Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Modica de Mohac

   

Arma: d'azzurro al capo d'oro, caricato di un elmo di verde.
Altra: d'azzurro alla campagna mareggiata d'argento, sormontata da una stella d'oro.
Titoli: Conte di Modica, Conte palatino, Conte di Ariano, Barone di Sortino,
Barone di Favarotta, Rohamildar e Reddini, Barone di Consorto e Bugidiano, Barone di Grisi.
Feudatari di Casalbore.


© Stemma Famiglia Modica de Mohac

All’indomani della conquista della Sicilia, Ruggero II concesse benefici, baronie e signorie ai suoi cavalieri più valorosi, tra i quali si segnalò Gualtiero (I), facente parte della sua Corte a Monreale e Palermo. A lui attribuì varie terre nel Val di Mazara e poi, nel 1115, la Contea di Modica, denominata dopo la conquista araba «Mohac» (1), come ricompensa delle sue imprese quale condottiero navale nelle guerre di Epiro, di Grecia e di Egitto.

Gualtiero (I) de Mohac (de Modica) ed i suoi figli Gualtiero (II), Rainaldo, Aquino, Ansaldo e Goffredo (2) vissero sotto il regno di Guglielmo I (n. 1131) che durò dal 1154 al 1166, e durante il regno di Guglielmo II (n. 1153) dal 1166 al 1189.
Tutti i de Mohac facevano parte della cerchia dei «familiares» dei re normanni e quindi dimoravano alla corte del sovrano normanno che risiedeva tra Palermo e Monreale.
Aquino de Mohac, nel 1161, fu a capo di un esercito e nel 1164 venne inviato dal Re Guglielmo I alla Terra di Lavoro per combattere contro Andrea di Rupecanina
(3) (4).
Gualtiero (II) de Mohac fu nel 1171comandante delle truppe private del monarca
(5) e rivestì anche le cariche di Giustiziere del Val di Noto e di Regio Camerario (6).
Goffredo de Mohac, nel febbraio 1172, fu «secretarius» e dalla sua «baiulia» dipendeva lo «stratego» di Siracusa
(7). Nel settembre del 1172 lo stesso Goffredo fu «iusticiarius» in Val di Noto (8) (9).
Nel 1177 Re Guglielmo II mise Gualtiero (II) de Mohac a capo di una flotta di 25 galee, come ammiraglio («Admiratus regi stolii»), con l'incarico di prelevare la figlia del Re d'Inghilterra, Giovanna, sua promessa sposa, e condurla in Italia, a Sant'Egidio.
Per questo servigio Gualtieri (II) ebbe la nomina di governatore di Salerno. Fu anche testimone delle nozze (10) e successivamente Governatore della Camera Reginale (11).

Nel 1193 il figlio di Gualtiero (II) de Mohac, Arnaldo, combattè a favore di Tancredi d’Altavilla contro Enrico VI ed in conseguenza della vittoria di quest’ultimo fu spogliato della contea (12) che, dopo essere stata incamerata alla Regia Corte, passò ad altre famiglie.
A partire da questo momento alcuni cavalieri della famiglia, che aveva intanto acquisito il cognome «de Mohàc» si portarono nella parte continentale del Regno
(13) come accadde a Raimondo de Mohac al quale, nel 1194, Federico assegnò il feudo di Casalbore, vicino Avellino, in Principato Ultra; altri esponenti della famiglia, come il conte palatino Rainaldo de Mohac, possedettero terre a Monreale e Palermo ed in diverse altre aree della Sicilia, in particolare ad Agrigento, Ragusa, Messina e a Siracusa, dove fondarono altre linee.
Rainaldo Modica (di Moac), conte di Ariano e Conte palatino («comes potentis imperialis curiae»), figlio di Gualtiero (I) de Mohac, donò al Monastero della SS. Trinità (poi Hospitale Teutonicorum) di Palermo alcuni beni che possedeva nella parte occidentale del Regno e precisamente presso Palermo ed altri luoghi la cui ubicazione ricade in territorio monrealese e ciò «ad delictorum nostrorum, nostrorumque parentum, remissionem» e cioè come risarcimento per i delitti commessi da lui e dai suoi parenti in occasione della lotta per la successione al trono siciliano che vide contrapposti Tancredi d’Altavilla ed Enrico VI
(14).
Rainaldo oltre ad essere conte di Ariano
(15) e nel 1194 Conte palatino, fu Gran Giustiziere e nel 1195 Gran Contestabile di Sicilia (16).
Qui di seguito si riporta il contenuto del diploma del novembre 1194 in originale come conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo.

Qui, invece, la stesura pubblicata dal Mongitore (17):


Dopo la morte di Enrico VI, il figlio di Gualtiero (II), Arnaldo de Mohac, ottenne «dall'Imperatrice Costanza, tutrice di Federico suo figlio, la baronia di Sortino, con tutte le sue pertinenze e giurisdizioni nella quale gli successe suo figlio Pirro, o Perrello (ndr. Pietro) di Modica».
Il predetto Arnaldo ebbe tre figli: Pirro I (o Perrello o Pietro), Anselmo e Guidone (I)
(18).
Anselmo fu Governatore di Siracusa «nel reggimento del Re Giacomo» e Guidone (I) fu «barone assai principale che intervenne in un atto fatto del Re Giacomo nel 1285» (19).

Alla fine del 1270, Guido (I) (Guidone) de Mohac, barone di Favarotta, Rohamildar e Reddini, che si era ribellato nel suo castello a Carlo d'Angiò, venne perdonato e reimmesso nel godimento dei beni (20).
Pietro (I), figlio di Arnaldo de Mohac, aveva sposato Rosana de Sumana dalla quale ebbe come figli Pietro (II) (prima linea di discendenza), Federico (seconda linea di discendenza), Francesco (I), senza linee di discendenza, Giacomo (I) (terza linea di discendenza) e Rosana, andata sposa ad Andrea Rubeo.
Egli possedeva beni feudali nella Sicilia «ultra flumen Salsum» e fu protagonista dei Vespri siciliani (1282) a Siracusa. Morì in data anteriore al 1294.
L’unica linea a non estinguersi fu quella originata da Giacomo I.
Giacomo (I) Modica, figlio di Pietro (I) de Mohac, fu barone, nel 1335, di Consorto e Bugidiano. Giacomo fu padre di Raynero (I).
Raynero (I) fu padre di Pietro (V) e di Giacomo (II), che diedero vita a due rami.
Il predetto Pietro (V) (di Raineri (I), il 12 febbraio 1458 ed il 16 febbraio 1464 è investito dei feudi Consorto e Friddani.
Da lui nacque Agata che fu investita di detti feudi il 3 marzo 1477 ed il 21 ottobre 1479. Ella fu moglie dapprima di Lupo di San Martino e poi di Vassallo Gravina
(21).
Senza eredi maschi, le suddette baronie passarono dunque, per successione femminile, ad altre famiglie.
Giacomo (II) successe come donatario di Raineri (I), suo padre e chiese ed ottenne dal Vicerè Arcivescovo di Palermo Simone Beccadelli di Bologna il 9 luglio 1453 conferma e nuova investitura, con successione «more francorum» e con obbligo del servizio militare, della baronia di Bugidiano (22). Fu anche Giurato di Caltagirone nel 1440-41 e nel 1457-58 (23) (24) (25).
Il predetto Giacomo (II) (di Raineri (I)), barone di Bugidiano, dette al proprio primogenito il nome di Raineri (II)
(26); quest'ultimo si investì del feudo di Bugidiano il 14 febbraio 1466, a seguito della morte del padre.

