Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Castiglione, poi Castiglione Morelli
- Parte seconda -

D E   P A T R I C I A
CONSENTINA NOBILITATE
M O N I M E N T O R U M
E  P  I  T  O  M  E

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a cura del Cav. Ivan Pucci
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autore: Fabrizio Castiglione Morelli

luogo:  Venezia

stampatore: Girolamo Albrizzi

anno: 1713   

Descrizione dell’opera ed in particolare della copia Pucci:

Si tratta di una raccolta di memorie sulla nobiltà cosentina, che viene data alle stampe seguendo una moda del tempo. Nel 600 e nel 700, in molte città italiane si trovano opere dello stesso argomento e dalla veste grafica molto simile a quella in esame.
L’autore, Fabrizio Castiglione Morelli, nacque nel 1660 da Francesco, Dottore in entrambe le Leggi e da Urania Caputo, era sposato con Maria Dattilo ( Cosenza 11 ottobbre 1764) dalla quale ebbe solo figlie femmine: Carlotta, sposata con Ignazio Maria de Majo; Teresa, sposata con Don Francesco Dattilo; Francesca, sposata con Marcello Maiorano di Catanzaro (1), motivo per il quale questo ramo si estinse.

Il Marchese Salvatore Spiriti, nella sua opera “Memorie degli Scrittori Cosentini”, Napoli, 1750, Stamperia de’ Muzi, a pag. 180, lo descrive come una persona deforme dalle fattezze grottesche ..figura strana del corpo di costui, che parea della Schiatta dè Baronci…”, ma dall’animo nobile e dalle “…molte belle virtù…” e pervaso da un grande amore verso la città di Cosenza. Fu “Principe” dell’ Accademia Cosentina. Cessò di vivere nel 1736.

Fabrizio Castiglione Morelli, persona dall’aspetto esteriore goffa e ripugnate è stato, al contrario, l’autore del libro più bello, elegante e raffinato della storia di Cosenza, che non ha avuto eguali nella storia cittadina.   

Il volume è scritto esclusivamente in latino, solo pochi sonetti sono in lingua italiana ed è dedicato a Tommaso Cornelio (Cosenza, 1614 † Napoli, 1684) come viene riportato nel frontespizio, filosofo del ‘600, autore del celebre trattato Progymnasmata Physica, Senatore della Repubblica  Veneta, anche se pare che non lo fosse mai stato (2).


Tommaso Cornelio (1614 † 1684)

L’opera si apre con un scritto sempre in memoria di Tommaso Cornelio, segue un elogio dell’opera a cura del Dottore in entrambe le Leggi Francesco Zicari, esponente di rilievo del tempo della città di Cosenza, che in una sorta di presentazione illustra la storia della città di Cosenza e dei suoi personaggi più significativi che si sono succeduti in terra bruzia, segue un’altra lode di Francesco Toscano, Patrizio Cosentino, in onore di Didaco Castiglione Morelli, Patrizio Cosentino e Marchese di Vallelonga (VV), avo paterno dell’autore.

Ancora, di seguito una nota di Francesco Toscano, Patrizio Cosentino e una nota del tipografo, rivolte entrambe al lettore.

Successivamente si trovano alcuni sonetti composti da esponenti di famiglie nobili del tempo e da notabili di Cosenza, dedicati all’opera e all’autore, tra cui vi è anche quello di una sola donna, Marianna Pascale Tauro, moglie di Saverio Pascale, Patrizio Cosentino.  

Il sonetto di Pompeo Galzerano, membro dell’Accademia Cosentina, invece,  è dedicato sempre all’autore ed in modo particolare alla sua data di nascita il 1663.

Segue, inoltre, un’approfondita monografia sui Castiglione Morelli, scritta dal Dottore in entrambe le Leggi Francesco Manfredi e dedicata all’autore del volume, che volle in questo modo che fosse una terza persona colta ed erudita a disquisire sulla sua famiglia.

Le introduzioni, si concludono con uno scritto del Castiglione Morelli, sormontato dallo stemma della città (la seconda effige che si conosca stampata nel ‘700, dopo quella riprodotta nell’opera di Pietro Tommaso Pugliesi, Adversus propositiones nonnullas Dominici Surrento De civitatibus aliquot Calabriae…, Napoli, Nicola Abri, 1701, a pag. 63), in cui esalta la nobiltà cosentina, gli ordini cavallereschi di cui molti nobili fanno parte (Ordine di Malta, di San Giacomo della Spada e di Calatrava), i feudi, i castelli e i possedimenti delle famiglie, i personaggi che nel corso dei secoli, con i lori studi hanno portato lustro alla città di Cosenza. 

