Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.

Riccio o Rizzo dei Ritii

Pagina realizzata dal dott. Giorgio Rizzo dei Ritii

Arma: interzato in fascia, al I d’oro all’aquila di nero, nascente dalla partizione, con il volo abbassato, coronata del campo; al II d’oro al riccio (porcospino) di nero; al III d’oro a due fasce ondate d’azzurro. Il troncato originario fu: al I d’argento al riccio al naturale, al II d’argento a due fasce ondate d’azzurro. Il riccio era riportato in quanto dava il cognome al Casato, mentre le onde azzurre ricordavano l’origine amalfitana (lo stemma era del tutto simile alla linea Siciliana, estintasi all’inizio del secolo XX). Il favore imperiale fece modificare il metallo da argento in oro, e conformare il manto del porcospino allo smalto nero dell’aquila.

Ornamenti: svolazzi d’oro, di nero e d’azzurro.

© Foto proprietà Casa Rizzo dei Ritii
© Stemma di Michele Rizzo o Riccio, conte di Cariati - Anno 1515

La Nobile famiglia napoletana dei Rizzo (in antiquo Riccio) è documentata dal secolo XIII nella costiera di Amalfi, della cui Città furono Patrizi, dalla quale un ramo passò in Sicilia nel secolo seguente mentre la linea principale trasferì la propria residenza in Napoli. I Riccio furono aggregati tra i Patrizi del Seggio di Forcella nell’anno 1444 con il Conte Michele senior, e nell’anno 1501 con l’omonimo nipote ex frate Michele junior, Conte di Cariati e di Giugliano, da cui discendono gli attuali rappresentanti del Casato.

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© Napoli - Altarino di Michele Ricio - Anno 1515
 

Da Napoli un ulteriore ramo si trasferì in Abruzzo e Molise, territori in cui il cognome assunse principalmente la grafia latineggiante di “de Ritiis” seu “Ritis”, estintosi [la pronuncia era Rizis, NdR].
La fortuna del Casato ebbe il massimo splendore sotto i Re aragonesi ed angioini, presso le cui corti i vari membri rivestiranno cariche importanti e strategiche (Presidenti della Camera della Sommaria, Presidenti del Sacro Regio Consiglio di Santa Chiara, Regi Tesorieri).
Il costume familiare fu dunque duplice: in ambito militare e nel campo del diritto.

Il De Lellis, il Mugnos ed il De Petris riportarono una comunanza di antica origine con i Ricci toscani. Non si hanno prove documentali a riguardo, in quanto le testimonianze più antiche risalgono al Duecento.
Gli unici elementi eventualmente comprovanti una frequentazione con Nobili lì residenti li troviamo nelle genealogie più antiche, come con il matrimonio tra Beatrice e Troiano degli Alberti (antenato dei Principi Albertini di Cimitile), viventi tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, ed il motto (MELIORA LATENT, ovvero “Le cose migliori sono nascoste”), che è il medesimo dei Ricci.
La tradizione fa risalire le origine remote ai Patrizi romani Ritius/ Ritii: non vi sono riscontri a riguardo, e la tradizione si deve probabilmente ai genealogisti seicenteschi che cercarono di portare in epoca molto remota, tracce che in realtà non travalicano il Medioevo. 

© Proprietà Casa Rizzo dei Ritii
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Castelvecchio Calvisio (AQ) -  stemma di metà Seicento ubicato nel Palazzo baronale Rizzo-Zambonini,
proviente dal distrutto Palazzo Riccio di Napoli (Seggio di Nido), traportato in Abruzzo dai Rizzo-Zambonini.

Francesco Alvino ci ricorda come Uberto de Rizi (Ciamberlano di Giovanna I) si fosse trasferito da Napoli Castellammare di Stabia per prendere pieno dominio dei feudi e beni elargitili per i servigi resi, diventandone Patrizio. Un altro discendente, Francesco "de Stabia", Doganiere e Regio Tesoriere, sia per l’appunto di Castellammare di Stabia che di Napoli, ebbe cinque celebri figli, ognuno dei quali sarà a suo modo foriero di prestigio e ricchezze della Famiglia.

