
Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano,
ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano,
appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano
dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
Migliaccio |
a cura
del Cav. Dott. Avv. Rosario Salvatore Lupo Migliaccio di Sanfelice
- Parte Seconda - |
LINEA dei MIGLIACCIO di GIRIFALCO |

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Impronta di ceralacca da sigillo stemmato di forma
ottagonale (fine '700 inizio
'800),
in uso dai Migliaccio di Girifalco, è visibile la pianta di
miglio e lo scudo timbrato da elmo.
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Altra linea si evidenzia in Girifalco, poi
diramatasi in Marcellinara, Cortale, Tropea, S.Vito, Catanzaro e
Salerno. Una consolidata tradizione locale vuole che sia
capostipite di questa linea un cavaliere templare, E(nrico)
Migliaccius, arso vivo nel 1312 in Girifalco con i confrati
Giovanni Paleologo e Gregorio Tolone facenti parte del presidio
templare del Casale dei Pellegrini[80].
E’ curioso,
come dalle cronache di storia locale, il ricordo del luogo del
rogo si è perpetuato nel tempo piantandovi una pianta di acacia. Forse è antico il sentimento “liberale” tra gli abitanti
di queste contrade, annoverando la loggia massonica più antica
d’Italia, Fidelitas in Saeculis fondata nel 1723. Numerosi
furono i Migliaccio ascritti per circa quattro generazioni,
ricoprendo alte cariche e versando un contributo notevole di
sangue onorato dalla toponomastica stradale per i fatti della
Repubblica Napoletana del
1799 e moti del 1820. A seguito della riconquista dei
Sanfedisti, forzatamente alcune famiglie dovettero trasferirsi
in S. Vito e Catanzaro per sfuggire alle persecuzioni del Card.
Ruffo. Sono da ricordare i massoni e poi
carbonari seguaci del Settembrini, don Ferdinando Migliaccio, il
dott. Chimico don Vincenzo Migliaccio impiccato in Napoli nel
1801 per i fatti del 1799. I farmacisti don Carlo M. ed il
medico don Giuseppe M., giustiziati per aver partecipato ai moti
del 1820 ed ultimo don Antonio M. (1830†1902), garibaldino,
celebre pittore encomiato dal Castellani[81]. |

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Autoritratto del garibaldino Antonio Migliaccio |

© Foglio di matricola del
Cap. Antonio Migliaccio - dai Libretti di
"Vita e Costumi degli Ufficiali del Regno delle Due Sicilie"
[81bis]
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Altre figure sono i medici chirurgo Bruno M.
(1793) e medico speziale Bruno Maria M. (1770)[82],
i notai Pietro e Vincenzo M. (1753-1717) ed altro notaio di
Marcellinara Giuseppe Antonio M. (1751). Ma non tutti massoni,
come il capitano di fanteria don Antonio M.[83],
arruolatosi nel 1788 nel Regg. Fant. Regina e per meriti
militari promosso con dispaccio reale del 6 Agosto 1799 al Regg.
Real Carolina 1° divisione con le funzioni di Alfiere. Non si
vuole dimenticare per numerosi meriti il cav. Radiante M.[84],
la cui famiglia da quattro generazioni vestì la mozzetta dei
cavalieri di Malta ad Honorem iscritta alla nota
Arciconfraternita dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista di
Catanzaro aggr. all’Arcibasilica Lateranense. Questa famiglia,
nel tempo che spettava, fu di ragguardevole condizione e di alta
considerazione, se, con lettera del 6 marzo 1646 rivolta al
Papa Innocenzo X, il sindaco e gli eletti di Catanzaro
chiedevano come loro Vescovo Agazio Migliaccio[85].
Va ricordato, inoltre, che Catanzaro fu meta tra ‘800 ed inizio
‘900 di molti provenienti dal napoletano, radicandovi nuove
famiglie per attività commerciali o militare. Nel nostro caso va
ricordato Gaetano M.[86],
fondatore a fine ‘700 della nota stamperia Migliaccio, questi
già da tre generazioni inserito nell’ambito della ricca editoria
napoletana.
Rimanendo sempre nei limiti
della Calabria, è curioso trovare un'altra linea dei
Migliacci in Corigliano Calabro, Migliaccio come si rileva
dai registri parrocchiali dal 1602, abolendo la o solo agli
inizi dell'800. Di distinta condizione sociale, il de Luca[86bis]
tra le tante notizie su questa famiglia, traccia nota di un
Giuseppe, mastrogiurato nel 1761-62, con altri personaggi ed
evidenzia un Roberto (1893+1946), che già ufficiale del
Regio Esercito, si congedò dalla carriera militare per
consacrarsi al sacerdozio. Rettore del Santuario della
Schiavona, fu fondatore dell'asilo infantile annesso al
medesimo santuario.
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Passati per esigenze belliche nei presidi già nel
‘500, si generarono delle linee che sopravvivono, oggi, grazie
al ricordo dei fogli matricolari custoditi nei libretti di vita
e costumi degli ufficiali dell’Esercito Borbonico e che si vuole
non dimenticare, come quella del maggiore di artiglieria Don
Giovan Battista Migliaccio[87],
nato il 3 Luglio 1793 ad Elba che generò quattro figlioli[88] |

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Portolongone e l'Isola d'Elba, 1646 - aut. Beaulieu. |
Don Giovan Battista si arruolò il 29 Maggio 1799
e partecipò alle campagne della Calabria (1806), di Mileto
(1807), alla spedizione di Ischia e Procida (1809). Visto il
valore e la dedizione alla Real Casa,
Re Ferdinando II di
Borbone gli conferì la croce di cavaliere di grazia dell’Ordine
Militare di San Giorgio della Riunione[89].
Un altro Gennaro Migliaccio[90],
nato nel 1799 a Longone (Portolongone), si arruolò il 4
Marzo 1822[91];
per meriti fu promosso 1° tenente il 28 Febbraio 1847 nel
Reggimento Gendarmeria Reale[92].
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Insegna dell'Ordine Militare di San
Giorgio della Riunione |


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Dai Libretti di Vita e Costumi degli
Ufficiali del Regno delle Due Sicilie
[92bis] |
Con la Napoli aragonese prima e capitale
borbonica dopo, si ebbe un continuo flusso di linee e rami dei
diversi ceppi, non privi di unioni. Fiorirono in Napoli,
Salerno, Castellammare, Caserta, Pietravairano, Ischia[93];
nei casali napoletani[94]
di Mugnano, Casandrino, Giugliano, Orta di Atella, Villaricca
olim Panicocoli, Marano, Sant’Antimo, Qualiano. Una miscela di
individui di diverse provenienze che si confondono, mescolano in
un crogiuolo di una Napoli aragonese prima e vicereale dopo,
alimentando in non pochi casi dei vuoti di origine dovuti alla
richiesta della cittadinanza napoletana[95].
Creduti da tutti comunque consanguinei tra loro, troviamo
all’interno degli stessi nuclei familiari ricco borghesi, umili
e semplici popolani; versati nell’imprenditoria emergeranno
giureconsulti, speziali, medici e notari, messeri e magnifici[96],
signorotti e cavalieri, militari, eletti, decurioni, sindaci e
podestà. |

