Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Ordine dell'Eremellino
a cura di Mario Manzo

L’Ordine dell’Ermellino fu fondato dal Re di Napoli Ferdinando I d’Aragona il 29 settembre 1465, così come si apprende dalla data posta alla fine dei capitoli costitutivi siglati in Castel Nuovo. Il giorno di fondazione non fu casuale, giacché l’Ordine era dedicato a San Michele Arcangelo e, difatti, in tale giorno dell’anno dovevano svolgersi le solenni cerimonie, precedute alla vigilia dalla confessione e comunione dei Cavalieri, così come pure l’otto maggio che ricorda l’Apparizione del Santo sul Gargano, avveniva una cerimonia.


Napoli - Museo di Capodimonte - Ferrante I d'Aragona con il collare dell'Ordine dell'Ermellino

L’Arcangelo veniva inoltre impetrato durante la messa per l’ascrizione dei nuovi Cavalieri; ma la propria devozione Re Ferrante l’aveva manifestata già durante la presa della città di Monte Sant'Angelo, meta da sempre di pellegrinaggio al noto Santuario. Di  quale fu il motivo per cui Ferdinando decise di istituire l’Ordine dell’Ermellino, anticamente, vi sono soltanto congetture, di queste le più accreditate sono:
- a suggello di un atto di clemenza - se mai vi fu -  nei confronti di Marino Marzano
(1), che si era spinto sino al tentativo di commettere il regicidio, nei fatti noti come l’abboccamento della Torricella(2);
-
a testimonianza del generoso perdono, attraverso un’amnistia generale, nei confronti dei baroni ribelli durante quella che viene considerata la prima congiura dei baroni;


Napoli - Castel Nuovo - rappresentazione dell'abboccamento della Torricella

- a sublimazione delle virtù della nuora, Ippolita Sforza (in ogni caso alla famiglia Sforza è legata un’altra ipotesi, v. nota 3).

Tuttavia, se pure appaiono affascinanti queste ipotesi, che vengono suffragate ad esempio, nel vedere il bianco dell’ermellino nella purezza di Ippolita oppure nel motto dell’Ordine: Malo mori quam foedari, il pensiero che ha indotto il Re a perdonare, per non imbrattarsi, ciò che è certo è che nei capitoli a cagione di questa istituzione nulla viene richiamato di tutto questo.

Obblighi principali dei Cavalieri erano la difesa della fede e della Chiesa di Roma, nonché il serbare inviolabile devozione al Re. La Chiesa destinata alle funzioni ed alle adunanze dei cavalieri dell’ordine si ipotizza essere stata quella di S. Michele in Castel dell’Ovo o quella di Monteoliveto. L’Ordine fu posto sotto la regola di San Basilio. Ufficiali dell’Ordine erano il Superiore, carica ricoperta dallo stesso Re, l’Araldo o re d’armi, il Segretario. Dal collare portato dai cavalieri pendeva il simbolo dell’ordine rappresentato da un ermellino. La dignità magistrale, unita alla Corona di Napoli, passò agli Austriaci, in seguito però l’ordine fu tralasciato e si estinse. Il numero dei Cavalieri fu fissato in 27, tra di essi, tutti fedelissimi al Sovrano, vi furono tra i più cospicui baroni del Regno, condottieri e capitani di ventura del tempo, che furono beneficati ad esempio tramite l’attribuzione di uno o più feudi, la creazione di titoli, il ricoprire importanti Uffici. Non mancarono importanti Signori di Stati alleati.

Furono insigniti:

Andrea Matteo Acquaviva, a seguito della liberazione di Otranto nel maggio 1481, egli era stato creato Marchese di Bitonto nel 1464;

Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona, padre del precedente, Duca di Atri. Nel 1478 comandò la flotta a sostegno dell'esercito napoletano di Ferdinando d'Aragona unito alla coalizione del papa Sisto IV contro Firenze. Con privilegio del 30 aprile 1479, poté aggiungere d’ Aragona al cognome ed inquartare le insegne aragonesi nel blasone;

Luigi d’Aquino, Signore di Castiglione;
Troilo Arditi, valoroso milite;

Alfonso II d’Avalos, Marchese di Pescara;

Iñigo I d’Avalos, Conte di Monteodorisio e Camerario, padre del precedente;

Domizio Caracciolo, Signore di Ruodi e Governatore di Calabria;

Galeazzo Caracciolo, Signore di Vico, Generale del mare, per aver partecipato alla liberazione di Otranto dai Turchi Ottomani;

Giacomo Caracciolo, Conte di Burgenza e Gran Cancelliere del Re;

Marino Caracciolo Pisquizi, Conte di Sant’ Angelo;

Troiano Caracciolo del Sole, Duca di Melfi;

Francesco II del Balzo, Duca di Andria;

Andrea di Capua, Duca di Termoli;

Matteo di Capua, Conte di Palena;

Alberico Carafa, Conte di Marigliano;

Antonio Carafa, Signore di Mondragone;

Galeotto Carafa, Signore di Tiriolo;

Giacomo Carafa, Signore di Castelvetere, fu comandante delle truppe napoletane contro i baroni ribelli nel 1486;