Raineri (II) morì nel 1519 e così il figlio Giacomo (III) si potè investire del suddetto feudo, in Val di Noto, il 27 maggio 1519.
Da Giacomo III nacquero due figli: il primogenito Pietro (VI)
(27) che premorì al padre ed il secondogenito Francesco (III) (28) (29).
Giacomo III morì nel 1548. Si ha questa certezza perché in data 8 febbraio 1549 Guidone, figlio di Pietro VI (che era già morto), si investì della baronia di Bugidiano, ultima rimasta alla famiglia, alla morte del nonno Giacomo (III). La figlia primogenita di Guidone, Permuzia (o Perna), s'investì per la morte del padre, il 6 agosto 1561 e, grazie al suo matrimonio con Silvio Bonanno, l’ultimo feudo di casa Mohac, il feudo di Bugidiano, passò alla casa Bonanno (30).
La perdita dell’ultimo feudo nobile dovette indurre il secondo figlio di Giacomo III e cioè Francesco III a valorizzare i possedimenti terrieri di cui la famiglia disponeva in Val di Mazara e segnatamente nel vasto territorio di Monreale, dove fin dal XII secolo era titolare di beni (31).
Ed infatti nel «Libro dello stato della Chiesa di Monreale dell’anno 1600» che è lelenco dei suffeudatari dell’Arcivescovo di Monreale, si trovano segnati gli eredi e successori di Giacomo Modica, come titolari di una masseria con 2 aratati e 70 salme di terra (circa 240 ettari) nel feudo Orsino
(32) (33).
Francesco sposò nel 1531 a Monreale Violante Geraci
(34), appartenente a nobile famiglia, atteso che tra i priori della Compagnia dei Bianchi di Monreale del 1568 si ritrova un suo esponente (35).

La Compagnia, come si vedrà infra, era riservata soltanto a gentiluomini che, in analogia con quanto previsto per l’ammissione nella quasi coeva Compagnia palermitana (fondata nel 1541), dovevano far parte di casati di provata nobiltà (36).


Particolare delle sculture del Serpotta nella a Chiesa di S. Agata a Monreale della Compagnia dei Bianchi fin dal XVI secolo

I figli di Francesco e Violante Geraci, Pietro VII (nato nel 1532) ed Antonio (nato nel 1542) (37) nacquero entrambi a Monreale.


Don Francesco Modica (1558)

Al periodo monrealese della famiglia risale l’adozione del secondo stemma del casato.
Uno dei due stemmi adottati dagli esponenti della famiglia Modica coincide con quello della città di Monreale, dal quale si distingue soltanto perchè la parte bassa dello scudo
dei Modica (la «campagna») presenta una mareggiata, a ricordare la figura del capostipite Gualtiero (I) Modica, Ammiraglio normanno.
Monreale ha infatti il seguente blasone: «d’azzurro al capo con una stella gialla a otto punte».

Lo stemma della famiglia Modica, ramo monrealese, si blasona nel modo seguente: «d’azzurro, alla campagna mareggiata con onde d’argento, sormontata in capo da una stella d’oro» (38).

La presenza del casato «Modica» («de Mohac») nella città di Monreale, e cioè in quella che era la capitale dello Stato dell’Arcivescovado, è attestata nei libri degli atti di matrimonio istituiti al principio del 1500 e nei primi registri pubblici cittadini esistenti e cioè nella «Lista deli sommi atti» (del 1550 – 1553) nella quale sono anche indicati i «Miles a cavallo» della Città (39).
Un Joseph de Mohac, nel 1576, è priore della nobile Compagnia dei Bianchi di Monreale. Interessante appare la circostanza che la famiglia venisse ancora identificata indifferentemente con i cognomi de Mohac e Modica. Ed infatti un Vincenzo Modica è priore della stessa Compagnia nel 1568
40.
Nella «Memoria delli Governatori deli Bianchi di Monreale nell’anno 1631»
(41) si trova testualmente riportato che «li capitoli del detto Monte confermavano queli del Monte della Pietà della felice Città di Palermo». 


Priori della Compagnia dei Bianchi, Anno 1576. Archivio Storico Diocesano di Monreale - Joseph de Mohac
Fondo Governo Ordinario, Sezione 12, Serie 2 - 1, Busta 3

Tale documento dimostra come la Compagnia dei Bianchi di Monreale seguiva le stesse regole vigenti per la omologa e quasi coeva Compagnia dei Bianchi di Palermo, sorta nel 1541 (42), alla quale potevano accedere soltanto esponenti di famiglie nobili (43).

Come già più sopra ricordato, nel registro dei matrimoni del 1531 è attestato il matrimonio tra il precitato Francesco (III) Modica e Violante Geraci, dai quali nascono Pietro (VII) (nato nel 1532) e Antonio (nato il 19 gennaio 1543).
Il predetto magnifico don Pietro (VII) (di Francesco (III)), nato nel 1532, aveva sposato il 25 aprile 1554 «l’Onorabile donna Antonella»
(44), figlia del pretore della città Giovanni dei Gangi che rivestì tale carica nel 1500.


Santuario del S.S. Crocifisso di Monreale dove nel 1590 aveva diritto di sepoltura gentilizia la famiglia

Il fratello di Pietro (VII), Antonio, nato il 19/1/1543, sposò Violante Balsano il 4/3/1576 (45).
I due fratelli – Pietro (VII) ed Antonio – figli di Francesco (III), erano nipoti di Giacomo (III) Modica che agli inizi del 1500 fu titolare di una masseria con 2 aratati e 70 salme di terra (46) nel territorio monrealese (feudo Orsino) e che possedette il feudo di Bugidiano nel calatino.
Da Antonio e Violante nascono Francesco (IV) (16 dicembre 1578)
(47), Pietro (VIII), Giovanna e Filippo. Pietro (VIII) è ricordato nel 1645 come titolare di due masserie nel feudo Orsino dell’Arcivescovado di Monreale (48), una delle quali doveva essere quella originariamente posseduta dal bisnonno Giacomo III.
Francesco si sposa il 20 maggio 1601 con Caterina La Prena
(49) e dai due nascono Geronimo (1 marzo 1619) ed altri nove figli (50). Uno di loro - don Josepho (26 giugno 1614) - nel 1656 stipula un atto con la Casa Beccadelli della Sambuca per la concessione di una gabella (51).
Geronimo sposa il 15 aprile 1646 Eleonora Corsino (52). Da loro nascono otto figli (53). Tra questi Vincenzo (11 ottobre 1656) (54) sposa Grazia di Serio a Monreale il 24 dicembre 1679 (55).

Da Vincenzo e Grazia nascono sette figli (56). Don Marco (25 aprile 1683), Don Geronimo Modica (17 aprile 1680) il quale è indicato in atti del 1739 come «Magnificus» (57), nel 1750 è «Conestabile» (58) (59) (60) della città di Monreale, don Giuseppe (Giuseppe Pietro n. 8 gennaio 1691), nonchè Caterina Ursula, Ignazio, Michele Ignazio e Filippo.
Don Marco I (per l’esattezza Marco Nicolò, n. 25/4/1683) (61) sposò Geronima Termini a Monreale il 13 settembre 1712 (62) e da lei ebbe otto figli (63).
Don Vincenzo Giuseppe (nato il 13 dicembre 1727), figlio dei predetti don Marco e donna Geronima, ereditò anche le sostanze dello zio don Giuseppe (n. 1691).
Don Vincenzo Giuseppe è procuratore delegato (relatore mandatario) dall’Arcivescovo a stabilire i confini tra i feudi e tra i fondi dell’Arcivescovato
(64). Egli è anche segnato tra i benestanti secolari della città di Monreale nel 1777.


Don Giuseppe Modìca procuratore della Mensa Arcivescovile di Monreale - 1767

Don Giuseppe sposò donna Pietra Vaglica il 17 luglio 1771 (65). Dai due nacquero Marco e Nicolò.

Il dottore in legge Don Nicolò, nato il 16 novembre 1776, (figlio di don Vincenzo Giuseppe e fratello del dottore in legge don Marco), sposa il 15 aprile 1801 donna Rosa di Bella (66), figlia di Giovanbattista (67), barone di Grisì.