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Figura 1 |

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Figura 2 |

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Figura 3 |

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Figura 4 |
Alcune varianti armi Migliacci/Migliaccio
Figura 1: vedi stemmario Volpicelli – ms. XVII-25 – 106 v -
Biblioteca Nazionale di Napoli
Figura 2: vedi stemmario Volpicelli – ms. XVII-25 – 295 r -
Biblioteca Nazionale di Napoli
Figura 3: vedi stemmario Volpicelli – ms. X.A.41 – 74 -
Biblioteca Nazionale di Napoli |
In un mistero mai compreso, nonostante una consanguinea
ascendenza accanto ad agrari
dominus, semplici famiglie rurali, rivestendo
comunque un primato comune, inconfondibile di questa gente:
l’ospitalità, l’ingegno, la prodigalità, l’onestà, la fede e
l’amore per il bello e l’antico. Tra un’enorme mole di figure e
personaggi, ci limiteremo ad elencarne o illustrarne solo
alcuni. Tra i primi un Lorenzo e Franchino M., regi familiari di
Alfonso d’Aragona[97];
dal ‘400 inseriti nell’ambito imprenditoriale tra affitti di
uffici regi e mastrodattia[98],
si ricorda il nobile Giovanni M., mastrodatti per privilegio
dell’Imperatore Carlo V
(1518)[99];
il magnif. D. Minico M., mastrodatti civile[100];
il magnif. D. Orazio M., appaltatore regio della gabella delle
carte da gioco; il magnif. D. GiovanAlfonso M., erede e
amministratore di beni allodiali della Chiesa di S. Maria
di Costantinopoli in Napoli (1587). |

© Napoli - Chiesa di S. Maria di
Costantinopoli |
D. Giacomo M., capitano “et speciale homo”
dell’Università di Ischia
(1492)[101];
questi è ritenuto il capostipite della linea ischitana
nonostante sia documentato agli atti battesimali un Francesco M.
vivente nel 1665, troviamo poi un Dott. Michele M., medico
vivente nel 1772 e il Dott. Cristoforo M. medico chirurgo
vivente nel 1791, a questi si aggiunge un D. Ferdinando M.
deputato nel 1754[102].
A vanto dei Migliaccio d’Ischia facciamo menzione del Servo di
Dio Can. Francesco Migliaccio (1663†1716)[103]
morto 53’enne in concetto di santità manifestando segni
preternaturali dopo la morte[104].
Dovettero essere molti i segni e i prodigi dato il concorso di
popolo che voleva toccare l’abito del “Santo” prima e
dopo la morte, visto anche il curioso epitaffio che si legge[105]
sulla lastra tombale nella Chiesa Cattedrale di Ischia, dove,
alla sintetica biografia e titoli, è scritto: “nutrì grande zelo
per le anime e fu pieno di altre virtù, soprattutto del dono
della profezia”. Alla sepoltura intervenne il Vescovo Mons. Luca
Trapani, per verificare[106]
l’ennesimo prodigio: il corpo esposto all’ultimo saluto del
popolo era caldo e chiunque baciava la mano o toccava il corpo
osservò il fatto insolito beneficiandone spiritualmente.
Casualmente abbiamo iniziato con Ischia e ci trasferiamo a
Castellammare di Stabia, dove emerge dal censimento delle
famiglie nobili di Sorrento del 1754[107]
un notaio, il nobile Vincenzo Andrea M.[108],
vivente nel 1649 ed altro notaio il magnif. D. Donato Antonio M.[109]
vivente nel 1693.
Nella parte degli ecclesiastici sono menzionati il Can.
Bartolomeo M. ed il Sac. Pompeo M., non ci sono riferimenti
utili per risalire a maggiori e più ampie notizie su questa
linea. Arrivando finalmente in Napoli, nel 1644, c’è il magnif.
Dott. Onofrio M., Governatore dei diritti in demanio
dell’arredamento del R. Protomedicato di Napoli[110],
la carica era di altro prestigio ed interessava un’area
particolare, il controllo sanitario e fiscale di cerusici e
speziali. Nello stesso Collegio dei Dottori vi figurano i
magnifici Dottori GiovanVincenzo M.[111],
Giuseppe M.[112]
e il medico speziale dott. Gennaro
,
un D. Giuseppe M. nel 1780, Uffitiale della ruota dè
conti[114].
Tra i notai i magnifici Agostino M.[115],
Bartolomeo M.[116],
Giovan Domenico M.[117].
Tra donazioni ed erezioni di
benefici va ricordato il magnif. D. Antonio M., fondatore del
patronato di due cappelle nella chiesa di S. Maria dell’aiuto in
Napoli nel 1692[118]. |
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Napoli - Chiesa di S. Maria
dell'Aiuto. A destra: Particolare
della balaustra centrale, visibile nel
1° l'arma Migliaccio. Una delle quattro presenti sulle
balaustre ai lati dell'altare maggiore. |
Celebre nella storia partenopea fu il magnif. D. Aniello
M. pensionato regio[119]
e non speziale come alcuni testi affermano, restando dubbia l’origine da
Mugnano[120].
Amico dei Gambacorta e dei Carafa fu tra i fautori della congiura
filo-austriaca del
Principe di
Macchia, capeggiata da Gaetano Gambacorta nel 1707. Ebbe il compito
di riunire le genti tra Mugnano, Panicocoli e Giugliano, sfuggì alla
cattura rifugiandosi in Chiesa ed ebbe salva la vita grazie
all’intervento del Card. Giacomo
Cantelmo[121].
Pensionato dello stato, tra gli uffici regi da questo posseduti vi fu
quello di guardiano della Regia dogana di Salerno ed uno dei 24 uffici
di misuratori di vettovaglie di Napoli. |

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Cav. Raffaello Migliaccio, Console On. del Portogallo in Salerno |
Inseritosi nell’editoria napoletana del ‘700,
aumentò di diversi proventi le sue rendite, circa 1000 ducati
annui, pari alla rendita di un medio feudatario di provincia. Al
fine di incrementare un’ulteriore attività per i suoi tre figli
di cui uno Domenicano, strinse società editoriale con il magnif.
D. Nicola M. ben inserito nell’editoria napoletana, ricevendo
nel 1751 l’affitto della stampa di avvisi, relazioni ecc. del
Regno[122].
Un investimento di 600 ducati che vedrà la sua ascesa fino
all’inizio del ‘900, attraverso i discendenti[123]
dove la semplice stamperia fu sostituita da stabilimenti
tipografici come quelli del cav.
Raffaello M. (1817†1889) in Salerno[124].
……………………………….
Per meriti editoriali, con il governo Borbonico prima e Sabaudo
dopo, il cav. Raffaello fu insignito nel 1884 dal Re Umberto I
del cavalierato della Corona d’Italia e successivamente nel 1887
ricevette la nomina di console On. del Portogallo in Salerno; fa
tuttora bella testimonianza in Salerno il palazzo Migliaccio, di
architettura vanvitelliana, edificato nel 1870. Dal figlio D.
Ernesto, il nipote Teodorico Migliaccio, Generale di Divisione
pluridecorato al valor militare[125]. |