Tornando a scrivere dei primordi del Casato, citiamo Giovanni che nel 1276 fu tra i Baroni del Principato Citra che sovvenzionarono Re Carlo I d’Angiò con un ingente prestito di denaro, Pietro fu Vicerè della Provincia d'Abruzzo per la Regina Giovanna II nell'anno 1430, Antonio († 1488) divenne Arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe fu Cappellano del Tesoro delle Reliquie dei Santi Protettori di Napoli per la piazza di Nido, Andrea († 1515) Vescovo di Telese.

Detto vescovo Andrea di Telese ebbe tra i fratelli un Giovanni da cui nacque Adriana, destinata a maritarsi con Antonio de Franco, Patrizio Napolitano del Seggio di Capuana. Il De Lellis scrisse a pagina 13 dell'opera in Bibliografia: "[...] Ioannem, qui Adrianam genuit uxorem Antonij de Franco Sedilis Capuanae." L'annotazione a latere circa i Capitoli Matrimoniali non permette di risalire alla data precisa, causa un deterioramento di stampa. Considerando che il vescovo Andrea morì nel 1515, l'epoca è deducibile.
I de Franco sono spesso declinati in de Franchis, ma non si tratta dell'omonima famiglia Franchi, recante un'aquila sullo scudo ed iscritti al Seggio di Portanova.
Un de Franco dell'estinto casato partenopeo fu il vescovo Luigi di Vico Equense (dal 1607 al 1611).


© Vico Equense - ritratto del Vescovo Luigi de Franchis

Il ritratto nella Sacrestia della Chiesa (ex-Cattedrale) della SS. Annnunziata lo nomina de Franchis, ma lo stemma è quello dei de Franco di Capuana (di rosso, alla banda d'oro accostata in capo da un crescente montante dello stesso). Il Mazzella nella sua "Descrittione" cita il Casato tra le famiglie estinte di Capuana al singolare (Franco), alla data della edizione (1601).

Aloysius Riccius (nell'atto di nascita "Giovanni Luigi") nacque intorno al 1578 in Napoli, figlio del Barone Ottavio Rizzo di Colli [a Volturno] e della Nobile Battista Carmignano (Capit. Matrim., anno 1576, notaio Tommaso Anell. Saranum). Fu Canonico della Cattedrale di Napoli, Consultore della Congregazione dell’Ordinario (come ricorda il De Lellis), e nominato Vescovo di Vico Equense per volere di Papa Urbano VIII, come si evince dal suo ritratto realizzato nella Chiesa della SS. Annunziata di Vico Equense, dal 20-12-1627 al 6-01-1643.


© Vico Equense - ritratto del Vescovo Aloysius Riccius

Egli morì in tale data nella Capitale del Regno di Napoli, e per volere della Famiglia fu sepolto nella Chiesa della Stella; per una diatriba sul monumento funebre da parte del nipote ex fratre Ottavio Riccio, ed il nuovo Vescovo di Vico. A parere di don Ottavio, che era assurto a grande fortuna economica con il matrimonio con la figlia del principe Brancaccio di Ruffano, si oppose alla sepoltura "discreta" proposta dal nuovo Vescovo, e commissionò quella magnificente tuttora visibile in Napoli nella Chiesa di S. Maria delle Stelle.

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© Napoli - Chiesa S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone ove vi sono le memorie storiche del Casato

Nel Cinquecento e nel Seicento la famiglia fu fermamente presente in Napoli: a testimonianza della sua influenza vi fu l’Introduzione scritta dal celeberrimo archivista e storico Carlo De Lellis alla ristampa del 1645 di un’opera storica di Michele Rizzo di Cariati di inizio cinquecento (Dei re di Francia, Spagna, Gerusalemme, Napoli, Sicilia e Ungheria). Michele era figlio di Nicola e di Muliella Correale, nacque a Castellammare di Stabia intorno all’anno 1445, e morì avvelenato in Parigi nel 1515. Anche la consorte, Maria Carbone (figlia di Domitio, Signore di Paduli, e di Moccia Aiossa) sposata nell’anno 1487 con una dote stabilita in 1.000 ducati,  ebbe una fine tragica: venne trucidata nel corso di una incursione saracena a Pozzuoli, mentre si trovava ai bagni, il 5 giugno 1520. Entrambi vennero sepolti nella Cappella di famiglia nella Chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli.
Le alleanze matrimoniali con le altre famiglie Patrizie di Napoli furono numerose: particolarmente forti quelle coi Caracciolo (cui perverranno nel Cinquecento per eredità le Baronie di Postiglione e di Contursi in Principato Citra, di Oratino e di Rocchetta in Terra di Lavoro, e di Santo Stefano in Molise), Capece, Carbone, Correale, Domini Martini, Franchi, Galluccio, de Liguoro, Seripando ecc.
Giulio Cesare Rizzo, figlio di Ottavio e di Battista Carmignano, si maritò con Isabella Longo, Nobile di Cosenza, dei Conti e poi Marchesi di San Giuliano. Il Casato Longo è molto antico: la tradizione ci riporta ai Romani (tesi inattendibile). Secondo Berardo Candida Gonzaga nelle sue "Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d'Italia", Marino Longo era feudatario di Nardò già nel 1187.