Atto di matrimonio del dottor don Nicolò Modica, figlio di don Giuseppe, con donna Rosa di Bella, figlia di don Giovan Battista (1801)

Il Dottor Don Nicolò Modica fu giudice criminale di Monreale negli anni 1804 e 1805 (68). Suo fratello, il dottor don Marco, fu giudice criminale di Monreale negli anni 1800 e 1801 (69). Il dottor don Nicolò Modica fu anche proconservatore della città nel 1805, 1806, 1807 e 1808 (70) (71).

Il figlio di Don Nicolò - Don Marco - dottore in legge anche lui ed Avvocato (72) ereditò dalla madre donna Rosa di Bella, per successione siciliana, la baronia di Grisì, trasmissibile «Jure langobardorum» (73) a tutti i maschi ed il feudo di Realcelsi, quest’ultimo consistente in una masseria con aggregate salme 41 e tumula 6 di terreno (74).
Il Dottor Don Marco, oltre ad essere ricordato nella lista degli eleggibili alla carica di decurione, è nel 1838 Patrocinatore presso la Gran Corte civile di Palermo.
Nella lista degli Eleggibili alla carica di Decurione a Monreale nel 1839 risultano iscritti, oltre al predetto Don Marco Modica, anche i fratelli di quest’ultimo e cioè il Dottor Don Giuseppe Modica e Don Giovan Battista Modica.
Nel 1859 la famiglia Modica è ancora presente con due suoi esponenti, Don Benedetto Modica e Don Pietro Modica fra i 42 Confratelli della nobile Compagnia della Pietà,
sotto titolo dei Bianchi, di Monreale alla quale la famiglia era stata ammessa fin dal 1568.
Don Salvatore Modica (n. 1863, m. 1925) era figlio di don Marco, nato a Monreale il 24 dicembre 1808 (battezzato 22 gennaio 1808) e morto nel 1889 e di donna Maria Ingegneros con la quale si é sposato a Palermo.


Atto di matrimonio di don Salvatore Modica, figlio di don Marco, con donna Angela Mirto, figlia di don Girolamo (1885)

Egli fu uno dei benefattori che parteciparono finanziariamente alla costruzione della Chiesa Santuario Maria Santissima del Rosario di Pompei, che si trova nel comprensorio dove appunto insistevano le antiche ville abitate dai nobili signori della zona ora denominata Cruillas.
La famiglia Modica
(75) ha posseduto fino al 1942 una villa seicentesca con cappella privata sita nel fondo Trabucco (Cruillas).

Don Salvatore sposa il 5 luglio 1885 a Monreale donna Angela, figlia di Don Girolamo Mirto (76) e di donna Giuseppa di Bella.
Da Salvatore ed Angela nasce Marco (n. a Palermo 4/6/1888 e m. 2/10/1948), laureato in Giurisprudenza, avvocato, diplomato in Archivistica. Egli fu professore universitario sia nella Facoltà di Legge che in quella di Lettere a Palermo e fu Cavaliere dell'ordine della Corona d'Italia. Insegnò all'Università Diritto Romano, Papirologia giuridica, Diplomatica e Paleografia, nonchè Storia moderna e Storia del Risorgimento. Fu anche membro della Società siciliana di Storia patria.

Marco sposa Donna Maria Landolfi da cui nasce Ugo. Maria Landolfi discende oltre che dalla nobile famiglia Landolfi di Solofra (censita fra le nobili famiglie del luogo fin dal 1300), sempre per parte di padre dal casato dei Conti Panzuti, mentre, per parte di madre, dalle illustri famiglie de Monaco, Buccino, Grimaldi di Seminara dei principi di Monaco e Rossi di San Secondo.
Ugo, nato il 6 settembre 1928 e morto il 6 gennaio 2002, é stato avvocato, revisore ufficiale dei conti, consulente aziendale, giornalista, imprenditore, Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Palermo (nominato da ultimo con decreto di Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo di Palermo del 31 ottobre 2000), direttore del quotidiano «Sicilia del popolo» dal febbraio 1955 al 31 dicembre 1958 e Presidente dell’Associazione regionale dei giornalisti. Presidente del Serra Club, fondatore del Lions Club di Palermo, membro del Rotary, amministratore delegato di varie società, vicedirettore generale dell’ESPI (Ente siciliano per la promozione industriale), cavaliere dell'Ordine del Santo Sepolcro, Preside del predetto Ordine di Palermo. Ha sposato il 2 luglio 1953 Maria Letizia Epifanio, nella Cappella palatina di Palazzo Reale.
Maria Letizia Epifanio é nata a Palermo il 27 agosto 1926 ed é morta il 10 luglio 2016. Laureatasi con lode in Lettere moderne presso l'Università di Palermo, Dama dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, era figlia del medico radiologo Professore universitario Giuseppe Epifanio, appartenente ad una nobile ed antica famiglia originaria di Benevento. Egli nacque il 15 agosto 1886 a Monreale città della quale fu anche primo cittadino nel 1943 e dove questo ramo della famiglia si era trasferito nel 1700
(77). Giuseppe Epifanio sposò Anna Cappelletto Manera, di Montebelluna (78). Scienziato e pioniere della Radiologia condusse in rapporto con Enrico Fermi esperimenti di fisica nucleare.

Da Ugo Modica (di Marco) e Maria Letizia Epifanio nascono cinque figli: Marco (n. 21/4/1954) (79), professore associato della Facoltà di Economia e Commercio di Palermo, nominato l’1 marzo 2002 Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto diocesano per il sostentamento del Clero di Palermo in sostituzione del padre Ugo, scomparso il 6 gennaio 2002 (incarico cessato nel 2019), Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto diocesano per il sostentamento del Clero di Monreale; Giuseppe (n. 4/10/1955) (80), dottore in Scienze politiche, dirigente, Carlo (n. 8/12/1958) (81), Avvocato dello Stato e poi Giudice presso il TAR Lazio e poi presso il Tar Sicilia e oggi Consigliere di Stato, Paolo (n. 5/6/1961) (82), Avvocato e Consigliere parlamentare e Andrea (n. 30/8/1965) (83), dottore commercialista.
Carlo Modica de Mohac è Cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme ed è stato ricevuto, quale Cavaliere jure sanguinis, nell’Ordine costantiniano di San Giorgio (ramo di Alfonso-spagnolo) nel quale ha ricoperto l’incarico di Responsabile del Segretariato della Reale Deputazione, mentre il fratello Paolo è stato ricevuto nell’Ordine costantiniano di San Giorgio, ramo di Ranieri (francese), quale Cavaliere di grazia. Gli attuali esponenti della famiglia sono identificati con il doppio cognome «Modica de Mohac».
La famiglia è iscritta sia nel Libro d’oro della Nobiltà italiana, sia nell’Annuario della Nobiltà italiana.