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Gen. di Divisione Teodorico Migliaccio |
Oggi un discendente, il cav. D. Alfredo M., cura in Arezzo le
memorie storiche di quella linea. Facendo riferimento alle armi[126]
va ricordato D. Biagio M., “guardiano” del corpo politico nel
1827[127] e tanti altri che servirono fedelmente il Regno delle Due
Sicilie[128].
Da notizie sommarie emergono nella Guardia Nazionale[129]
in Napoli il capitano della VI°
Legione Luigi M., insignito del cav. della Corona
d’Italia nel 1878, nonché il maggiore Alessandro M, anch’Egli
insignito nel 1876 del cavalierato della Corona d’Italia. |

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Lettera del cap. Luigi della Guardia nazionale |
Ma numerose sono le testimonianze, come si rileva
dalle monografie storico locali dei casali napoletani, di alcuni
personaggi onorati dalla toponomastica stradale, quali sindaci,
decurioni, podestà, nonché una nutrita schiera di sacerdoti, tra
questi non possiamo tacere di una insigne e fulgida figura quale
quella, nel Clero Aversano, del Servo di Dio Can. Antonio
Migliaccio[130]
(1854†1945) fondatore della Congregazione delle Suore di
S. Teresa del Bambino Gesù[131];
come, per l’attività sacerdotale prima e politica
successivamente attraverso i padri della Costituente, tra Azione
Cattolica e Democrazia Cristiana, il vivente ultra nonagenario
Don Lucio Migliaccio, che ricoprì la carica di Rettore Generale
dei Chierici Regolari della Madre di Dio in Roma, insigne per
cultura ed opere, più volte decorato di alte onorificenze di
Stato e Prelato nel Sovrano Militare Ordine di Malta. Va ancora
menzionato, fermando la nostra panoramica agli inizi del secolo
scorso, l’avv. cav. Francesco Migliaccio (1826†1896)[132],
storico e paleografo, che ha lasciato un’enorme mole di
trascrizioni angioine ed aragonesi e pubblicazioni, rientrando
così nella schiera dei nomi illustri dell’archivistica
napoletana. Ne fa testimonianza il fondo a lui dedicato presso
la Società Napoletana di Storia Patria e la raccolta sempre a
lui intestata presso la Biblioteca di Storia del Diritto
Italiano, facoltà di Giurisprudenza, nell’Università di Bari.
Non vanno dimenticate le aziende agrarie in particolare per la
canapa, gestite dai Migliaccio di Orta di Atella. Aziende che
diedero da inizio ‘900 ed immediato dopo guerra un ampio
sostegno all’economia non solo locale ma anche meridionale,
facendo menzione degli avvocati cavalieri Ermenegildo M. e
Pasquale M. che in più di una occasione furono
all’amministrazione civica, come ancora oggi con l’Avv. Giovanni
M. |
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Napoli, palazzo Migliaccio |

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Napoli - decorazione di una ultragenita linea napoletana dei
Migliaccio
ottocentesca;
si notino i sostegni con il cappello a " bombetta " |
Infine,
per l’araldica del ceppo napoletano, più linee fanno uso di arma
da fine ‘700, tra le volte dei propri palazzi, suppellettili,
gioielli[133].
Nonostante l’indisturbato uso per diverse generazioni,
rivestendo uno status more nobilium o di distintissima civiltà
in alcune sue linee con ragguardevoli parentati[134],
non sappiamo perché non vollero rivolgere una petizione di
riconoscimento alla Consulta Araldica del Regno d’Italia,
vantando alcuni la reale possibilità di un titolo baronale o di
nobiltà civica. |