Nel 2017 e per alcuni mesi, il volume è stato sottoposto ad un accurata e professionale opera di restauro conservativo e di ripulitura, come di seguito indicato:

la dimensione del volume è detta “in folio”, se si dovesse seguire la numerazione impressa sulle pagine del tomo analizzato, i fogli dovrebbero essere 84, come riportato nell’ultimo, in realtà sono invece 57.

Nelle fasi del restauro, tutte le pagine, singolarmente, sono state immerse in una soluzione di ammoniaca a 28 gradi per circa 15 minuti, per rimuovere lo sporco accumulatosi nel corso dei secoli, sono state asciugate e restaurate una ad una. Le stesse sono state ricollocate nella composizione originaria, in quanto anticamente alcune di esse erano state invertite.

Dal riordino dei fogli è emerso un duplicato coevo della pagina della dedica a Tommaso Cornelio, che è stata, comunque restaurata, rimossa e conservata a parte.

Sulle pagine sono presenti ancora lievi tracce di una numerazione manoscritta a lapis blu e a matita, errata ed ampiamente successiva al 1713.

Alcune mancanze marginali nei fogli bianchi, intaccate dall’umidità che ne aveva provocato l’arrossamento, sono state reintegrate e restaurate professionalmente.

Il testo a stampa non è leso in alcun modo ed è perfettamente conservato e fruibile.

La legatura, anch’essa pulita e restaurata, non è coeva ma è in piena pergamena seicentesca, mentre le sguardie, che non erano presenti, sono state aggiunte con carta moderna.

Sul frontespizio è presente una vecchie firma di possesso cassata come anche una  sull’ultima pagina, sempre sul frontespizio è inserita un’ antica nota di possesso ad inchiostro del ‘700 o dell’800 (ad usum Fratri Pauli a Castro...Ordinis Capucini Castro…Bibliotecae applicat cum facultate).

Nella parte inferiore del frontespizio è inciso in rame un bello stemma della città di Cosenza, sormontato da una lista bifida svolazzante, riportante la scritta “nobilissimus ordo consentinus”, che viene riproposto anche a pag. 1 del volume, sopra lo scritto dell’autore sulla città di Cosenza, con una descrizione araldica, come precedentemente indicato.

L’esemplare è privo della pagina su cui è impresso il titolo dell’opera e di quella su cui è incisa la meravigliosa antiporta architettonica e allegorica con un trionfo di angeli, nel cui piede è riprodotta una veduta “a volo d’uccello” della città di Cosenza, realizzata con molta probabilità da Fabiano Miotte, incisore napoletano di frontespizi ed antiporte di libri illustrati, attivo tra il ‘600 e il ‘700.  

All’interno sono presenti i due ritratti calcografici a piena pagina e in ovale di Didaco e di Fabrizio Castiglione Morelli, incisi finemente e firmati da Fabiano Miotte (sculp) e da un autore non identificato GB.S.(delineavit).

Il volume contiene, seguendo un rigoroso ordine alfabetico, per espressa volontà dell’autore, per non fare un torto a nessuno, le monografie delle Casate nobili di Cosenza.

Ognuna di essa è sormontata dal proprio stemma inciso in rame, descritto e numerato in basso a destra, colorato secondo il metodo di Marc Vulson de la Colombiere (tratteggi orizzontali o verticali in sostituzione dei colori araldici: rosso, verde, azzurro, nero e i puntini o il bianco in sostituzione rispettivamente dell’oro e dell’argento); stemmi molto belli probabilmente realizzati dallo stesso Fabiano Miotte e da GB. S..

Nelle prime pagine, non numerate, delle dediche e dell’introduzione all’opera, sono presenti capilettere ornati e nelle pagine successive dopo ogni monografia familiare, finalini con puttini, corone, elementi vegetali e architettonici, figure allegoriche e mitologiche e croci, tra cui quella dell’Ordine di Malta a piè pagina della monografia della famiglia Curati, dei frati Minori Cappuccini in quella degli Abenante, mentre in quella dei Migliarese è presente, curiosamente un centauro con un arco nella mano sinistra, faretra a tracolla e un serpente attorno al braccio destro, sul tutto una lista bifida svolazzante riportante il motto Viribus Iugenda Sapienza, il tutto entro una cornice architettonica sorretta da due figure umane, che ricorda la marca tipografica di Giovan Battista Somasco (sec. XVI).

