NOTE:
[1]
Il documento, con la descrizione delle esenzioni, è edito in
Winkelmann E., Acta Imperii Inedita, vol. I, Innsbruck,
1880, pagg. 623-624.
[2]
Vigo L., “Monografia critica delle colonie lombardo sicule”, in
Opere, vol. III, Opuscoli inediti e rari, Catania 1878,
pagg.166 a 295. Il Vigo considerò quattro momenti di
immigrazione: il primo, intorno al 1040 al seguito di Maniace e
di Arduino; il secondo, durante la guerra tra normanni e
musulmani; il terzo, in conseguenza dei triplici sponsali fra
Altavilla e Aleramici; il quarto, nel 1237 per autorizzazione di
Federico II e sotto la guida di Oddone di Camerana (v. pagg. 175
a 179). Cfr. Peri I., “La questione delle “Colonie” lombarde in
Sicilia”, in Bollettino Storico Bibliografico Subalpino
(anno LVII) 1959, 3° e 4° trimestre, Torino, pagg. 253 a 280;
Villari L., Storia Ecclesiastica della Città di Piazza
Armerina, Messina, 1988. Il testo offre un’ampia panoramica
sui flussi migratori settentrionali nel Regno di Sicilia.
[3]
Trasselli C., La vita a Reggio Calabria ai tempi di Carlo V,
Reggio Calabria, 1975, pag. 11 – cfr. anche Trasselli C., Lo
Stato di Gerace e Terranova nel ‘500, Vibo Valenzia, 1978.
[4]
La forma originaria tra quattro e cinquecento del cognome è
MigliaÇzo, trovandolo presente in questa forma, sia (si fa
riferimento a fonti bibliografiche di maggiore reperibilità e
consultabilità a differenza di fonti archivistiche generali) in
Sicilia cfr. Bologna B., Descrittione della casa e famiglia
de Bologni, Messina, 1605, D. Mariano Migliazo (poi
barone di Montemaggiore) e Mugnos F., Teatro genealogico
delle famiglie nobili, titolate, feudatarie ed antiche del
fedelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, P.
Coppola, Palermo, 1647, pagg. 145 – 146, proprio come intera
famiglia Migliazzo, trovandovi ancora oggi delle famiglie
Migliazzo; sia in Calabria in tutte le sue linee, cfr. Russo F.,
Regesto Vaticano per la Calabria, Gesualdi Editore, Roma,
1980, (voll.17), vol. I Francesco Migliazzo reg. n° 24465 del
1592; sia nel napoletano cfr. Trinchera F., Codice Aragonese,
Napoli, 1874, (voll.3), vol. III, pag. 350 Jacobo Migliazio di
Ischia, atto 10 Dicembre 1492 e Illibato A., Il Liber
Visitationis di Francesco Carafa nella Diocesi di Napoli
(1542-1543), Roma, 1983, pag. 76 Antonium Migliazo e pag.
230 Marcus Antonius Migliazo di Napoli. Il Liber Visitationis fu
una fonte particolare per B. Capasso e Benedetto Croce.
[5]
Inveges A., Nobiliario Regio, Viceregio, Capitaniale e
Pretoriano, p. III degli annali della felice città di
Palermo, Palermo, 1651, pag. 93.
[6]
Mmss presso la Biblioteca Comunale di Palermo: QQ E 58 – 59/ H
47-48 / Vincenzo Di Giovanni, Del Palermo restaurato,
quattro libri del 1615 circa, famiglia Migliaccio, pag. 335.
Cfr. Ansalone P., De sua de familia opportuna relatio,
Venezia, 1662, pag. 319.
[7]
Si confronti anche una recente individuazione di un manoscritto
quasi del tutto sconosciuto: mmss di Mario Pluchinotta, Lessico
delle famiglie nobili siciliane, vol. IV, p. III, famiglie di
nobiltà civica, 1950, pag. 457; nonché il vol. II, Lessico delle
famiglie nobili siciliane, p. II, famiglie di nobiltà titolata e
feudale, 1990, pagg. 641 a 645, in sez. mmss Biblioteca
Comunale di Palermo segn.2Qq-E-182 n.2.
[8]
Fazio degli Uberti, cap. XXVI “ Il Barbarossa, è questi ch’io ti
dico, che fece arar la piazza di Cremona, e seminar di miglio e
di panìco”, da Monti V., Il Dittamondo, Milano 1826, lib.
III pag. 176.