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Can. Antonio Migliaccio |
Linea dei MIGLIACCI/O di FELITTO (Salerno) |
E’ remota la tradizione popolare che vuole un
Lorenzo Migliacci (zzi), pittore Lombardo, venuto a
Salerno in antico tempo. Da questi un Matteo[135]
che passò in Felitto sul Calore (Sa) per eseguire degli
affreschi nell’abside della Chiesa del Rosario[136].
E’ sempre il Bertone a citare tre figli di Matteo che
intrapresero la carriera artistica: Romualdo, Carlo e Domenico.
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Veduta di Felitto, medievale rocca che si affaccia dal suo
sperone di roccia sulla valle del cilento.
Per gentile concessione della Pro loco di Felitto
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E’ certo che questa famiglia raggiunse una
posizione così elevata da acquistare il castello (la Rocca)
feudale dei
Carafa, poi palazzo
Migliacci, posizione che si conservò fino al ‘900 in persona di
D. Cesare M., ultimo rappresentante in loco di questa linea.
Una suggestiva enorme costruzione sulla massima sommità di
Felitto, dove il contorno della base è costituito esclusivamente
da roccia a ridosso dell’intera costruzione. Autorevoli,
spavaldi, dispotici[137]
e altezzosi sono così descritti da alcune cronache locali,
alternando all’amministrazione dei beni agrari, le cariche
civiche[138]
ed ecclesiastiche (ebbero diversi Sacerdoti e
godettero dello juspatronato della cappella di S. Nicola nella
Chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta)[139].
E’ nebuloso il passaggio di questa casa in
Felitto e anche la sua origine. Alcuni storici locali come G.
Bertone, R. Bamonte e E. Ianniello
[139
bis],
suppongono che sia venuta a Salerno al seguito dei principi
Carafa d’Andria, stanziata nel ‘600 a Felitto con un famoso
pittore Matteo Migliacci, eleggendo a sua dimora il piccolo
borgo medievale. Fu lui ad eseguire gli affreschi che adornavano
l’abside centrale della chiesa del S. Rosario. La sua bravura
era tale che venne convocato anche dai paesi vicini per
abbellirne le chiese. Il talento artistico non si esaurì con
Matteo perché anche i suoi figli si affermarono in tale campo:
Romoaldo fu alla scuola del celebre Solimene dei baroni di
Altavilla mentre Carlo e Domenico furono discepoli di Paolo De
Matteis di Piano, allievo, a sua volta, di Luca Giordano.
Annoverano diversi ecclesiastici, nonché un medico, don Niccolò
ed un magistrato, don Francesco Saverio.
Non abbiamo traccia, al momento, di un passaggio in Salerno al
seguito dei Carafa, ma alla leggenda, come sempre, si aggiunge
un pizzico di realtà, anche perché il pittore indicato al nome
di Matteo, altri storici lo indicano di origine lombarda e
riscontriamo dallo storico P. Niccolò da Spinazzola nel 1620
che: “..tra i più esperti ingegneri.. occupati nella
progettazione del Convento di San Lorenzo di Salerno.. l’Ing.
Gio:Leonardo Cafaro, l’Ing. Matteo Vitale entrambe di Cava e il
lombardo, Ing. Camillo Migliaccio
[139
tris]”. La tradizione felittese, sempre
nel ‘600, vuole un pittore, Matteo, altri in epoca anteriore
scrivono in Salerno di un pittore Lorenzo Miglia(zzi) forse
padre di Matteo. Ma chi è l’ingegnere Camillo Migliaccio,
lombardo, probabile progenitore dei Migliacci di Felitto o di
Salerno?
Le ricognizioni ci conducono ad un ingegnere regio di Milano e
Lodi, il patrizio lodigiano Camillo Migliacci olim Migliazzi,
cittadino romano, ricordato per un libro “operazioni di
ingegneri, periti e agrimensori, edito nel 1723 dallo stampatore
Paolo Bertotti. Il Migliazzi apparteneva ad un’antica famiglia
decurionale lodigiana estintasi sul finire del XVIII sec;
giurisperiti e notai dal 1481, fanno memoria di un rettore di S.
Giacomo in Lodi nel 1394
[139
quater]
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Arma Migliaccio sul portale del Palazzo
Migliaccio in Felitto (Sa). A destra: L'antico palazzo Migliaccio in Felitto (Sa) |
E’ certo, comunque, come dagli atti ufficiali,
che la linea di Felitto ebbe un alto stato, differenziati dal
predicato di dominus e magnifico dominus e chiamati spesso
all’amministrazione pubblica come eletti, decurioni e sindaci.
Va ricordato il contributo dato alla
Repubblica Napoletana del 1799, facendo presa anche in
questa famiglia il seme liberale, nutrito il 14 aprile 1799 dal
sangue del 45enne magnif. Don Francesco Saverio M., dottore in
legge e di suo figlio, il 18enne Gabriele, barbaramente
stroncati dai miliziani sanfedisti[140].
Tra le storie che si narrano sui Migliaccio, ce ne è una
particolarmente inquietante, spesso rievocata dagli anziani del
posto, che racconta di una dama di casa Migliaccio, di nome
Bianca o Matilde, la quale si suicidò per un matrimonio sciolto
prima di firmare il contratto notarile. Gli abitanti vicino
palazzo Migliacci dicono di averla più volte vista in abito da
sposa vagare per le stanze del palazzo medesimo[141].
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Linea dei baroni di
S. Felice (Pietravairano) |
Il castello e feudo di San Felice fu una rocca strategico
militare unica nella sua struttura architettonica a pianta
ottagonale che ricorda il martire Felice da Nola. E’ legata alla
storica e patrizia famiglia dei
Sanfelice giunta in Italia al seguito di Roberto il
Guiscardo, prendendo da questa rocca il nome, ricevendo il cav.
Pietro (San Felice) la castellania nel 1018 dallo stesso
Guiscardo. |
©
Ruderi del Castello di San Felice |
I Sanfelice si affermarono nel corso del ‘200 con
il possesso delle contee di Bagnoli e Corigliano[142].
Dopo brevi e vari passaggi ad altri personaggi per fatti
politici, il feudo di San Felice ritornò sempre alla famiglia
originaria. Ultimo investito ne fu Bernardo il 30 aprile 1500 da
Re Federico II d’Aragona[143]
che generò un Michele e GiovanBattista, ultimo barone e signore
di San Felice (in
terra di lavoro, attualmente identificato come San Felice
Pietravairano). In quell’epoca il castello era già diroccato[144].
Adriana Sanfelice nata Caracciolo,
figlia di GiovanFrancesco
dei signori di Vico madre di Michele e GiovanBattista, per la
prematura morte di Bernardo vendette il feudo[145]
con castello, casa e palazzo baronale, vassalli, valvassori e
uomini, con privilegio di alta e bassa giustizia nel 1584 al
nobile Pietro Cola M.[146]
Ne danno conferma dell’annesso titolo baronale i registri del
Banco Ave Gratia Plena del 1° semestre 1588[147].
Nel 1540 subentrò nel feudo GiovanVincenzo M. sino alla sua
morte nel 1618 a cui subentrerà il figlio Francesco M. che terrà
il feudo sino al 1638, a questi subentrerà il fratello Antonio
M. che ne vendette una parte all’U.J.D. Flaminio dè Dominicis
nel 1628. Saranno intestatari del feudo sino al 1644, quando il
Regio Fisco, per liti dovute al non pagamento del relevio, ne
confiscò il feudo, vendendolo al marchese di Pietravairano
Francesco
Grimaldi
[148].
Il titolo baronale del feudo passò alla famiglia Grimaldi che di
per sè non usò mai tale predicato anzi, per passaggio attraverso
varie donne forse era invalido. Il titolo, avendo un reddito di
1000 ducati l’anno nel 1600, veniva trasmesso come dote. Il solo
predicato sino ad oggi, per assonanza di omofonia, è usato dalla
famiglia
Frezza, ma non è lo stesso di
San Felice (di Pietravairano). Di fatto, la famiglia Frezza, sul
merito di Andrea distintosi nella
battaglia
di Lepanto, ricevette da Filippo II di Spagna nel 1575 il
titolo di duca sul cognome. Venne posteriormente poggiato su un
feudo di San Felice con sovrano rescritto della R.C. di Borbone
Due Sicilie del 9 Dicembre 1843 e 28 Marzo 1856 e poi
riconfermato dalla R.C. di Savoia con D.M. del 22 giugno 1905[149].
Anche i
dè Liguoro usavano tra i loro
predicati il San Felice, ma a causa dell’estinzione della
famiglia non sappiamo se era lo stesso. Nel tempo si avrà dalla
famiglia Grimaldi un ulteriore passaggio per vendita e
lottizzazioni alle famiglie: Fusano,
Saluzzo, Bruno. Dopo l’eversione della feudalità nel
1806, il feudo in possesso di Francesco Grimaldi[150]
fu venduto come bene e lottizzato. Pertanto non venne toccato il
titolo onorifico baronale ad esso inerente di Barone che rimane
nel patrimonio araldico nobiliare della famiglia Grimaldi e per
estinzione agli agnati prossimiori, Spinola e
Cattaneo, salvo diritti. |
Linea dei Migliaccio detti di Jago in
Casandrino |

©
Arma Migliaccio
|
Arma: d’azzurro ad una pianta di miglio d’oro, ad un lambello di
tre pendenti di rosso alla sinistra dello scudo. Olim, d’azzurro
a cinque piante di miglio d‘oro, sostenute da due leoni
controrampanti e lampassati di rosso, poggianti su tre monti
all'italiana di verde.
Motto: Honestas et Labor Omnia Vincunt.
In Casandrino già presente a fine ‘400, si
ramificò in
più linee, una avente per
capostipite il magnif. GiovanVincenzo (viv.1579)[151],
amministratore di propri beni allodiali ed enfiteutici. Per
antica usanza nel patronimico completo vengono ricordati come
Migliaccio di San Felice, per la baronia acquistata nel ’500 da
Pietro Cola Migliaccio; ma le due principali linee in Casandrino
assunsero l’identificazione onomatopeica “di Jago” (S.
Giacomo), reminiscenza dei residui dell’usanza longobarda,
per il luogo dove già dal ’400 abitavano, esistendo lì un’antica
chiesa paleocristiana da loro curata dedicata a San Giacomo e
quello di “ Nozze”, per la proprietà di tale masseria
esistente in Casandrino. La famiglia ebbe benefici Ecclesiastici
e numerosi sacerdoti, contrasse alleanze con le distinte
famiglie di quel luogo tra cui: i dè Angelo[152],
Rossi, Maystro, Arinelli e Prauss[153]. |

