
Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano,
ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano,
appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano
dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
Arma:
di Napoli: partito, nel 1° di rosso a due bande
d’argento; nel 2° di rosso ad un ramo di palma al naturale; al
capo di rosso caricato da una rosa d’argento;
di Palma Campania: bandato d’oro e d’azzurro, al capo
cucito del secondo caricato di un ramo di palma al naturale,
accompagnato da due rose di rosso;
di Torrecuso: partito, nel 1° di azzurro alla fascia
d'oro sormontata in capo da tre stelle d'oro e in punta da tre
palme nodrite su tre cime un monte; nel 2° l'insegna di
Torrecuso:
Cimiero: un leone nascente d’oro, tenente tra branche
anteriori un ramo di palma.
Motto: SI DEUS VULT, EGO VOLO.
Dimore: Napoli, Milano e Palermo. |

Napoli, Stemma famiglia di
Palma, ramo di Napoli |
L’antichissima famiglia di Palma, originaria di Nola,
prese il nome dal castello di Palma situato poco lontano
da Nola; era detta anche di Castiglione poiché
possedevano l’omonima terra, sita in Calabria, ricevuta
in dono per aver combattuto con i
Normanni. Il piccolo feudo di Castiglione con
dignità di baronia ricadente attualmente nel comune di
Falerna in provincia di Catanzaro e confinante con la
provincia di Cosenza, a seguito della morte senza
eredi di Guglielmo di Castiglione, fu devoluto a
re
Carlo II d’Angiò che la donò nel 1306 ad Adinolfo
d’Aquino, generale dei balestrieri.

Castiglione, anni
ottanta del Seicento, acquaforte di Giovan
Battista Pacichelli, in alto a destra lo stemma
dei d'Aquino. |
La famiglia, stanziatasi in più luoghi, innalzò diverse
armi, come si possono ammirare in antichi manoscritti;
nella chiesa di San Francesco in Nola vi è il sepolcro
di Andrea di Palma del 1319 con lo stemma:
fasciato d’ azzurro e d’oro, nel capo d’azzurro un leone
d’oro nascente. Il leone in seguito fu sostituito con un
ramoscello di palma che rappresenta la città di Palma,
trasferendo il leone sul cimiero con un altro ramoscello
di palma tra le branche. |

L'antico stemma della famiglia di
Palma di Nola |
Il casato fu più volte ricevuta nell’Ordine
Gerosolimitano sin dal 1300 con Gregorio di
Palma, Balio di Venosa. Ha goduto di nobiltà in
Nola, in Napoli dove fu ascritta al Patriziato dei
Sedili di Nido e
Porto, e in Messina; ha posseduto molti feudi, tra i
quali Capolattaro, Giugliano, Monterone, Baiano,
Vignole, oltre un esteso feudo con vassalli nello Stato
di
Sanseverino, ed altri feudi nei territori di
Maddaloni, Aversa e Cardito. A Napoli, oltre la cappella
gentilizia, possedeva molte case, e i sui rappresentanti
erano appellati “Milites” avendo ottenuto il cingolo
militare.
Guglielmo di Palma o di Castiglione, signore di
Palma, figlio di Rinaldo e di Covella
Gesualdo, fu giustiziere per l’imperatore
Federico II di Svevia, nel 1236 fu custode degli
ostaggi lombardi; egli donò nello stesso anno il
monastero di S. Maria à piedi di Palma col pubblico
ospedale e due moggi di terreno a Pietro Abate del
Monastero di Mater Domini in Nocera dè Pagani. Fu uno
dei capitani, insieme a Riccardo
Filangieri, a difendere le mura della città di
Napoli, sulle quali sventolava la bandiera della
Repubblica Napoletana, dagli infruttuosi assalti di
Corrado IV di Svevia che, quando entrò in città nel
1256 con l’inganno di false promesse, costrinse alcuni
componenti delle famiglie Griffo e Filangieri ad
abbandonare Napoli; detto Guglielmo, oltre l’esilio, fu
scomunicato dal Papa Innocenzo IV.
Il nobile Pasquale di Palma (†
1301), figlio di Roberto e di Maria d’Aquino,
sposò Berarda Filangieri.
Berardo di Palma (†
1341), fratello di Egidio giustiziere vicario di
Principato in luogo di Giacomo d’Antignano, fu vescovo
di Rapolla dal 1330 e Consigliere di re Roberto d’Angiò;
fu nominato esecutore del testamento di Carlo duca di
Calabria, figlio di re Roberto, unitamente
all’arcivescovo di Sorrento, al vescovo di Aversa, a
Bertrando
del Balzo conte di Montescaglioso, a Tommaso
Marzano conte di Squillace, a Bonifacio
della
Marra, a Matteo
Spinelli di Giovinazzo, a Frat’Andrea di Gagliano e
fra Lorenzo
Venato di Napoli, e al cavaliere Cartolomeo
Caracciolo detto Carafa.
Onofrio, Regio Consigliere e Avvocato della
Gran Corte della Vicaria, autore di opere giuridiche
pubblicate nel 1655, fu il capostipite del ramo di Palma
Castiglione. |

