Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia Galluccio |
Arma: d’argento, al
gallo fermo di rosso, accompagnato nel cantone sinistro da una
torta d'azzurro caricata da una stella d'oro(1).
Titoli: patrizi napoletani, nobili di Crotone, baroni di
Tora,
Galluccio, Marzano, Sant’Angelo,
Fornelli,
de l’Hospital,
marchesi di Chanteaneuf.
Dimore: Napoli, Tora, Santa Severina e Crotone.
Motto: Sine fine. |
© Stemma Famiglia Galluccio |
La famiglia Galluccio (o Gallucci
o Galluzzi), di origine longobarda, costruì
in
Terra di Lavoro
un
castello chiamato Galluccio e, in breve tempo, con la forza
delle armi come si evince da antiche medaglie (o, più
probabilmente, monete) con le insegne del casato e della testa
di un guerriero con elmo, acquisì le signorie di Sessa, Carinola
e Teano.
Sin dai tempi antichi il casato godeva di nobiltà in Napoli ed
era ascritta al Patriziato del
seggio di Nido, dal 1800
fu iscritta nel Libro d'Oro Napoletano.
Nel 1139 Goffredo Galluccio, cavaliere napoletano, accolse e
protesse nelle mura del suo castello di Galluccio re Ruggiero di
Sicilia,
inseguito dall’esercito di Papa Innocenzo II.
Nel 1281 Pietro e Riccardo furono insigniti da
Carlo I d'Angiò
del titolo di barone di Galluccio, nel 1283 lo stesso Pietro fu nominato vicerè di Terra del
Lavoro.
Nel 1326 Pietro Galluccio
fu tra i Baroni che seguirono
Carlo, duca di Calabria, nella guerra in Toscana in aiuto dei
Fiorentini, insieme a Ligorio Guindazzo, Ludovico
di Tocco,
Matteo Seripando, Landolfo Maramaldo, Pietro
Moccia, Filippo
Crispano,
Bartolomeo
loffredo,
Andrea e Landolfo Ajossa, Pierino
Tomacello,
Giovanno Marino, Bartolomeo
Bonifacio,
Rinaldo Pandone, Ruggiero
Pagano,
Tommaso
Dentice,
Pietro dell’Amendolea, ed altri.
Antono II Galluccio fu vescovo di Cales dal 1413 al 1415.
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Il feudo di Galluccio nel 1408 pervenne alla famiglia
Mariconda, 1504 passò al viceré di Napoli,
Consalvo di Cordova che lo vendette nel 1543 alla contessa
Dorotea
Spinelli; nel 1638 passò a
Luigi
Carafa.
I titoli di
marchese di Chanteaneuf e
barone de l’Hospital passarono in
casa
Vargas Machuca.
Goffredo Galluccio, figlio di Luise e Caterina
Caracciolo, Signore di Tora e
patrizio del Seggio di Nido
a Napoli, sposò
Francesca Dentice delle Stelle, figlia di Giovanni, patrizio
napoletano, ed Isabella
Pandone; morì a
Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, il 3 settembre
1476, il suo sarcofago fu ospitato nella Cappella di Patronato
dei
Caracciolo di S. Agata,
avi materni dello stesso Goffredo, nella Cattedrale di Teano.
Teano, sepolcro di
Goffredo Galluccio (
† 1476),
"dominus et miles", in un sarcofago romano di età
imperiale |
Don
Berardino Galluccio,
figlio dei predetti coniugi, barone di Tora, marito di donna
Luigia d’Alagno, la quale era
figlia di don Ugo d’Alagno, gran cancelliere del Regno di
Napoli, conte di Borrello e Gioia e signore di Somma e di Rocca
Rainola, nonché nipote di donna Lucrezia d’Alagno, amante del
re Alfonso I d’Aragona, si trasferì
in
Calabria nella seconda metà del secolo XV, con il figlio
Ercole, patrizio di Napoli del seggio di Nido. |
Il borgo medioevale di Tora (CE) |
Detto Ercole sposò donna Caterinella
Lucifero, patrizia di
Crotone, ed in seguito alla cosiddetta “seconda” congiura dei
Baroni, nella quale i d’Alagno, partigiani del re d’Aragona,
risultarono sconfitti, si trasferì nelle sue terre ove
possedeva le
baronie di
Galluccio, Marzano, Sant’Angelo e
Fornelli.
