Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Gli Svevi per insegna avevano
un'aquila di nero in campo di argento. L'argento fu sostituito con l'oro
con Enrico VI e Federico II per indicare la dignità imperiale.
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I RE SVEVI (1196 - 1253):
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© Enrico
VI di Germania
(1196-1197) |
Napoli - comune autonomo
(1197-1214) |
© Federico
II di Svevia
(1215-1250) |
Napoli - comune autonomo
(1251-1253) |
© Corrado
IV di Svevia
(1253-sette mesi) |
Napoli - comune autonomo e
Manfredi di Svevia
(1254 - 1266) |
Gli Svevi provenivano da
un antico ducato (Svevia) del Sacro Impero Germanico; il primo duca fu
Burcardo nell'anno 912, nel 1030 il ducato pervenne alla Casa di
Hohenstaufen.
La prima arme sveva ebbe per insegna tre leoni di rosso ordinati in pila
in campo oro.
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La prima arma sveva |
Con la morte di
Tancredi e la partenza del piccolo Guglielmo III, ultimo erede degli
Altavilla, i nobili napoletani ritengono inutile sottoporre il
popolo partenopeo ad altre sofferenze ed inviano degli ambasciatori per
trattare la resa con Enrico VI.
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Moneta di Enrico VI - la lettera C
è l'iniziale del nome della moglie Costanza |
Nel 1196 il re svevo entra in città e viene incoronato primo re di
Napoli della Casa di Hohenstaufen. Il sovrano, memore delle umilianti
sconfitte patite dalle suo esercito nel 1191 e nel 1193 da parte delle
milizie napoletane, ordina l’abbattimento di parte delle mura della
città.
Nasce così l’odio dei Napoletani verso gli Svevi, le mura
rappresentano un simbolo ma, soprattutto, erano state per secoli un
baluardo a difesa di una
città dedita ai commerci, alla pesca, all’artigianato e alla cultura,
non certo alla guerra; mura mai espugnate con le armi né da Annibale, né
dagli Etruschi, né tanto meno dai Normanni o dagli stessi Svevi.
Enrico VI viene
ricordato solo per la sua ferocia ed avidità e per gli infausti
provvedimenti adottati volti ad annullare ogni parvenza di
amministrazione locale.
Alla sua morte avvenuta l’anno dopo (1197), la città del golfo si
sottrae al dominio svevo e, grazie ad una sua propria forza militare
comandata da Goffredo di Montefusco, pone fine nel 1207 alle scorribande
della soldataglia tedesca asserragliata nel castello di Cuma. Distrutto
il presidio svevo, il Goffredo impartisce una dura lezione ai tedeschi
di stanza a Salerno; i villaggi della provincia napoletana non vengono
più assaliti e depredati.
La ritrovata autonomia della città di Napoli, come ai tempi del ducato,
dura pochi anni, sino al 1215 allorchè i Napoletani sono costretti a
sottomettersi a Federico II. |
© Napoli - Federico II di Svevia |
Quest’ultimo, incoronato imperatore nel 1220, soggiorna prevalentemente in Puglia dove sono concentrate le sue
armate, visita più volte
Napoli
e riconosce che la città, per la sua posizione geografica, l’efficienza
sotto il profilo militare e per le migliori condizioni di ospitalità
dovuta ad un superiore livello di vita, è un caposaldo importante per il
mantenimento dell’impero.
Ordina l'
ampliamento del porto facendo costruire una nuova darsena per impiantare
una più possente base navale sotto il comando dell’ammiraglio Spinola e
dà incarico
al giurista
e letterato di Capua,
Pier delle Vigne di redigere lo statuto per fondare lo Studium ovvero
l’Università di Napoli da contrapporre a quella di Bologna, per
la formazione della classe dirigente. |
© Napoli - Pier delle Vigne |
Il sovrano si circonda di poeti e
filosofi,
, tra cui
Goffredo Beneventano e Bartolomeo Pignatelli,
nasce il "volgare" perfezionato in seguito da Dante e Boccaccio.
Nel 1228 ottiene dal sultano d'Egitto, con abili trattative, la
restituzione di Gerusalemme.