Napoli, cappella
gentilizia della famiglia di Palma, qui è seppellito il
Regio Consigliere Onofrio di Palma. |
Nel 1647 Fabrizio di Palma, giudice ed avvocato
fiscale della Gran Corte della Vicaria e Consigliere di
Santa Chiara, durante la rivoluzione di
Masaniello dovette fuggire da Napoli, reo di aver
dato asilo gli spagnoli nella sua casa che fu
saccheggiata.
Nel 1672 Nicola di Palma, cavaliere di Calatrava,
fu governatore della città di Ariano.
Casalcipriano, terra in Contado di Molise, in diocesi di
Trivento, nel 1669 apparteneva a Gio: Battista de Rago,
poi passò alla famiglia
Lieto
(o Leto) col titolo di marchese, che si estinse nei di
Palma con una sorella di Filippo de Lieto, ultimo
feudatario di Casalciprano.
Sant’Elia, oggi Sant'Elia a Pianisi, in contado di
Molise, confinante con Monacilioni, nel 1556 fu
acquistato dai
de
Gennaro, nel 1565 dai
Brancia; nel 1610 da Gianvincenzo Brancia vendette
detto feudo, insieme alla terra di Monacilioni, a
Marcantonio di Palma (†
1615) che ottenne il titolo di duca di Sant’Elia nel
1613 ed ebbe il privilegio di aggiungere al proprio
cognome d’Artois per riconosciuta consanguieità con la
Casa Reale di Francia, e di accollare al proprio stemma
l’aquila imperiale.
Francesco di Palma Artois, 7° duca di Sant’Elia e
baroni di Monacilioni, sposò in prime nozze la contessa
Maria Giuseppa de Brandis (†
a Napoli 9.10.1761) e, in seconde nozze, donna Imara
Francone
dei principi di Ripa Francone, già vedova del principe
di Torchiarolo, don Luigi
Caracciolo,
che diede alla luce donna Maria Vittoria, ultima
di questa linea. |
 |
 |
Napoli,
lastra tombale della contessa Maria Giuseppa de Brandis.
Si notino le due palme che
richiamano lo stemma dei di Palma, ascritti al
Patriziato Napoletano. |
Il ramo della famiglia
Giovene, marchesi di Pietramelara e di Montemalo, si
estinse in casa di Palma Castiglione a seguito di
matrimonio celebrato nel 1739 tra Elisabetta
Giovene
di Pietramelara (Elisabetta Giovene, per la morte dei due
fratelli maschi, non sposati e privi di discendenza, si
trovò ad essere erede araldica del titolo di Marchese di
Pietramelara e Montemalo che, maritali nomine, passò
nella famiglia di Palma Castiglione sino ai nostri
giorni. Decreto Riconoscimento D. M. 27 gennaio 1906), ultima
marchesa di Pietramelara e Montemalo, e
Giovanbattista di Palma Castiglione, figlio di
Filippo e nipote ex filio del citato Regio
Consigliere Onofrio, colonnello del Reggimento
Rossignol.
L'erede araldica del feudo e del titolo di Marchese di
Casalciprano era Giuseppina
Lieto dei
Duchi di Polignano, andata in sposa al Marchese
Vincenzo di Palma Castiglione di Pietramelara e
Montemalo.
Altri tre personaggi, degni di nota del ramo di Palma
Castiglione:
- Leonardo che insieme ad
altri nobili fondò nel 1539 il Monte di Pietà che
diventerà poi Il Banco di Napoli;
- Lucio, trisavolo di Antonio, Vice
Ammiraglio della Regia Marina Borbonica e Presidente del
primo Consiglio dell'Ammiragliato;
- Lucio, caduto ad appena 18 anni,come volontario
nella Grande Guerra. |
(A
cura del Prof. Antonello Savaglio sulla base del
materiale archivistico ed iconografico
del Gen. CC Alfonso di Palma e del Dott. Alessandro di
Palma). |
1.
Le origini e la diffusione della famiglia di Palma
nell’Italia meridionale ed il suo rapporto con la
famiglia Caracciolo. |
Il cognome di Palma nell’Italia meridionale è oggetto di
ben due studi del de Lellis(1)
(relativi ai rami di Palma Campania, Nola e Napoli) che
ne fanno risalire l’origine ad un ceppo normanno giunto
in Italia nel XII sec. d.c. al seguito di Guglielmo I di
Altavilla (alcune fonti parlano della discendenza dal
cavaliere Geliano dal quale sarebbe derivata la
consanguineità con la casa reale degli Artois
successivamente riconosciuta al ramo dei duchi di
Sant’Elia(2).
La storia della famiglia è stata sintetizzata da Candida
Gonzaga(3)
che ne ha riassunto feudi, beni, monumenti etc.. Come
riportato da quest’ultimo autore, la famiglia di Palma
ha avuto importanti ruoli ed una notevole diffusione in
tutta l’Italia meridionale come si può vedere
nel seguente elenco:
|