In
Soreto nel 1495 fondò la Cappella di S. Antonio di Padova detta
del Beato. Ma la sua sorte era quella di errare per il mondo e
nel 1505 dovette lasciare in Soreto moglie e figli e rifugiarsi
in Francia con
Re Federico, le
cui fortune volle condividere.
La famiglia
fiorì quindi nell'Arenese, dando origine anche ai Galluccio
Protopapa e Taccone Galluccio, fino ad estinguersi nella
famiglia
Cucco Marino.
Il feudo di
Torre Annunziata passò da
Nicola
II d'Alagno, per mancanza di eredi, alla sorella Luisa
e dal di lei figlio Goffredo
Galluccio.
Nel
1575 il barone Orazio Galluccio vendette a Giovanni Girolamo
Scaglione il
Castello di Caspoli, in
Terra di Lavoro.
Nel 1638
Francesco Galluccio fu uno dei fondatori,
insieme ad altri 37 cavalieri Napoletani, tra cui Tommaso
Filangieri, Scipione
Filomarino,
Carlo
Dentice delle Stelle,
Placido Dentice del Pesce
e altri, del MONTE GRANDE DE’ MARITAGGI di Napoli,
istituzione benefica con lo scopo di assicurare una
cospicua dote alle fanciulle aristocratiche che si sposavano(2).
Nel 1695
Anna Galluccio sposò a Napoli Giulio
Capece Galeota (n. Napoli,
1662), patrizio napoletano. |
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© Napoli -
Sepolcro fatto erigere nel 1527 da Isabella Galluccio per se e
per il figlio Alfonso Belmonte |
Vincenzo Galluccio, duca di Tora,
Cavaliere della Chiave d’Oro, fu iscritto sin dal 1753 quale
confratello dell’Augustissima
Compagnia della Disciplina della Santa Croce.
Vittoria
Galluccio (†
1824), figlia di Vincenzo duca di Tora e di Maria Rosa dei conti
de
Guevara, sposò nel 1773
Vincenzo
Caracciolo
(1733
†
1806), 2° principe di Pettoranello e 1° marchese di Sant’Agapito.
Sant'Agapito (Isernia), stemma
partito Caracciolo di Pettoranello e Galluccio |
Nel
1791 Teresa Galluccio, figlia di Vincenzo
duca di Tora, sposò
Antonio
Capece Minutolo (Napoli,
6.3.1768 †
Pesaro,
4.31838), principe di Canosa.
Fabrizio
Galluccio
della città di Lucera, acquistò nel 1600 da Giovanni Angelo
Pisanelli la terra di Apice con il feudo di Tignano, situati in
Principato citra, per ducati 56.000. Detto Fabrizio fu insignito
del titolo di
marchese di Apice nel 1607; sposò
Faustina
Lombardo, figlia di Ascanio, 2° barone di Apricena e
del Sequestro.
Sofia Galluccio de l’Hopital dei duchi di Vitri
sposò Gaetano
Ravaschieri (1792
† 1845), conte di Lavagna. |
Casoria, Pulpito con in alto lo
stemma della famiglia Galluccio |
Casoria,Lastra tombale del canonico Lorenzo Galluccio |
I Baroni Gallucci o Galluccio di Crotone |
a cura del Nobile Don
Francesco Giungata |
I Galluccio da Santa
Severina si trasferirono nel 1600 a Crotone, a pochi
chilometri di distanza, dove furono ascritti al Sedile
delle famiglie nobili di San Dionigi sotto Re
Carlo di Borbone. Divennero importantissimi
imprenditori della città esportando attraverso il porto
ogni tipo di risorsa alimentare compresa la liquirizia,
ma la loro ricchezza fu dovuta soprattutto al commercio
di grano che ammassavano anche nei grandi magazzini del
maestoso palazzo di loro proprietà, nel 1735 era abitato
da
Francesco Galluccio, nobile di Crotone e
da sua moglie Teresa della antichissima e potentissima
famiglia dei
Suriano
di Calabria,
e ancora nel 1753, con un altro Galluccio,
Nicola,
che prese in sposa la Crotonese Rosa Castiglia, che
ereditò dal padre Michele un immenso feudo, ereditato
nel 1776 dal loro figlio
Francesco
Galluccio con vaste estensioni nei territori di Scandale,
Rocca di Neto, Cotronei, Castelsilano, Casabona, Crotone
e Taverna, paese nativo del grande pittore Caravagesco
del '600 e
Cavaliere di Grazia Gerosolimitano Mattia Preti
(3).