©
Casandrino (NA) - Palazzo Migliaccio |
Tra tanti Sacerdoti citiamo il Sac. D. Giovanni
M., cappellano ed economo dell’Arciconfraternita del Rosario nel
1597; il Sac. D. Gaetano M., apprezzatissimo per la santità dei
costumi (1833 † 1930); Antonio, diacono (1802 † 1838); presente
nell’amministrazione civica ebbe un D. Pasquale M. eletto
Decurione nel 1758; D. Michele M., podestà di Casandrino nel
1940. D. Ciro M., possidente in Casandrino, fu tra i
contribuenti per il mantenimento delle truppe nel 1795.
Fu ascritta nella lista civica delle famiglie civili, secondo la
prammatica di
Carlo III
di Borbone del 27 Dicembre 1755. Commercianti di stoffe
venivano equiparati alla nobiltà civile, in forza di un retaggio
derivato dagli antichi privilegi connessi all’arte della lana e
della seta, che era considerata un’arte nobile, come da
rescritto del 25 Gennaio 1756.
E’ ricordato per alcuni suoi scritti D. Giuseppe M., tenente
della milizia fascista e il dott. Antonio M., Direttore Gen. di
P.S.. Godettero di Cappellania di Juspatronato sotto il titolo
di San Giovanni Battista[154].
Fanno bella testimonianza in Casandrino ben tre
palazzi di questa famiglia, di antica architettura di cui altri
due, agli inizi del ’900, furono abbattuti per l’ampliamento
dell’arteria principale.
|

N.H. Michele Migliaccio
Podestà di
Casandrino (Na) |
Ad inizio ‘800, una linea si porterà in Giugliano
per interessi agrari con D.
Giuseppe M.. La linea si genera dal magnifico GiovanVincenzo M.
da cui: Giulio Cesare, Francesco, Giovanni, Vincenzo
Alessio, Giuseppe Raffaele Francesco, Raffaele
Francesco Leopoldo combattente e primo fuciliere nel
Reggimento Fanteria “Brigata Casale” per l’indipendenza italiana
nei fatti d’arme del 1866, Giuseppe Leopoldo M.
è il primo che fa uso pubblico del
titolo di barone,
combattente decorato guerra 1915-18.
Da Giuseppe M. si ebbero cinque figli di cui due maschi Raffaele
e Antonio.
Da Raffaele, il Dott. Francesco M., dirigente di
banca, proveniente dall’Azione cattolica ha partecipato alla
vita politica civica ricoprendo ininterrottamente per quasi
venti anni la carica di assessore e di vice sindaco di Giugliano.
… |
Da Antonio[155],
l’avv. Rosario Salvatore M., dottore in diritto canonico,
residente tra Roma e Bologna dove svolge la professione di
avvocato presso i Tribunali Ecclesiastici e di postulatore per
le Cause di Canonizzazione. |

