Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Salerni o Salerno

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma:  incollata nell’aquila coronata di (…), al cantone destro una mano palmata e recisa con il polsino di (…) in palo, accompagnata da una stella di cinque raggi di (…); al cantone sinistro un’aquila al volo abbassato di (…); alla punta una torre di (…) aperta e finestrata di (…) sorretta a sinistra da un leone di (…) sulla campagna di (…).Timbro: Corona gemmata di 6 fioroni bottonati di cui tre visibili.

Titoli: baroni, marchesi.

Dimore: Rovito, Cosenza, Rose, Chianchetella e Foggia.


© Stemma famiglia Salerni di Rose

La famiglia Salerni o Salerno giunse a Cosenza dal casale Presilano di Flavetto, frazione di Rovito, il primo che troviamo a Cosenza, del quale si ha ampia documentazione, fu Nicola o Niccolò Salerni (n. Cosenza, 1490 c.a) poeta latino, fu allievo di Aulo Giano Parrasio (1470 1521) nome latinizzato di Giovan Paolo Parisio, col quale fondarono l'Accademia Parrasiana, poi Cosentina, tra gli altri allievi ricordiamo Antonio Telesio (1482 1534) e Bernardino Martirano.
Alla morte di Parrasio decise di fondare una scuola di latino a Rovito, l'allievo più brillante fu Giano Teseo Casopero che divenne poeta latino. Negli anni trenta del Cinquecento è a Napoli come frequentatore del circolo dei letterati calabresi presso la villa dei fratelli Bernardino e Coriolano Martirano, frequentata tra gli altri da: Bernardino Telesio, Luigi Lilio, Niccolò Franco ed il suo allievo Casopero.
L'opera più importante sono le "Sylgulae", stampata a Napoli nel 1536; è importante dal punto di vista storico in quanto è costituita da una serie di carmi, odi e poemetti dedicati a personaggi dell'epoca: dal conte di Aiello, Gaspare Siscari, a Bernardino Sanseverino, 3° principe di Bisignano, in occasione della sua morte. Dopo la data di pubblicazione dell'opera, non si hanno altre notizie di Nicola
(1).

Calabria Nostra, periodico diretto da Gustavo Valente, in questo numero è riportato un poema
di Niccolò sulla Sila, tradotto da Mario de Simone

Orazio Salerno, acquistò da Marco Bernaudo, per 34.500 ducati, il feudo di Rose con i fratelli Fabrizio e Biase, con Regio Assenso dell'8 luglio 1615. Sposò la spagnola Giovanna Sciaraffa con la quale ebbe per figli: Giovanni, fu dottore e procuratore fiscale della Regia Udienza, sposò donna di casa Mauri, rimasto vedovo e senza figli si risposò con donna napoletana di casa Carmignano con la quale ebbe, tra gli altri, Fabrizio juniore, che sposò Iannella Rocca ed ebbero per figli: Francesco Maria, Pietro, Giuseppe e Domenico che sposò Cecilia Contestabile  Ciaccio.
Primogenito dei citati Orazio e Giovanna fu Giovan Giacomo ( 1705) il quale ereditò il feudo; col privilegio di Filippo IV del 16 luglio 1662 divenne marchese di Rose; uno dei motivi che gli ottenne tale titolo fu la sua fedeltà alla corona in occasione della rivola di Masaniello prendendo parte in prima persona alla repressione nel suo feudo rimanendo ferito.
Orazio, 2° marchese di Rose, come erede di suo padre Giovan Giacomo, morì improle.
Giacinto, 3° marchese di Rose, come erede di suo fratello Orazio, sposò Giuseppa Pardo.
Giovanni (1700 Chianchetella, 1767) figlio di Giacinto, 4° marchese di Rose; ad istanza del creditore Filippo Cavalcante duca di Rota (oggi comune di Rota Greca in provincia di Cosenza) il Sacro Regio Consiglio decise l'esproprio del feudo, fu acquistato all'asta, nel 1729, dal principe di Sant'Agata e Luzzi Tommaso Firrao, intestato il 24 luglio del 1730, con seconde e terze cause, portulania e zecca, per la somma di ducati 143.000, con Regio Assenso dell'8 ottobre 1729, esecutoriato il 10 dicembre e registrato nei Quintern. 244 f. 274 (A.S.N.., Arch. Sanseverino 2^ num.40; Cedolario 75, f. 433; e Cedolario 76, f. 7) (2).


