincenzo deceduto appena nato nel 1903. Le
figliolanze di Fabio risiedettero
prevalentemente a Napoli e nel Molise espandendosi, poi, col tempo
pure in poche altre località della penisola. Dal citato libercolo di
poesie scritte da Fabio alla moglie si rinviene che nel 1888,
all’epoca del disastro finanziario, l’intera famiglia di questi si
dovette trasferire a Pescolanciano fino al 1895,
“(...)
si rinchiuse per ben sette anni nel castello di Pescolanciano”. |
Nella guerra del ‘15-18 i quattro figli maschi
partirono per il fronte ed Umberto, sottotenente di artiglieria, fu
colpito mortalmente alla testa. Essendo il primogenito figlio di Don
Fabio, Giovannino, morto giovane, proseguì con Carlo Ascenzo
(1891†1975), che dopo la morte del cugino Mario, allora detentore
del titolo, divenne dal ‘63 il XI° duca di
Pescolanciano. Questi ebbe tre figli dal legittimo matrimonio
con Donna Sessa, oltre ai riconosciuti figli Maria e Fabio. I
fratelli di Carlo Ascenzo furono: l’avvocato Ettore Emanuele
(1892†1975) che sposò Morelli , Vittorio (1896†1978) che sposò Ciretta ed emigrò in USA,
Umberto (1894†1975) che sposò Gallucci e
poi Taglietti (grande invalido della Prima guerra mondiale e
presidente dell’Associazione Invalidi a Napoli), ed assicurarono la
presenza in Napoli di rappresentanti -nel corso del ‘900- della
famiglia d’Alessandro. Le figlie Anna, Bianca e Assunta si sposarono
con Del Matto, Maggi e Ruggeri, rispettivamente. |
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© Carlo Ascenzio, XI duca di Pescopagano.
A destra: Avv. Ettore Emanuele |
RIEPILOGO - i figli e i nipoti di Fabio III d'Alessandro:
1)
Giovanni M. III, nato
a Napoli il 25/4/1886, ivi
†
10/6/1903;
2)
Anna M., nata
a Napoli il 23/11/1887,
ivi
†
1945;
3) Bianca M., nata a Napoli il 6/10/1889, ivi † 3/4/1988;
4) Carlo Ascenzo, nato a Pescolanciano il 15/8/ 1891, ivi †
15/03/1975; ebbe tre figli:
4A) Maria, nata a Pescolanciano il 1/4/1911;
4B) Fabio, nato a Napoli il 30/1/1921, ivi
† 20/5/2002;
4C) Silvia, nata a Napoli il 9/10/1929;
4D) Carlo Jr., nato a Napoli il 13/1/1931, ivi
† 16/9/1998;
4E) Emma, nata a Napoli il 13/7/1934.
5)
Ettore Emanuele, nato a Pescolanciano il 24/12 1892,
ivi † 16/1/1975; ebbe quattro figli:
5a) Giovanni, nato a Napoli il 2/1/1921;
5b) Iolanda, nata a Napoli l'11/3/1924;
5c) Fabio, nato a Napoli il 11/11/1928;
5d) Mario, nato a Napoli il 24/8/1932.
6) Umberto Vincenzo, nato a Pescolanciano il 13/11/ 1894, ivi †
27/4/1975;
7) Vittorio Emanuele, nato a Pescolanciano l’12/8/1896, New York †
07/1978; ebbe tre figli:
7a) Fabio;
7b) Silvia;
7c) Raimondo.
8) Assunta Flora, nata a Napoli il 18/8/1900, ivi † 1/3/1970;
9) Vincenzo, nato a Napoli il 20/1/1903, ivi †
5/2/1903.
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Fabio III morì il 18 novembre1954 a Napoli e fu sepolto a Pescolanciano nella cappella di famiglia, insieme alla consorte.