L'avv. dott. cav. Rosario Salvatore Lipo Migliaccio di Sanfelice in uniforme di
Ufficiale Commissario
della Croce Rossa Italiana. |
Terminiamo qui questo lavoro, svolto affinché
chiunque per il futuro possa contribuire a diradare la fuliggine
del tempo, dando lustro ai propri avi. |
NOTE:
[80]
Attualmente nel territorio di Cortale detto anche Casale
Augusto.
[81]
Laureatosi in scienze matematiche e fisiche, conseguì una
seconda laurea in lettere e filosofia. Frequentò l’accademia di
Belle Arti in Napoli e strinse amicizia e collaborazione con i
giovani pittori del tempo quali il Morelli, Lenzi, Cefaly,
Martelli, Cammarano e Tedeschi. Liberale, si arruolò con i
garibaldini partecipando alle campagne risorgimentali sotto il
comando del Gen. F. Stocco. Per lungo tempo sindaco di
Girifalco, non abbandonò mai la pittura, lasciando pregevoli
opere artistiche.
[81bis]
Archivio di Stato di Napoli -
sez. Militare, estratto dai Libretti di Vita e Costumi, 1°
serie, volume 314, fol.8 (Regg. di Fanteria, 3° Estero).
[82]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori.
[83]
Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, “ Libretto di
vita e costumi “ n° 324-1° serie, stato di servizio Dicembre
1814, capitano don Antonio Migliaccio, nato a Girifalco il 1774.
Arruolato nel Regg. Fant. Regina il 23 Febbraio 1788. E’ stato
negli accantonamenti in Atri nel 1796. Partecipa alla campagna
di Siena; partecipa al comando del Col. Carbone alla presa del
Castello di Reggio e Scilla; partecipa alla seconda spedizione
al comando del M.llo Acton con il Regg. Reali Sanniti il 28
Maggio 1807. Partecipa alla battaglia di Mileto. Nel 1809 è
distaccato a Ponza e poi ad Ischia; parteciperà alla campagna di
Genova nel 1814.
[84]
Gli fu varie volte proposta la carica di Priore che respinse per
umiltà, per il merito di suoi numerosi interventi presso la
Santa Sede a favore del Sodalizio, costituendosi parte attrice a
difesa di soprusi e abusi da parte di nuovi congregati. Da
inizio ‘800 i suoi ascendenti furono aggregati
all’Arciconfraternita ininterrottamente.
[85]
Russo F., Regesto Vaticano, Op. Cit., Innocenzo X, regesto n°
34864.
Supplica rivolta a
S.S. Innocenzo X sottoscritta il 6 marzo 1646 dal Sindaco di
Catanzaro Pietro Rocca e dagli eletti della città, che chiedono
come Vescovo il 40'enne Agazio Migliaccio.
[86]
Maggiori note identificative saranno esposte nella parte i
Migliaccio napoletani.
[86bis]
L. De Luca, Nomi di famiglie
in Calabria, oltre 500 cognomi di Coriglianesi nel medio evo,
1995. L'autore indica la famiglia di distinta civiltà dando
notizia anche della cappella gentilizia ottocentesca, sita nel
cimitero storico dove fa mostra lo stemma dei Migliacci del
luogo: la pianta di miglio.
[87]
Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, Artiglieria, fasc.
32/28 AA. 1850-1854.
[88]
Rimasto vedovo il 24 Luglio 1853.
[89]
Ministeriale della Guerra e Marina del 19 Ottobre 1844.
[90]
Ammogliato.
[91]
Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, Artiglieria, fasc.
42, A. 1857.
[92]
La Gendarmeria Reale, svolgeva compiti di ordine pubblico e
polizia militare, per essere ammessi bisognava non essere
inferiori a mt. 1,70 di altezza e saper leggere e scrivere.
[92bis]
Archivio di Stato di Napoli -
sez. Militare, Ministero della Guerra - Libretti di Vita e
Costumi, fascio 32, anno 1853, fol.6.
[93]
Da questi la linea nell’isola di Ponza, v. Trigoli G.,
Monografia per le isole del gruppo ponziano, Napoli, 1855.
[94]
Universitas demaniali e non feudali.
[95]
Tipico di altre città, nell’uso antico, numerose persone
raggiunta una posizione ragguardevole chiedevano la cittadinanza
partenopea per usufruire di tutti quei privilegi che la
capitale, la grande città poteva offrire.
[96]
Su questi trattamenti è utile soffermarsi riproponendo la Prof.
A. M. Rao: sull’attributo, a volte riferito a nobili, ma più
spesso a detentori di incarichi amministrativi e, soprattutto,
al mercante, quasi come espressione di ricchezza mobile recente,
ai notai e alle professioni liberali, mentre il magnifico don
rappresentava qualcosa in più, che va cercato nel decoro, nello
stile di vita, che li avvicinava e li mescolava ai viventi more
nobilium; Rao A.M., Editoria e cultura a Napoli nel XVIII
secolo, Napoli, 1996, nota pag. 182, cfr. Pellizzari M. R.,
“Ritratto di gruppi in un interno: l’immaginario nel Mezzogiorno
urbano del Settecento”, in Il Mezzogiorno settecentesco
attraverso i catasti onciari, voll. 2, II, Territorio e
Società, Atti del Convegno di Studi, Salerno 10-12 aprile
1984, a cura di M. Mafrici, Napoli, 1986, pagg. 645 a 656
[97]
Gravina F., “Genealogia Migliaccio”, (Monografia) Sguardo di
corografia, storia ed araldica d'Italia, (Rivista annuale
illustrata di finissime tavole cromolitografiche, fondata nel
1865) del prof. Federico Gravina Direttore ed Editore, (1900),
supplemento perenne alla p. III, pag. 1.
[98]
La mastrodattia era l’ufficio di redigere e confezionare atti di
natura amministrativa, una sorta di privilegio a vita conferito
dal Sovrano o che si poteva acquistare su autorizzazione del
Presidente del Regio Sacro Consiglio quale vice Protonotaro del
Regno.
[99]
Doc. n° 3929, f. 403v – 405r, dai registri della cancelleria
dell’Imperatore Carlo V, Archivio della Corona d’Aragona in
Barcellona, privilegio del 4 Dicembre 1518.
[100]
Mantelli R. Burocrazia e finanze pubbliche nel Regno di
Napoli a metà del ‘500, Napoli, 1981, pag. 106.
[101]
Trinchera F., Codice Aragonese, o sia lettere regie,
ordinamenti ed altri atti governativi, Napoli, Vol. I, 1866,
vol. II, p. I, 1868, vol. II, p. II, 1870, vol. III, 1874; vol.
III pag. 350.
[102]
Deputato dell’Universitas di Forio.
[103]
Nativo di Forio, figlio di Giovannangelo e Beatrice Coppola.
Laureato in Sacra Teologia, Dottore in Utroque Jure,
Penitenziere Maggiore, parroco di S. Barbara e S. Nicola,
direttore spirituale delle monache del Monastero di S. Maria
della Consolazione di Ischia. Oratore di Sacra eloquenza fu
molto stimato da S. Giovan Giuseppe della Croce.
[104]
Di Lustro A, “Il Canonico Penitenziere Francesco Migliaccio”, in
In Cammino Insieme, Bollettino Ufficiale perla Diocesi,
1, (1989), Ischia, pagg.37 a 41; cfr. D’Aloisio G.A.,
L’Inferno Istruito, Napoli, 1757; d’Ascia G., Storia
dell’Isola d’Ischia, Napoli, 1867; Buonocore O., La
Diocesi di Ischia dall’origine ad oggi, Napoli, 1948.
[105]
D.O.M. Rev.mum Canonicum Cathedralis Isclanae, utriusque juris
doctorem ac laureatum theologum, sacrae eloquentiae oratorem,
penitentiarium majorem missionis, valde pium, justum, humilem ac
singulari pietate, magno zelo animarum, caeterisque virtutibus
imbutum et praesertim in profetiis comprobatum Franciscum
Antonium Caietanum Migliaccio a Forigio Huis Civitatis, hic
Isclae, immatura mors abstulit, cum totius insulae luctu, die IX
mensis Januariii, aetatis suae LIII anno reperatae salutis
MDCCXVI, in signum observantiae amoris sui et summi doloris,
ejusdem Cathedralis Ecclesiae Archipresbiter eius nepos Angelus
Antonius Caruso, transferi, et hunc lapidem collocari curavit.
[106]