Sull' attuale via Risorgimento, che da piazza
Duomo snodandosi per circa un chilometro ci porta a
Piazza Castello, che lo scrittore Leonida Repaci(4) ha voluto battezzare come
Via Dei Baroni per i numerosi palazzi nobiliari che vi
si ergono, tra le Rettorie dell’Immacolata Concezione e
quella di San Giuseppe, vi è situato Palazzo Galluccio
con di fronte, oltre la suddetta strada, un grande
giardino pensile che si erge sulle antiche mura della
città fatte costruire dal Vicerè di Spagna don
Pedro da Toledo chiuso da un cancello in
ferro battuto sormontato dallo stemma dei Galluccio
inquartato con gli stemmi delle famiglie imparentate. |
Crotone, via Risorgimento, cancello che introduce
alle proprietà dei Galluccio |
Crotone, via Risorgimento, stemma della famiglia
Galluccio inquartato con le famiglie imparentate |
L’esistenza del palazzo è
certamente attestata da un manoscritto notarile del 1700
che continua con l’attestarne anche la presenza di un
certo
Giovanni Galluzzo di Santa Severina,
trasferitosi a Crotone già nella metà del 600 prendendo
dimora in alcune casette di solo pianterreno confinanti
strada con l’antico Monastero delle Clarisse di Santa
Chiara D’Assisi (via Giano Pelusio) e vico Gallucci,
preesistenti l’attuale dimora di tre piani fuori terra
così come edificato nel 1809 in stile architettonico
neoclassico ricalcante l’architettura romana con portale
ad arco a tutto sesto sormontato da una loggia
balaustrata sorretta da quattro colonne con capitello
dorico che fa risultare il palazzo elegante, maestoso e
massiccio.
La famiglia Galluccio avendo partecipato alla
costruzione della vicina Chiesa di San Giuseppe e detta
dei Nobili per le varie Cappelle Gentilizie che vi si
trovano all’interno, ha diritto ad una delle cappelle,
esattamente la prima a sinistra entrando nella Chiesa e
recante lo stemma di famiglia, intitolata a
Sant’Antonio. |
Crotone, cappella Galluccio |
Cappella Galluccio, stemma |
Bisogna però tornare indietro di oltre
qualche decennio ricordando che se a Crotone i Galluccio
appaiono esattamente nel 1699, a Santa Severina sono
già presenti all’inizio del Cinquecento provenienti
dalla città di Napoli per avere ricevuto in feudo dal
conte di Santa Severina
Andrea Carafa la gabella di Sant’Elia con un
immenso uliveto in una località detta Il Timpone degli
Giudei, esattamente quando si parla della cosiddetta
REINTEGRA del 1521(5).
Grazie poi ad alcuni documenti notarili attestanti il
commercio del grano, scopriamo come Giò: Galluzzo,
nella metà del '600 vive ed opera a Crotone vendendo
grano per conto del Duca di Santa Severina.
E’ interessante e simpatica la storia pervenutaci e
peraltro attestata da alcuni atti, di come: “andata
male una annata di grano esattamente quella del 1667-68,
Giò Galluccio ed il suo magazziniere finirono nelle
carceri vescovili e messo sotto sequestro il magazzino
per non avere voluto pagare la rata del grano e viene
accusato anche di contrabbando dall’allora Preside di
Calabria Ultra, l’Eccellentissimo Conte de Legarde, che
lo scarcera soltanto dopo avere subito in carcere
“Violenze” e dietro il pesante pagamento di centinaia di
ducati.”
