![](images/pagina_iniziale/nobili%20napoletani%201.gif)
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
![](images/elenco_famiglie/C/stemma%20cattaneo.gif) |
Famiglia
Cattaneo |
Arma:
fasciato d'azzurro e d'argento al palo
troncato; sopra: di rosso alla croce d'oro accantonata da quattro B
affrontati d'oro (Paleologo); sotto bandato d'argento e di rosso (della Volta), col
capo d'oro carico di un'aquila nera(1).
Motto:
Regi semper fidelis.
Dimora: Napoli |
![via san nicandro](images/foto/C/CATTANEO/stemma%20cattaneo.gif)
© Napoli - Stemma Famiglia Cattaneo della
Volta Paleologo
su volta ingresso omonimo palazzo |
Arazzo con lo stemma Catteneo
della Volta e delle insegne delle famiglie imparentate, donato
da Luigi
Giusso del Galdo,
marchese della Schiava, a Corrado Catteneo della Volta,
11° principe di San Nicandro |
La famiglia
Cattaneo della Volta (in antiquo della Volta), originaria di
Genova, si spostò in Asia Minore nel XIV secolo dove si
imparentò con gli imperatori Paleologo e, da allora, si fece
chiamare Cattaneo della Volta Paleologo; in seguito
spostò i suoi interessi in Spagna e nelle Fiandre per poi
stabilirsi definitivamente a Napoli alla fine del 1600.
Ingo della Volta, console di Genova,
firmò a Pavia la pace tra la Repubblica genovese e l'imperatore
Federico Barbarossa e da quest'ultimo fu nominato "Cattaneo
(capitano) della corte imperiale" con il privilegio di inserire
nell'arma il "capo dell'impero".
Nel 1557 Gio. Giacomo Cattaneo fu console genovese a
Napoli
(2).
Stefano
Cattaneo, figlio secondogenito di
Baldassare, fu tra i fondatori e primo governatore della
Compagnia dei Bianchi della Giustizia nel 1520, istituzione
sorta a Napoli la cui storia è legata a San Gaetano da Thiene e
Giovanni Marinoni, direttori spirituali di Maria
Longo e
Maria de
Ayerba, contessa di Termoli, moglie di Andrea
di Capua.
Antoniotto, figlio di Stefano, fece costruire uno
splendido palazzo a Genova alla fine del 1500, oggi palazzo
Belimbau; nel 1601 fu a Napoli, dopo essere stato ambasciatore
straordinario a Vienna nel 1599, per stipulare il contratto di
acquisto, conservato nell'archivio storico del Banco di Napoli,
di un quadro di un pittore fiammingo.
La famiglia si stabilì nel 1600 in Napoli dove nacque DOMENICO (1613 †
1676) che nel 1648 ottenne la cittadinanza napoletana, sposò, in
prime nozze, la nobildonna Maria Serra e,
in seconde nozze, la nobildonna Vittoria Spinola; nel 1650 fu
decorato con il titolo di principe di
San Nicandro, feudo acquistato dal fratello BALDASSARRE (1614
† 1649); detti fratelli erano figli di GIOVANNI BATTISTA Cattaneo
(1582 † 1619 ) e di Maddalena Grimaldi. |
![](images/foto/C/CATTANEO/Giovanni%20Battista%20Cattaneo.gif) |
![](images/foto/C/CATTANEO/Maddalena%20Grimaldi.gif) |
Giovanni Battista Cattaneo (1582
† 1619). A destra:
Maddalena Grimaldi, moglie di Giovanni Battista
Dipinti di A. van Dyck, National Gallery, Londra |
BALDASSARRE (Genova, 1660 † Napoli, 1739), figlio del
citato Domenico, secondo principe di San Nicandro, rompendo la
tradizione di famiglia, fu il primo a sposare una nobildonna
napoletana e non una genovese,
Isabella Gaetani di
Sermoneta († ottobre 1703), ad Arienzo per procura nel 1691 con
la benedizione del cardinale Goetz nella chiesa di Sant'Agnese
in Agnone a Roma il 15 gennaio 1692.
Baldassarre fu gentiluomo di camera di Carlo d'Asburgo a
Barcellona e di
re Carlo di Borbone, appena arrivato a Napoli
diciottenne, ed aveva un profondo legame con la nonna materna di
Carlo, Dorotea di Neuburg, madre di Elisabetta Farnese e tutrice
di Carlo di Borbone. Nel 1718 la famiglia venne ascritta al
Seggio di Capuana. |
Domenico Cattaneo della Volta Paleologo (
1613 † 1676),
1° principe di San Nicandro
A destra: Baldassarre Cattaneo della Volta
Paleologo (
1660 † 1739),
2° principe di San Nicandro |
Il
citato Domenico (1613 † 1676) era nonno di
DOMENICO Cattaneo della
Volta Paleologo
(n. Napoli, 20.12.1696 †
ivi,
2.12.1782), cavaliere della
Chiave
d'Oro, terzo principe di San Nicandro, che nel 1751
acquistò il feudo di Salza, comprendente anche Volturara,
Parolise e Montemarano, in Principato Ultra, e il feudo di
Pomigliano d'Arco in
Terra di Lavoro, ambedue devoluti allo Stato per la
morte senza eredi di Girolamo
Strambone,
duca di Salza. |
Il ramo di Catanzaro della Famiglia
Bilotta si
estinse in Casa Cattaneo della Volta Paleologo a seguito di matrimonio tra
Francesco e Beatrice
Bilotta.