Per l’evento, su ordine del Vescovo, furono effettuate
ricognizioni sul corpo e redatto un instrumentum, atto in
Archivio di Stato di Napoli, Notai sec. XVII, scheda n. 1314 del
not. Gaetano Sorrentino di Forio prot. n. 31, anno 1717, ff.
9v-10r.
[107]
Archivio di Stato di Napoli, vol. 2093, famiglie
nobili nel catasto onciario di Sorrento, distretto di
Castellammare (Na), 1754.
[108]
Archivio di Stato di Napoli, notai per Napoli e provincia, sec.
XVII, scheda n. 390-1649-1696.
[109]
Archivio di Stato di Napoli, notai per Napoli e provincia, sec.
XVII, scheda n. 721-1693-1731.
[110]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, 1664-1665, f.
n. 1113.
[111]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, 1617.
[112]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, 1680.
[113]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, 1811.
[114]
Ms in Società Napoletana di Storia Patria, segnato S D IV 13 17
(c14, dal titolo: Memorie in difesa di D. Cristoforo
Camargo, D. Francesco Colucci, D. Giovan Battista Garofalo, D.
Giuseppe Migliaccio, Officiali della Ruota dè Conti, 1780.
[115]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Notai, sec. XVII,
vivente nel 1624, prot. 16 (1624-1650).
[116]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Notai, sec. XVII,
vivente nel 1693, scheda n. 721 (1693-1741).
[117]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Notai, sec. XVII,
vivente nel 1627, prot. 2 (1623-1627).
[118]
La figlia Donna Gaetana, unitamente alla sorella Donna Vincenza
ed il cognato D. Domenico Brancaccio, eredi, chiesero la
riduzione delle messe, ricevendo parere favorevole dalla R.
Camera di S. Chiara. V. Consulte di Stato della R. Camera di S.
Chiara, vol. 196-206 (21 maggio 1784-2 giugno 1787), vol. 19,
cc27-29v.
[119]
Riceveva una pensione di circa 500 ducati l’anno, cfr. Archivio
di Stato di Napoli, notai XVIII sec. Domenico Venettozzi, 82/22
cc. 384v-389, 506-515v, 584v-589; Sommaria, dipendenze, f. 395-
850-852.
[120]
Mugnano è creduto erroneamente il ceppo di origine dei
Migliaccio Campani, ma è solo un centro dove ebbero numerosa
presenza, così come Casandrino e Giugliano. E’ da menzionare
tra magnifici e popolani un cavaliere di questa famiglia in
Mugnano, il messere Giovanni Antonio Migliaccio (fonte,
Libro dei Battezzati della Parrocchia di S. Biagio in Mugnano,
anno 1589, vol. I, f. 23v.). Come cita il Camillo Tutini, titolo
dato a gentiluomini che avevano ricevuto l’investitura del
cingolo cavalleresco: Tutini C., Dell’origine e fundazione
de Seggi di Napoli, Napoli, 1644, pag. 148.
[121]
Anche se con errate identificazioni e notizie storiche, per
tutti: Granito A., Storia della Congiura del Principe di
Macchia e della occupazione fatta dalle armi Austriache del
Regno di Napoli nel 1707, Napoli, 1861.
[122]
Rao A. M., Editoria e cultura a Napoli nel XVIII sec.,
Napoli, 1996.
[123]
Sono identificate le linee che hanno origine nei noti stampatori
napoletani, di cui alcuni passeranno a Salerno e Catanzaro. Dal
‘700 al ‘900 furono impresse circa 1500 opere di vario genere.
Si originano con Niccolò, Aniello e Cristoforo, da questi
Francesco e Gaetano. Gaetano sarà il promotore della stamperia
di Cosenza continuata poi dal figlio Davide. Da Francesco
abbiamo Raffaello che si stanzierà in Salerno, da lui Egidio e i
fratelli Ernesto (padre del Gen. Teodorico), Isidoro, Raffaele e
Giulia; da Egidio, Alfredo (medico condotto), Umberto e Amedeo
più nove sorelle; da Alfredo, Carlo, Ottavio, Vittorio, Clara, e
Anita; da Carlo, Fernando, Alfredo e Maria Luisa.
[124]
Di fatto furono presenti in Napoli, Salerno e Catanzaro. Lo
Stabilimento Migliaccio fu il fornitore ufficiale della
Prefettura del Principato Citra. Da ricordi di famiglia,
Raffaello ed il figlio furono in strettissimo contatto con il
principe Ignazio Migliaccio Firmaturi e Douglas, tanto che si
cercò di stringere parentela, avendo quest’ultimo una sola
figliola, Almerinda.
[125]
Nacque a Cava dei Tirreni (Sa) e morì per un incidente stradale
a Bologna.
[126]
Parlando di eroismo per questa famiglia, una nota è tracciata da
D’Ayala M., Napoli Militare, Napoli, 1847, pag. 44.
[127]
Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, fasc. 117, a. 1832
III. Nato a Napoli il 24 marzo 1773 (…libraio, ammogliato con 4
figli) Si arruolò il 13 febbraio 1791 nel Regg. Artiglieria
Regina, passando poi nella Gendarmeria Reale dal 1806 al 1815
con il grado di sergente a decorrere dal 16 gennaio 1815.
Divenne in seguito Guardiano del Corpo Politico dal 1° Luglio
1827, prestò servizio nella precedente armata di occupazione a
Napoli, prese parte alla difesa di Gaeta nel 1799 e fu fatto
prigioniero dai francesi.; si distinse durante l’assedio di
Forte S. Eramo.
[128]
Il sergente Pasquale M. della Compagnia di D. Mario Settimo
(Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, 1771, Fanteria,
Libretto di vita e costumi n. 34-1° s.); nella R. Marina
Borbonica, (Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare,
Intendenza di Marina dal 1819 al 1861) troviamo: D. Camillo M.
uff. di III cl. (222bis/108); D. Ferdinando M., ufficiale di
Ripartimento (141/90); D. Gennaro Migliaccio, farmacista
(54/69-63bis/13-74/340); D. Francesco M., guardiamarina (1844);
D. Giuseppe M., tenente di Vascello (101/8-18); D. Nicola M.,
maestro bottaro, (Stati di servizio fasc. 4 a. 1820, n. 70.
[129]
Fu istituita nel 1861 come sorta di polizia oggi diremmo
municipale, militarmente organizzata per reprimere gli ultimi
nostalgici borbonici. Si distinse comunque, anche in occasioni
di epidemia per il soccorso civile.
[130]
Di D. Raffaele e donna Luisa del Pezzo. La linea dei Migliaccio
in Giugliano è già presente dal ‘500 elencando una nutrita
schiera di sacerdoti e possidenti, contraendo cospicue alleanze
matrimoniali come i Pignatelli oltre i del Pezzo. Per ampi
possedimenti in Qualiano Don Raffaele, fu chiamato ad esserne
Sindaco nel 1888.
[131]
Vitale R., La Congregazione delle Discepole di S. Teresa del
Bambino Gesù ed il suo fondatore Can. Antonio Migliaccio,
Aversa, 1955; Germani F., Una quercia annosa, Qualiano (Na),
1983.
[132]
Nacque in Somma Vesuviana nello storico Palazzo Migliaccio, già
dell’A.G.P., ricevuto come liquidazione dal padre cav. D.
Giovanni (napolitano) perché facente parte del ceto dei
creditori della R. SS. Casa dell’Annunziata di Napoli. Ebbe
studio ed abitazione in Napoli, in Vico Scassacocchi ai
Tribunali.
[133]
Le armi di questa famiglia sono: arma di origine: d'Azzurro ad
una pianta di miglio di oro, nodrito su di una zolla di verde.
Ramo Lombardo: partito, nel 1° d’argento
all’aquila imperiale di rosso, uscente dalla partizione; nel 2°
di rosso a tre piante di miglio d’oro, nodrite su di una zolla
di verde.
Ramo Napolitano: d’azzurro ad una pianta di
miglio d’oro, sostenuta da due leoni lampassati di rosso, contro
rampanti e affrontati di oro, poggianti su una zolla di verde
(Napoli, Casandrino, Giugliano).
Altra: d’azzurro ad una pianta di miglio d’oro,
sostenuta da due leoni lampassati di rosso, contro rampanti e
