Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Rizzo
dei Ritii |
Blasone seicentesco Rizzo di Sicilia
(linea dei Riccio partenopei) e stemma settecentesco
del III ramo cadetto dei Riccio di Napoli. |
(a cura della dott.ssa Angiòla Rizzo dei Ritii) |
Proponiamo
due stemmi presenti nell’Archivio Rizzo dei Ritii, che
riteniamo possano esser di interesse del lettore.
Il primo è
estratto da un rarissimo pamphlet dedicato a Don
Placido Rizzo, Barone di S. Anna dal 12 giugno 1638)
e Signore di Racalmeni, esponente della linea siciliana
dei Riccio di
Nido di Napoli (come si può evincere anche
dalla mera dalla somiglianza degli stemmi), di proprietà
dell’Archivio Rizzo dei Ritii. |
Dedica tratta da pamphlet seicentesco conservato
nell’Archivio Rizzo dei Ritii. |
Stemma tratto da pamphlet seicentesco
conservato nell’Archivio Rizzo dei Ritii. |
Don
Placido Rizzo(1),
Barone di S. Anna (m. Trapani 1684) fu tra i membri più
potenti del Casato, e lo testimonia il contatto con i
Patrizi Riccio di Nido. Viene ricordato come esimio
giurista.
Si
rammenta che la linea siciliana fu di diretta emanazione
da quella napoletana(2)
(3) (4)
(5).
Uomo
di carattere, divenne Senatore di Trapani, e per
perseguire le proprie idee in merito alla
amministrazione della città venne addirittura arrestato
con gli altri Nobili cittadini: Il Viceré di Sicilia,
Principe di Ligné, giunse a Trapani il 28 agosto 1672 e
depose “Placido Rizzo, Pietro de Nobile, Francesco
Omodei, Paolo Crapanzano, Bartolomeo Milo, Vito Galvano,
Bartolomeo Staiti, Francesco Antonio Bruno e Bernardino
Testagrossa”(6),
detenendoli alla Vicaria.
Il
Rizzo fu un fervente cattolico, rasentando in taluni
casi una sorta di “oltranzismo fervente”
(7).
Per rendere idea della sua spiritualità seicentesca,
riportiamo le parole del testo citato in Nota numero “7”
sul La Nuza(8):
“In
Trapani Don Onofrio figliuolo del Signor Barone
di Sant’Anna Don Placido Rizzo, ancor bambino in fasce,
era dopo alquanti mesi di vita, costretto a lasciarla
affogato da un fiero catarro, che nato da malefica
impressione d’aria, faceva in quella città grande strage
di fanciulli, e bambini. Questo nostro era già tutto
livido, e gonfio: né il latte potea più inghiottire una
stilla, anzi né meno trarre il fiato, se no di raro, e
con grande stento. La madre dolente(9)
lo
piangeva per morto, e come a morto preparava gli arredi
funerari per seppellirlo. In questo gli sopravvennero
lettere da Palermo del Barone suo marito, e con esse una
immagine del P. Luigi: […]”.
In breve secondo l’Autore il bimbo fu oggetto di
intercessione del Luzi.
Don
Onofrio entrò nell’Ordine
di Malta nel 1677(10).
Lo
studioso Serraino nella parte dedicata alla casata
specifica che “venne indicata negli atti inizialmente
col nome volgare di “Rizzo” e tardivamente col nome
italiano di “Riccio”. Egli ricorda altresì come Don
Placido trasportò un lapide marmorea(11)
all’interno del Palazzo dell’attuale Corso Vittorio
Emanuele in Trapani: si “attesta che nel 1660 il citato
Barone di S. Anna, rimosse dalla Chiesa di S. Agostino
l’altare marmoreo, costruiti da Giovanni Riccio
dentro la cappella di cui la famiglia aveva lo
juspatronato nel 1454…”.
Per
chi ne avesse curiosità, rammentiamo solamente due delle
testimonianze del Casato, estintosi con l’ultima
Contessa e la trasmissione degli antichi titoli
feudali/nobiliari “maritali nomine” da parte dei Savoia
ad inizio Novecento: in Trapani abbiamo lo splendido
Palazzo Rizzo di Morana, di fine Settecento, privato
sino al 1923, ed ora sede della Presidenza della
Provincia Regionale di Trapani
[Via
Giuseppe Garibaldi 89
(12)],
ed il Palazzo Riccio di San Gioacchino, di origine
cinquecentesca ma fortemente rimaneggiato nel secolo
XVIII, ubicato in Via Antonino Turretta, 1-5; vedasi
portale d’ingresso sulla citata via, sede di una
succursale del liceo scientifico statale "Fardella".