Il Casato fu insignito delle più alte onorificenze:
Toson d’oro,
Ordine di S. Gennaro, Grandato di Spagna di prima classe, e
ricoprì l’Ufficio di
Gran Siniscalco
del Regno.
Nel 1709 ottenne il titolo di duca di
Casalmaggiore; la famiglia aggregata al Patriziato napoletano del Seggio di Capuana, dopo l'abolizione dei Sedili, fu ascritta nel Libro d'Oro
Napoletano. |
![Barra](images/foto/C/CATTANEO/villa%20sannicandro.gif)
© Napoli - Villa Sannicandro |
A seguito di matrimonio celebrato nel 1717 tra
DOMENICO Cattaneo della Volta Paleologo
(Napoli, 1696 † ivi, 1782),
ambasciatore del re di Napoli alla corte di Spagna e decano del
Consiglio di Reggenza durante la minore età di
re Ferdinando IV di
Borbone, con donna Giulia
di Capua, i
titoli di duca di Termoli
(anzianità 1516) e di conte di Anversa
(anzianità 1520) passarono in Casa Cattaneo; Giulia portò in
dote anche i feudi di
San Martino e Donna Ritella, in
Provincia di Capitanata.
Domenico
fu sepolto in Napoli nella chiesa di Santa Maria della Stella,
nel monumento funebre che egli stesso si era fatto costruire
tempo addietro dallo scultore Giuseppe Sanmartino. |
Domenico Cattaneo della Volta Paleologo, 3° principe
di San Nicandro, marito di Giulia di Capua
A destra:
Giulia di Capua, duchessa di
Termoli e principessa
di San Nicandro, moglie di Domenico Cattaneo |
“La
posa della prima pietra”, quadro di G. Maldarelli. La
costruzione della Reggia di Caserta ebbe inizio con la posa
della prima pietra il 20 gennaio del 1752, nel ritratto è
presente il principe Domenico Cattaneo |
![](images/foto/C/CATTANEO/posa%20pietra%201752%20-%20Domenico%20Cattaneo.gif)
Particolare posa della prima pietra: il
principe Domenico Cattaneo |
![](images/foto/C/CATTANEO/Abdicazione%201759%20-%20Domenico%20Cattaneo.gif)
"L'abdicazione di Carlo in favore di Ferdinando (7 ottobre
1759)" di G. Maldarelli.
Nel
ritratto è presente il principe Domenico Cattaneo |
![](images/foto/C/CATTANEO/Abdicazione%201759%20-%20Domenico%20Cattaneo%202.gif)
Particolare
abdicazione di Carlo in favore di Ferdinando: il
principe Domenico Cattaneo |
![](images/foto/C/CATTANEO/sepolcro%20di%20Domenico%20Cattaneo.gif)
Sepolcro di Domenico Cattaneo
della Volta
(1696 † 1782),
3° principe di Sannicandro |
I coniugi abitarono prevalentemente in Napoli nella villa del
principe di Sannicandro meglio conosciuta come villa Giulia; il
principe, come altri rappresenti della famiglia, fu confratello
dell'Augustissima
Compagnia della Disciplina della Santa Croce.
![](images/foto/C/CATTANEO/stemmi.gif)
Napoli, sede
dell'Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa
Croce, cassonetto con stemmi nobiliari.
L'ultimo stemma, a destra di chi guarda, appartiene alla
famiglia Cattaneo della Volta Paleologo |
AUGUSTO (1752
† 1824),
5° principe di San Nicandro, cavaliere del
Toson d'oro, sposò
Teresa
Colonna dei principi di Stigliano; accompagnò la principessa
de Berry in Francia(3).
Il marchese CARLO, Maresciallo di Campo
dell'esercito napoletano, fu nominato Cavaliere di diritto del
Real Ordine di S. Giorgio della Riunione con Real Decreto dell'8
ottobre 1816.
Nel 1845 la pronipote del principe,
Giulia, sposò il duca di Monteleone
Diego
Pignatelli Aragona Cortes,
ed apportò varie modifiche alla
proprietà che prese il nome di Villa Giulia. La proprietà passò successivamente alla Famiglia De Gregorio
principi di Sant'Elia.
GIUSEPPE fu prelato del
Real Tesoro di S.
Gennaro.