Elenco di feudi, beni e monumenti
della famiglia di Palma (4) |
Un elemento centrale della storia della famiglia fra il
XVI ed il XVIII secolo è la costante e continua
relazione con la famiglia
Caracciolo.
Questo rapporto riguarda sicuramente Palma Campania,
Napoli, Torrecuso, San Giorgio La Molara e Sant’Elia a
Pianisi, dove sia i Caracciolo che i di Palma hanno
fatto parte della nobiltà del luogo, spesso alternandosi
nel ruolo di feudatari. Quasi sempre, inoltre, al
seguito dei Caracciolo, i di Palma sono stati impegnati
nelle “arti liberali” in posizioni di alta
responsabilità. Tale condizione, peraltro, è comune in
quasi tutti gli altri centri in cui hanno vissuto le due
famiglie, aspetto che qui non è stato approfondito
stante la delimitazione dello studio all’origine del
cognome e alla sua presenza nel beneventano, ampiamente
esaminati in due testi di cui si dirà di seguito.
|
1.
2
- Il primo insediamento a Castiglione in Calabria.
La
famiglia si è insediata prima in Castiglione(5),
sulle coste della Calabria Citra (o Citeriore), dove è
rimasta fino al 1306. Tale località è oggi denominata
Castiglione Marittimo ed è una frazione del comune di
Falerna in provincia di Catanzaro. |
3 - Il feudo di Palma Campania.
Oltre a quello di Castiglione, dal 1175 la famiglia ha
ottenuto il feudo di Palma Campania con Rinaldo
ed è rimasta in tale terra, da cui ha assunto la
denominazione, per sette secoli. Stemma di tale ramo:
Spaccato con la fascia
in divisa di oro. Nella parte inferiore tre sbarre di
colore azzurro alternate con altrettante di color oro,
traversanti da sinistra a destra. Nella parte superiore
due rose vermiglie in mezzo alle quali è situato un
ramoscello di palma indicante il dominio sulla terra
omonima. Lo
scudo è sormontato da un leone d’oro fino al petto, con
le branche distese a sinistra, tra le quali è situato un
ramo di palma. |

Stemma del ramo di Palma Campania |
La
Famiglia è rimasta in questo centro fino al 1775 con la
morte senza eredi di don Giuseppe di Palma(6). Di
tale ramo merita una citazione particolare Guglielmo,
giustiziere imperiale.
Il castello di epoca angioina è stato sicuramente
abitato dalla famiglia di Palma. Oggi è una struttura
diruta le cui fondazioni sono inglobate in vari
manufatti civili e religiosi di epoca successiva(7).
Esso, ancorché presentasse torri e mura merlate, più che
un forte era una casina di caccia con annessa paggeria e
falconeria e “aveva pregevoli affreschi seicenteschi e
porte finemente intagliate e decorate”(8).
|