[9]
Paolo Diacono o Paulus Diaconus, pseudonimo di Paolo di
Varnefrido (Cividale del Friuli, 720 + Montecassino, 799)
è stato un monaco, storico e poeta longobardo di espressione
latina. La Historia Longobardorum è l'opera più importante
scritta da Paolo Diacono, suddivisa in sei libri tratta della
storia del popolo Longobardo dalle origini al suo apice: la
morte del re Liutprando nel 747. L’Accademia della Crusca
inoltre, svolgendo un’analisi onomasiologica, individua meglio i
suffissi italianizzatisi tra fine ‘500 ed inizio ‘600 di
Migliaccio, Mìliaceus, di miglio (mìlìàcus/a/um, “nutrito”
con miglio) con il suffisso –aceus tipico della formazione degli
aggettivi da sostantivi che ha esito -accio in Toscana, -azzo in
Italia meridionale e –azz(o) / -ass(o) in quella settentrionale;
rif. Paoli M., Redazione Consulenza Linguistica, Accademia della
Crusca.
[10]
Mei, Mil, Mel = miglio.
[11]
Vittani G. e Maranesi C. (a cura di), Gli Atti Privati Milanesi
e Comaschi del sec. XI, Milano, 1933, vol. I, pag. 173-176, ind.
464.
[12]
Baroni M. F., Gli atti del Comune di Milano nel sec. XIII,
Milano, 1976, vol. I (1217-1250): pagg. 126-127; 1238 v.r.; v.
ind. dei luoghi pag. 910 (Mediolanum); Baroni M. F., Gli atti
del Comune di Milano nel sec. XIII, vol. III (1277-1300),
Alessandria, 1992, pagg. 160-161; 200 a 203; 218; 416 a 419.
[13]
Avonto L., I Templari a Vercelli, ed. S.E.T.E, Vercelli,
1982, pag. 151; cfr. anche Bramato F., Storia dei Templari in
Italia, , Atanor, 1991,Vol. I.
[14]
Libro Registro delle provvisioni dell’anno 1385 al 1388, fol.
107, Archivio Civico sez. Storica.
[15]
Rossi F., Teatro della Nobiltà d’Italia, Napoli, 1607,
pag. 70; Flaminio Rossi (1559+1607) fu giureconsulto napoletano
di nobile famiglia, noto anche con lo pseudonimo di Rubeis.
Accanto ad altre opere è ricordato per “ Il Teatro della
Nobiltà d’Italia ove compariscono le nobili e illustri famiglie
di 110 e più famose città, cominciando da Napoli e suo Regno”,
edito dalla libreria di Enrico Bacco “all’insegna
dell’Alico”, pubblicando una prima edizione nel 1605 in 8°
ed una seconda nel 1607.
[16]
Archivio Comunale Laudense, ms Alessandro Degrà, Araldica della
Nobiltà Lodigiana, vol. M-Z, colloc. 24B20 pag. 23; cfr. presso
lo stesso Archivio Comunale Laudense, ms Genealogie di famiglie
Lodigiane del Timolati, riportante la data 1888, coll. Armario
XXI, f. A, n. 3 pag. 195 r.v.
[17]
Come si riscontra dalle armi Migliaccio lodigiana e messinese,
nella prima è presente un sinistrocherio che regge, per
esclusivo errore del disegnatore del tempo, una penna d’oca in
sostituzione della pianta di miglio, nel secondo il
sinistrocherio regge una pianta di miglio. Alcuni eruditi
messinesi, non riscontrando nelle armi Migliaccio siciliane un
sinistrocherio, volevano attribuire tale arma ad altra famiglia,
però è e fu inconfutabile che il blocco di pietra, su cui fu
scolpita l’arma, venne innalzato quando fu edificato il Palazzo
Migliaccio in Via Pompeo Picherali in Messina nel ‘400, notevole
indizio del comune ceppo lombardo; cfr. Romano M., L’araldica
secolare di Siracusa, Siracusa, 1992, pag. 84. Si osservi
che la stilizzazione della pianta di miglio segue le
caratteristiche personali dello scalpellino del tempo in cui fu
scolpita, notandosi diverse stilizzazioni tra l’arma Migliaccio
sul Palazzo e chiesa in Malvagna e il palazzo Migliaccio in
Palermo.