© Vico Equense - ritratto del Vescovo Giovanni Longo

I Rizzo ed i Longo ebbero un forte legame economico alla fine del Cinquecento. Il vescovo Giovanni Longo (1422-1451), del ramo di Vico, è raffigurato poco distante dal vescovo Aloysius Riccius, nella Sacrestia della SS. Anninziata (ex Cattedrale) di Vico Equense.

Un particolare dell'opera del conte Michele Riccio "Dei re di Francia, di Spagna, Gerusalemme, Napoli, Sicilia e Ungheria"

Grazie all’opera citata di Carlo De Lellis, ai suoi Appunti sulle famiglie Patrizie di Seggio di Nido(1), ed ai Manoscritti del Marchese Livio Serra di Gerace, abbiamo una precisa genealogia dei Rizzo. Citiamo alcune delle alleanze matrimoniali per testimoniare come, nel periodo aureo della loro presenza in Napoli, i legami con gli altri Casati fossero forti.

Pierluigi sposò Giacoma Barrile dei conti di Monteodorisio, da cui nacque Michele, la cui figlia Porzia sposò Marco Antonio del Tufo (barone del Tufo e di Torriani). Giovanni Loise ( 6 novembre 1568),  Barone “delli Colli” [ora Colli al Volturno, NdR] comprò detto feudo nel 1530 da Federico Pandone, Barone di Cerro [al Volturno, NdR], dopo il dissesto finanziario del Pandone.
Nell’anno  1542 sposò Beatrice Seripando (di Ferdinando); in secondi voti, nel 1554, si maritò con Camilla Pandone dei Conti di Venafro (probabilmente figlia del sopra citato). Da questa unione nacquero ben undici figli.

Da questa unione nacquero ben undici figli. Del primo matrimonio, ricordiamo Ottavio, Barone “delli Colli”, che sposò il 1° giugno 1576 Battista Carmignano, e che vendette tale feudo il 22 maggio 1570 al Nobile Carlo Greco di Isernia. Giulio Cesare (nato il 5 maggio 1584) sposò il 2 settembre 1612 la Nobile Isabella Longo di Aniello (… ex Comitibus nunc Marchionibus Sancti Iuliani, ac Sepini Regulis, ex De Lellis, op. cit.).
Ricordiamo infine, per non addentrarci in uno studio genealogico più approfondito, il matrimonio tra Ottavio Giulio Cesare e Giulia Brancaccio dei principi di Ruffano (nata nel 1636 e deceduta in Napoli il 28 maggio 1701) di Ferdinando e di Isabella Capuano, unione riportata nei Manoscritti Araldici del Marchese Livio Serra di Gerace
(2).
In seguito, il ramo primigenio, tuttora fiorente, perse il diritto al Patriziato napoletano avendo trasferito dimora nei feudi cilentani ed amalfitani, e contraendo poi matrimoni con esponenti della Nobiltà cilentana, come i Niglio ed i Mazzarella.

Lo stemma del Casato è rimasto immutato dal 1454, anno in cui divennero conti palatini per nomina dell’imperatore Federico III, che concesse altresì l’utilizzo dell’aquila imperiale sul troncato originario, e come cimiero.

La Baronia di Vallelonga (3)
Dalle carte conservate nell'Archivio Rizzo del Ramo Cilentano, si evince, nella copiosa contabilità di Don Francesco Riccio (*Napoli 01/01/1632 da Don Giovanni Battista, Patrizio Napolitano, e da Donna Vittoria Vecchione di Pozzuoli), Patrizio Napolitano, U.J.D., l'elenco puntuale delle tasse e delle rendite dei vari feudi. Tra di essi, viene elencata la Baronia di Vallelonga in Calabria Ulteriore.
Nelle note a latere vi una lamentela che l'affare era stato fatto più per aiutare i parenti Carafa della Stadera, del Ramo dei Duchi di Nocera e Cancellara, che erano in gravissime difficoltà a causa dei debiti del Duca Don Ferdinando, passati in eredità al figlio Francesco Maria e via a seguire, che per interesse proprio. Il Riccio lamenta una differenza tra costi e ricavi (come si scriverebbe oggigiorno) di poco vantaggio, in comparazione coi feudi del Cilento, assai più remunerativi.