Diomede Carafa della Stadera, Conte di Maddaloni;

Onorato Gaetani dell’Aquila d’Aragona, Conte di Fondi;

Alfonso Guevara, Conte di Archi;

Ferdinando Guevara, Conte di Belcastro;

Guevara de Guevara, Signore di Arpaia;

Pietro Guevara, Conte di Ariano e Marchese del Vasto e Gran Siniscalco del Regno;

Everso Orsini, Signore di Anguillara;
Giovanni Giordano Orsini, figlio di Virginio;

Orso Orsini, Conte di Nola;

Roberto Orsini, Conte di Tagliacozzo e di Albe;

Virginio Gentile Orsini, successivamente Conte di Tagliacozzo e di Albe;

Scipione Pandone, Conte di Venafro;

Antonio Piccolomini, Duca di Amalfi;

Roberto Sanseverino, Principe di Salerno;

Carlo I Duca di Borgogna detto il Temerario;

Antonio della Rovere, Duca di Sora;

Ercole d’Este, Duca di Ferrara;

Federico da Montefeltro, Duca di Urbino;

Alfonso, Duca di Calabria, figlio di Ferdinando I, successivamente dal gennaio 1494 al gennaio 1495 fu Re di Napoli con il nome di Alfonso II d'Aragona;

Ferdinando, detto Ferrandino, Principe di Capua, figlio di Alfonso II e Ippolita Maria Sforza, divenne Re di Napoli dal 1495 al 1496;

Alessandro Sforza, Signore di Pesaro;

Galeazzo Maria Sforza, Signore di Milano;

Ludovico Sforza, Duca di Bari. Furono incaricati della consegna delle insegne dell'ordine, per le trattative svolte nel corso della rivolta dei baroni, Simonetto Belprat,  ambasciatore napoletano a Milano e Filippo Gallarati (3)


Cracovia - "La dama con l'ermellino"

Monsignor di Clarius(4).

______________________________
Note:
1) -
Marino Marzano, Duca di Sessa, Principe di Rossano, Duca di Squillace, Conte di Montalto, Conte di Alife, Grande Ammiraglio, aveva sposato nel 1442 Eleonora, figlia del Re di Napoli Alfonso d'Aragona detto il Magnanimo.
2) -
L’episodio avvenne nell’ambito di quella ribellione da parte di alcuni potenti baroni del Regno, che si svolse tra il 1459 ed il 1462, anticipando, quindi, la famosa congiura (1485-1486). I fatti salienti furono questi: Marino Marzano ingannò il catalano Gregorio Coreglia, che era stato precettore di Ferdinando, confidandogli di volersi riappacificare con il Sovrano e chiederne la grazia. Riportato tale messaggio al Re fu deciso che i due dovessero incontrarsi in una chiesetta sita nel luogo detto Torricella nei pressi di Teano il 29 maggio 1460 e fu posta quale condizione che ognuno potesse portare due compagni. Pertanto l’Aragonese recò con se lo stesso Coreglia e Giovanni Ventimiglia, Conte di Montesarchio, il quale, con un passato di uomo d’armi, in là con gli anni, era tra i consiglieri di Ferrante; mentre il Duca di Sessa fu accompagnato da due condottieri del tempo: Deifobo dell’Anguillara, il quale a capo di un esercito aveva in precedenza costretto le truppe di Ferdinando a ritirarsi da Venafro a Calvi e Giacomo da Montagano, noto alle cronache come uomo pericolosissimo e di mano pronta, che era calato in Terra di Lavoro la Vigilia di Natale per unirsi all’esercito di Giovanni d’Angiò. All’incontro fallito il tentativo da parte del Principe di Rossano di condurre Ferdinando in luogo più riparato, adducendo quale scusa di non farsi scorgere dai francesi accampati sulla Rocca di Teano, i due cominciarono a parlare e mentre nacque un alterco, Deifobo affermando di volersi riconciliare anch’egli con il Sovrano gli mosse incontro, ma Ferdinando scorto il pugnale che nascondeva nella mano, estrasse la spada affrontando i due, mentre il Montagano teneva a bada il Conte ed il Coreglia. Il Re ebbe la meglio e prima che giungessero le proprie truppe riuscì a ferirli e metterli alla fuga. Nella concitazione il pugnale che era caduto dalla mano dell’Anguillara fu raccolto da un soldato di Ferrante e si scoprì che era avvelenato, poiché avendo sfiorato un cane, questi cadde all’istante morto. Questo avvenimento è rappresentato anche nel primo, in alto a sinistra, dei sei bassorilievi impressi sulla porta di bronzo dopo l’Arco di Trionfo in Castel Nuovo.
3) -
È stato più volte ipotizzato che la famosa opera di Leonardo "La dama con l’ermellino" sia nata da questo avvenimento. La dama ivi rappresentata è ritenuta essere l'amante di Ludovico il Moro, la nobildonna Cecilia Gallerani.
4) - Fu l’Ambasciatore Paolo Venato a consegnare in Francia i simboli dell’ordine, egli era un esponente di una delle sei famiglie Acquarie del Seggio di Porto.
 

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