[18]
La raccolta dei sei volumi è formalmente denominata Volpicella
in quanto Scipione Volpicella fu il primo studioso ad
interessarsene e a darne pubblica notizia attraverso un articolo
pubblicato su un periodico: almanacco nobiliare napoletano,
L’Araldo nel 1879 alle pagg. 95 a 115 dal titolo “ Armi
gentilizie riportate nei manoscritti della Biblioteca Nazionale
di Napoli “, S. Volpicella (Napoli,1810+1833), oltre che 1°
bibliotecario della Biblioteca Naz.le di Napoli, fu tra i
fondatori della Società Napoletana di Storia Patria e membro
corrispondente della Regia Consulta Araldica del Regno d’Italia
con nomina dal 1873. Facilmente lo studioso si può confondere
con l’altro illustre omonimo, il giurista Luigi Volpicella
(Napoli, 1816+1883), scrittore e magistrato con gli onori di I°
Presidente della Corte di Appello di Napoli, noto per
l’inventario: Gli Stemmi nelle scritture dell’Archivio di Stato
di Napoli, Trani, 1905.
[19]
dè Crescenzi Romani G. P., Corona della Nobiltà d’Italia,
ovvero compendio delle famiglie illustri, Bologna, 1639,
pag. 223-224; 256.
[20]
Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei Memoriali, vol.11,c.32
v.; v. anche Edizione: “Chartularium Studii Bononiensis”, vol.
XIV, Bologna, Istituto per la Storia dell’Università
(1981) pagg. 25-26.
[21]
Archivio di Stato di Bologna, atto di vendita del 5 giugno 1270,
c. 260; v. anche Edizione: “Chartularium Studii Bononiensis”,
vol. XIV, Bologna, Istituto per la Storia dell’Università
(1981) pag. 69.
[22]
Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei Memoriali, Vol. 12, c.
198 r.; v. anche Edizione: “Chartularium Studii Bononiensis”,
vol. XV, Bologna, Istituto per la Storia dell’Università
(1988) pagg. 120-121.
[23]
Mmss custoditi presso la Biblioteca Feliciana in Naro (Ag),
oggetto di studio per numerose tesi di laurea e almeno da
trecento anni fonte e punto di riferimento documentale per
numerosi testi biografici e storici. Ms: frà Salvatore da Naro,
L’Aurea Fenice che fu l’antichissima fulgentissima città di
Naro, olim Agraganta Ionica chiamata, 1731, segnato SB-13;
Ms: frà Saverio Cappuccino, Annali di Naro e Naro
Antica segnati, SB-11.
[24]
Riolo Cutaja M., Frammenti scritti di autori Naritani dal VI
al XIX secolo, Palermo, 1989.
[25]
Successore nella continuazione della Ricostruita Cancelleria
Angioina di R. Filangieri e J. Mazzoleni (lettera del 21
Ottobre 1996 in archivio dell’autore).
[26]
Durrieu P., Archives Angevines de Naples, Paris, 1887, Voll. 2.
[27]
La forma latina Milliaco (Milly), induce in errore. Il D’Hozieres
specifica nel suo Armorial Gènèrala au Registres de la
Noblesse de France, Noblesse de France, Paris, 1752, Vol. 13°, I p. pag. 39 che
dai cartolari antichi la identifica in dè Milliaco, incorrendo
in errore successivamente in tempi più recenti, oltre il C. dè
Lellis, Bresc H., “ Un Monde Mediterraneen “ economia e
società in Sicilia 1300-1450, Paris, 1986, Voll. 2, al vol.
I pag. 223 e vol. II pag 910, citando la stessa famiglia come
Milia, rievocando la figura di un Orlando de Milia in Palermo
nel 1283 (ripreso dal De Rebus, pag. 631) dando indicazione
anche di un sepolcro nella Chiesa di S. Domenico in Palermo;
evidenziando inoltre che lo stesso Durrieu nei suoi due volumi,
la trascrive in Milly, Milia e Milliaco, sembrando non essere la
stessa famiglia come: Johannetus de Mili, valet de l’Hotel, 1275
(R. A. 21 f. 2256), Johannes de Milliaco, Homme d’armes, 1280
(R.A. 38 f. 63), Gieffroy de Milly, chevalier terrier de
l’Hotel, 1272 (R. A. 9 f 187b). Svolgendo un ulteriore
approfondimento sull’etimologia di questo cognome in Francia,
emerge un’unica notizia da Morlet M. T., Dictionnaire
ètimologiquè des noms de famille, Perrin, 1991, alla voce
Milly: prende il nome dal luogo d’origine, dal gallo-romanico
miliacum, milliacum; quindi pànicum Italicum, or Millet
(Miglio), gallico pànicum miliacum, migliaccio.
[28]
Vedasi le fondamentali opere araldiche genealogiche del d’Hozieres,
Armorial Gènèrala au Registres de la Noblesse de France,
Paris, 1752; d’Hozieres, Armorial Gènèral de France e de
Jougla Morenas H., Catalogue général des armoiries des
familles nobles de France, comprenant les blasons des familles
ayant possédé des charges dans le royaume et de celles ayant
fait enregistrer leurs armoiries en 1696, de la noblesse de
l'empire des anoblissements de la Restauration, donnant les
tableaux généalogiques de familles confirmées dans leur noblesse
entre 1660 et 1830, Paris, 1934-1952, voll. 7; Rolland V.