Lasciava insoluto un contenzioso giudiziario, iniziato nel
1910, avverso i componenti della discendenza
d’Alessandro di
“Civitanova” e che si protasse per vari decenni. Tra l’altro, a
seguito di sentenza emessa nel dicembre 1913 dal tribunale d’Isernia
su causa promossa da tale Antonelli, in qualità di creditore
(lire 3.000) del defunto Giovanni M., contro tutti gli eredi e
figli del duca stesso, fu deliberato che nel giorno 28 ottobre
1914 si sarebbe proceduto alla vendita giudiziaria del palazzo
ducale di Pescolanciano con pubblica asta. Questa controversa
questione non dovette, però, avere altro seguito. |
© Panorama di Pescolanciano del 1900 |
“A
sostentamento delle spese legali derivanti dai vari gradi in cui si
evolveva il complesso procedimento civile davanti al tribunale di
Napoli, egli fruiva del “gratuito patrocinio” e di una annua “provvigionale”,
attribuitagli dalla magistratura, sulle rendite afferenti quei resti
dei beni rurali siti in agro di Pescolanciano, oggetto della disputa
vertente sulla donazione matrimoniale fatta a favore di Nicola III
nel 1880 dal loro genitore. Più che altro, siffatto particolare
tende a dimostrare che, sebbene in conseguenza della perdita delle
proprietà (avvenuta nei ben noti anni della “Bella Epoque”), la
famiglia fosse rimasta estranea alle insorgenti lotte di classe tra
capitalisti ricchi, borghesia, possidenti e proletariato agricolo o
industriale, ciò malgrado si creò , invece, una profonda lacerante
crisi dei rapporti all’interno della stessa parentela. Tale vertenza
si concluse con una transazione nel 1962”.
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Comunque, dopo il decesso del duca Giovanni M., il castello rimase
quasi disabitato. Si viene a conoscenza, da un appunto scritto nel
1949 dall’anziano D. Fabio, che durante il conflitto mondiale
1915/18, furono internati colà prigionieri austriaci, confermato
anche dalle scritte murali notate al secondo piano. Tra gli anni
1920/30, in varie occasioni, stazionarono nelle zone montane del
Molise formazioni del Reale Esercito Italiano per le manovre estive;
reparti e servizi militari furono dislocati a Pescolanciano e
soggiornarono, per breve durata, anche nelle pertinenze del
castello. Neppure si può obliare, poi, la deturpazione prolungata
inferta alla facciata di questa struttura monumentale, visibile dal
lato dominante la ferrovia, avvenuta in epoca fascista ma senza
l’assenso dei proprietari del fabbricato, apponendovi un breve motto
esaltante la potenza del regime (Roma Doma) e dipinto a caratteri
cubitali, in nero, secondo l’usanza vigente.
“La
vita nel paese in questo periodo, come da ricordi di familiari,
continuò ad essere in prevalenza basata allora sul lavoro nei
campi, con la trebbiatura del grano in luglio (festeggiata da tutti
i cittadini) che avveniva sull’aia.
Nelle casette in pietra del
borgo tardava a scomparire del tutto l’uso del lume a petrolio e per
cucinare o riscaldarsi nel freddo inverno, si ricorreva solitamente
al carbone e legna. Per rifornirsi di liquidi potabili molte donne
provvedevano a trasportare a casa anfore di rame (le tine) colme
d’acqua tenendole sul capo. All’approssimarsi della sera, dal
campanile della locale Parrocchia si elevavano, cadenzati, i mesti
rintocchi del Vespro giornaliero, dispargendo il loro squillante
suono tra i comignoli fumiganti delle case nel borgo e nei campi
attigui. Talvolta, nel buio profondo della notte, l’intenso
incombente silenzio veniva rotto dallo squillo di una tromba seguito
dalla lamentevole voce di un solitario banditore che si recava in
giro per le vie del paese diffondendo messaggi utili agli abitanti,
nel più puro dialetto. |
© Avv. Ettore Emanuele con la sua auto
anni '20
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Nelle zone molisane interne, le strade - perlopiù sterrate e polverose - erano percorse da scarsi mezzi di
trasporto, fino al secondo dopoguerra; sui brevi tratti ci si
spostava servendosi di asini o muli, carichi di vari oggetti. Nei
piccoli centri abitati esistevano rari negozi, ma non mancavano il
tabaccaio, il barbiere, un falegname, un muratore, un fabbro. Si
panificava preferibilmente nelle private abitazioni e
settimanalmente, in concomitanza con la festività domenicale, si
sfornava pane e si vendeva carne per la gente. La diffusione dei
quotidiani, allora, e le comunicazioni radiofoniche procedevano
lentamente; ciò isolava quei borghi, collegati con altri centri
soltanto a mezzo telegrafo, posta e di qualche telefono. Non
esisteva quasi malavita in loco e tiepido era l’interessamento sulla
politica gestita per circa un ventennio dal regime fascista."