Alla Morte di Giò: avvenuta nel 1686, i figli Prospero,
il chierico Domenico ed Antonio Gallucci
aumenteranno le proprietà e la loro posizione sociale
diventando ancor più ricchi e comprando dalla famiglia
Suriano importanti territori liberandosi al contempo di
altri poco fruttuosi in territorio di Santa Severina a
partire dal 1691 come appare in un atto del Notaio Vito
Antonio Ceraldi.
Per come riportato dalla Platea del Capitolo del 1691(6) Prospero morì a Crotone il 19 dicembre
dello stesso anno e dopo poco morì anche Domenico e
sempre sul finire del 600 morirono le sorelle
Anastasia sposa di Antonio Suriano e Beatrice
rimanendo superstite Antonio che, abitando gli immobili
lasciatigli dal padre, doveva al seminario il censo
annua di 16 carlini.
Antonio era solito affittare i grandi possedimenti
ereditati e prendere in fitto per poco denaro anche
vasti territori appartenenti al Monastero delle Clarisse
di Crotone grazie alla immorale complicità di prelati ed
amministratori corrotti, realizzando così grandi fortune
tanto da renderne evidente l’ascesa sociale anche dalla
trasformazione di quelle che erano un agglomerato di
casette di proprietà dei Gallucci, in un moderno palazzo
abitato alla fine del Seicento dall’unico suo erede, il
figlio Antonio che prese in sposa Antonia
Carriglio e dal quale matrimonio nacquero due figli
maschi e cinque femmine.
Ad entrambi i figli maschi, andò l’eredità del padre
Antonio che morì a Crotone il 27 Agosto del 1711 e le
cronache ci riportano che i funerali si dovettero
svolgere prestissimo a solo qualche ora dal decesso
vista la grave calura che colpì in quell’annata Crotone.
Il testamento però tenderà di più verso il figlio
Francesco messo sotto tutela di sua madre Antonia
Carriglio fino all’età di 25 anni, non solo, ma per
indicazioni testamentarie, il fratello di Francesco,
Giuseppe, che era Sacerdote residente a Napoli,
avrebbe dovuto lasciare la sua eredità a suo fratello
Francesco, se fosse deceduto prima di lui. Ed ancora,
per disposizioni paterne, 4 delle cinque figlie
Aloysia, Maria Angelica, Angela e
Maria Teresa, entrarono nel Monastero delle Clarisse
di Santa Chiara di Crotone dove fecero la Professione di
Voti Perpetui, ed Anastasia venne introdotta
nella Clausura del Monastero detto delle Cappuccine di
Cosenza nel 1721.
In questi anni e per almeno i prossimi 10, è data per
certa l’esistenza del Palazzo dei Galluccio anche grazie
ad un documento del 1720 del Vescovo di Crotone Anselmo
La Pena che riscosse dai Galluccio per il seminario
ancora il censo annuo di 16 carlini da incassarsi ogni
15 di Agosto gravante sul palazzo. |
Crotone - Palazzo
Famiglia Galluccio o Gallucci |
La famiglia Galluccio, ormai
famiglia crotonese a tutti gli effetti, dopo molti anni
di residenza a Crotone, nel 1735 viene ricevuta a far
parte del
sedile delle famiglie nobili di San Dionigi e nel
catasto della città del 1743 chiaramente si legge che: “Francesco
Gallucci nobile di anni 46, Teresa Suriano moglie di
anni 36, Antonio figlio clerico celibe di anni 23,
Nicola figlio clerico celibe di anni 20, Rafaele figlio
novizio nella compagnia di Gesù di anni 16, Prospero
figlio di anni 10, Gio. figlio di anni 8, Carlo figlio
di anni 6, Anna Maria figlia di anni 2, Catarina
Galluccio sorella di anni 47, Anna Galluccio sorella di
anni 30, Aloisia Galluccio sorella educanda nel
monastero di Santa Chiara di anni 24, Teresa Fiscardo
nutrice di anni 36, Vittoria Imperace serva di anni 20,
Francesco Gualtieri servitore di anni 38. Abita in casa
propria patrimoniale in parrocchia di Santa Margarita in
un basso del quale possiede un molino centimolo.