H., Supplèment à l’Armorial Gènèral de J. B. Rietstap, La
Haye, 1926, Tome II, pag. 223; La Chenaye-Desbois et Badier,
Dictionnaire de la Noblesse, Paris, 1863-1876, 19 Voll.
[29]
Atti della Ricostruita Cancelleria Angioina a cura di Riccardo
Filangieri, editi dall’Accademia Pontaniana di Napoli.
L’opera di ricostruzione voluta da Riccardo Filangieri,
servì a cancellare i danni del 30 settembre 1943 a villa
Montesano nella campagna di S. Paolo Belsito nei presso di Nola,
dove la ferocia nazista lasciò un segno indelebile nella storia
napoletana, appiccando il fuoco ad un vasto ed inestimabile
patrimonio storico documentale non solo del Napoletano, ma del
Regno delle Due Sicilie.
Dal 1950 al
1959 furono dati alle stampe tredici volumi dei registri che
coprivano gli anni 1265- 1277 di regno di Carlo I d’Angiò; il
XIII volume della serie fu l’ultimo curato dal Filangieri,
scomparso il 21 luglio 1959.
Successe al promotore dell’opera l’insigne paleografa Jole Mazzoleni, che riprese nel 1961 la continuazione dei registri,
con l’uscita dei volumi XIV e XV, ed altri sette fino al 1969,
coprendo l’anno di regno 1278-1279 di re Carlo I d’Angiò. Nel
1969 seguirono i primi due volumi, XXVIII e XXIX della serie,
inerenti il regno di re Carlo II, relativi agli anni 1285-1288.
Nel 1971 si ebbe il volume XXIII per gli anni 1278-1279 del
regno di Carlo I e volume XXX, contenente gli atti di re Carlo
II degli anni 1289-1290. Le pubblicazioni ripresero nel 1976 e
fino al 1981 furono editi gli ultimi quattro volumi (XXIV-XXVII)
inerenti il regno di Carlo I, per gli anni 1280-1285, mentre nel
1980 era stato dato alle stampe il volume XXXI, contenente il
Formularium Curie Caroli Secondi, che risaliva agli anni
1306-1307, conservato in un manoscritto dell’Archivio Vaticano.
Dal 1982 riprese le pubblicazioni dei volumi inerenti il regno
di Carlo II, con il volume XXXII della serie per gli anni
1289-1290. Con il volume XXIV (1982) fu invece pubblicato il
Registrum Ludovici Tercii, che contiene atti per gli anni
1421-1424 conservati in un manoscritto della Biblioteca Mejanes
di Aix-en-Provence, mentre con il volume XXXVII (1987) fu data
alle stampe la Storia della ricostruzione della Cancelleria
angioina (1265-1434), di Jole Mazzoleni, che può essere visto
come una sorta di opera conclusiva dell’anziana ed infaticabile
studiosa, la quale scomparve nel 1992. Fino a quest’ultimo anno,
sempre sotto la direzione della Mazzoleni, sarebbero stati dati
alle stampe il volume XXXVIII, contenente atti per gli anni
1291-1292, edito nel 1991 e curato da Stefano Palmieri, ed il
volume XXXIX edito nel 1992, curato dalla stessa Mazzoleni,
contenente atti ancora degli anni 1291-1292. Oggi con i moderni
mezzi della digitalizzazione, gli archivisti napoletani memori
di un illustre passato, aprono una nuova sfida per una
ricostruzione web dei già ricostruiti registri angioini,
integrando tutto il materiale inedito raccolto da passati
studiosi e quello giacente in altri archivi esteri.
[30]
Atti della Ricostruita Cancelleria Angioina, Vol. I pag. 236;
Vol.
II pagg. 186, 188, 197, 202; Cfr. Durrieu P.,
Archives Angevines de Naples, Paris, 1887, Voll. 2, pagg.
222-223.
[31]
Atti Cancelleria, Op. Cit., Vol. X, pagg. 49, 244-245 (Napoli
XII giugno ind.).
[32]
Atti Cancelleria, Op. Cit., Vol. XXVI, pagg. 5, 96-97; Vol.
XXVII, p. I e II, pag. 22, 229, 236, 287, 303, 346, 408, 417 è
indicato come figlio di Guglielmo; Vol. XXXIII, pag. 148; Vol.
XXXVI, pagg. 9, 11, 32, 97.