La famiglia Cattaneo della Volta Paleologo era aggregata come
Montista al
Real Monte di Manso,
fondato nel 1608 da
Giovan Battista Manso, marchese di Villa Lago, con lo scopo
di assicurare gratuitamente un’istruzione elevata ai figli delle
famiglie patrizie napoletane e a quelle nobili aggregate come Montiste;
tra gli altri, risultano iscritti
Mariano Augusto
(n. il 13
marzo 1869
† 1950 - marito di Matilde Patania),
9° principe di San Nicandro e duca di Termoli, e suo zio
il conte ALFONSO (n. 1846), figlio del principe
Mariano Augusto e della principessa Ippolita
Sanfelice
dei duchi di Bagnoli
(4).
Sono viventi a Napoli alcuni discendenti della famiglia Cattaneo
della Volta Paleologo. |
![© Foto proprietà www.nobili-napoletani.it](images/foto/C/CATTANEO/stemma%20famiglia%20cattaneo.gif)
© Napoli - Stemma Cattaneo alla sommità
della villa. |
FAMIGLIE IMPARENTATE CON CASA CATTANEO
CARACCIOLO: Francesco (Napoli, 1844 † ivi, 1875),
patrizio napoletano, principe di San Nicandro, duca di
Termoli e di Casalmaggiore, sposò donna Agnese
Caracciolo Rossi dei duchi di S. Vito.
GIUSSO: Francesco (n. 1876), conte di Anversa, sposò nel
1895 Felicia
Giusso
dei duchi del Galdo.
MILANO:
donna Giulia
Cattaneo della Volta
Paleologo,
figlia di Augusto, principe di San Nicandro e di donna Teresa
Colonna dei Principi di Stigliano, sposò nel 1802
il
principe
Giovanni Maria
Milano Franco d'Aragona (1784
†
Napoli, 1852), principe di Ardore, duca di San Paolo, marchese
di San Giorgio, marchese di Polistena e Grande di Spagna di
prima classe dal 1816, patrizio napoletano.
PATAMIA: Mariano Augusto (n. Napoli
1866), patrizio napoletano, principe di Sannicandro e duca di
Casalmaggiore, sposò nel 1892 Matilde Patamia.
Pignone del
Carretto: Alfonso Cattaneo della Volta Paleologo dei principi di Sannicandro
sposò a Napoli nel 1873 Caterina
Pignone
del Carretto, figlia di Alessandro, ammiraglio della Marina
Italiana.
RIARIO SFORZA: Maria Gaetana Cattaneo dei principi di
Sannicandro sposò il duca Giovanni
Riario
Sforza; dall'unione nacque l'Arcivescovo Sisto Riario Sforza
(Napoli, 5.12.1810
†
ivi, 29.9.1877). |
![© Foto proprietà www.nobili-napoletani.it](images/foto/C/vulpes-patamia.gif)
© Napoli - Stemmi Famiglie Vulpes e Patamia |
Napoli, via San
Nicandro, altro
palazzo appartenuto alla famiglia Cattaneo |
![Via S. Mattia](images/foto/C/CATTANEO/palazzo%20sannicandro.gif)
Napoli, via S. Mattia - Palazzo Sannicandro |
Napoli, via San Mattia, interno palazzo, stemma
Cattaneo della Volta Paleologo e stemma partito con le insegne
Barberini e Cattaneo
della Volta Paleologo. Qui ha abitato la nobildonna Ippolita
(n. Napoli, 1897), figlia Augusto Cattaneo
9° principe di San Nicandro (Napoli, 1869
†
ivi, 1950), cugina di Corrado
(Napoli, 1900
†
1988) 11° principe di San Nicandro,
e moglie di Francesco Barberini dei principi di Palestrina.
La targa in basso si riferisce a Francesco Cattaneo (Napoli,
1844
†
ivi, 1875), 8° principe di San Nicandro, duca di Termoli e di
Casalmaggiore, conte d’Anversa e Grande di Spagna di prima
classe, patrizio napoletano. |
![Via Annunziata](images/foto/C/CATTANEO/stemma%20cattaneo%20della%20volta.gif)
Napoli - antico palazzo della
Duchesca (all'epoca la Duchesca era un feudo della famiglia), stemma dei Cattaneo della Volta Paleologo |
Napoli - Villa
Giulia.
La villa era una masseria acquistata
probabilmente da Domenico Cattaneo della Volta Paleologo (1613
† 1676),
1° principe di San Nicandro. Baldassarre Cattaneo della Volta
Paleologo (1660 † 1739), 2° principe di San Nicandro, la
trasformò in
villa e costruì la cappella e il teatro. Fu la dimora di
Domenico Cattaneo della Volta Paleologo, 3° principe di San
Nicandro, aio di re Ferdinando IV di Borbone, e della moglie
Giulia di Capua, duchessa di Termoli.
Nel 1845 la pronipote del principe, Giulia, sposò il duca di
Monteleone Diego Pignatelli Aragona Cortes, che apportò varie
modifiche.