Ricostruzione del Castello di Palma
Campania (disegno di Pietro Salvatore Caliendo) |
4
- Il feudo di Nola.
Altro paese al centro della storia della famiglia è Nola(9)
dove, fin dal 1236, Vignole, località del predetto
centro, fu concessa in feudo a Guglielmo di Palma
e, successivamente, ad altri personaggi della famiglia,
che furono titolari anche del feudo dell’intera città.
Oltre alla documentazione di importanti titoli e beni,
ancora oggi è presente una coppia di stemmi dei di Palma
conservati nel museo del Duomo di Nola(10)
ed appartenenti alla cappella di “Santa Maria del Gesù”
che la famiglia possedeva alla fine del XVI secolo.
L’originale iscrizione della cappella è stata
sostituita, con il restauro del 1583, con una nuova
dicitura(11)
in cui, nel citare i di Palma, si evidenzia oltre al
titolo di “Patrizi
della città di Nola”, anche l’origine
normanna della famiglia(12).
Ai di Palma fu inoltre concesso di celebrare le loro
messe sull’altare maggiore della cattedrale e di poter
realizzare una sepoltura innanzi ai gradini del
presbiterio. In Nola ancora esiste, in via Principessa
Margherita, il palazzo di Palma-Baldassini(13).
La presenza dei di Palma in tale centro durò fino al
1530, quando varie vicissitudini, tra cui il contagio
pestilenziale, li portarono a trasferire la loro
residenza in Napoli. |

Stemma dei di Palma nel Duomo di Nola |
Carlo de Palma
(Nola, 1614 †
Pozzuoli, 22
gennaio 1682)
fu vescovo di Pozzuoli dal 1675 al 1682. |
Vescovo Carlo de Palma
(1614 †
1682) |

Variante dello stemma di
Palma |
5
- La nobiltà nella città di Napoli.
A Napoli, altra importante sede della famiglia, oltre a
contatti nonché parentele con la nobiltà del luogo, i di
Palma possedevano numerosi beni e monumenti. Lo stemma
di tale ramo è costituito da un
campo diviso. Nella parte superiore, su base rossa, è
posta una rosa d’argento.
Nella parte inferiore di rosso
a sinistra due sbarre d’argento,
a destra una palma. Di tale ramo meritano di essere
ricordati Raffaele, vescovo di Oria, Nardo,
fondatore nel 1539, insieme ad altri nobili, del Monte
di Pietà di Napoli, avente lo scopo di concedere
prestiti gratuiti su pegno a persone bisognose, nonché
l’architetto Giovanni Francesco, detto il
Mormando, autore di diverse opere ancora esistenti nel
capoluogo partenopeo.
In Napoli è tuttora esistente una cappella della
famiglia nella chiesa Benedettina dei Santi Severino e
Sossio. Fra gli artisti che nel corso dei secoli hanno
contribuito alla realizzazione di opere e modifiche
all’edificio religioso figura, nella seconda metà del XV
secolo, il predetto Giovanni Francesco di Palma |

Chiesa dei Santi Severino e Sossio di Napoli |
La
cappella di Palma si trova nella “chiesa antica o
inferiore”, a cui si accede tramite la sacrestia posta
sul lato destro dell’altare nella chiesa principale, e
fu costruita nei primi due decenni del XVI secolo tra il
Monastero e la precedente chiesa angioina. |

Chiesa inferiore |
La
cappella fu concessa per antico retaggio di Giacomo
Antonio di Palma ed è qui che fu sepolto, fra gli
altri, fr. Raffaele di Palma, vescovo d’Oria.
Essa presenta sulla parte superiore il predetto stemma
marmoreo policromo dei di Palma, interessanti stucchi
alle pareti e sull’altare, un elaborato pavimento in
ceramica e due lapidi. |

Cappella di Palma |

Stemma e stucchi
superiori |
Stucchi laterali e lapide |
Sulla lapide di destra della cappella è presente
una iscrizione riportata nella versione
originale in latino anche dal de Lellis e la cui
traduzione in italiano è “Antichissima e
nobilissima famiglia normanna dei Palma da
Guglielmo, contro l’assedio di Corrado come
generale duca dell’esercito e come signore del
castro di Palma, in questo e nella città di Nola
dopo lunga permanenza, dopo essere tornata a
Napoli, aggiunta talvolta ai patrizi, spesso
associata ai magnati, non raramente decorata con
onori, tuttavia sempre da sfortune afflitta,
poiché non questo sacello è immune, i fratelli
don Filippo e don Simone de Palma,
figli di Onofrio consigliere del re,
nipoti di Raffaele vescovo di Oria ed eredi
dell’esimio giureconsulto di fidecommesso
Giacomo Antonio, restituirono le ceneri degli
antenati con antico decoro e ornarono per loro e
i posteri. Anno del Signore 1695”. |