[33]
Atti Cancelleria, Op. Cit., Vol. XXVII, pag. 27.
[34]
Atti Cancelleria, Op. Cit., Vol. VI, pag. 150; Vol. VIII, pag.
62.
[35]
Durrieu P., Op. Cit., pag. 241, indica addirittura la
provenienza, provenzali e angioini, stabilitisi in Nocera il 9
Gennaio 1275.
[36]
“Altri” che possono essere il seme di nuovi nuclei familiari,
tenendo conto della maggiore mobilità dei secoli scorsi e delle
translitterazioni fonetiche accorse al cognome nel corso del
tempo. Di fatto come sarà per i Guidalotti, anche per i Milly,
accanto all’illustre nome primigenio, si affiancano altri
personaggi di umile condizione, lasciando alla memoria del tempo
gli avvenimenti dell’assunzione cognominale. Come ci
testimoniano il P. Durrieu, H. Bresc, e gli Atti della
ricostruita Cancelleria Angioina, altre figure presero dimora in
Italia; non poche volte, la frammentarietà dei documenti non
permette una sicura ricostruzione genealogica oltre
l’indicazione di origine o di provenienza delle figure che
stabiliscono con certezza essere delle cognonimie. E’ solo per
coscienziosità nei confronti dei posteri che si trascrivono i
nomi di quanti emergono per i Milly seu Milliaco o MilliaÇo:
Aimero, valletto, Atti Canc. Op. cit., Vol. I pag. 38; Atti Canc.
Op. cit., Umberto, familiare regio, Vol. IV, pag. 208; Atti Canc.
Op. cit., Arnolfo, milite, Vol. VI, pag. 260; Atti Canc. Op.
cit., Enrico, castellano regio, Vol. VI pag. 150, Vol. VIII,
pag. 62; Atti Canc. Op. cit., Francesco, sottufficiale presso il
maestro massaro in terra d’Otranto, Vol. VII, pag. 154; Atti
Canc. Op. cit., Uberto, Vol. IX, pag. 141; Atti Canc. Op. cit.,
Giacomo, credenziere del porto di Otranto, Vol. XXIV, pag. 156;
Atti Canc. Op. cit., Pietro, familiare, Vol. XXVI, pag. 204,
Vol. XXVII, p. I e II, pagg. 22, 30, 92, 111, 196, 283, 284,
387, 399, 444; Atti Canc. Op. cit., Isabella, Vol. XXVII, p. I e
II, pag. 399,4040; Atti Canc. Op. cit., Riccardo, Vol. XXVII, p.
I e II, pag. 27; Atti Canc. Op. cit., Simone, milite e
familiare, Vol. XXVII, p. I e II, pag. 391; Atti Canc. Op. cit.,
Goffredo, Vol. XXXIII, pag. 148; Atti Canc. Op. cit., Giovanni,
stipendiario, Vol. XXXV, pag. 225; Atti Canc. Op. cit., Agnese,
nobile, Vol. XXXVI, pag. 32.
[37]
Per approfondire altre armi dei Milly anche angioina, borgognona
e piccarda, v. Rietstap J.B., Armorìal Gènèral, Gouda,
1884, vol. 2°, pag. 227; Supplèment à l’Armorìal Gènèral de
Rìetstap, Rolland, La Haye, 1926, pag. 223.
[38]
V. Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, edito dal Collegio
Araldico Romano, Vol. XIX, famiglia Albergotti; Cfr. Archivio
della Badia di Arezzo, cassette L n° 48 e B
n°52.
[39]
Gamurrini E., Storia generale delle famiglie Toscane ed Umbre,
Firenze, 1668, Vol. I, pag. 282-299-303-324.
[40]
Delizie degli Eruditi Toscani, a cura di Fr. Ildefonso di San
Luigi, Carmelitano, Istoria Fiorentina, Firenze, 1783,
Vol. XVI pag. 330 e segg. Per l’ulteriore documentazione
archivistica, è da ritenersi fondata l’ascendenza dagli
Albergotti.
[41]
Malespini R., Cronache, Cap. CV e LXXXI; Cfr. Malespini
R., Historia antica di Firenze, dall’edificazione all’anno
1231 con l’aggiunta di Giacchetto suo nipote, sino al 1286,
Firenze, f.lli Giunti, 1568 in 4° e 2° ed. nel 1598, pagg.
1-56-97-129. Il Malespini annoverato quale cronista italiano, fu
testimone oculare perché contemporaneo alla famiglia Guidalotti;
esule perché guelfo dal 1260 dopo la battaglia di Montaperti, vi
ritornò solo dopo sei anni, nel 1266, mentre a Benevento i
Guelfi combattevano contro Manfredi.