Possiede le terre di Fellà, Lampamaro, La Garrubba, S.
Ippolito, una Chiusa. Vacche n. 85, bovi aratori n. 50,
pecore n. 700, jancarelle n. 39, giovenchi n. 30, pecore
n. 300, cavallo di sella, 2 giumente per uso di massaria
o vacca rizzo”.
Il Francesco Galluccio di cui si parla all’inizio del
catasto appena suddetto, muore per certo nel 1746 e lo
si evince dal testamento pubblicato il 26 giugno 1746 da
parte del Notaio Tirioli, che assegna sei identiche
parti di eredità ai sei figli, una parte per figlio. Due
dei sei figli rinunciano alla loro parte a favore del
loro fratello
Nicola
che sposerà nel 1753 Rosa del Castillo (Castiglia)
avendo una figlia il 9 giugno 1755 di nome
Antonia Maria
Josepha……. E da questo momento in poi
per circa cinquanta anni si perdono un po’ le tracce
degli eredi dei baroni Gallucci che riappaiono grazie a
due bolle pontificie: la prima di Papa Pio VI
indirizzata al barone
Francesco
Gallucci e della moglie Maria Tavani per la concessione
di un oratorio privato nel loro palazzo datata 22 agosto
1794, e la seconda di Papa Gregorio XVI sempre per una
concessione di oratorio privato da palazzo indirizzata
ai fratelli
Francesco
e
Giovanni Gallucci recante data 29 luglio
1834. Dopodiché i Gallucci per il resto dell’Ottocento
acquisteranno tanti altri possedimenti diventando
proprietari di molti terreni ecclesiastici fino ad
arrivare agli anni cinquanta del secolo scorso dove
risulta che il barone
Francesco
Gallucci era proprietario di vasti possedimenti a
Casabona, Castelsilano, Cotronei, Crotone, Rocca di Neto,
Scandale e Taverna. |
Crotone - Palazzo famiglia Galluccio |
Crotone - Chiesa di San Giuseppe |
La casata
si estinse nei primi anni sessanta dello scorso secolo
con la morte di Francesco, non avendo avuto eredi,
l’immenso patrimonio catastale e monetario passò ai
nipoti della moglie: i fratelli
Lucifero, ai quali passò anche il bellissimo
palazzo di via Risorgimento.
Alla fine una curiosità sullo stemma dei Gallucci:
è molto curioso notare che nel seguente manoscritto
dell’importante crotonese Giovan Battista Di Nola Molise
del 1649, il galluccio rosso rappresentato nello scudo
abbia una delle due zampe alzata e la stella ad otto
punte a destra, come in nessun altra rappresentazione. |
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_________________
Note:
1)
- Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli -
Sezione Diplomatica.
2)
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Istituirono il Monte Grande de’ Maritaggi
38 nobili, essi furono: Tommaso (detto anche Giovan
Tommaso) Filangieri figlio di Luigi barone di San
Lorenzo e Filetto dei duchi di Laurino, Scipione
Filomarino Mastro di Campo, Carlo Dentice delle Stelle,
Pacido Dentice del Pesce, Carlo Cavaniglia marchese di
San Marco, Landolfo d'Aquino, Giovanni d'Aquino, Alfonso
del Doce duca di Cufriano, Giulio Caracciolo, Carlo
Andrea Caracciolo marchese di Torrecuso, Ettore
Caracciolo marchese di Barasciano, Giovan Francesco
Caracciolo, Giuseppe Caracciolo principe di Torella,
Marcantonio Carafa, Carlo della Leonessa principe di
Sepino, Donato Coppola duca di Cassano, Fabrizio de
Silva, Federico Pappacoda marchese di Pisciotta, Orazio
di Gennaro, Francesco Galluccio, Ottavio Guindazzo,
Giovan Battista Brancaccio di Cesare, Ferrante
Brancaccio di Rinaldo principe di Ruffano, Paolo
Marchese marchese di Camarota, Giovan Francesco di
Sangro principe di Sansevero, Scipione di Sangro duca di
Casacalenda, Giovan Battista di Sangro principe di
Viggiano, Goffredo Morra marchese di Monterocchetta e
Principe di Morra, Vincenzo Mora, Ottavio Monaco, il
Consigliere Tommaso de Franchis, Andrea de Franchis
marchese di Taviano, Francesco Maria di Somma, Carlo
Spinello principe di Tarsia, Giovan Battista Pisanello,
Antonio Castigliar marchese di Grumo, Orazio Suardo e
Vincenzo del Tufo.