Particolare della lapide sulla parete |
Per la lapide sul pavimento di fronte alla
cappella di Palma, anch’essa citata dal de
Lellis, la sua traduzione è “Antico sepolcro
eretto dagli illustri coniugi don Raffaele Vidal
e donna Aldonsa Vaglie dal sangue di Valensia,
seguirono don Isabella, loro figlia ed erede e
Giacomo Antonio de Palma suo marito
patrizio napoletano
e famosissimo giureconsulto, Bernardino e
Marcantonio de Palma loro figlio e nipote
a futura memoria fecero questa incisione
nell’anno 1613”. |

Lapide sul
pavimento |

Particolare della
lapide sul
pavimento |
Sull’altare
era collocato un polittico (ora nella seconda
cappella di sinistra della chiesa principale o
superiore), datato 1529, raffigurante Madonna
col bambino, crocifissione e diversi santi di
Andrea da Salerno che ha introdotto la “nuova
maniera” di Raffaello nel napoletano. Nella
parte superiore esso rappresenta la
Crocifissione con ai lati i Santi Benedetto e
Scolastica, nella parte inferiore Madonna con
bambino tra i santi Giovanni Battista e
Giustina. Da notare la dolcezza del volto della
Madonna e i piccoli angioletti con strumenti
musicali che la circondano. |

Polittico di Andrea da Salerno |
6
-
Feudi a San Giorgio La Molara e Sant’Elia a Pianisi.
Per la parte su cui è focalizzato il presente
studio, il Beneventano, nell’area del Fortore figura
Ferrante di Palma che è stato feudatario di San
Giorgio La Molara, Pietramaggiore e Sant’Andrea dal 1569
al 1587(14).
|

Castello di San
Giorgio la Molara, appartenuto anche alla famiglia
Iazeolla
Ricostruzione veduta dal lato
sud-ovest liberata da fabbricati dei tempi posteriori.
|
A San
Giorgio La Molara, in Piazza San Pietro, ancora
oggi esistono i resti del Palazzo di Palma. In
particolare sul portone principale figura lo
stemma raffigurante tre monti (come si vedrà,
uguali a quelli presenti nello stemma del
palazzo di Palma di Torrecuso) ed una pianta
d’olivo con tre rami di palma. |

Stemma del palazzo di Palma a San
Giorgio La Molara |
Ferrante di Palma, dopo la morte del padre
nel 1615, da San Giorgio La Molara si è poi
trasferito a Sant’Elia a Pianisi (oggi in
provincia di Campobasso) dove ha assunto il
titolo di
duca di Sant’Elia
e di
marchese di Monacilioni
sotto il nome di di Palma d’Artois. Tale
denominazione è confermata dalla presenza dello
stemma dei di Palma nelle armi composite
successive(15).
Nella Chiesa della missione, in via Vergini di
Napoli, è ancora oggi custodito lo stemma della
contessa Maria Giuseppa de Brandis, moglie di
Giuseppe di Palma, 7° duca di Sant’Elia; in esso
è da notare l’aquila bicefala imperiale
accostata allo stemma per la riconosciuta
consanguineità con la casa reale d’Artois(16) e,
a sinistra dello scudo, lo stemma sormontato da
due palme per richiamare l’appartenenza alla
omonima famiglia del patriziato napoletano(17).
Nella cittadina di Sant’Elia a Pianisi sono
presenti ancora alcune opere appartenute alla
famiglia ed in particolare il Palazzo di Palma -
Caracciolo (successivamente sede del comune),
che fu acquisito da quest’ultima famiglia a
seguito del matrimonio di Donna Vittoria di
Palma d’Artois con un rappresentante della
famiglia Caracciolo di Cellamare, Duchi del
Gesso(18).
|