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Note:
(1) - Dall'anno 1096 il Gran Conte di Sicilia Ruggero governa direttamente la Città di Modica sino all'anno 1115. In quell'anno, egli, fa subentrare nel Governo della Città Gualtiero (I), che governa Modica unitamente a Scicli coprendo anche la carica di Giustiziere e Camerario.Va precisato che il titolo di Conte di Modica era stato concesso senza annessione di feudo. In questo senso tale concessione si palesò come una testimonianza di favore a carattere onorifico, piuttosto che come feudo. Il che spiega perchè gli esponenti della famiglia vissero a corte e non si recarono mai in quella città. Invero, com’è noto, la Contea di Modica, sorta nel 1115 solo nominalmente, divenne feudo, dotato di territorio e di «imperium» soltanto in epoca successiva, sotto la famiglia Mosca (1250 – 1282). Anche il Mortillaronelle sue «Opere»,vol. VIII, p. 189, riportato da cit. Revelli ritiene che non possa affermarsi con sicurezza che il detto titolo fosse annesso ad un feudo.
(2)Mugnos F., «Teatro Genologico», pag. 163, 164 attesta l'esistenza dei due figli Ansaldo e Gualtiero II. Revelli, «Il comune di Modica», 1904, ed. Atesa, pag. 65, attesta l’esistenza dei figli Aquino, Rainaldo e Goffredo. Non è dato sapere se in realtà Ansaldo (o Arnaldo) e Rainaldo siano la stessa persona.
(3) - Siragusa G.B., «La Sicilia e la prima Lega lombarda», Palermo, Pensante, 1873, p. 109 16.
(4) - Notizia riportata da Caravale Mario, «Il Regno normanno in Sicilia», Giuffrè editore, 1966, pag 256 nota 172.
(5) - Caravale M., «Il Regno normanno in Sicilia», Giuffre 1966, pagg. 202-203.
(6) - Il giustiziere era quel funzionario (magistrato) di nomina regia, che rappresentava l'autorità del sovrano a livello provinciale. In particolare, nel Regno normanno, il Giustiziere svolgeva le sue mansioni nei distretti amministrativi, detti, a seconda della suddivisione amministrativa vigente, Valli o Giustizierati. Il regio camerario era invece l’ufficiale addetto al fisco.
(7) - Caravale M., «op. cit.», pag. 370 e ss. «La «baiulia» era l'unico ufficio distrettuale a svolgere funzioni di raccordo tra il centro e la dimensione cittadina, all'interno della quale operavano altri funzionari come i giudici, gli strateghi, i vicecomiti o i catepani. I funzionari cittadini avevano competenza giurisdizionale su cause civili e feudali ed erano anche titolari di un potere inquisitorio che si realizzava nella precisazione dei confini di casali e di proprietà site nel territorio cittadino o del demanio ivi compreso. Altro compito era quello di immettere nel possesso delle terre il destinatario di una concessione e quello di difesa del demanio regio, nonchè quello di fungere da pubblica autorità che autorizzava l'immissione nel possesso dei beni immobili chi ne era stato ingiustamente privato. I baiuli erano titolari di funzioni in campo giurisdizionale ed in campo amministrativo. In campo giurisdizionale essi avevano competenza in materia penale ed in tema di cognizione di cause feudali di minore importanza. Essi erano, inoltre, competenti a conoscere del reato di adulterio. In campo amministrativo essi avevano il compito di riscuotere i tributi, sia sopra le terre demaniali, sia su quelle feudali».
(8) - In particolare, per tale notizia si veda Rocco Pirro «Sicilia Sacra, Disquisitionibus et notitiis illustrata», Tomus Primus, Panormi, MDCCXXXIII, f. XXV, sub «Hi Magistri Justitiarii», n. 4.
(9)Caravale M., «op. cit.», pp. 260-261 e 274; il documento è riportato da C. A. Garufi, «I documenti inediti», p. 152-154.
«I grandi giustizieri di corte costituivano un ufficio centrale normanno. Si tratta di un ufficio di governo con compiti quasi esclusivamente giurisdizionali.
All'inizio i grandi giustizieri erano incaricati non tanto di far parte stabilmente delle corti giudicanti convocate dal monarca, quanto di svolgere «inquisitiones» atte a far conoscere al governo centrale i termini in cui situazioni giuridiche locali si presentavano. Essi nascono essenzialmente per svolgere una funzione di accertamento.
Nel periodo sopra indicato i giustizieri avevano quale unica competenza quella di dirimere le controversie feudali relative alla titolarità di terre. Goffredo di Moac è inviato nel 1172 a dirimere la controversia insorta tra i canonici di Cefalù e la comunità di Noto, sull'appartenenza del casale detto dei Cosentini. Alla fine del documento-sentenza è scritto: «ego Gaufridus de Mohac iusticiarius hanc memoriam scribi feci»».
(10)Rocco Pirro, «Sicilia Sacra, Disquisitionibus et notitiis illustrata», Tomus Primus, Panormi, MDCCXXXIII, f. XXV, sub «Hi Magni Ammirati», n. 8; nonchè Mugnos, «op. cit.», pag 164. Il titolo di «admiratus», se in precedenza era stato per lo più legato a una funzione amministrativa e fiscale, in quest'occasione appare per la prima volta utilizzato con una connotazione del tutto particolare. Come risulta dagli studi di Mènager, è con Gualtiero II de Mohac che, in connessione con il ravvivarsi dell'aggressiva politica mediterranea di Guglielmo II, viene creato un ufficio specificamente deputato al comando militare delle navi regie: «admiratus regi stolii», dunque, assume il preciso significato di «emiro» ovvero capo della flotta regia.
(11) - Castelli Vincenzo, «Fasti di Sicilia», Volume II, Messina, presso Giuseppe Pappalardo, 1820, pag. 545, 546, 547. I Sovrani di Sicilia costituirono in favore delle Regine loro mogli la Camera Reginale. Margherita, madre di Guglielmo il Buono ebbe per sè campi, luoghi e castelli e così anche Costanza, consorte di Enrico VI ed anche le altre Regine, fino al 1409. Riprese tale istituto a partire dal 1420.
Per l’amministrazione della Camera Reginale in principio furono creati gli uffici di Governatore, Luogotenente, Giudici, Maestri razionali, Conservatori, Avvocato Fiscale ed altri Ministri subalterni.
(12) - Mugnos F., «op. cit.», p. 163, 164. Revelli, «Il comune di Modica», 1904, ed. Atesa, p. 67.
(13) - Caravale M., «Il Regno normanno in Sicilia», Giuffre 1966, p. 365. Si veda nota 35.
(14) - I de Mohac presero le parti di Tancredi d’Altavilla contro il partito svevo.
(15) - Revelli, «op. cit.», in Appendice.
(16) - Castelli Vincenzo, «Fasti di Sicilia», Volume II, Messina, presso Giuseppe Pappalardo, 1820, pag. 385 e 381.
(17)Mongitore Antonino, «Monumenta Historica Sacrae Domus Mansionis SS. Trinitatis Militaris Ordinis Theutonocorum Urbis Panormi», 1721. Nel diploma si fa anche riferimento a due luoghi riferibili al territorio monrealese: San Giorgio che potrebbe identificarsi con chiasso San Giorgio, a poche decine di metri dal duomo di Monreale e Tallaria che potrebbe corrispondere al feudo Tagliavia, sempre riconducibile al territorio dell’Arcivescovado di Monreale.