Oggi la villa
appartiene alla famiglia de Gregorio di S. Elia. |
![](images/foto/C/CATTANEO/DSCN7747.gif) |
![](images/foto/C/CATTANEO/Arma%20Cattaneo.gif) |
Napoli, una delle carrozze, esposte a villa
Pignatelli, proviene dalla collezione del principe di San
Nicandro
don Augusto Cattaneo della Volta, con stemma gentilizio
sulle portiere e sullo sportello posteriore l’iscrizione
del motto di famiglia: REGI SEMPER FIDELIS
(5).
Donna Giulia Cattaneo, con il marito Diego
Pignatelli, visse a villa Pignatelli fino alla morte del marito
avvenuta nel 1880. |
![](images/foto/C/CATTANEO/Elmo.gif)
Siena - Elmo con lo stemma dei
Cattaneo di Genova (manca l'insegna dei Paleologo) e dell'insegna
dell'Ordine
Reale delle Due Sicilie,
rinvenuta su una spiaggia dell'isola di Pianosa. |
Napoli, villa appartenuta ai
conti Cattaneo oggi magnifica location per matrimoni ed eventi |
![V.M.](images/foto/C/CATTANEO/castello%20cattaneo%203.gif) |
![V.M.](images/foto/C/CATTANEO/castello%20cattaneo%204.gif) |
Il complesso della Congregazione in Napoli dei nobili sotto il
titolo di S. Maria della Misericordia, fondata da San Gaetano
Thiene (Vicenza, 1480 † Napoli, 1547), istituzione benefica che
si occupava, fra le altre opere di misericordia, di curare i
sacerdoti poveri e i pellegrini nell’ospedale costruito accanto
alla chiesa, di dare degna sepoltura, di offrire alloggio ai
pellegrini, fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1806 e
dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Il S.M.O.
di Malta e le famiglie Capuano, Longo, Tufarelli, Sanfelice, Maresca,
Lancellotti, Cattaneo della Volta Paleologo, de Liguoro, de Brayda, Fasulo, Gagliani,
Rossi, de Werra, Dentice, de Lutio, Paternò, Pasca, Gomez Paloma,
de Clario, Guarini, Spasiano, Piromallo, Campagna, Giusso,
Battiloro, Belli, de Lieto, Mazzarotta, Ammone finanziarono la
ristrutturazione della Chiesa. In ricordo di tale atto di
generosità, nell’Oratorio è stato affrescato la platea degli
stemmi dei predetti casati. |
![](images/foto/C/CATTANEO/Misericordiella%20Stemmi.gif) |
![](images/foto/C/CATTANEO/Misericordiella%20Stemmi%202.gif) |
La lettera di Camillo Cattaneo all'abate Michele
Giustiniani sull'origine della famiglia Cattaneo della
Volta, datata 10 gennaio 1667. |
Camillo Cattaneo marchese di Montescaglioso è uomo di
buona cultura e orgogliosamente attaccato alle proprie radici
genovesi e alla famiglia d’origine, legato in particolare da
grande amicizia a Domenico Cattaneo principe di San
Nicandro. In un’epoca in cui da tempo le ricerche genealogiche e
documentarie commissionate dalle famiglie genovesi non hanno più
semplicemente il fine di attestare i diritto alla percezione
delle rendite comuni o agli altri privilegi spettanti ai membri
degli antichi alberghi, ma hanno assunto sempre di più una
valenza culturale finalizzata a valorizzare le gesta dei propri
avi e l’antichità della nobiltà goduta dal casato, Camillo ha
studiato con cura le origini dei della Volta e le loro gesta
medievali. Le sue conoscenze sono attestate da una lettera da
lui indirizzata il 10 gennaio 1667 da Montescaglioso all’abate
Michele Giustiniani e da questi edita nello stesso anno a Roma
in una raccolta intitolata appunto Lettere memorabili dell’abbate
Michele Giustiniani, patritio genovese, de’ signori di Scio, e
d’altri, dedicata a Domenico Cattaneo principe di San Nicandro e
signore di Casalnuovo(6).
Camillo cosi scrive rispondendo a una richiesta dell’illustre
erudito: |
«Illustrissimo Signor Mio Patrone Osservandissimo,
Ha Vostra Signoria Illustrissima la bontà di comandarmi, che le
trasmetta una Relatione, o vogliam dire una mappa de’ Dominij
posseduti dalla Famiglia Cattanea della Volta. Io ben veggo,
drizzarsi tutto il Suo comandamento al disegno di mettere co’
tratti maestri della Sua penna in nuova prospettiva le memorie
della nostra Famiglia, e ne le rendo somme gratie. Ma non è però
che io non debba dirle Magnum iubes renovare dolorem.