Palazzo di Palma - Caracciolo di Sant’Elia a
Pianisi |
7
- Nobiltà a Torrecuso.
In
Torrecuso(19) la
prima testimonianza ufficiale risale al 1406 con
Cobello di Palma, nell’area di Sant’Erasmo e in un
nutrito nucleo familiare verso la fine del 1500, di cui
il primo risultante negli atti è il notaio Giovanni
di Palma, autore nel 1574 della Platea dei beni della
Parrocchia di S. Erasmo.
Nel centro, ancora oggi è presente, in via Pietà, il
Palazzo della famiglia ed in particolare il portale con
lo stemma “caratterizzato dalle ricche volute di gusto
barocco concludentisi con il motivo di un fastoso
cimiero”(20). Si
tratta di uno stemma partito. Nel primo spazio di
sinistra, troncato da una fascia divisoria in oro, nella
parte superiore, in azzurro, si trovano tre stelle di
color oro; nella parte inferiore di azzurro tre palme
sopra tre cime verdi di un monte. Il secondo spazio di
destra è occupato da un castello con tre torri
sormontato da due stelle d’oro in campo rosa, simbolo
del paese di Torrecuso a suggello dello stretto legame
della famiglia alla città. Lo stemma è bordato da motivi
floreali e presenta nella parte superiore un elmo su cui
si trovano tre piume rosse con la punta gialla
attestanti la cittadinanza beneventana riconosciuta nel
1608 al notaio Cesare ed ai fratelli Salvio e
Marzio. |
 |
 |
Portone del palazzo di
Palma di Torrecuso e particolare dello Stemma della
famiglia in marmo
e riproduzione su ceramica della Bottega Giustiniani di
S.Lorenzello (BN). |

Conferimento della cittadinanza
beneventana a Cesare, Salvio e Marzio di Palma |
Il palazzo, come documentato da alcuni atti della
parrocchia di Sant’Erasmo, aveva al suo interno anche
una cappella privata di cui oggi è rimasta la finestra.
L’Architetto Coletta in merito afferma che si tratta di
una finestra “di chiara matrice proto rinascimentale,
caratterizzata da una elegante cornice decorata alla
base dei piedritti con il classico motivo dei rosoni
aperti e per il resto fasciata da un equilibrato gioco
di listelli geometrici sapientemente raccordati.
Sull’architrave, a separazione del sovrastante timpano
lineare, prospetta una decorazione raffigurante due
grifi dalle lunghe code reggenti in mezzeria uno stemma
crociato recante la scritta JHS”(21).
Il monogramma JHS, spesso stilizzato come in
questo caso con una croce nella H, è un nomen sacrum
che fin dal Medioevo ha un uso amplissimo nell'arte
figurativa della Chiesa cattolica come Cristogramma. La
sigla JHS (o in alfabeto greco ΙΗΣ) compare per la prima
volta nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei
manoscritti greci del Nuovo Testamento, San Bernardino è
il diffusore del monogramma ma è anche colui che ce ne
fornisce il significato: J Jesus H Hominum S Salvator.
|

Finestra della cappella privata del
palazzo di Palma di Torrecuso |
Di
un certo pregio erano anche gli affreschi del salone:
“La camera presentava un soffitto ligneo fastosamente
decorato, con sapienti accorgimenti prospettici
simulanti un variegato gioco di orditure poggianti su
una fascia che, nelle ondeggianti volute barocche,
metteva in evidenza medaglioni raffiguranti torri,
castelli e casolari presumibilmente documentanti i
possedimenti della famiglia di Palma”(22).
|