(18)Mugnos F., «op. cit.», pag 163.
(19) - Mugnos F., «op. cit.», pag 163.
(20) - Registri ricostruiti della Cancelleria angioina, VI, 187, in Luciano Catalioto, «Terre, baroni e città in Sicilia nell'età di Carlo I d'Angiò», Intilla editore, 1995, pag. 86 in nota 3.
(21) - Mugnos F., «op. cit.», pag 163, 164.
(22) - San Martino De Spucches F., «op. cit.», sub feudo di Bugidiano
(23) - Spreti V., «Enciclopedia Storico nobiliare italiana», Milano, 1928, Ed. Enciclopedia storico nobiliare italiana, sub voce Modica.
(24) - Mango di Casalgerardo «Il nobiliario di Sicilia», Palermo, 1912, Libreria Internazionale A. Reber.», pag. 449.
(25) - Nella parte orientale dell’Isola il territorio della odierna Caltagirone è rimasto nelle mani dei saraceni fino al 1030 quando questi ultimi furono cacciati dai Genovesi dal castello di Judica. Caltagirone fu preminentemente demaniale e come tale godeva dei privilegi delle città cosiddette libere, soggette soltanto al sovrano anche se, in taluni periodi, dovette subire i soprusi dei baroni, soprattutto nel XIV secolo: dei Chiaramonte conti di Modica, dei Moncada, degli Alagona. Alfonso il Magnanimo parve addirittura cancellare i diritti della città, allorché la diede in feudo a Pietro, duca di Noto.
(26) - San Martino De Spucches F., «op. cit.», sub Bugidiano.
(27) - San Martino De Spucches F., «op. cit.», sub Bugidiano.
(28) Villabianca, «op. cit.», V vol., parte terza libro VI, p. 469.
(29) - Spadaro di Passanitello Francesco, «Le mastre nobili», Roma, Edizioni dell'Istituto di studi storici e di diritto nobiliare, 1938, pag. 215 e 216.
(30) - San Martino De Spucches F., «op. cit.», sub Bugidiano.
(31) - A tal proposito Cfr. ASP, Cancelleria b.24, f. 32, 5 luglio 1395 cit. da Bresc Henri, «Corleone nel Due, Tre, e Quattrocento: il quadro generale», Università Nanterre – Parigi, in www.comune.corleone.pa.it pag. 9.
(32) - Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Mensa, Classe II, Serie 8, Reg. 623,
«Libro dello stato della Chiesa di Monreale dell’anno 1600».
(33) - L’Archivio storico diocesano dell’Arcivescovado di Monreale attesta che il Giacomo di cui si parla nel «Libro dello stato della Chiesa di Monreale dell’anno 1600» si identifica con il Giacomo (III) che fu barone di Bugidiano e che morì ante 1543. E tale conclusione è condivisa dall’Archivio di Stato di Palermo e dall’Archivio storico del Comune di Palermo. Si vedano Archivio storico diocesano di Monreale, certificazione prot. 39/17 del 30 settembre 2017; Archivio di Stato di Palermo prot. 4839/IX42 del 30 aprile 1993; Archivio storico Comune di Palermo prot.1438 del 21 settembre 1999.
(34) - Estratto di matrimonio del 1531 della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale. In senso conforme si vedano certificazioni di Archivio di Stato di Palermo prot. 4839/IX42 del 30 aprile 1993, Archivio storico Comune di Palermo prot.1438 del 21 settembre 1999 e Archivio storico diocesano di Monreale prot. 39/17 del 30 settembre 2017.
(35) - Cfr. Priori della Compagnia dei Bianchi, Anni 1568 e 1576 Archivio Storico Diocesano di Monreale – Fondo Governo Ordinario, Sezione 12, Serie 2 - 1, Busta 3.
(36) - Il primo priore apparteneva alla nobile famiglia Sanchez. Priori della Compagnia dei Bianchi, furono negli Anni 1568 e 1576 Vincenzo Modica e Joseph de Mohac. Archivio Storico Diocesano di Monreale – Fondo Governo Ordinario, Sezione 12, Serie 2 - 1, Busta 3. Gli statuti originari non sono stati rinvenuti. Quelli del XVIII secolo danno conto nel preambolo della connotazione signorile e nobiliare della Compagnia. Se il Francesco, sposo di Violante Geraci non avesse fatto parte di famiglia nobile, il matrimonio non ci sarebbe stato. Ma poiché le nozze ci furono, vuol dire che la famiglia Modica alla quale il predetto Francesco apparteneva, altro non era che il casato normanno dei «Modica». In quel periodo, l’unica famiglia «Modica» nobile in Sicilia, era infatti appunto quella di origine normanna
.
(37) - Fedi di battesimo della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale. Archivio di Stato di Palermo prot. 4839/IX42 del 30 aprile 1993, Archivio storico Comune di Palermo prot.1438 del 21 settembre 1999 e Archivio storico diocesano di Monreale prot. 39/17 del 30 settembre 2017.
(38) - Vi è chi ritiene che lo stemma di Monreale, dal quale deriva quello dei de Mohac, fosse una variante utilizzata da Guglielmo II d’Altavilla. Ed in effetti, rappresentazioni che affiancano tale stemma alla più nota arma con la banda scaccata, tipica del casato appunto degli Altavilla, possono essere osservate presso il Duomo di Monreale e nell'opera dell’Arcivescovo, teologo e giurista siciliano Francesco Maria Testa, in «De vita, et rebus gestis Guilelmi II. Siciliae regis, Monregalensis ecclesiae fundatoris». Nella Cattedrale monrealese il predetto stemma con stella ottagona d’oro in campo azzurro appare riprodotto in due esemplari in un mosaico sovrastante il trono reale.
(39) - I «Miles a cavallo» costituivano la cavalleria feudale della città e tutti coloro che ne entravano a far parte dovevano possedere un cavallo ed essere armati. L’elenco dei cittadini ivi indicati fornisce un primo quadro dell’articolazione organizzativa per censo della municipalità. Si trattava con ogni probabilità di esponenti delle famiglie più distinte e rilevanti e non certo di mercenari. Il magnifico Antonio Veneziano, anch’egli cittadino monrealese, ne era l’illustre comandante.
(40) - Priori della Compagnia dei Bianchi, Anni 1568 e 1576 Archivio Storico Diocesano di Monreale – Fondo Governo Ordinario, Sezione 12, Serie 2 - 1, Busta 3. Viene, in tal modo, ancor più suffragato quanto attestato dall’Archivio di Stato di Palermo il quale ha affermato che i cognomi «de Mohac» e «Modica» identificavano la stessa famiglia.
(41) - Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Governo Ordinario, Sez. 15, 5 Busta 2.
(42) - Papalia M. «Compagnie nobili della felicissima Città di Palermo», Antipodes, 2017, pag. 23 e ss.
(43) - Capitoli dè Regolamenti della Compagnia del Crocifisso detta dè Bianchi, 1766, capo III, pag. 37. Le Compagnie dei Bianchi sorte nelle varie città riservavano l’ammissione soltanto ai gentiluomini.
Che alla Compagnia dei Bianchi di Monreale potessero essere ammessi soltanto gentiluomini e di numero non superiore a 60, è circostanza acclarata sia da Lima, «op. cit.», sia da Marchese Antonino Giuseppe in «Le confraternite dell’Arcidiocesi di Monreale dal Quattrocento ad oggi», 2002. Diseguito i requisiti richiesti per farvi parte, in alternativa:               