(13)
Il secondo scudo è classificato come stemma Riccio del
terzo ramo cadetto dei Patrizi napoletani. |
Fonte: Archivio Rizzo dei Ritii |
A
completamento pubblichiamo un paio di facciate delle 36
di una causa intentata nel 1723 da Donna Beatrice
Longo
e da Don Francesco Ozias contro Don Carlo Riccio
(documentazione conservata presso l’Archivio Rizzo dei
Ritii). In sintesi la Duchessa di S. Arpino, zia dei
querelanti, designò come erede universale Don Carlo, in
qualità di figlio naturale suo e di Don Onofrio
Riccio (omonimo del Barone Don Onofrio Rizzo di S.
Anna).
Non
entriamo nelle complicatissime regole giuridiche
sull’ampio diritto delle donne Napoletane di gestire i
propri beni dotali se vedove e di testare, ma accenniamo
solo alla vicenda, visto che in Archivio, è presente la
documentazione solo sino al 6 settembre 1726, e lo
stemma. Donna Geronima
Gagliardi, non avendo avuto figli dal marito,
defunto 3 anni dopo le nozze, rientrò in possesso dei
beni dotali, disponendo di essi e del resto del
patrimonio come reputò coretto(14).
Le
intricatissime questioni legali nella Napoli dei
Seicento e del Settecento erano anche regolate dalle
consuetudini dei Seggi di appartenenza delle famiglie, a
quello di Capuana, nel caso dei Gagliardi, ed a quello
di Nido, riguardo ai Riccio.
Riportiamo
la situazione matrimoniale di Donna Geronima Gagliardi
(a cura dell’Autrice):
Don Alonso
Sanchez de Luna d’Aragona
(15) (n.
1654 e m. 1694), Barone e poscia Duca di Sant’Arpino,
Patrizio Napoletano
Sposa in
Primi Voti nel 1674 Donna Caterina
Capecelatro (n. 1657 - m. 1686) dei Baroni di
S. Nicola.
DISCENDENZA
SANCHEZ
Sposa in
Secondi Voti nel 1688 Geronima Gagliardi (m. 1722),
figlia di Don Giuseppe Gagliardi e di Donna Porzia
Gagliardi
NO
DISCENDENZA SANCHEZ
Le
questioni ereditarie erano prassi comune: anche perché,
come è notorio, i casati erano estremamente
“imparentati” da loro. Per esempio gli stessi Longo
avevano interessi coi Riccio, come testimonia un quasi
coevo matrimonio tra Giulio Cesare Riccio, Barone di
Colli (a Volturno, NdR) con la Nobile Isabella
Longo.
Tornando ai
Gagliardi/Riccio, il testamento della Duchessa di S.
Arpino venne impugnato dai nipoti, ma in prima sentenza
Don Carlo Riccio venne riconosciuto erede “scelto”.
Donna Beatrice Longo e Don Francesco Ozias erano
convinti il testamento fosse un falso di Don Carlo
Riccio. Trattandosi di un ramo cadetto, l’Archivio non
presenta la documentazione finale su quale sia stata la
sortita finale del giudizio. |
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Note:
(1) - Andrea
Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, in
Messina: Vincenzo D’Amico 1699; pag. 286.
(2) - Filadelfo Mugnos
,Teatro Genologico Delle Famiglie Nobili Di Sicillia,
Palermo: per P. Coppola 1647/1670 (ad vocem).
(5)
-
Auctore Michaele Riccio, De regibus Hispaniae,
Hierusalem, Galliae, vtriusque Siciliae, & Vngariae,
historia - Auctoris vita a Carolo De Lellis, Neapoli: ex
regia typographia Egidij Longhi, 1645 - Prefazione
(15) - Rammentiamo che i Riccio erano
doppiamente imparentatati con i Sanchez con il
matrimonio del 22 gennaio 1702 tra Don Giovanni,
Marchese di Gagliati e Patrizio Napoletano e Donna Anna
Riccio dei Patrizi Napoletano di Nido (si veda A.
Dell'Aversana - F. Brancaccio, I Sanchez de Luna
d'Aragona, feudatari di S. Arpino, S. Arpino 1993).
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