Affreschi del
salone |
8
- Il ramo di Torrecuso ed il suo albero
genealogico.
Della famiglia di Palma del ramo di Torrecuso i
proprietari del palazzo risultano essere:
-
il Notaio Giovanni che nell’anno 1574
redige la platea dei beni della parrocchia di S.
Erasmo;
-
il
Notaio Cesare che, per aver ereditato la
professione di Notaio ed in quanto residente nel
palazzo di Palma, quasi certamente è figlio,
insieme ai predetti fratelli Salvio e
Marzio, di Giovanni. Il notaio Cesare è
ricordato per aver cercato di alleviare le
pessime condizioni di vita dei concittadini (che
invero hanno caratterizzato tutto il regno di
Napoli dell’epoca e che sono sfociate nella nota
rivolta capeggiata da Masaniello) ed è stato
promotore di una difesa della popolazione
contro il regime oppressivo di Troiano
Caracciolo(23);
- il notabile e giurista Agostino, figlio
del notaio Cesare, presente in due atti del
1659, promotore di importanti lavori di restauro
del Palazzo di Palma(24);
- il Magnifico Giovanni Nunzio, sposo di
Isabella Lenti, come da atti del 1665 e 1675, e
genitore del sottocitato Notaio Giulio Cesare
secondo quanto riportato nel libro dei defunti
alla morte di Isabella nel 1700;
- il Notaio Giulio Cesare, padre del
sottostante Giovanni Nunzio, citato in due atti
del 1701 e 1722(25);
- il Magnifico Giovanni Nunzio, presente
in un atto del 1753;
- il figlio Francesco, ultimo di Palma
proprietario dell’omonimo Palazzo fino al 1764(26).
Gli esponenti citati rappresentano il ramo
principale dei di Palma di Torrecuso,
puntualmente citato negli atti della parrocchia
di Sant’Erasmo ed in vari atti notarili, che è
rimasto nello stesso paese, ed in particolare
nel Palazzo di Palma, fino alla seconda metà del
1700.
In successione la proprietà è passata ai
Fusco
e ai Jardella, fino ai recenti proprietari
Spagnuolo e infine Cocchiaro che ha ceduto la
sua quota di proprietà al Comune di Torrecuso. |
Per cercare di ricostruire un albero genealogico del
ramo di Torrecuso:
a - risultano contemporanei:
- il giurista Fabrizio, citato in un atto
relativo ad alcuni beni in località Santo Ianni di
Torrecuso, nel 1574;
- il Giudice Nicola che viene citato in un atto
del 1574 relativo a beni immobili a Croce Vecchia di
Torrecuso;
- Sabatino, padre della Magnifica Porzia
vds. atto del 1619, di cui si dirà di seguito;
- il predetto Notaio Giovanni che nel 1574 redige
la platea dei beni della parrocchia di S. Erasmo.
Quasi certamente Nicola, Sabatino,
Giovanni e Fabrizio erano fratelli ovvero
cugini di primo grado.
Quanto precede, ove si consideri che la predetta Porzia
di Sabatino, rimasta vedova, nel redigere importanti
atti a favore delle figlie nel 1618 e 1619 chiama in
ausilio gli zii (di primo ovvero di secondo grado)
Nicola e Fabrizio nonché i sotto citati cugini (di primo
ovvero di secondo grado) Cesare e Giovannantonio per
essere assistita legalmente(27).
b - Nella successiva generazione troviamo:
- i fratelli Giovanbattista (Chierico) e Vittoria, in
base ad atto del 1619 figli del predetto Nicola
(Giudice). Il Chierico Giovanni, nel 1618, è testimone
nella riscossione di un credito del sottostante cugino
Cesare;
- i fratelli Cesare (Notaio), Salvio e Marzio (iscritti
alla cittadinanza beneventana nel 1608). Cesare (che,
quasi certamente, dovrebbe essere figlio, ovviamente
insieme ai fratelli Salvio e Marzio, di Giovanni), nel
1605, è testimone al matrimonio della sottostante cugina
Rosa e come detto sopra, assiste legalmente la cugina Porzia insieme ad altri parenti nel 1619; Inoltre, da
atti di censimento delle chiese presenti in Torrecuso, e
dei loro beni e suppellettili, è riportata la presenza
di un ritratto del Notaio Cesare nella chiesa, oggi
scomparsa, di Santa Maria della Sanità.
- Il figlio di Fabrizio, Giulio (in base ad un atto del
1621). Nel 1620 Giulio figura in un atto di vendita di
un terreno al sottostante cugino Abate Giovanni Nunzio
di Palma. Giulio è il capostipite del ramo di San
Salvatore Telesino dove risulta nello stato delle anime
del 1649.
- i fratelli Giovanni Nunzio (Abate) e Rosa. L’abate
Giovanni Nunzio, in particolare, nei citati atti della
cugina Porzia è l’acquirente dei beni venduti che, in
parte, dona ai figli della sorella Rosa;
- l’eletto dell’università di Torrecuso (1619),
Giovannantonio che, come detto sopra, assiste legalmente
la cugina Porzia insieme ad altri parenti nel 1619.
c - Sempre nell’area di S. Erasmo e di massima
impegnati nelle stesse attività dei predetti, vi sono
anche altri di Palma, alcuni con titoli e pure presenti