Don Francesco ebbe per figlio Donato che iniziò ad usare il cognome Rizzo e si maritò nel 1684 con Geronima Miglio, nobildonna cilentana, e fu sepolto ad inizio Settecento nella Tomba di Famiglia di Galdo Cilento con il seguente epitaffio:

DONATUS NOB. RITIORUM
FAM. FRANCISCO PATRI
SUBI POSTERISQUES SUIS
MDCCXIII

Guglielmo Rizzo dei Ritii (1868 † 1966), nel taccuino di trascrizione di parte dei suddetti Archivi, elenca specificamente Don Francesco Riccio, Barone di Vallelonga, come possessore delle seguenti terre e casali: Belloforte, San Demetrio, Stefanacore, Vallelonga, San Nicola, Bazzano e Pizzoni.
Le notizie sono confortate dal Secondo Volume di Lorenzo Giustiniani, "Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli", il quale alla voce Belloforte (pag. 237) specifica che nella tassazione dei 10 fuochi di Belloforte del 1699 il testo seicentesco riportava in merito al Riccio:
"
[...] per la tassa di ducati 35-4-2 per la terra di Belloforte deve d'adoho per anno duc. 49-4-14. Dottor Frencesco Riccio compratore ed possessore delle terre della Baronia di Vallelonga, cioè Belloforte, Motta San Demetrio, Stefanacoli, Vallelonga, et casali di Nicastrello, Santo Nicola, Torre Spagnula Zimbarrio, Vazzano, et Pizzoni, [...]"


© Il Nobile dott. ing. Guglielmo Rizzo dei Ritii, Cavaliere di Gran Croce Magistrale
del S.M.O. di Malta (*Napoli 31/10/1868
† Milano 21/05/1966). Dimorò per anni in Belgio
dove si laureò due volte all'Università di Liegi; girò il mondo come esperto di progettazione
di rete tranviaria e ferroviarie.

La famiglia ha avuto quindici Cavalieri di Malta: il primo fu fra’ Emanuele Rizzo nell’anno 1434. Tra gli altri, citiamo Giuseppe (n. 16 settembre 1660) ed Ottavio (n. 3 maggio 1662).

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© Napoli - sede del Sovrano Ordine di Malta

I feudi furono numerosi: il marchesato di Castelvecchio, le contee di Buccino, di Cariati, le baronie di Colli, Contursi, Finocchito, Grotta Castagnara, Latronico, Oratino, Pietraferrazzana, Postiglione, Rocchetta, S. Stefano, Tortorella e Trentinara, le Signorie della Trecchina, delle Franche, delle Saline della Calabria e via dicendo.
Come accennato, il cognome della Famiglia qui trattata, essendo in origine molto numerosa, divisa in Rami e Linee, a seconda delle vicende feudali, alquanto  diramata in tutto il Regno meridionale, viene riportata a seconda delle fonti come Riccio,  Ricci, Rizzo, Rizzi, de Ritiis, e via dicendo.
Il periodo aureo del Casato, sotto gli Angioini e gli Aragonesi, portò un ramo in Abruzzo, uno in Molise ed uno nelle Puglie. La linea principale rimase a Napoli e nel Cilento. L’altra linea “maggiore” si stanziò nel XIV secolo in Sicilia (estinguendosi con Maria Raffaella Contessa del Piano ad inizio Novecento).

Per corruzione linguistica, comune ai Casati che in latino avevano il suffisso “tius”, detto suffisso era pronunciato come “zius”, dando luogo a trascritture in volgare con la doppia “z”.

Gli stessi siciliani Arezzo, Marchesi di Celano, coi quali non sussiste alcuna parentela, hanno la doppia “z”, pur  presentando nello stemma un inquartato con 4 ricci, indicando una origine cognominale con doppia “c”.


© Arma della famiglia Riccio di Cerreto

L’antichissimo Casato Veneziano degli Erizzo (poi Miniscalchi Erizzo), presenta nello stemma un Riccio, ma il cognome assunse la semplice “z”.