Poiché quantunque le grandi rovine spesso si vagheggino con
diletto, e sappia che i Signori Oltramontani con sensibilissimo
piacere si portano a riguardare costì in Roma le Piramidi
cadute, i Teatri disfatti, e gli Archi o mezzo sepolti, o in
gran parte logorati da denti del Tempo, come dal ferro della
Barbarie; tuttavia se i Pronipoti delli Scipioni, e de Titi, e
de’ Severi fossero in piedi, o si riconoscessero per tali, non
gli saprebbero risguardare con occhi asciutti. Poiché le
grandezze antiche quando massimamente sono d’eccedente misura, o
scherniscono, o ci rimproverano la presente fortuna.
Ora io lasciando da parte ciò che tal uno ha detto dell’estruttione
di questa Famiglia facendola derivare da Ingo, pio, e celebre Re
de’ Venedi nella Francia, di cui per più secoli ella ritenne il
nome ne suoi Posteri, e perciò dandole un gran Regno per culla:
io nondimeno non ho fatto mai l’amore con sì belle caligini. A
questa Famiglia come modestissima, è sempre bastato non esserci
memoria nella Repubblica più antica di lei, onde con ragione si
è contentata di esser vecchia quanto sua madre. Non ha perciò
mai affettato origini né reali, né straniere. Et io non posso
non ridermi d’una vanità ch’è stata in tutti i tempi. Perché sì
come anticamente non vi era Famiglia nobile, la quale non
volesse derivare, o da Giove, o da Ercole, o da Pane, perché
ammettendosi allora gli Dei per Padri d’Huomini presumevano
tutti schiatte divine; la dove ora che la Religione ha spenta la
superstitione vogliono tutti descender da’ Re. Quindi è che i
Carli Magni, e gli Ottoni, che sono appunto i Giovi, e gli
Ercoli degli ultimi secoli, si ritrovano spesso a far la Ceppaia
di molti piccioli Alberi. Venendo dunque a cose manifeste, e non
dubitabili, trovo che sin de novecento della nostra Redentione
la Famiglia della Volta era Signora di Varagine, di Mazzone, di
Tagiolo, di Lerma, e di tutto quel tratto di Paese, che dal Mare
della Liguria si stende verso Terra, e pizzica oggi gli Stati
della Repubblica, di Milano, e di Monferrato. Federico de’
Federici attesta di haver presso di se le carte de’ giuramenti
di fedeltà fatti da quei Popoli a Signori della Casa della
Volta, e sono queste oggi negli Archivij della Republica.
L’Autor della Cronica Sacra di Corsica riferisce l’istesso, et
io posso attestare a Vostra Signoria Illustrissima d’haver
veduti, oltre i sopradetti Scrittori, gl’instromenti originali,
e di vendita fatta di Mazone da Carlo et Ingo
Cattanei della Volta a Raffaello Spinola; e di donatione fatta
di Tagiolo alla Republica da Filippo della Volta che ne
era Signore. Quest’è quel grand’Huomo, il quale, come narra il
vostro Giustiniano, liberò i due Capitani Oberti,
Doria, e
Spinola, già in atto d’esser trucidati da Guelfi, i capi de
quali havrebbe mandati a ferro, et a fuoco, se ricoveratisi
questi nel Tempio maggiore di S. Lorenzo, a’ prieghi
degl’Ecclesiastici, non permetteva, che nel suo animo il
rispetto della pietà prevalesse allo sdegno, et a fini delle
fattioni Politiche. Né potevano senza questo Stato sì vicino, e
sì pieno di vassallaggio sostenere que’ della Volta le guerre,
più tosto, che le discordie, le quali per due interi secoli
hebbero con la Famiglia Venta, e co’ quei di Corte, rimasti in
più battaglie seguite, tanto in Città, come in campo aperto
perditrici.
L’altro Dominio, che trovo posseduto dalla Famiglia della Volta,
fu lo Stato di Flix, o Flessia in Catalogna, il quale oltre a
Balaguer conteneva un gran tratto di paese detto Terra Ancararia.
Questo Dominio fu acquistato da Ingone della Volta
nell’anno 1147, con occasione molto gloriosa. Poiché essendo
egli uno de’ Consoli della Repubblica, et uno anche degli
Almiranti di quella poderosissima Armata, di cui fu detto, che
dopo quella di Augusto non ne fu veduta una maggiore ne’ nostri
Mari, con la quale espugnò prima Almeria, e poi Tortosa,
potentissime Regie de’ Mori; l’Ammiraglio Ingone in premio del
suo valore, ne riportò quello Stato con altri beni posti ne’
Territorij di Tortosa, e di Lerida. La linea poi di questo o per
ostentare il titolo d’una Signoria sì notabile, o per
distinguersi, come sempre accade in Famiglie numerose,
dagl’altri rami, si cominciarono a chiamare di Flessia. Onde
alcuni moderni l’han reputata, ma falsamente, una famiglia
nobilissima si, ma distinta. Gli convincono però i notabili
Testementi d’Ingone della Volta figliuolo del sopradetto,
che fu sette volte Console, et Ammiraglio contra i Pisani, e
Capitano Generale vittorioso contro i
Malespini,
il quale si chiama in essi, INGO DE VOLTA DOMINUS FLEXIAE.