[42]
G. Villani, Cronache, Lib. IV, Cap.
XII; lib. V, Cap.
XXXVIII; Lib. VI, Cap. LXXXI; Cfr. Villani G.,
Croniche di Messer Giovanni Villani cittadino Fiorentino,
Venezia, Zanetti, 1537. Alla prima edizione seguì la seconda,
Historia, per i f.lli Giunti nel 1559, citata quest’ultima
dall’Accademia della Crusca. Il Villani con non pochi successi
si dedicò alla vita politica del suo tempo, testimone
contemporaneo della famiglia Guidalotti, tracciò nei primi sei
libri della sua cronaca un quadro ed un’analisi attenta del
momento socio-politico a cavallo tra il ‘200 e ‘300 della sua
Firenze.
[43]
P. Monaldi, Storia delle Famiglie Fiorentine, 1607, ms
425, pag.316; Pietro Monaldi, fu un accreditato storico ed
antiquario fiorentino, che operò nel XVI sec.
[44]
Ammirato S., Delle Famiglie Nobili Fiorentine, ed. Donato
e Giunti, Firenze, 1615, pag. 151. L’Ammirato, avviato agli
studi giuridici, si dedicò esclusivamente a quelli letterari.
Apprezzato genealogista, ebbe il merito di aver introdotto le
genealogie a stampa.
[45]
Davidsohn R., Storia di Firenze: le origini, 1972, Vol.
I, pag. 55; Cfr. originale Arch. di Stato di Firenze, Badia, 13
Marzo 1212.
[46]
Davidsohn R., Storia di Firenze, Op. Cit., Vol. I, pagg.
79 – 168-169 - 173 – 195 – 367; Cfr. Santini P., Documenti
dell’antica costituzione del Comune di Firenze, Vieusseux,
1895.
[47]
Cfr. Gregorio R., Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia
gestas sub Aragonium imperio retulere, Vol. II, Palermo,
1792, pag. 467.
[48]
Cfr. P. Monaldi, Storia delle Fam., Op. Cit., ms 425,
pag.316, e G. B. Dei, mmss 393 n. 19; G. B Dei (1702c.a + 1789),
fu molto erudito nelle discipline diplomatico-archivistiche ed
apprezzatissimo a Vienna. Ricoprì l’incarico di Direttore
dell’Archivio Segreto del Principe Ferdinando.
[49]
Borghini V., Delle Famiglie Nobili Fiorentine, 2°ediz.,Firenze,
1821, pag. 12; Borghini V., Discorsi, dell’arme delle
famiglie fiorentine, p.II, Firenze, 1755, pag. 612; Cfr.
Borghini V., Storia della Nobiltà Fiorentina, a cura di
J. R. Woodhouse, Marlin, 1974, pagg. 156 – 161 – 218. Le armi
dei Guidalotti del Migliaccio riportate nel testo, autografe di
V. Borghini, sono dipinte nello stemmario: ms K 783 (13) pag.
30, conservato presso il Kunstistorisches Institute di Firenze.
[50]
Mugnos F., Teatro genealogico delle famiglie nobili,
titolate, feudatarie ed antiche del fedelissimo Regno di Sicilia
viventi ed estinte, P. Coppola, Palermo, 1647, pagg. 145
– 146.
[51]
Davidsohn R., Storia di Firenze: le origini, Sansoni,
1972, Voll. 2.
[52]
Davidsohn R., Storia di Firenze, Op. Cit., Vol. II, pagg.
248 – 24 9- 561 - 562.
[53]
Di fatto, posta interrogazione all’Archivio di Stato di Bologna,
risultano dalla matricola di arti ed armi del 1274, due
fratelli: Jacobo e Benvenuto Guidalotti (Matricola della Società
d’Arti e d’Armi, b. I, fasc. I).
[54]
Archivio di Stato di Firenze: Raccolta Sebregondi, fasc. 2832 –
2833 – 2834; Ceramelli Papiani, fasc. 2575; Enrico Ceramelli
Papiani (1896+1976), fu un profondo studioso
dell’araldica e della genealogia toscana, donando all’Archivio
di Stato di Firenze la sua raccolta cartacea dopo 40’anni di
assidue ricerche, trascrivendo nei suoi appunti non solo lo
studio, bensì l’analisi critica delle armi e delle genealogie
contenute, “appunti” consistenti in 7906 fascicoli, attraverso
escursioni personali nei luoghi e cose dove ogni traccia potesse
dare certezza, ciò per amore della Toscana e dè futuri. Cfr.