Per non allontanarci dal tema, riassumiamo la trasformazione cognominale dei RICCIO, Patrizi di Nido di Napoli, l’unica linea superstite. Nell’Archivio Centrale di Stato di Roma è liberamente consultabile il Volume XXV del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, Elenco Ufficiale del Regno.

Da esso (e dal materiale probante allegato) si evince quanto segue.

I Savoia ascrissero la Famiglia come RIZZO. Nell’Albero Genealogico Ufficiale i maschi primogeniti (in linea retta) sono cognominati RICCIO a partire dalla prima metà del Trecento (Barone Francesco di Stabia) sino a fine Seicento, con l’omonimo Barone Don Francesco.

Ad inizio Settecento nei Registri dei Battesimi figuravano alcuni come RICCIO, altri come RIZZO, altri come RITIUS/II.

Con Giuseppe (n. il 10 maggio 1730) il cognome si fissa in RIZZO.

Il Capo Famiglia Nobile Guglielmo Rizzo ottenne da Re Vittorio Emanuele III la modifica del cognome in Rizzo dei Ritii (con R.D. 14/06/1941 concesso nella tenuta di San Rossore, e registrato nel medesimo anno presso la corte dei Conti).

Tutti gli esponenti del Casato ebbero dunque tale cambio di cognome, tanto che il Libro d’Oro della Consulta Araldica del Regno d’Italia riportò tale correzione anagrafica (la famiglia compare come RIZZO dei RITII).

Titolo: Nobile (maschi e femmine). La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana con D.M. di Riconoscimento del 12 agosto 1938.

Le testimonianze artistiche e storiche relative alla famiglia sono tuttora presenti in Napoli nella Basilica di Santa Chiara, nelle chiese di San Domenico Maggiore, di S. Anna dei Lombardi (Santa Maria di Monteoliveto), di Santa Maria della Stella, di S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone ed in alcune cappelle di famiglie collegate.

Un esempio è il monumento funebre di Maddalena Riccio, figlia del conte Michele Senior, nella Cappella d'Alessandro in Monteoliveto, ubicato accanto al consorte Antonio d'Alessandro, Barone di Cardito.

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© Napoli - chiesa di Sant'Anna dei Lombardi
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© Napoli -  gisant di Maddalena Riccio

Degno di menzione è il monumento funebre del citato Vescovo Giovanni Luigi (1643) nella Chiesa di S. Maria della Stella, in cui svetta il busto del prelato, realizzato già nel 1630. L’iscrizione funebre recita:

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© Epitaffio monumento funebre del Vescovo Giovanni Luigi Riccio - anno 1630

Nella terribile pestilenza che afflisse Napoli nel 1501 Maria  SS. della Stella apparve in sogno a un pio devoto rivelandogli il luogo dove giaceva sepolta una sua immagine. Esposta in venerazione fece cessare il flagello. Più tardi i frati Minimi di S. Francesco di Paola, cui fu affidata la sacra immagine, col concorso dei fedeli, le innalzarono un tempio maestoso, danneggiato da un incendio durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

© Proprietà Casa Rizzo dei Ritii
 

© Proprietà Casa Rizzo dei Ritii

© Napoli - Busto di Aloisio Riccio, vescovo di Vico Equense. A destra: Chiesa S. Maria delle Stelle

In Napoli l’antico palazzo Riccio, ubicato nel pressi di San Domenico Maggiore non è più esistente in quanto quello che rimase dopo l’abbandono da Napoli venne inglobato in edifici posteriori.
Dal De Lellis conosciamo che un precedente palazzo dei Rizzo (ramo dei conti palatini) era ubicato nei pressi della Basilica di San Giorgio Maggiore.


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© Château dei Ritii - Alpes Maritimes (Francia)

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© Immagine proprietà Casa Rizzo dei Ritii

© Château dei Ritii - Alpes Maritimes (Francia)

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© Château dei Ritii - Alpes Maritimes (Francia)
 

© Proprietà Casa Rizzo dei Ritii

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© Napoli -Stemma del Vescovo Giovanni Luigi Riccio. A destra: Napoli - stemma famiglia Rizzo dei Ritii

Ancora oggi l'arma della famiglia Rizzo dei Ritii (in antiquo Riccio) viene esposta in occasione delle conferenze che hanno per tema la storia e l'araldica. 