Raimondo suo figliuolo, pur Console, et Ammiraglio in Terra
Santa, dove ottenne gran Privilegij per la Republica. Oberto
figliuolo di Raimondo Console, uno degli Otto Nobili, et
Ambasciadore all’Imperatore, al re d’Aragona, et a tutti i
Prencipi d’Italia, et amendue sempre si nominano DE VOLTA
DOMINUS FLEXIAE. Come poi questo Stato uscisse dalla famiglia, o
se più tosto la Famiglia passata in Ispagna mutasse quivi
cognome, com’è consueto in quella Natione, a me non è noto.
Posso ben non senza grande fondamento persuadermi, che
Raimondo figliuolo di Bonifacio della Volta Signore
di Flessia, perché anche in Genova i figliuoli, e posteri di
questi si dissero per lungo tempo di Bonifacio, propagò in
Ispagna la Famiglia de’
Bonifacij.
Fu Raimondo di Bonifacio il primo Almirante de Castiglia, e
perché forse nacque in Ispagna, ma di Stirpe Genovese, gli
Scrittori sono discordi, altri facendolo naturale del paese,
altri forestiere, et a mio credere tutti affermano parte del
vero. Certa cosa è, che i Castigliani tardi appararono le Arti
marinaresche, e se anche più tardi si valsero per Almiranti
degli Zaccaria, e de Boccanegri Genovesi, forza è, che molto
più, quando non havevano ancora assaggiata l’amarezza del mare
ricorressero alla peritia di uno di essi. E perché Ferdinando il
Santo fu da Raimondo con sommo valore servito nella gran Città
di Siviglia, riconobbe la virtù di in tant’huomo , col dono
delle Terre di Viglioueta, e di Capriata.
La terza serie di Dominij, che possedé la Famiglia della Volta,
fu nell’Isola di Sicilia. Io non ho havuto sorte di vedere
l’Archivio di Palermo, ma chi ha più tosto scorse, che estratte
le notitie di esso, mi ha riferito, ritrovarsi quivi un gran
fascio d’infeudationi di Stati fatti da re Svevi a Cavalieri
della Famiglia della Volta. Né può altrimenti esser ciò
accaduto. Peroché Ingo della Volta Console, quando in Pavia
fermò la pace con Federico Barbarossa, et ottenne per sé la
dignità di Cattaneo, e per la Republica la libera Signoria di
Siracusa, con patto, che i Genovesi fossero seco in lega per la
conquista della Sicilia; gli Huomini della Casa della Volta
seguirono ardentemente in quella impresa gli stendardi della
Casa di Svevia. Ond’è, che estinta questa Casa in Manfredi, et
occupata la Sicilia da Pietro d’Aragona, quando n’era in attual
possesso Federico pur di Aragona erede per la Costanza figliuola
del sudetto Manfredi, udendo, che i Genovesi si accostavano a
Prencipi d’Angiò, spedì un Ambasciadore a Genova, il quale
riferisce il Zirita, che l’ha involato di peso da un’Istoria
manuscritta, di que tempi, dice, che dovevano ricordarsi del lor
amore alla Casa di Svevia, e de’ grandi beneficij ricevuti
all’incontro da que’ Re, et in particolare nomina los Dorias,
los de Negro, los Fliscos, los Espinolas, y los de Volta muy
Nobles. Per quel piccolo Ecco però, che l’Archivio di Napoli
fa a quel di Palermo, ritrovo che que’ della Volta già
cominciati a nominarsi Cattanei, quando si accostarono a Carlo
II Re di Napoli, e perciò privati de’ loro beni da Re Aragonesi,
Virgilio fatto Maestro Rationale del Regno, hebbe in dono la
terra di Biccari oggi Contea, e primo titolo della Casa del
Bosco de’ Prencipi della Cattolica, col Castello parimenti di
Ciminna oggi Principato nella Valle di Mazzarra. Il medesimo
Napolione poi per Giacoma di Montalbano sua Moglia, possedé
quivi la Terra di Tannera, e quella della Sambuca oggi
Marchesato della Famiglia Bardi. Donò poi l’istesso Re a
Napoleone Cattaneo eletto perpetuo Stratico di Salerno, le Terre
di Abula, di Mammolina, e di Buscemi in Val di Noto. Et
essendosi renduto ribelle degli Angioini Enrico Rosso gran
Barone Messinese, diede il re Carlo in dono alla fedeltà del
sopradetto Virgilio tutti i Feudi, e i beni confiscati a Enrico.