In
questo frangente, la proprietà del castello e pertinenze, ripartita
da Giovanni M. tra i figli fu la seguente: |
-
appartamento a piano terra (cortiletto interno): a Fulco, compreso
l’arredamento, oltre l’orto e locali colà adibiti per archivio;
-
appartamento nobile al primo piano: lato sud-est a Nicola III,
Civitanova, e vari magazzini nelle pertinenze. Lato nord-est a Fabio
con sottostante cucinone e vasto magazzino grano nel gran cortile
più due vani ex sacrestia, stesso piano;
- cappella ed anticappella: uso comune tra quei germani;
-
appartamento di servizio al secondo piano: lato sud-est, diviso in
parte tra Alessandro (lato piombatoia) e Mons. Ettore. Il lato
nord-est ad Agapito, oltre scuderie e magazzini in pertinenze nonché
guardiola. |
© Il Colonnello Fulco Umberto Giovanni -
Anno 1930 |
In
seguito, diverse quote possedute da Fulco, Alessandro, Fabio -nel
castello- furono accentrate nella persona di Umberto, quartogenito
maschio del suddetto Fabio. Non ebbe, il designato “conservatore”,
figliolanza ma seppe sperperare il patrimonio elargitogli”.
Nel
gennaio 1943 Fabio e famiglia trovavasi a Napoli (forse nel
palazzetto in via Salvator Rosa, come testimonia nelle sue memorie,
ove furono colti dalle incursioni aeree dell’11 gennaio.
“La terribile incursione
dell’11 gennaio 1943 che distrusse molti fabbricati tutti intorno al
nostro, che spezzò sei balconi del nostro appartamento, rompendo
solai, specchi e mobilia (...)”. |
Successivamente decisero di abbandonare la città per spostarsi su
Pescolanciano e sfuggire a tali pericoli. Così tra il 1943/45,
invece, si rifugiarono nel maniero
stesso insieme a numerosi nuclei familiari di appartenenti al casato
e di altri ospiti, sfollati dalle città. Inoltre, tra il
1943/44 ridotti presidi militari
tedeschi, ormai in ritirata, si insediarono in alcune dipendenze del
castello. |
© Gli inglesi si insidiano nel castello
di Pescolanciano - Anno 1945 |
Fabio
ricorda quei momenti scrivendo “ Il paese ed il castello furono
invasi dalle truppe tedesche che razziarono uova, polli, ogni
bestiame, farina e legumi. La vita, quindi, cominciò a rendersi
difficile, massima per i vecchi ed ammalati. I bombardamenti si
susseguivano, saltavano case, ponti, ferrovie, gallerie e stazioni,
si fracassavano finestre e si aspettava di giorno in giorno che ,
cacciati dal nostro bel castello, lo avessero fatto saltare! ”.
Dopo
un breve periodo, ai tedeschi, in ritirata con diversi oggetti
trafugati dal castello, si sostituirono temporaneamente truppe dei
reparti “Alleati”, facenti parte dell’armata inglese, durante le
loro avanzate verso il nord della penisola.