La famiglia si è diramata anche in Calabria Citra a Spezzano Grande (ora Spezzano della Sila), di seguito presentiamo lo stemma.


 

Ipotesi sulla comune origine dei Ricci di Napoli e di Firenze
(si ringrazia il dr. Marco Antonio Ricci per le notizie fornite)


Taluni storici e genealogisti, in particolare il De Lellis, rifacendosi ad autori pregressi, riportano la ipotesi di comune agnazione dei Riccio Napoletani dai Ricci di Firenze. Come accennato non abbiamo prove storiche di ciò, ma alcune congetture suffragate da indizi.

In particolare rendiamo delle interessanti considerazioni dello studioso dott. Marco Antonio Ricci (discendente dal ramo molisano dei Riccio campani) che recentemente ha verificato come dal catalogo dei Manoscritti Palatini, custoditi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, si evinca ivi la presenza di notevoli documenti testimonianti se non un forte ed antico legame tra i Riccio (poscia Rizzo) di Napoli ed i Ricci di Firenze, almeno uno studio seicentesco della questione da parte dei Ricci fiorentini.

In sintesi troviamo sotto la segnatura Palat. 1187 - [1114. - 21, 5] le Scritture e documenti diversi relativi alla famiglia de' Ricci di Firenze, ovvero l'archivio privato della Famiglia Ricci consistente di circa 413 documenti. Tra i fascicoli, testimoniano l’interesse dei Ricci fiorentini per gli omonimi partenopei, i seguenti, faldoni che sarebbero difficilmente stati preservati nell’archivio Ricci di Firenze, se non avesse per il Casato avuto interesse genealogico, e probabilmente economico (per questioni successorie).

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© Arma dei Riccio di Firenze


Faldone V°

Notizie della famiglia de' Ricci di Napoli (cc. 39r-40v)
e
stratte, come dice la breve prefazione, dalle Notitie sopra l'antica Cronica della Città d'Amalfi, scritta dal Sig.r Gio: Batista Bolvito. Dette Notitie si conservano Originali manoscritte nel Archivio della Casa di SS.ti Apostoli di Napoli de PP. Teatini.

 
Faldone XVIII°

Appunti sulla famiglia de' Ricci di Napoli (cc. 96r-104r).

Constano di due parti scritte da due mani diverse. La seconda parte (cc. 97r-104r) presenta forma più organica ed ha, come accennato nella descrizione esterna, una propria numerazione. Nel testo vi è un riferimento ad Uguccione de' Ricci ed al suo interesse per il ramo napoletano della Famiglia (v. a. il n. XXVII).

 
Faldone XXI°

Genealogia della famiglia de' Ricci di Napoli (cc. 145v-146r).

La genealogia fu mandata a Firenze, come dice una nota, intorno al 1615 e la presente copia fu fatta dopo il 1745, come si può dedurre da altra nota relativa al diroccato monastero Cassinese di S. Elena nei pressi di Amalfi.

 
Faldone XXVII°

Memorie attenenti alla Famiglia Ricci (c. 198rv). Il titolo precisa: che esistono nella Chiesa, e sotteranei di Santa Maria Novella. Seguono: un Articolo di lettera scritta dal sig.r Marchese [Bernardo] Tanucci sotto di 28. marzo 1752 (c. 199r) e lo stemma acquarellato della famiglia de' Ricci di Napoli (c. 201). La carta coniugata all'Articolo di lettera (c. 216) porta l'indirizzo ad Uguccione de' Ricci. Sono inserite tra la c. 201 e la c. 216 alcune notizie (cc. 203-213) che sono quelle procurate per tramite del marchese Tanucci ed alle quali allude l'estratto della sua lettera.

 

Sempre lo studioso Marco Antonio Ricci ha verificato come, in particolare, la comune ascendenza si focalizza sulla città di Amalfi, da cui i Rizzo originarono (sullo stesso stemma compaiono le onde azzurre a ricordo dell’origine marinara), stemma peraltro utilizzando dal ramo primiero dei Rizzolo di Amalfi, che non aggiunsero l’aquila imperiale (e che si estinsero prima del 1454).

Come delineato brevemente al punto sul Faldone XXI°, nell’anno 1615 la genealogia dei Riccio di Napoli venne raccolta in Amalfi, da dove venne inviata a Firenze per documentare la comune ascendenza (come si evince alle pagine 398-400). Tali informazioni furono tratte dalle Notitie sopra l'antica Cronica della Cittá d'Amalfi.