Ma intorno a questi tempi l’Aquila Cattanea alzò un volo come
più lontano, così più alto, e si portò alla sovranità de’
Principati, e delle Corone e dall’Imperadore Michele Paleologo
Andrea e Giacomo Cattaneo Signori di Galee proprie ottennero il
Dominio della Vecchia Focea, e de monti circonvicini, ne’ quali
havevano essi scoperto il tesoro dell’Alume, all’ora ignoto
all’Europa. Il Duca Nipote nella sua Istoria ultimamente
stampata spiega distintamente i fini, ch’hebbero et i Cattanei
in prendere, e l’Imperatore in dare loro l’Investitura. Aggiunge
appresso, come i due fratelli per difender i lavori molto
importanti dell’Alume, stabilirono di fabricare una gran
fortezza, la quale gli assicurasse dalle scorrerie de’ Turchi,
che cominciavano a farsi sentire nell’Asia minore. Or
concorrendo et i Genovesi lavoranti, e i Popoli convicini a
ricovrarsi sotto l’ombra di quel gran Forte, venne a formarsi
una grandissima Città, che ebbe nome Focea, o Foia nuova, onde
in tempo poi di Andrea secondo Cattaneo, Figliuolo del primo,
crebbe a tal segno, che fu uno delli Emporii più celebri di
tutta l’Asia, e come accenna il Duca Nipote, che vi nacque, e v’hebbe
casa, chiudeva in sé più di 50 mila Abitatori, et altresì nella
sola fortezza, secondo che narra il Catacuzeno, vi dimoravano di
presidio più di mille Soldati Latini. Quindi gli fu facile lo
stendere i confini del Principato, e prendere una gran
prepotenza sopra i Principi Turchi confinanti, a quali in
diversi rincontri presi prigioni i loro Figliuoli, gli serbò a
nome di ostaggi, ma in realtà per tenere a freno l’infedele
insolenza de’ Padri. Morto Andrea (in Focea, come dimostra la
memoria ch’è di lui nella prima Cappella de Cattanei in San
Domenico di Genova, ove si vede ch’ebbe moglie dell’Imperial
Casa de Paleologi) il Principe Domenico suo figliuolo,
credendosi (tutto ciò racconta distesamente il Catacuzeno)
valido per ricchezze e per forze lasciategli dal Padre, volle
stendere il dominio, e gettò tutto il suo amore sopra la
grand’Isola di Mettelino, che in prospettiva di Focea gli stava
continuamente sù gli occhi, e portatosi a Genova messa quivi
all’ordine un’armata di dodici Galee a sue spese, e venute a suo
soldo le cinque de’ Cavalieri di Rodi, si gettò come un gran
Falcone sopra la preda desiderata, et in pochi giorni si fece
assoluto patrone dell’Isola. Come poi gli venisse contro con
tutte le forse dell’Impero, l’Imperadore Andronico giuniore, e
tutti i Principi Turchi vi concorsero, portando e soldati, e
viveri, come egli andò in contro per combattere in mare l’Imperadore,
e ne fu impedito da Rodij, che sul principio della zuffa
negarono di voler servirlo contra la Persona di Cesare, come
sostenesse animosamente per nove mesi gli assedij posti, et a
Metellino, et a Focea, e finalmente con quali patti, e con quali
stratagemme si composero le differenze dal Catacuzeno, ch’era
nell’Impresa presso Andronico col posto di Magno Domestico, ne
fa lungo racconto l’istesso Catacuzeno, il Gregora, il Laonico,
e tutti gli Scrittori Greci di quel secolo. Il figliuolo poi di
Domenico, Figliuolo però secondo genito sopranominato
Gattilusio, havendo riposto nel trono di Costantinopoli con
sue Galee, ma più col suo stratagemma, l’Imperadore
Calogiovanni, il fece con libera Investitura Signore di
Mettelino, con darli parimente per moglie la sua sorella, da
quali nacque poi Elena Imperatrice di Trabisonda. Di tutto ciò
parlano tutti gli Scrittori di que’ tempi, ma più distintamente
di tutti il Duca nipote. Il secondo Domenico figliuolo di
Francesco, e marito di Maria Giustiniana Figliuola di Paris de
Signori di Scio, amendue esempi di amor coniugale s’impadronì
dell’Isola di Stalimene, e la diede a Nicolò suo Fratello. Si
stesero in oltre all’acquisto di Tarso, d’Imbro, e di
Samotracia, e di altre isole minori. E passando all’altra parte
di Terra ferma s’impadronirono della Terra importante di Sesto,
della quale se ne intitolava Signore Andrea, il quale, come
riferisce il Bosio nelle Storie di Malta, riscattò il
Conte di Nivers, e gli altri Principi d’Occidente fatti prigionieri dal
Turco in Ungheria, e poi della gran Città d’Eno, e del Suo ampio
Stato con titolo di Despota. Ma con quali arti si portarono a
quest’ultimo de’ Dominij, diffusamente vien narrato dal Laonico.