© Rose (CS), in alto il palazzo baronale

Rose (CS), Palazzo baronale

I Salerno possedevano nella  Sila Grande la difesa omonima con il suo Casino Nobile (oggi, ai margini della difesa, sorge una contrada rurale denominata Salerni ricadente nel comune di Celico). Con le difficoltà economiche venutasi a creare, che portò all'esproprio del feudo di Rose, anche la difesa fu messa all'asta, ad aggiudicarsela fu il citato principe Tommaso Firrao.


Sila Grande, Contrada Salerni


Sila Grande, Difesa Salerni

Successivamente la difesa venne acquistata dagli Arnedos per poi passare alla famiglia Berlingieri.
Domenico e Cecilia Contestabile Ciaccio ebbero come figli:
Francesco Maria, Commissario di Campagna; Fabrizio Antonio (1679 1654), vescovo di Molfetta dal 17 settembre 1714 al 14 aprile 1754; e Giovanni Battista (Cosenza, 1671 Roma, 1729), gesuita, fu creato cardinale nel 1719 da papa Clemente XI.


Giovanni Battista Salerni (1671 1729)

Al cardinale fu dedicata l'opera “Imprese delle più cospicue Famiglie del Regno di Napoli ed altri confinentino -ristretto- dal R.P. Lettore Gaetano Maria Genovese carmelitano consacrata all'E.mo Cardinale Salerni nobile cosentino”, 1719. Di seguito si possono ammirare il frontespizio e lo stemma del cardinale Salerni.

Il citato Giovanni (1700 1767), marchese di Rose, nel 1743, acquistò  da Giovan Filippo Ripa, per ducati 29.834, il feudo di Chianchetella, villaggio in Principato Ultra in diocesi di Benevento, il feudo di Balba ed una parte del feudo di Altavilla, con Regio Assenso del re Carlo di Borbone del 10 giugno dello stesso anno; fu il primo a giungere nella vicina città di Foggia, probabilmente allettato dai traffici della Dogana, questo si desume dal fatto che i Salerni nell'Ottocento figurano tra i grandi censuari delle terre del Tavoliere; aveva sposato Giovanna Capobianco ed ebbero per figli: Francesco Paolo, Saverio ed il primogenito Giacinto che ereditò i feudi del padre con sentenza della Gran Corte della Vicaria del 20-IX-1768, morì improle dopo quattro mesi, il 22-I-1769, suo erede fu il fratello secondogenito Saverio (3), di spirito liberale partecipò alla rivoluzione del 1799 con suo figlio Orazio (Foggia, 1777 ivi, 1865), fu arrestato e detenuto nel carcere della Dogana per un anno, quando chiese la liberazione per le sue condizioni di salute appellandosi al Presidente della Dogana Vincenzo Sanseverino, il quale, dopo una relazione del medico fiscale decise per gli arresti domiciliari nel palazzo del barone Francesco Paolo Zezza, la cui sorella era promessa sposa di suo figlio Orazio, Zezza era il garante e nello stesso tempo investito della sorveglianza, nel 1801 beneficiò dell'indulto, ma, poco dopo morì.

Orazio, come il padre Saverio, combattè per i valori Repubblicani, fu capo di una compagnia di Ussari formata da volontari foggiani, all'epoca aveva 22 anni, prese parte, al comando della Guardia Nazionale di Foggia, all'assedio di Andria da parte del generale Broussais e da Ettore Carafa.