In
città serpeggia il malcontento per i continui tributi che gli abitanti
devono versare per finanziare i conflitti di Federico II contro il Papa
e i nemici del trono. |
© Napoli - Università Federico II |
L’imperatore
svevo muore nel 1250 in terra di
Capitanata.
E’ il momento propizio per liberarsi della oppressione sveva, gli
abitanti insorgono, eleggono come proprio rappresentante e podestà
Riccardo Filangieri. Napoli si proclama
comune autonomo con la benedizione di papa Innocenzo IV.
Negli anni seguenti vengono eletti due podestà forestieri, perché i
Napoletani ritengono, a giusta ragione, che può essere buon
amministratore solo una persona super partes, cioè non legata ad alcun
interesse personale; si succederanno così il milanese Gallo de
Orbitellis e il parmense Bartolino da Tavernario. |
© Artigianato napoletano-arabo
del 1200 |
Nel 1251
Manfredi, figlio di Federico II, incoronato re di Sicilia nel 1258, con
il possente esercito imperiale, attacca la città partenopea ma non
riesce a conquistarla e desiste dall’impresa.
Nel 1253 Corrado IV, secondogenito di Federico II, re dei Romani nel
1238 e imperatore di Germania nel 1250, giunge alle mura della città del
Golfo e l’attacca dal mare, con una ingente flotta, e da terra con un
numeroso esercito, dotato di ingegnose armi da assedio. Per quattro mesi
Tedeschi e Saraceni non riescono a conquistare alcuna torre o porta.
Tra i capitani che difesero la città ci fu Riccardo
Filangieri,
Guglielmo di Palma e i componenti della famiglia Griffo. |
© Napoli - Chiesa S. Maria del Carmine |
L’imperatore
promette, in caso di resa, l’incolumità dei cittadini e il mantenimento
di alcuni privilegi; promessa mantenuta ma la sua ira si scaglia contro
le cose, fa abbattere la torre maestra, ordina all’arcivescovo Mario
Carafa di distruggere l’insegna del
Seggio di Capuana, ovvero la maestosa statua in bronzo di un cavallo
sfrenato: la testa viene conservata nel palazzo dei
conti di Maddaloni e
la restante parte del corpo viene fusa per fabbricare campane.
Lo stemma
dell’intrepido Sedile viene cambiato con un cavallo frenato nell’impeto
(da Corrado IV).
Il sovrano dopo appena sette mesi muore, forse avvelenato dal fratello
Manfredi.
Napoli si autoproclama comune libero ed autonomo, invia a Carlo d’Angiò
ingenti somme di denaro e numerosi soldati. Il Pontefice Innocenzo IV
sceglie la città partenopea come sua sede, qui si svolge il conclave che
eleggerà il papa Alessandro IV. La dinastia sveva volge al tramonto.
Nel 1266 Manfredi
tenta di impadronirsi con le armi del Regno di Napoli ma
viene sconfitto da Carlo d’Angiò a
Grandella nei presi di Benevento; le
sue ossa saranno dissotterrate dal Vescovo di Cosenza e gettate fuori
dal territorio della Chiesa. |
Venuta in Italia di Corradino di Svevia
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Nel 1268 Corradino di Svevia, figlio di Corrado IV, imperatore di
Germania e ultimo erede della Casa di Hohenstaufen, aspira al regno di
Napoli, scende in Italia con un potente esercito ma viene sconfitto a Tagliacozzo
(23 ottobre 1268). Riuscì a mettersi in salvo rifugiandosi nella torre
di Astura, ma Giovanni Francipane lo tradisce consegnandolo agli
Angioini. Viene portato nella capitale; il popolo,
intenerito dall'aspetto esile e adolescenziale,
chiede clemenza per il giovane ma il 29 ottobre 1268 in piazza del
Mercato viene decapitato, nel luogo dove oggi vi è la Chiesa di Santa
Croce al Mercato. Le sue ossa riposano in pace in Napoli nella
chiesa di Santa Maria del Carmine. |
© Napoli - Corradino di Svevia. A destra:
congedo di Corradino di Svevia
da
sua madre Elisabetta di Baviera |
© Napoli - Separazione di Corradino dal
suo
compagno di supplizio Federico di Baden
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