affrontati di oro, poggianti su tre monti all’italiana di verde
(Napoli, Felitto (Sa), Giugliano, Mugnano).
Altra: d’argento ad una pianta di miglio d’oro,
sostenuta da due leoni lampassati di rosso, contro rampanti e
affrontati di oro, poggianti su tre monti all’italiana di oro.
Altra: d’azzurro a cinque piante di miglio d’oro,
sostenute da due leoni d’oro contro rampanti e lampassati di
rosso, poggianti su una zolla di verde (Orta di Atella)
Altra: d’azzurro ad una pianta di miglio di oro,
nodrito su di una zolla di verde, accompagnata nel cantone
sinistro del capo da un lambello di tre pendenti, cucito di
rosso (Giugliano, Napoli, Roma)
Altra: d’azzurro ad una pianta di miglio d’oro,
sostenuta da due leoni lampassati di rosso, contro rampanti e
affrontati di oro, sostenuti su una campagna di verde caricata
da tre bastoni scorciati in banda cuciti di rosso.
[134]
Una sorella del prof. Raffaele M. di Mugnano sposò un Malaspina
(ufficiale dell’aereonautica), molto vicino al Duce.
[135]
Bertone G., Felitto tra Storia e Tradizione, 1984.
[136]
Nonostante alcune notizie popolari ci portano ad una data
anteriore al ‘600, questa famiglia non si rileva nello stato
delle anime del 1689.
[137]
Bamonte R. Ianniello E., Felitto. Appunti e documenti,
Felitto, 2003, pag. 197-198.
[138]
Schierandosi in un ben distinto gruppo di famiglie (Migliaccio,
de Augustinis e Sabatella) con un orientamento abbastanza
critico verso i Borboni, contrapposti ai Giardino e agli Ivone,
i primi più volte alla carica di sindaco, i secondi
amministratori sul posto dei feudatari Carafa.
[139]
Cfr. Ebner P., Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, vol.
I, Roma, 1982, pag. 19.
[139 bis]
Bertone G., Felitto tra storia e tradizione, 1984; R. Bamonte e
E. Ianniello - Felitto. Appunti e documenti, Edizioni Felitto,
2003.
[139 tris]
P. Santoriello, Il complesso e la Chiesa di S. Maria del
Quadruvirale a Cava de Tirreni, tesi di dottorato, relatore
Arch. F. Starace presso la Facoltà di Architettura
dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, anno
accademico 2009-2010, p. 70; B. Pergamo, Note per servire alla
storia del convento di San Lorenzo di Salerno, in Rassegna
Storica Salernitana”, n° VIII, 1947, pp. 3-64.
[139
quater]
L’arma dei
Migliazzo lodigiani, troncata: nel 1° d’oro all’aquila
dell’impero coronata d’oro; nel 2° d’azzurro al destrocherio
armato impugnante una pianta (di miglio) e non una penna d’oca,
vedasi anche A. Segrà: inquartato: nel 1° e 4° d’oro all’aquila
dell’impero coronata d’oro; nel 2° e 3° d’oro al sinistrocherio
vestito di rosso che impugna una.. penna d’oca(?) sono visibili
e dipinte nei manoscritti presso l’Archivio Storico Laudense, di
Alessandro Segrà, Araldica della Nobiltà Lodigiana, vol. II
(M-Z), p. 23 e Andrea Timolati, Genealogie di famiglie
Lodigiane, pag. 195. Ancora, stranamente, l’arma dei Migliazzo
Lodigiani (i Migliaccio all’origine erano tutti Migliazzo),
ricorda e richiama per la sua similitudine l’arma dei Migliaccio
di Siracusa, innalzata su palazzo Migliaccio in Via Pompeo
Picherali, essendo qui l’unica arma dei Migliaccio Siciliani che
ha al suo interno un sinistrocherio impugnante una pianta di
miglio.
[140]
Dottore in legge, 45’enne, coniugato con Maria Corrado di Massa,
da cui il figlio Gabriele nato nel 1781, studente di filosofia e
matematica, giustiziato 18’enne.
[141]
Si vuole particolarmente ringraziare per le notizie ricevute le
Felittesi: Dott. Giuseppina Di Stasi, la Dott. Emilia Ianniello
e la Signorina Mariangela Cerullo.
[142]
della Monica N., Le grandi famiglie napoletane, ed.
Newton e Compton, 1998, p.316.
[143]
Campanile F., L’armi, ovvero insegne dè nobili, Napoli
1610, p.151.
[144]
dè Lellis C., Discorsi delle famiglie nobili del Regno di
Napoli, Napoli, 1654-1671, vol. I p.311 e 325.
[145]
Bigotti P., San Felice in provincia di terra di lavoro,
dattiloscritto, 1979; cfr. Angelone G., Note storiche su San
Felice Pietravairano, dattiloscritto, 1999.
[146]
Archivio di Stato di Napoli, feudo di San Felice, Regia Camera
della Sommaria, cedolari, vol I, f. 121v per il 1618 e f. 281v
per il 1645.
[147]
Archivio Storico del Banco di Napoli, registri del Banco Ave
Grazia Plena (A.G.P.) f. 131.
[148]
I Grimaldi di questa linea sono di origine genovese, passati nel
napoletano a seguito delle egemonie Liguri nel Regno di Napoli e
Sicilia nel XVI sec. Il primo ad acquistare il feudo di
Pietravairano fu Ansaldo Grimaldi nel 1596, trasferendo sul
feudo di Pietravairano il titolo di marchese, già concesso sul
feudo di Modugno nel 1581.
[149]
“Libro d’Oro della Nobiltà Italiana” , ed.Collegio Araldico
Romano, Roma, (I), 1910.
[150]
Il feudo di San Felice ebbe dei passaggi giuridicamente non
validi, all’interno della stessa famiglia Grimaldi. Il marchese
di Pietravairano Agostino Grimaldi, possessore della baronia di
San felice, coniugato con Grimalda Settimio, generò cinque
figli: Agostino, Nicola, Ansaldo, Silvestra e Giovan Battista.
Il primogenito Agostino sposò Brigida Spinola, da cui una
figlia, Settimia. Al terzogenito, Ansaldo, fu assegnata la
baronia di San Felice, questi sposerà Teresa Cattaneo, improle.
Giovan Battista avrà Francesco. Pertanto dal legittimo
primogenito Agostino la baronia passa ad Ansaldo, improle, che
la trasmette al figlio di Giovan Battista, Francesco, al fine di
non far confluire tutti i titoli Grimaldi nelle case Spinola e
Cattaneo.
[151]
Archivio Parrocchiale della Chiesa di Maria SS. Assunta di
Casandrino, Registro dei Matrimoni, vol. I.
[152]
Ebbero cappellania di Juspatronato nella Chiesa Parrocchiale di
Maria SS. Assunta di Casandrino, dove è tutt’ora visibile una
bella lastra tombale degli avi di questa famiglia.
[153]
Un Prauss ebbe come compare di battesimo un Borbone.
[154]
Dalle Sante visite dei Vescovi di Aversa, Vescovo Pietro Ursino
del 18 ottobre 1597.
[155]
Il cav. Antonio fu nel 1940 nominato confratello
della R. Arc. dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista dei cav.
di Malta ad honorem di Catanzaro, aggr. all’Arcibasilica
Lateranense. Il figlio l’avv. Rosario Salvatore M., unitamente
al padre, ha perfezionato lo status familiare, registrando
presso il Cronista Rey dè Armas del Regno di Spagna la propria
arma, vistata dal Ministero di Giustizia Spagnolo, dandone
notizia nella pubblicazione sul Foglio Annunzi Legali della
Prefettura di Napoli il 1° luglio 1995. Arma: d’azzurro ad una
pianta di miglio di oro, nodrito su di una zolla di verde,
accompagnata nel cantone sinistro del capo da un lambello di tre
pendenti, cucito di rosso. Motto: Honestas et labor omnia
vincunt. Successivamente è stato autenticato il filo genealogico
da GiovanVincenzo (1579) a Rosario Salvatore, con Decreto
del Tribunale Ecclesiastico Diocesano di Aversa in data 15
febbraio 2002 e con ulteriore sentenza del Tribunale di
Civitavecchia-Tarquinia in data 28 Giugno 2005 fu rettificato il
cognome per gli atti ecclesiastici da Migliaccio in Migliaccio
di San Felice. Il 30 Novembre 2008 la famiglia è stata ammessa
nella Union de la Nobleza de Espana.
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