1) che si provasse che i tre più vicini ascendenti dell'aspirante (cioè padre, avo e bisavo) fossero stati Fratelli della Compagnia;

2) che si provasse che un ascendente di retta linea paterna avesse ricoperto il grado di Governatore della Compagnia; 

3) che l'aspirante fosse «attuale membro del Sagro Regio Conseglio decorato di Toga perpetua»; 

4) che si provasse centocinquant'anni di vera Nobiltà della famiglia del «suo proprio cognome».     

Tali prescrizioni sono del 1766 ma la prova di centocinquant'anni di vera Nobiltà della famiglia è stata richiesta per l’ammissione nella Compagnia palermitana, «ab origine». Di questo avviso Papalia M. «Compagnie nobili della felicissima Città di Palermo», Antipodes, 2017, pag. 23 e ss.
(44) - Archivio storico Diocesi di Monreale, Fondo Carte processuali Sciolte, Serie 3, Busta 489 fasc. 1.
(45) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(46) - L’Archivio della Diocesi di Monreale (Archivio storico diocesano di Monreale prot. 39/17 del 30 settembre 2017) attesta che Giacomo Modica, proprietario monrealese, si identifica con quello stesso Giacomo che si ritrova, nel medesimo periodo, iscritto nelle Mastre nobili di Caltagirone. Analoga situazione si ebbe nel 1398, quando Pietro Modica, Barone di Sortino (Siracusa), risultava possedere terre nel Corleonese.
(47) - Fede di battesimo della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(48) - Archivio storico diocesano di Monreale, Fondo Mensa, busta 15, «Stima di suoi li feughi e Masserie in suo Arcivescovado di Monreale», 23 marzo 1645.
(49) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(50) - Fratelli di don Geronimo (n. 1/3/1619) furono: Antonio (n. 1//4/1604), Giovanni (n. 9/3/1611), Vincenzo (n. 16/12/1612), Giuseppe (n. 26/6/1614), Onofrio (n. 29/10/1617), Benedetta (n. 4/2/1621), M. Rosalia (n. 17/6/1628), Antonì (n. 18/3/1630) e Vincenza (n. 22/9/1634).
(51) - Archivio di Stato di Palermo, Fondo Casa Camporeale, Volume 35- «Contratti di gabelle dall’anno 1433 al 1791», pagg. 979-983 e 1166-1168. Nel 1631 un Tommaso Modica si era aggiudicato per 210 onze la Gabella del «Scorciatore seu Macelli» messa all’asta dalla Compagnia dei Bianchi.
(52) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(53) - Don Vincenzo (n. 11/10/1656) Benedetto (n. 23/3/1650), Pietro Francesco (n. 8/5/1653), Francesco (n. 11/10/1656 gemello), Giovan Battista (n. 10/10/1659), Orbano (n. 8/8/1661), Giuseppe (n. 11/12/1665) e Ursula (n. 13/10/1667).
(54) - Fede di battesimo della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(55) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(56) - Marco Nicolò (n. 25/4/1683), Geronimo Filippo (n. 17/4/1680), Giuseppe Pietro (n. 8/1/1691), Caterina Ursula (n. 19/7/1681), Ignazio (n. 22/10/1685), Michele Ignatio (n. 4/2/1693) e Filippo (n. 7/3/1699).
(57) - Atti Archivio storico diocesano di Monreale, anno 1739, fondo Registro della Corte, Volume n. 855.
(58) - Atti Archivio storico diocesano di Monreale, anno 1739, fondo Registro della Corte, Volume n. 855. La carica di conestabile connotava una condizione di nobiltà. Ad es. La famiglia Granata di Messina riporta tra I suoi appartenenti un Baldo, conestabile di Messina nel 1546. Si veda Mango di Casalgerardo, «Il nobiliario di Sicilia», Palermo, 1912, Libreria Internazionale A. Reber.
(59) - Atti Archivio storico diocesano di Monreale, anno 1750, fondo Registro della Corte, Volume n. 858. Comune di Palermo, Sovrintendenza Istituzioni culturali, «Archivio Storico comunale, Relazione archivistico-paleografica, prot. n. 1438 del 21 settembre 1999».
(60) - Atti Archivio storico diocesano di Monreale, anno 1753, fondo Registro della Corte, Volume n. 859. Comune di Palermo, Sovrintendenza Istituzioni culturali, «Archivio Storico comunale, Relazione archivistico-paleografica, prot. n. 1438 del 21 settembre 1999».
(61) - Fede di battesimo della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(62) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(63) - Vincenzo Giuseppe (13/12/1727) Giovanni Vincenzo (n. 4/3/1714), Grazia Maria (n. 30/5/1715), Castrenze Mariano (n. 2/2/1717), Rosa Olimpia (n. 29/6/1719), Maria Anna (n. 27/7/1722), Antonino Francesco (n. 25/19/1724) e Anna Rosa (n. 8/10/1730).
(64) - Archivio storico diocesano di Monreale, Fondo Registri della Corte, vol. 866.
(65) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(66) - Fede di matrimonio della Parrocchia di Santa Maria La Nuova, Diocesi di Monreale.
(67) - Don Giovan Battista di Bella, oltre che titolare del feudo di Grisì e subconcessionario di parte del feudo di Realicelsi (Nania G., «Toponomastica e topografia storica nelle valli del Belice e dello Jato», Barbaro Editore Palermo, pag.132, nota 2, cfr. altresì Atto in Notaio Don Antonio Gorgone di Monreale stipulato il 5.03.1782), apparteneva ad una nobile famiglia di Montelepre. La famiglia di Bella alza come arma la seguente, secondo il Villabianca:
campo d'azzurro con in punta tre bande d'oro, abbassate sotto d'una fascia d'argento accompagnata nel capo da tre stelle del medesimo. Lo stemma e’ riprodotto nelle tombe gentilizie della famiglia nel cimitero di Monreale.
(68) - Archivio di Stato di Palermo, Fondo «Protonotaro del Regno» Vol. 1312, pag. 354, 355 e 357, anni 1799 e 1800 e Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Registri della Corte, Vol. 883 «Squittinio formato per la creazione degli Officiali della Città di Monreale». Fu anche notaio nella città di Monreale con Privilegio rilasciato il 14 agosto 1800.
(69) - Archivio di Stato di Palermo, Registro del Protonotaro del Regno, Nota dell’Officiali di Giustizia, Vol. 1312.
(70) - Archivio Storico Diocesano di Monreale, Fondo Registri della Corte, Vol. 883
«Squittinio formato per la creazione degli Officiali della Città di Monreale».
(71) - Con decreto del Ministro di giustizia del 13 febbraio 1996 lo Stato italiano ha sostanzialmente e formalmente cristallizzato in atto definitivo, pubblico e vincolante «erga omnes» la posizione assunta dall’Archivio di Stato di Palermo e dall’Archivio del Comune di Palermo e poi confermata dall’Archivio dell’Arcidiocesi di Monreale, certificando l’appartenenza di don Nicolò Modica, giudice criminale e proconservatore di Monreale tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, al casato dei «de Mohac», in quanto erede diretto dei predetti Giacomo e Francesco. Registro del Protonotaro del Regno, Nota dell’Officiali di Giustizia, Vol. 131.
(72) - Si ricorda che, a parte ogni altra considerazione, il Reale Dispaccio del 1774 aveva equiparato alle «cariche superiori» di cui al Reale Dispaccio del 1756 l’«onore» della laurea in diritto consolidatasi in due generazioni immediatamente consecutive di una stessa famiglia, precisando che le famiglie dei dottori di legge, in questo caso, «debbono essere ascritte» al primo ceto della nobiltà del Regno.
(73) - Alla data del 10 agosto 1812 (abolizione della feudalità in Sicilia), il feudo di Grisì era un feudo nobile insignito di effettiva giurisdizione e dell’investitura sovrana (concessione sovrana del 22 maggio 1779). Infatti con concessione sovrana del 22 maggio 1779, Giuseppe Beccadelli, marchese di Sambuca aveva ottenuto «il mero e misto imperio, tra gli altri, sul feudo nobile di Grisi’, derivato dal più grande feudo di Camporeale, con dominio assoluto, dotato di effettiva giurisdizione e dell’investitura sovrana».