Priorista Mariani, II, c 279. Il Priorista Mariani, ms in 6
Voll. più uno di indice, è ritenuto il più completo ed
importante. Fu fatto redigere per volontà di Ferdinando dè
Medici, affidando l’incarico a Bernardo Benvenuti, Priore della
Chiesa di S. Felicita ed educatore dei figli di Cosimo III dè
Medici. Alla morte del Benvenuti l’incarico passò a Lorenzo
Maria Mariani, archivista segreto dei Granduchi di Toscana
Cosimo III e Giangastone, terminando l’opera nel 1772, affidando
poi la prosecuzione a Giovan Battista Dei, direttore
dell’Archivio Segreto del Principe Ferdinando.
[55]
Come ricorda anche Dè Pietri F., Dell’Historia Napoletana,
Napoli, 1634, voll. 2, pag. 153.
[56]
Oltre i testi e manoscritti di storia siciliana e di opere già
citate nella parte dedicata all’origine, ne danno un generale
profilo monografico i repertori ormai classici di accreditati
nobiliari come: Di Crollalnza G.B., “Annuario della Nobiltà
Italiana”, (1881); Di Crollalanza G.B., Dizionario
storico-blasonico, voll. I-III, Pisa 1886-1890; Mango di
Casalgerardo A., Nobiliario di Sicilia, Palermo, 1912,
voll. 2; Palizzolo Gravina V., Dizionario storico-araldico
della Sicilia, 1871-1875; San Martino de Spucches F., La
Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari in Sicilia dalla loro
origine ai nostri giorni, Palermo, 1924-1941, Voll. 10;
Spreti V., Enciclopedia storico-nobiliare Italiana,
Milano, 1928-1936, voll. 9.
[57]
Ms Mario Pluchinotta, Lessico delle famiglie nobili siciliane,
p. III, famiglie di nobiltà civica, vol. IV, 1950, pag. 457,
sez. mmss Biblioteca Comunale di Palermo segn.2Qq-E-182 n.2.
[58]
Archivio di Stato di Palermo, atto in notaio Giacomo Comito n.
847 del 10 Settembre 1450; cfr. H. Bresc, Un mond
mediterraneèn, Roma, 1986, pag. 249. Non solo, il Migliaccio
aprì società sempre nel settore della canna da zucchero con i
Pisani da Vivaia nel 1449, con un capitale iniziale di 1000 onze,
leggasi Petralia G., Banchieri e famiglie mercantili nel
Mediterraneo aragonese, L’emigrazione dei pisani in Sicilia nel
quattrocento, Pisa, 1989, pagg. 272-273 e 330.
[59]
La storia ricorda un Mariano, I° marchese di Montemaggiore che
fu presente con propri uomini per difendere l’isola di Malta
assaltata dai Turchi nel 1565 e 1571, tanto da nominarsi per
altre benemerenze “Generale dell’Accademia d’Armi dei Nobili
Palermitani “ come lascia scritto Emanuele F. M., marchese
di Villabianca, Della sicilia nobile, Palermo, 1754, p.II
l. III, pagg. 333 a 338.
[60]
I titoli di principe di Baucina, marchesi di Montemaggiore,
conte di Isnello, barone di Biscardo e d’Aspromonte, (Isnello e
Aspromonte assorbiti per succ. jure maritali in casa
Migliaccio), sono passati in casa Licata con riconoscimento
Sabaudo del 1868 e 1891.
[61]
La linea dei principi di Malvagna si estinse con il principe
Alessandro (1780+1862) a fine ‘800, il cui figlio Ignazio morì
19’enne a seguito di una pugnalata per fatti “d’amore” e non
ufficialmente come si vuole per un calcio di cavallo, rimase
erede su tutti i fratelli e sorelle l’anziana sorella Lucia
Migliaccio (1785+1868) Principessa di Galizia e Duchessa di
Bologna, moglie di Francesco Paolo Speciale, duca di Valverde.
Anziana ed erede di un vasto patrimonio nominò un
amministratore: Achille Paternò, marchese di Spedalotto. Non
sappiamo per quale motivo la famiglia Paternò subentrò
universalmente non nei titoli ma nella metà del patrimonio dei
Migliaccio in veste di Vincenzo Paternò di Spedalotto, di cui
gli attuali discendenti vivono in palazzo Malvagna ed una è
sposa di S. A. R. il Duca Amedeo di Savoia, duca d’Aosta. Fino a
qui nulla da contestare, solo non si tollera il comportamento di
un marito, triste figuro, che dileggia il nome dei
Migliaccio sventrando l’intatto archivio cinquecentesco,
ragguardevole per particolari documenti pergamenacei, trovandovi
dei documenti in Roma presso una nobilissima famiglia romana
dove un’altra Paternò andò in sposa.