(3) - Mattia Preti
(Taverna, 25 febbraio 1613, in provincia di Catanzaro +
La Valletta, 3 gennaio 1699) è stato un pittore
italiano, cittadino del Regno di Napoli. È detto anche
il Cavaliere Calabrese perché nato in Calabria e fatto
cavaliere da papa Urbano VIII durante la sua attività a
Roma. Attivo nella penisola italiana e a Malta in un
lunghissimo arco di tempo - la sua carriera durò oltre
sessant'anni - fu uno dei più importanti esponenti della
pittura napoletana. Nella città partenopea il Preti
contribuì a dare sviluppo alla scuola pittorica
napoletana. Tra il 1657 e il 1659 affrescò le porte
della città durante la peste; di queste opere rimane
oggi solo quella su porta San Gennaro. Inoltre sulla
volta di San Pietro a Majella dipinse la vita di San
Pietro Celestino e Santa Caterina d'Alessandria. Nel
1661 l'artista si trasferì a Malta, chiamato dal Gran
maestro dell'ordine di Malta Raphael Cotoner. Sull'isola
realizzò buona parte della decorazione della
Concattedrale di San Giovanni a La Valletta e la
Conversione di San Paolo, nella vecchia Cattedrale di
San Paolo a Medina per conto dei Cavalieri Ospitalieri.
(4)
- Leonida Rèpaci nacque a Palmi, in provincia di Reggio
Calabria, il 5 aprile del 1898. Dopo il terremoto del
1908, il fratello avvocato lo portò a Torino dove
completò gli studi superiori. Si iscrisse in seguito
alla facoltà di Giurisprudenza; durante la Prima guerra
mondiale, venne arruolato e inviato al fronte dove
ottenne, con una medaglia d'argento, anche il congedo
illimitato dopo il ferimento a Malga Pez. Tornato
a Palmi scrisse il poemetto La Raffica ispirato alla
morte di Anita, Nèoro e Mariano tre dei suoi nove
fratelli, morti a causa dell'epidemia di spagnola.
Nel 1919 ritornò a Torino e incominciò a frequentare
ambienti e personaggi politici di sinistra. Durante
l'occupazione delle fabbriche, Antonio Gramsci , che
aveva recensito un suo libro ne l'Avanti torinese, lo
chiamò a collaborare a L'Ordine Nuovo, rivista fondata
dallo stesso Gramsci.
(5)
- Reintegra del 1521 del conte di Santa Severina Andrea
Carafa.
(6)
- Platea di un Capitolo: è il libro utile delle cose
notate e notabili di un Capitolo Cattedrale di una
Diocesi con a capo un Vescovo. E’ un soggetto autonomo
nelle decisioni che riguardano i suoi membri, e per
questo motivo solo chi ne fa parte può intervenire nelle
votazioni e nei dibattiti; da qui viene il modo di dire
"avere/non avere voce in capitolo".
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Fonti Bibliografiche:
- Sito web
http://cuccomarino.info/
- Reintegra del 1521 del conte di Santa Severina Andrea
Carafa
- Fondo Pignatelli Ferrara
- Cicogna E. A., Delle inscrizioni veneziane
- Il palazzo Gallucci, Andrea Pesavento, Archivio
Storico di Crotone
- Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea
- Associazione Erchemperto-Teano
- Alfonso Frangipane, 1929
- Mattia Preti - Il cavalier calabrese, Casa editrice
Alpes, 1929
- Leonida Repaci, Racconti della mia Calabria, Torino,
Buratti 1931
- Archivio Storico di Crotone
- Archivio Storico dell’Arcidiocesi di Crotone-Santa
Severina
- Archivio Storico di Santa Severina
- Archivio Storico del Museo di Santa Severina
- Archivio Nobile Don Francesco Giungata |
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