Nel
1930, ad iniziativa di don Fabio d’Alessandro del fu Giovanni M., il
ponte levatoio -in legno malridotto- del 1691 fu fatto cementare per
motivi di sicurezza. |
Questo
vecchio complesso, considerato Monumento storico e soggetto ai
vincoli previsti dalla legge speciale 1089/1939, nel prosieguo del
XX secolo, fu poi utilizzato - dopo le stravolgenti spoliazioni
subite (come la dissennata vendita dell’Archivio di famiglia,
avvenuta nel 1976 ad antiquario napoletano per sole 500 mila lire,
ma recuperato in seguito dalla Sovrintendenza Archivistica di Napoli
ed Isernia)- dai diversi proprietari di detta costruzione come
saltuaria dimora estiva. |
© Avv.Ettore d'Alessandro
con i familiari e
con lo storico Don Maselli |
Estintasi la discendenza mascolina di
Nicola III “Civitanova” nel
1963, ed essendo già deceduto nel 1954 don Fabio (figlio maschio
secondogenito del duca Giovanni M.) il titolo ducale si trasmise a
Carlo d’Alessandro fu Fabio (fino al 1975) e successivamente al di
lui legittimo primogenito Carlo Jr., che detenne detto predicato
fino al 1998 epoca del suo decesso.
Secondo la normativa araldica, emessa nel Regno d’Italia, siffatto
titolo si trasferiva dal 1998 alla prole discendente dell’Avv.
Ettore Em. Fu Fabio (decorato medaglia “Vittorio Emanuele Prima
guerra mondiale” ed invalido di guerra durante il secondo conflitto
mondiale), al quale seguiva la contemporanea cuginanza molisana dei
discendenti di Agapito Maria d'Alessandro, nato a Napoli il
2/2/1867, Nocera Inferiore
† 27/12/1916. |
©
Don
Fabio sul ponte levatorio del castello con nipoti. |
Il primogenito di Ettore Em., l’avv.
Giovanni
d’Alessandro (con fratelli Jolanda, Fabio,
Mario, arruolato
nel 1940 come ufficiale di complemento sul fronte greco (isola di Kythira, dopo la lunga prigionia in Egitto fino al ’46 rientrò a
Napoli, lasciandola l’anno successivo per motivi di carriera
militare, perché arruolato quale ufficiale di Polizia.
Trasferitosi
a Milano negli anni ’50 sotto il comando del dr. Alberto Dalla
Chiesa, si spostò poi nel 1966 in Firenze ove ha concluso il suo
percorso lavorativo come generale. Decorato con “croce al Merito di
Guerra”, “croce d’Oro per Servizio” e “medaglia d’Argento per
Comando” ha partecipato con suoi scritti a talune pubblicazioni
storiche molisane. Sposato nel 1951 con donna Gelsomina Ercole, di
un’antica famiglia napoletana proprietaria di settecentesca villa
vesuviana lungo il Miglio D’oro in Torre del Greco, è padre di donna
Anna Maria, nata a Napoli il 27 luglio 1952, nonché di donna
Patrizia, nata a Milano 22 aprile del 1956, e di don Ettore M.
d’Alessandro, nato a Milano il 31 gennaio 1962.
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© Giovanni d'Alessandro, XIII duca di
Pescolanciano |
ALBUM DELLA FAMIGLIA
DI GIOVANNI d'ALESSANDRO |
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© Don Giovanni
d’Alessandro -
1922. A destra: Don Giovanni e sorella Donna Jolanda d’Alessandro -
1929 |
© Donna Maria
Morelli, madre di D. Giovanni, 1916 |
© Don Giovanni d'Alessandro,
1939 e nella
campagna di Grecia, 1940 |
© I
coniugi d’Alessandro a Villa Ercole, 1948. A destra: Donna Gelsomina Ercole, consorte di don Giovanni, nella
villa familiare a
Torre del Greco, 1949 |
© Le sorelle Ercole nel
viale Villa Torre del Greco. A destra: foto degli anni
1950 |
© Donna Gelsomina
e la figlia Anna - 1952. A destra: L'Avv.Ruggeri e
consorte e l'Avv.Ettore e consorte
a Pescolanciano (Anni '50) |
Torre del Greco (Napoli) - Litoranea.
A destra: Piazza L. Palomba |
© L'attestato che
conferisce al duca Giovanni d'Alessandro la Croce al Merito di
Guerra- 1954. A destra: La nomina a
Cavaliere conferita al duca Giovanni d'Alessandro - 1978 |
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