In tutti gli esemplari finora consultati mancano gli stemmi e le monografie delle famiglie nobili estinte, citate tuttavia nell’indice, da cui deriva probabilmente l’errore tipografico della numerazione del testo e delle famiglie.

Nelle copie censite, sono presenti errori d'impaginazione, diverse collocazioni dei ritratti di Didaco e di Fabrizio Castiglione Morelli, posposizioni di stemmi come nel caso ad esempio dell’arma dei d’Aquino invertita con quella dei Caselli e dei Gaeta del leone (copia custodita presso la biblioteca Nazionale di Vienna).

La prima copia dell’opera che si sarebbe dovuta stampare a Napoli nel 1709, presso Domenico Antonio Parrino, come riportato dallo stesso autore nel frontespizio dell’edizione del 1713, non ha mai visto la luce in quanto la tipografia come riferito dallo stesso Fabrizio Castiglione Morelli a pag. 82 del volume in esame, ha preso fuoco.

Nelle conclusioni dell’opera a pag.74, l’autore cita anche un incendio avvenuto il 22 settembre 1701 che ha distrutto parte degli archivi napoletani.

L’opera è estremamente rara, solo tre copie sono censite in ICCU, Bari, Firenze, Soriano Calabro (VV), una copia è custodita presso la Biblioteca Civica di Cosenza, una copia presso la biblioteca Nazionale di Edimburgo e un’altra presso la biblioteca Nazionale di Vienna, come indicato precedentemente.

Sul mercato antiquario nel 2012 è comparso un esemplare (catalogo n. 163 (II) 2012) della libreria antiquaria SEAB di Bologna ad euro 1.000,00 e un altro nel 2016 (catalogo n.44) della libreria antiquaria Gozzini di Firenze ad euro 1.000,00. 

L’editore Forni di Bologna, nel 1977, ha pubblicato una copia anastatica del volume tratto da un esemplare non identificato, ove manca in quel caso il frontespizio dell’opera. 

Copie in biblioteche private e finora censite:

1) - Ivan Pucci a Cosenza (provenienza familiare, priva dell’antiporta allegorico);

2) - Cavaliere Francesco Paolo Piro a Cosenza (provenienza mercato antiquario, completa);

3) - Nobile Avv. Franco Carolei a Roma (provenienza mercato antiquario, priva dei ritratti calcografici di Didaco e di Fabrizio Castiglione Morelli);

4) - Una copia era conservata presso l’abitazione di Luigi Andreotti Loria di Cosenza.

Un ringraziamento al Barone Avv. Umberto Ferrari di Pantane, Cavaliere di Onore e Devozione in Obbedienza del Sovrano Militare Ordine di Malta, per i preziosi consigli.

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Note:
(1) - Alessandra Anselmi in "Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria", Gangemi Editore, 2012; a pag. 342 riporta l'inventario dei beni appartenuti a Maria Dattilo redatto dal notaio Giovan Giacomo Trocini in data 13 ottobre 1764, alla presenza degli eredi così scriveva: "...ci siamo personalmente conferiti nel Palazzo dove abitava d.a q.m D. Maria, sito, e posto in questa sud.a città nel luogo detto la Regginella, o sia avanti la Casa Pia di S. Leonardo..." nell'inventario sono presenti una serie di quadri disposti nelle varie stanze, riportiamo un altro brano: "... Nella prima Camera del quarto sottano di detto Palazzo, otto quadri vecchi senza cornici coll'effige d'Imperatori, un altro quadro grande coll'impresa della Famiglia Castiglione Morelli, altri tre quadretti piccoli. Nella Sala, quattro quadri d'Imperatori Romani vecchi, e senza cornice, altri due quadri con effige diverse anche vecchi, cinque altri quadretti di Vescovi e Cardinali con cornici vecchie, due quadri d'Accademie, nella Cappella situata in detta Sala, un quadretto coll'effige dell'Immacolata Concezione...", l'inventario continua con numerosi altri quadri.
(2) - Nacque a Rovito nella Presila cosentina nel 1614, morì a Napoli nel 1684; oltre che filosofo fu medico e matematico; seguì le teorie antiaristoteliche del filosofo cosentino Bernardino Telesio, quest'ultimo definito dal filosofo Francesco Bacone il “primo dei nuovi” ovvero il primo pensatore moderno.
 

Castiglione Morelli - Parte prima


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