[62]
Cfr. Almanacchi Real Casa e Corte.
[63]
I titoli di duca di Castel Brolo pervengono per successione
Lanza, l’assunzione fu contestata da Federico Lanza in Palermo
nel 1860, ma la controversia fu risolta con sentenze a favore
del Principe Alessandro Migliaccio di Malvagna. Il ducato di
Castel Brolo, con il feudo di Iannello, furono venduti a Ignazio
Vincenzo Abate, dal primo erede, Principe Ignazio Migliaccio e
Moncada. Il nipote Ignazio, rivendicò successivamente il ducato
di Brolo, trovandolo di fatto registrato nel ruolo dei donativi
(1806).
[64]
Giuseppe Caracciolo Rossi.
[65]
Principi di Belvedere.
[66]
Per un’ampia disamina dei Migliaccio, anch’essi all’origine
Migliazzo, si consulti la pregevole opera di Russo F.,
Regesti Vaticani per la Calabria, per la Gesualdi Ed., 1980,
voll.17. Dal ‘500 si riscontrano altri autorevoli personaggi di
questa casa nell’ambito della Calabria.
[67]
Il Seggio o Tocco, fu una presenza reale in Gerace a causa delle
numerose famiglie feudatarie e suffeudatarie; ciò nonostante
l’infeudazione alla famiglia Grimaldi (genovese), che tentò la
tarda espansione del genovesato nel meridione. Non potendo le
famiglie nobili esercitare i loro diritti a causa delle leggi
feudali, pur svolgendo attività amministrativa civica con
separazione di ceto, già tipico nella Calabria del ‘5/600, si
riunirono all’ombra delle nobili Arciconfraternite, dando vita
attraverso il clero ad una potente amministrazione locale.
[68]
Cfr. Von Lobstein F., Settecento Calabrese ed atri scritti,
Napoli 1973, pag. 193.
[69]
Patronato eretto da D. Ettore Pignatelli nel 1590 e trasmesso a
Carlo Domenico quale figlio ed erede di donna Francesca
Pignatelli.
[70]
Dotto matematico lasciò un manoscritto in questa materia, il suo
elogio funebre fu composto in versi da Dionisio Di Grano.
[71]
E’ noto per aver tradotto dal latino la “Bucolica” di Virgilio.
[72]
Archivio di Stato di Napoli, sez. Militare, “Libretto di vita
e costumi” Fanteria, Don Domenico Migliaccio, stato di
servizio al 31 Dicembre 1804, nato a Gerace nel 1772, si arruolò
volontario il 1° Ottobre 1792 nel Corpo della 10° Compagnia
sciolta di Capua.
[73]
Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori.
[74]
Figlio di Carlo e Angela Maria dei marchesi Sergio.
[74 bis]
Per motivi di carattere
commerciale si trasferì da Napoli in Gerace GiovanFrancesco
Pignatelli del seggio di Nido, così come ci è documentato dalla
lastra tombale esistente nella pavimentazione della chiesa
matrice di Bovalino dove, oltre lo stemma dei Pignatelli è
scolpita la scritta: hoc opus fieri fecit magnificus Joannes
Franciscus Pignatelli Neapoli de nobili familia sedilis Nidi in
anno Domini 1525. Da questi si generò il figlio
Ettore P. nominato in Napoli Cavallerizzo delle Regie Stalle,
con patente del 12 maggio 1549 che sposò in Gerace Donna
Girolama Malarbì; da questi Marcello P. che sposò in Gerace
Donna Isabella Scaglione figlia del capitano Diego Scaglione; da
questi Domenico P. che sposò sempre in Gerace Donna Angela
Piconeri da cui Donna Francesca che sposò Don Giovanni
Migliaccio.
[75]
Figlio di Ettore e di Lavinia dei marchesi Avitabile.
[76]
Figlia del barone Francesco e di Matilde dei marchesi Corso.
[77]
Archivio Centrale dello Stato in Roma, sez. R. Consulta
Araldica, fam. Migliaccio, fasc. n°9781.
[78]
Dal dott. D. Diego coniugato con l’avv. donna Gabriella Agostini
nascono Domenico, Silvia ed Oscar; sorelle: Donna Elena, Donna
Rosanna, Donna Gabriella, cugine di D. Carmine (1891+1980)
coniugato a donna Teresa Lupis Crisafi, Donna Elena, Donna
Giovanna, Donna Elvira.
[79]
Patrizi di Gerace.
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