Come poi si perdessero tante sovranità, le quali per numero di
Vassallaggio, per opulenza di Rendite, e per importanza di forze
uguagliavano un gran Regno, in modo che a Cattanei nulla mancò
di Regio, salvo che il Titolo, o per dir meglio ne pur questo
loro mancò, mentre quel di Despota tanto suonava nell’Imperio
Orientale, quanto quello di Re; ne riferiscono le dolenti
tragedie i sopracitati Scrittori. Focea però come fu la prima a
conquistarsi, fu l’ultima a perdersi, et a conto fatto si
conservò per lo spatio di trecento anni in casa Cattanea, molto
più che si conservò l’Imperio di Constantinopoli nella Casa de’
Paleologi.
Dopo lo spettacolo di sì grandi rovine, riesce doloroso il
volger l’occhio a piccioli acquisti di dipendenti dominij. Per
porgere nondimeno a Vostra Signoria Illustrissima piena contezza
di tutto, nel regno di Napoli, oltre alla terra di S. Martino,
ora Principato de’ Signori Gennari, ch’ebbe Guglielmo
Consigliere, e Ciamberlano del Re Roberto, e quella di Poggio
della Valle comperata da Raimondo gran Siniscalco del Regno
sotto la Reina Giovanna prima, e di Renda da Gualtiero Reggente
della Vicaria sotto Giovanna seconda; negli ultimi tempi, vi fu
lo Stato di Capistrano, ch’è ora Principato de’ Serenissimi
Medici, quello di Avella Principato anche de Signori Doria,
Summonte e’l Palazzo feudo ricco passato per eredità da
Antoniotto Cattaneo a Signori de Marini Marchesi di Genzano.
Al presente però la Fortuna della Casa è ridotta nel Regno di
Napoli a’ soli Dominij del Principato di S. Nicandro, del
Marchesato di Montescaglioso, ch’io posseggo, della Signoria di
Bellante, antico Marchesato de’ Signori Acquaviva, della
Baronia
di Casalnuovo; e nel Monferrato al Marchesato di Belforte et
alla Contea di Malle. Tenue appoggio, ma però tale, che se i
nostri Posteri sapranno accrescerlo, potrà loro valere di scala
per riportarsi a qualche grado delle antiche Grandezze. Et a
Vostra Signoria Illustrissima bacio affettuosamente le mani.
Montescaglioso 10 di Gennaro 1667.
La quale prego ad avvertire ch’io non ho qui numerato lo Stato
di Focecchio, occupato, come narra l’Ammirato, per breve tempo a
Fiorentini, da quegli della Casa della Volta, perché non sapendo
con certezza, che fossero Genovesi, benché gli possa credere
tali, e per le Fattioni della Patria esuli nella Toscana; non ho
giudicato confondere le materie dubbie con le manifeste. In
oltre non ho fatto memoria degli Stati posseduti dalla Famiglia
della Volta in Francia, molti de’ quali sono oggi uniti nella
Casa del Duca di Vantadur, il cui Primogenito appunto s’intitola
il Conte della Volta. Poiché quantunque si possa far congettura,
che Ruffino della Volta Ammiraglio di Filippo Augusto
nell’impresa di Tolamaida, il qual dopo quell’acquisto con tre
sue navi proprie il condusse in Occidente, fermasse in quel
Regno la casa, e dasse nome alla Terra della Volta posta su’l
Rodano, tuttavia io non vendo in questo luogo, né probabilità,
né verisimiglianze, ma indubitabili evidenze. Di più nulla io ho
accennato de’ Dominij de’ Cattanei Malloni di Genova, nulla de’
Cattanei di Sarzana feudatarij antichissimi in Lunigiana, nulla
de’ Cattanei di Mantova, di Milano, e di Piacenza, e di tanti
altri sparsi per la Lombardia, perché non ho pruove manifeste,
che appartengano alla Casa della Volta, che è stata lo scopo
unico e del suo comandamento e della mia ubbidienza».
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![](images/foto/C/CATTANEO/Cappella%20Cattaneo%20della%20Volta.gif) |
Napoli, cappella gentilizia dei
Catteneo della Volta Paleologo, qui riposano in pace i Principi
di San Nicandro,
dal VII in poi
(Augusto
†
1860,
Francesco
†
1875,...)
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Note:
1)
- Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli -
Sezione Diplomatica.
2) -
Giovanni Brancaccio, “Nazione genovese: consoli e
colonia nella Napoli moderna", 2001.
3) - Manoscritto 469118 - "Notices
sur les principales familles du Royaume des Deux Siciles",
Parigi 1858, pag. 69.
4) -
Vincenzo di Sangro, conte di Rodiano, "Genealogie di tutte le
famiglie patrizie napoletane e delle nobili fuori seggio
aggregate come montiste al Real Monte di Manso".
5) -
Denise Pagano, "Museo delle carrozze a Villa Pignatelli".
6) -
Lettere
memorabili dell’abbate Michele Giustiniani, patritio genovese,
de’ signori di Scio, e d’altri, I, Roma 1667, pp. 369-380. |
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