Recita tale Reale dispaccio del 22 maggio 1779: «In considerazione delli distinti servizi del principe di Camporeale e del marchese della Sambuca, di lui figlio primogenito, deferendo alle istanze avanzategli dal detto marchese, è venuto ad accordargli … i cinque territori che ha comprato dall’azienda gesuitica, denominati del Macellaro (n.d.r. al quale era stato aggregato il feudo di Grisì, come si vedrà alla luce di quanto specificato alle successive lettere), Pietra Longa Sparacia (n.d.r. il feudo Sparacia era stato aggregato al feudo Pietra Longa), Dammusi, Signora, Mortilli che ha comprato dall’azienda gesuitica, e sopra la loro estensione ed aggregato in perpetuo e in infinito, per sé, suoi eredi e successori, anche estranei, e per quelle persone che in avvenire possederanno detti territori, secondo la legge, che gli imporrà: il mero e misto impero con l’alta giurisdizione, come ne gode nella sua terra della Sambuca suo feudo e con tutte quelle facoltà, prerogative, giurisdizione e preminenze che in quelle si trovano espressate e concesse, come altresì di potere egli fare delle popolazioni o sieno università in ciascuno territorio degli accennati a di lui arbitrio, sempre e quando stimerà di farne l’uso, sempre che non ve ne siano altri distanti di tre miglia siciliane già erette in università». (Sac. Luigi Accardo Camporeale-Origini, usi, costumi, mentalità, proverbi, canti popolari, pagg. 25 e 26).
Con strumento del 17 settembre 1779, Don Emanuele Beccadelli di Bologna Marchese della Sambuca concedeva in enfiteusi perpetua il precitato territorio di Grisì, originariamente aggregato al territorio di Macellaro come riportato nello stesso contratto enfiteutico, trasferendone il possesso materiale e legale, con l’amplissima formula “pro se et suis”, ai fratelli Don Francesco, Don Filippo e Don Giovanbattista di Bella padre quest’ultimo di Donna Rosa, sposata con Nicolò Modica (Archivio Storico Diocesano di Monreale, Certificato vidimato dal Cancelliere della Curia arcivescovile di Monreale, punti 9, 10 e 11; Archivio Storico Diocesano di Monreale, Certificazione di veridicità e relazione storica di accompagnamento vidimate dal Cancelliere della Curia arcivescovile di Monreale dell’atto di concessione del 17 settembre 1779, con trascrizione e regesto effettuati da esperto già iscritto nell’albo del Tribunale di Palermo).
Il paese di Grisì, infatti, si formò attorno al baglio di Bella, determinandosi ciò che era previsto nell’originario atto di investitura e cioè che il principe potesse «fare delle popolazioni o sieno università in ciascuno territorio degli accennati a di lui arbitrio, sempre e quando stimerà di farne l’uso, sempre che non ve ne siano altri distanti di tre miglia siciliane già erette in università».
L’enfiteusi perpetua costituiva una forma surrettizia di alienazione. «Il concedere ad enfiteusi e’ una vera alienazione». ricorda, a tal proposito Jannelli sulla scorta di una decisione della Gran Corte di Palermo del 1839.
La concessione sui territori assegnati al Marchese della Sambuca legava, con privilegio speciale, al possesso dei territori stessi (possesso attribuito «secondo la legge». e quindi secondo gli strumenti giuridici idonei a costituire il possesso stesso inclusa la enfiteusi) il mero e misto imperio con l’alta giurisdizione, prerogative queste tipicamente feudali, collegate alla qualità di
«barone».
L’enfiteusi comportava l’attribuzione del possesso, e nel caso di Grisì, la conseguente assegnazione delle prerogative feudali al possessore, senza necessità di successiva conferma reale per le nuove investiture, in quanto queste erano direttamente conseguenti alle disposizioni contenute nella citata concessione sovrana del 22 maggio 1779, costituenti privilegio speciale.
Con l’atto del 17 settembre 1779, dunque, il possesso del feudo veniva trasferito ai fratelli Di Bella, e tra di essi a Giovanbattista, unico ad avere prole, con gli effetti che discendono dalla concessione sovrana del 22 maggio 1779 e cioè con il trasferimento delle prerogative feudali in capo agli stessi di Bella.
Alla data del 7 settembre 1926, il feudo di Grisì passò al nuovo intestatario Marco Modica (nato il 4/6/1888), con tutte le prerogative ad esso connesse, in quanto figlio primogenito di Salvatore (nato nel 1863 e morto nel 1925), figlio primogenito di Marco (nato il 24 dicembre 1807), figlio primogenito ed unico maschio di Nicolò (nato il 16/11/1776) e di Rosa di Bella, discendente della famiglia di Bella e segnatamente del padre Giovanbattista, possessore e Barone dal 1779 del predetto feudo.
Con atto ricognitorio, disposto dallo stesso Marchese della Sambuca, in data 1 marzo 1852 viene, infatti, confermato il possesso del feudo di Grisì in capo agli eredi di Giovanbattista di Bella, e quindi in capo a Donna Rosa di Bella, sua figlia, sposata con Nicolò Modica ed ai loro figli, il primogenito nonché unico maschio dei quali era Don Marco Modica (nato il 24/12/1807) (Archivio Storico Diocesano di Monreale, Atto ricognitorio ad opera del Notaio Cavarretta Sarcì dell’1 marzo 1852 e certificazione di veridicità e relazione storica di accompagnamento vidimate dal Cancelliere della Curia arcivescovile di Monreale con trascrizione e regesto effettuati da esperto già iscritto nell’albo del Tribunale di Palermo).
Va peraltro ricordata la regia prammatica del 1771 che attribuiva agli enfiteuti che avessero pagato tre anni di canone, la piena titolarità dei beni.
Fino al 1852, in ogni caso, il feudo di Grisì si trovava nel possesso legale degli eredi di Giovanbattista di Bella e cioè di Marco Modica, nato il 24 dicembre 1807, unico figlio maschio di donna Rosa di Bella e nipote dello stesso Barone Giovanbattista. Il figlio di Marco Modica, Salvatore, aveva legittima aspettativa alla convalida del titolo di Barone giusta applicazione dell’articolo 19 dell’Ordinamento dello stato nobiliare italiano, approvato con Regio Decreto 7 giugno 1943, n. 651.
A tal proposito va ricordato che fino al 1926 ha avuto vigenza in Sicilia la Costituzione «ut de successionibus” dell’Imperatore e Re Federico II; Costituzione che regolava la successione dei nobili nei feudi, ammettendo alla successione degli stessi le figlie femmine.
Il dottor don Nicolò Modica sposo’ il 15/4/1801 donna Rosa di Bella, figlia di don Giambattista di Bella, possessore del feudo di Grisì nel 1812.
I diritti connessi al possesso di tale feudo sono pertanto passati al figlio di Nicolò Modica e Rosa di Bella e cioè al dottor don Marco Modica (n. 24/12/1807) in virtù della Costituzione «ut de successionibus» della clausola «pro se et suis» contenuta nell’originario atto di concessione alla famiglia di Bella e del privilegio speciale concesso all’originario investito (il Marchese Beccadelli).
L’eversione della feudalità, del 1812, ha cristallizzato in capo alla famiglia di Bella ed a quella Modica che di essa è legittima discendente, giacché in quest’ultima il casato di Bella si e’ estinto, le prerogative acquisite. La legge 10 agosto 1812 che abolì la feudalità in Sicilia, al paragrafo 7 recita a tal proposito:
«Conserverà ognuno i titoli e gli onori, che sinora sono stati annessi agli in avanti feudi, e dei quali ha goduto, trasferibili questi ai suoi successori».
Lupis Macedonio di Santa Margherita M. «Studi e Fonti Documentarie della Societa' Genealogica Italiana. La necessità del Regio Assenso (Reale Beneplacito) nella legislazione nobiliare napoletana con particolare riferimento alla Successione femminile dei titoli nobiliari» ha peraltro ricordato che «Risulta pacifico che, nel Napoletano e in epoca feudale, cioè fino alla Legge di abolizione della feudalità del 1806, non era necessario alcun provvedimento formale (Regio Assenso, pagamento di alcuna tassa o "relevio" che dir si voglia etc.) per la trasmissione del solo titolo, ne' per linea maschile, ne' per linea femminile».
(74) - Nania G., «Toponomastica e topografia storica nelle valli del Belice e dello Jato» Barbaro Editore Palermo, pag.132, nota 2, cfr. altresì Atto in Notaio Don Antonio Gorgone di Monreale stipulato il 5.03.1782.
(75) - Giuffrè F. «Il Santuario di Cruillas piccola Pompei nella cittá di Palermo, luoghi e memorie religiose di un territorio», Ducezio Editore, 1995, a pag. 105 ricorda che «la proprietá passò poi ai baroni Modica» che l’hanno venduta nel 1942 alla famiglia Lupo, da cui poi passò ai costruttori Piazza che la demolirono per costruire un complesso di moderni palazzi.
(