nella vita familiare con svariati ruoli. In particolare
meritano una citazione:
- il magnifico Mendato, testimone di nozze del predetto
figlio del Notaio Giovani, il Notaio Cesare nel 1594;
- il Reverendo Alessandro e Giangiacomo, rispettivamente
testimone in un atto del 1619 e debitore del citato
Nicola. Al matrimonio di Giangiacomo, nel 1622,
Alessandro è testimone;
- l’eletto di Torrecuso Marco, citato in un atto del
1626, testimone della predetta donazione dell’Abate
Giovani Nunzio ai nipoti nel 1619;
- il Nobile, Domino, Magnifico Giudice regio a contratto
Orazio, il cui matrimonio del 1637 è celebrato dal
Reverendo Alessandro con testimoni il predetto Domino
Marzio e Leone(28). Orazio
è citato in cerimonie nella cappella del palazzo di
Palma nel 1638 e nel 1639. Nel 1641 è giudice in un atto
relativo alla predetta Porzia, che abita sotto S.
Erasmo, ed alle figlie;
- il proprietario terriero Giovanni Battista presente in
una denuncia per un furto subito nella sua tenuta nel
1664(29);
- il Dominus Don Carlo citato in due atti del 1676 e
1680. |
9-
La Famiglia di Palma nel Sannio e nel Fortore.
Alcuni esponenti della famiglia hanno rivestito
ruoli di una certa importanza nel Sannio, al riguardo
merita una citazione il Rettore del Collegio di
Benevento, il Gesuita Lelio, morto di peste
mentre assisteva i malati(30).
Vanno ricordati in particolare, ai fini del nostro
studio, i
Baroni di Monterone
e
Campogattaro
(fra cui spicca Pasquale di Palma(31)).
Le linee cadette dei Baroni di Monterone e Campogattaro
continuarono a vivere nella zona dedicandosi alla cura
delle proprietà terriere, alla professione militare ed
alla cultura specialmente giuridica(32).
Nel vicino centro di Torrecuso abbiamo visto in
precedenza uno dei rami della famiglia appartenente al
patriziato locale(33).
Relativamente al Fortore, “nel breve periodo del suo
governo Ferrante … riuscì a creare le basi della fortuna
di alcuni rami del suo lignaggio … Il ricongiungimento
dei di Palma di Torrecuso con quelli di San Giorgio
avvenne … quando il Sacro Consiglio … alienò San Giorgio
La Molara a Carlo Caracciolo, Marchese di Torrecuso,
decretando la nascita di un nuovo corpo giurisdizionale
con capoluogo a Torrecuso dove i Caracciolo avevano
stabilito la loro corte”(34).
I di Palma di San Giorgio La Molara e Torrecuso, con
diversi rappresentanti definiti nobili, signori e
magnifici, risultano strettamente legati da svariati
rapporti fra cui, in particolare, il matrimonio di un di
Palma con la figlia dell’erario dei Caracciolo, il
notaio Nicola Angelo Landone(35).
Esistono inoltre varie tracce di rapporti e cerimonie
familiari fra i di Palma dei due centri ed i Caracciolo.
Ad attestare il “processo di avvicinamento e fusione tra
le due linee dei di Palma di Torrecuso e San Giorgio La
Molara vi fu il sacerdote Agostino di Palma che,
a San Giorgio era in confidenza con il notaio Nicola
Angelo Landone e somministrò il battesimo alla figlia
Prudenzia ”alla presenza della marchesa Vittoria
Caracciolo che aveva preso parte a tale cerimonia come
madrina.”(36).
Ancora oggi, inoltre, esistono vari rami, beni e
documenti della famiglia nell’area.
In particolare un ramo della famiglia di Palma di
Torrecuso si è trasferito a San Salvatore Telesino(37).
Tale ramo, sulla base di vari atti notarili e come
risulta dai registri della Chiesa di S. Maria Assunta,
discende dal predetto Fabrizio e dal figlio Giulio.
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____________
Note:
(1) - DE LELLIS C.,
Famiglie nobili del regno di Napoli, FORNI, BOLOGNA,
2003 e Famiglie nobili della città e regno di Napoli,
FORNI, BOLOGNA, 1977.
(4) - Basato sul predetto studio di
Candida Gonzaga.
(5) -
PELLICANO CASTAGNA M., Storia dei feudi e dei titoli
nobiliari della Calabria, CBS, CATANZARO, 1966, vol.
II, pag. 47.
(6) - NAPPI P.,Un paese
nella gloria del sole. Palma Campania, GRAFICA
NORMOTIPO, BRUSCIANO (NAPOLI), 1982, pagg. 24 e sgg.
(7) - AVELLA L.,
Fototeca nolana. Archivio di immagini dei monumenti e
delle opere d’arte della città e dell’agro, ISTITUTO
GRAFICO EDITORIALE ITALIANO, NAPOLI, foto 4008-4011 e
relative descrizioni.
(8) - GLEIJESES V.,
Castelli in Campania, II ed., GIGLIO, NAPOLI, 1977,
pag. 163.
(9) - DE
LELLIS C., Famiglie nobili della città e regno di
Napoli, op. cit., pagg. 71 e sgg.
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Continua sul sesto volume in preparazione
di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"
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