Un altro autore che sostiene la tesi  è  Cristoforo Landino, nella sua opera “
Comento di Christoforo Landino fiorentino sopra la Comedia di Dante Alighieri poeta fiorentino, Firenze 1481 (Proemio VIII, 47). Nell'ottavo capitolo, difatti, egli si pronuncia sulla nobiltà fiorentina, sui loro spostamenti nel resto d’Italia, soprattutto verso Napoli. Sui Riccio scrisse: “Sono discesi de´Ricci quegli che col medesimo nome habitano nella costa di Malfi.

 

Oltre ad alcuni matrimoni tra i Rizzo napoletani e famiglie nobili toscane, le quali possono essere state motivate da ragioni altre rispetto a comuni origini geografiche, riscontriamo una particolarità sul un nome specifico di persona. Il  primo ascendente Riccio documentato ad Amalfi nel Duecento si chiamava Uberto. Uberto non era un nome usato in epoca medioevale nel Meridione d'Italia ma piuttosto toscano (basti pensare alla famosa famiglia fiorentina degli Uberti).

 

Ultimo ma non ultimo, forte indizio di una comunanza è insito nella iniziale vocazione “mercantile”. Francesco e Giuseppe Pansa nella loro Istoria dell'antica repubblica d'Amalfi, edita in Napoli nell’anno 1724, scrissero a pagina 124: Mercadanti e Gentil’uomini di questa Riviera … Sergio, e Giovanni Riccio [una notizia che si riferisce al XIII secolo]). Il capostipite dei Riccio amalfitani si potrebbe essere trasferito nel XI secolo per ragione di affari da Firenze ad Amalfi, che all'epoca era ancora una repubblica marinara importante (fino alla conquista dai Normanni nel 1131). Anche i Ricci toscani svolsero attività commerciale: Saminiato de´Ricci compilò nel 1396 persino un Manuale di mercatura.

 

A conclusione di questo breve excursus storico, possiamo sintetizzare quanto segue. Se da un lato i Riccio campani storicamente originano da Amalfi (sec. XIII), indi si spostano in Castellammare di Stabia (sec. XIV), poi a Napoli (sec. XV), dal punto di vista indiziario essi potrebbero derivare da un ramo dei Ricci toscani. A tale proposito le prove documentali sono insufficienti, ma ulteriori studi potrebbero dirimere la questione.

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Note:
1) Presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli.
2) Conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli.
3) Tratta da un manoscritto del Nobile dott. ing. Guglielmo Rizzo dei Ritii, Cavaliere di Gran Croce Magistrale del S.M.O. di Malta (*Napoli 31/10/1868
† Milano 21/05/1966).
 

Bibliografia:

Ammirato Scipione, Delle famiglie nobili napoletane, Firenze 1580-1651;

Borella Andrea, “Annuario della Nobiltà Italiana” (XXX edizione), SAGI, Teglio 2006;

Candida Gonzaga Berardo, “Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia”, Napoli: Stab. tip. De Angelis e filio, 1875-1882;

Crollalanza Giovambattista (di), Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, Pisa, 1886-90;

De Lellis Carlo, Appunti sulle famiglie patrizie di Seggio di Nido, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli;

De Lellis Carlo, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli 1654-71;

De Lellis Carlo, Introduzione scritta dal celeberrimo archivista e storico alla ristampa del 1645 dell’opera storica di inizio cinquecento: Michaelis Ritii neapolitani, “De regibus Hispaniae, Hierusalem, Galliae, vtriusque Siciliae, & Vngariae, historia”,  Neapoli: ex regia typographia Egidij Longhi;

“Libro d’Oro della Nobiltà Italiana” (varie edizioni), Collegio Araldico, Roma;

Mugnos Filadelfo, “Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viuenti ed estinte”, Palermo: per Pietro Coppola, 1647-70;

Serra di Gerace Livio, “Manoscritti araldici” (Archivio di Stato di Napoli)
 

ALTRE PAGINE:
Prima parte
Albero genealogico

Album di Famiglia

 Le parentele
Armi delle famiglie imparentate

 Blasone seicentesco e causa Longo/Riccio

Giulia Gonzaga ed Aurelia Riccio: un’amicizia nel Cinquecento


Casato inserito nel 1° Volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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