76) - Don Girolamo Mirto fu più volte Sindaco di Monreale (dal 1861 al 1865), Assessore facente funzioni nel 1867 ed apparteneva ad una delle famiglie più antiche e di grandi tradizioni di Monreale. A questa città ha dato più volte pretori, decurioni, giurati e sindaci. Il barone Pietro Mirto Seggio fu Sindaco di Monreale dal 1877 al 1882 e nel 1890 e possessore, tra gli altri del feudo di Renda. Don Girolamo sposò donna Giuseppa di Bella, dalla quale ebbe cinque figli: Angela sposata con Salvatore Modica, Maria sposata con Giuseppe Epifanio seniore, Girolamo, Domenico e Rosa. Girolamo (junior) fu medico specialista di malattie nervose e mentali, psichiatra tra i più apprezzati e stimati del suo tempo; fu altresì libero docente di elettrobiologia ed elettroterapia delle malattie nervose all'Università di Palermo. Domenico fu Professore presso l’Università di Catania e poi Professore di Medicina Legale all'Università di Palermo (76). Entrambi sono ricordati da Sebastiano Salomone, «La Sicilia Intellettuale Contemporanea, Dizionario bio bibliografico», Tip. Francesco Galati, Catania, 1913, p. 316.
(77) - Il Professore Giuseppe Epifanio (nato nel 1886), figlio di Giuseppe Seniore e di Maria Mirto, fu padre di Maria Letizia. Possidente e già consigliere comunale di Monreale, dove la famiglia si era trasferita ai primi del 1700 da Bisacquino proveniente da Benevento, conseguì la laurea con lode in Medicina nel 1910 a Palermo. Dopo essere stato nominato assistente di anatomia umana presso l'Università di Palermo, frequentò nella qualità di assistente la Clinica neuropsichiatrica del Professor Lugaro a Torino, rientrando a Palermo alla fine del 1913 come assistente presso la Clinica medica. Durante la prima guerra mondiale prestò come Ufficiale medico la sua opera in reparti di prima linea ottenendo parecchi riconoscimenti militari mentre, come Direttore dell'Ospedale civile e militare di Rivignano del Friuli, ebbe conferita la cittadinanza onoraria di quella città per le sue benemerenze verso la popolazione civile. Nel 1918 conseguì la libera docenza in patologia medica, collaborando anche in quell'anno alla realizzazione dell'Ospedale di Mogadiscio in Somalia e ritornò alla Clinica medica di Palermo diretta dal Professore Giuffrè che lo nominò suo aiuto. Nel 1923 ottenne la libera docenza in Radiologia ed Elettroterapia; nell'anno successivo venne incaricato dell'insegnamento di Radiologia nell'Università di Palermo, e tale cattedra egli tenne fino al giorno della sua morte, per oltre un trentennio. Dal 1945, anno di istituzione ad opera sua, sino al 1955, anno della sua morte, diresse la Scuola di Specializzazione in Radiologia Medica e Terapia Fisica dell'Ateneo palermitano; fu anche Direttore Radiologo presso il Centro per lo studio e la cura dei tumori di Palermo, socio dell'Accademia delle Scienze mediche di Palermo e della Società Italiana di Radiologia Medica. Svolse importanti ricerche insieme a Fermi, Rasetti, Pontecorvo e Segrè. Padre di Giuseppe fu Giuseppe seniore, consigliere comunale, sposato con Maria Mirto. Questi era figlio di Giovanni, possidente, sposato con Margherita Zerbo, figlia dell’architetto Giuseppe Zerbo. La famiglia Epifanio è originaria della città di Benevento da dove si è poi diramata in varie altre parti della Penisola italiana. Della esistenza di rami siciliani della famiglia
Epifanio dà pure conto il Crollalanza. Candida Gonzaga Berardo, «Memorie delle famiglie nobili delle Provincie meridionali d'Italia», vol. VI, Napoli, 1875, pag. 84 afferma che la famiglia Epifanio è «Famiglia originata da Epifanio, il quale nell'anno 935 fu inviato da Romano Lacapeno, Imperatore, in aiuto di Ugone Re d'Italia, perchè gli sottoponesse Landulfo Principe di Capua, Atenulfo Principe di Benevento e Guaimario Principe di Salerno. Ha goduto nobiltà in Benevento, Chieti ed in Sicilia, e si estinse nella famiglia Morra». In realtà nella nobile casa dei Morra nel XIII secolo la famiglia Epifanio non si estinse affatto. Roffredo Epifanio, infatti, ebbe due figli: Bartolomeo (vivente nel 1289), Giudice della città di Benevento e Sibilla che sposò Francesco Morra (1250). Il casato fu dunque perpetuato da Bartolomeo. La famiglia Epifanio fu decorata del titolo di marchese sul cognome e ha dato alla Storia un Pontefice, come ricorda sempre il Candida Gonzaga che specifica trattarsi della «famiglia de' Marchesi Epifanio, Patrizia Beneventana, originata dagli antichi Principi di Benevento longobardi ed alla quale appartenne il Pontefice Vittore III ». Tuttavia, a proposito dell'appartenenza alla stessa famiglia del Papa Vittore III, occorre evidenziare come quest'ultimo innalzasse uno stemma del tutto differente da quello di Roffredo, consigliere di Federico II. Mentre infatti Roffredo Epifanio (1170 c – 1244 c), aveva il seguente stemma «corona su tre bisanti in campo azzurro», Papa Vittore III aveva la seguente arma «inquartata di argento e di rosso». Appartennero alla stessa famiglia Epifanio anche altri personaggi illustri. Tra questi va ricordato Desiderio Epifanio che fu cardinale nel 1508. A riprova dell'esistenza di altri rami della famiglia va sottolineato che essa fu anche insignita del titolo di Baroni di Corvara e Pescosansonesco. Gli Epifanio succedettero alla famiglia D’Afflitto che possedeva le due baronie di Corvara e Pescosansonesco e la cerimonia di passaggio si tenne il 26 gennaio del 1602. Muzio Epifanio fu barone di Pescosansonesco dal 1602, per effetto di acquisto da Fabio d’Afflitto, e Giulio Cesare Epifanio ancora nel 1692 ne era feudatario.
(78) - Il 20 ottobre 1920 Giuseppe Epifanio sposò a Noale (Treviso) Anna Cappelletto Manera, nata nel dicembre del 1895, appartenente ad una antica famiglia trevigiana, in particolare montebellunese. Anna Cappelletto Manera era figlia di Antonio Cappelletto e di Maria Manera. Ella frequentò per molti anni l’esclusivo Collegio delle Suore di Maria Bambina a Crespano del Grappa. Fu infermiera della Croce Rossa durante la Prima Guerra Mondiale nel Corpo della Duchessa d’Aosta, Elena di Francia, operò al fronte negli ospedali da campo guadagnando la Croce di Guerra e la Medaglia d’argento al valor militare. Dopo la disfatta di Caporetto, scioltosi il Corpo della Duchessa, raggiunse la famiglia che si era rifugiata a Gubbio. Lì si occupò dei profughi conseguendo la medaglia di bronzo al valor civile. Secondo quanto si tramandava in famiglia Anna era discendente del nobile Marco Cappello detto Cappelletto, vissuto nella metà del XIV secolo a Treviso, figlio ultrogenito di Pancrazio, del sestiere di S. Croce, e fratello sia di Marino, celebre condottiero che di Niccolò e di Albano. A Scorzè e Vedelago, in provincia di Treviso, a difesa della cui marca l’antenato Marco aveva combattuto nel 1356 insieme al fratello Marino, esistono tuttora possedimenti e ville Cappelletto. Di proprietà del padre di Anita fu anche la villa con annesso il parco, che si trova nel centro della città di Montebelluna. La madre di Anita, Maria, apparteneva all’antica famiglia veneta dei Manera. Il fratello di Maria, Paolo, celibe, lasciò l’unica nipote erede di un ingente patrimonio, nel quale si ricomprendevano la villa settecentesca di Noale e vasti possedimenti terrieri insistenti nella pianura padana. Paolo e Maria Manera erano figli di Giovan Battista Manera e di Marianna Massari. Giovan Battista era figlio di Paolo Ausilio e Chiara Fornasieri; Paolo Ausilio era figlio di Giovan Battista e Marta Bauta. Giovan Battista era figlio di Paolo e di Anna Canova, zia diretta del Marchese Antonio Canova, il celebre scultore vissuto dal 1757 al 1822, che divenne famoso per la sua arte in tutto il mondo.
(79) - Estratto per riassunto degli atti di nascita del Comune di Palermo.
(80) - Estratto per riassunto degli atti di nascita del Comune di Palermo.
(81) - Estratto per riassunto degli atti di nascita del Comune di Palermo.
(82) - Estratto per riassunto degli atti di nascita del Comune di Palermo.
(83) - Estratto per riassunto degli atti di nascita del Comune di Palermo.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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