L'Armata del Sud
Soldato a cavallo del Reggimento Ussari  della Guardia Reale
(da "L'armata del Sud di Gianni Custodero e Agostino Pedone)

Caduta la breve Repubblica, in quanto militare fu deferito alla Giunta Militare di Napoli, scontò due anni di duro carcere, nel 1801, anche lui beneficiò dell'indulto. Con l'avvento di Napoleone ritornò sulla scena politica e fu nominato Tenente della Legione di Capitanata. Fu uno degli esponenti che costituirono la società segreta in Foggia nel 1816 c.a, nel 1818 fu nominato da Guglielmo Pepe comandante della III^ Divisione territoriale che comprendeva le province di Capitanata e Principato Ultra.
Con i moti rivoluzionari del 1820 si rese protagonista entrando a Napoli con cinquemila militi, fu l'apice delle sue gesta eroiche, finita l'avventura fu condannato a morte, pena commutata in 25 anni di carcere, nel 1824 fu trasferito dal carcere di Castel dell'Elmo a quello di Lucera. Nel 1827, in attesa del giudizio d'appello beneficiò dell'amnistia concessa per la nascita dell'ultimo genito del re Francesco I e di Isabella di Spagna. Con i moti del 1848 ancora una volta lo videro protagonista con suo figlio. La moglie, Caterina Zezza, era morta nel 1840, gli rimase sempre accanto come del resto tutta la famiglia del barone Zezza nonostante le sue posizioni politiche, ebbero per figli: Giovanna; Saverio; Francesco Paolo e Giovanni Battista.


Napoli, Via Toledo, i moti rivoluzionari.

Il marchese Saverio, proseguì il disegno liberale di suo padre, fu protagonista nel 1860, anno cruciale per il cambio di regime, fu nominato sindaco di Foggia dall'Intendente Bagnoli (4), seppe gestire la transizione fino all'arrivo del nuovo Governatore garibaldino Del Giudice; l'anno successivo con le prime elezioni amministrative fu eletto sindaco. Fu venerabile della loggia massonica di Foggia ed influenzò la vita politica per lungo tempo. Morì nel 1892.

Enrico, figlio di Saverio ereditò il titolo di marchese di Rose, sposò Enrica Zucchi; fu l'ultimo esponente della famiglia in Foggia.

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Note:

(1)-
Eugenio Arnoni a pag.116 della sua opera " La Calabria Illustrata" Vol.III Cosenza, scrive "Nel fiore degli anni il Salerno morì di malattia cardiaca: aveva amato!".
(2) - Mario Pellicano Castagna "Documenti dei Firrao principi di Sant'Agata e Luzzi (1489-1830) pag. 503 in Deputazione di Storia Patria per la Calabria "Rivista Storica Calabrese" Anno IV- Numeri 3-4, lug.-dic.1983.

(3)
- Erasmo Ricca, “La Nobiltà delle Due Sicilie”, Vol. I., Napoli, 1839. Chianchetella oggi è frazione di Chianche in provincia di Avellino.

(4)- La figura dell'Intendente prese il posto del Preside per volere di re Giuseppe Buonaparte.
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Fonti bibliografiche:

- Cristina Di Mare in “Galleria dell'Accademia Cosentina” parte seconda; a cura di Sandra Plastina; pubblicato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche “Arichivio dei Filosofi del Rinascimento, Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee”, 2016.
- http://www.bibliotecaprovinciale.foggia.it/capitanata/1994/1994pdf/1994_02_143-161_Vitulli.pdf
- Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti" Tomo II; Pellegrini Editore, Cosenza 1999.
- Ruggiero di Castiglione, “La massoneria nelle due Sicilie e i “fratelli” meridionali nel 700” Le Province; Gangemi Editore.
- Fabrizio Castiglione Morelli "De Patricia Consentina Nobilitate Monimentorum Epitome”,  Venezia 1713, pag.61.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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