Francesco Arcella,
conte di Venafro,
ebbe per figlio
Matteo,
il cui nome risulta inciso nell’epitaffio dell’altare di
Galezzo Pandone, acquistò la
terra di Mottafollone,
feudo in
Calabria Citra,
da Geronimo
Sanseverino,
2° principe di Bisignano, con Regio Assenso del 1487 e
registrato nel
Quinternione
XXX, f.12 (Cedolario 75, f.119). Sposò donna
di casa
Spinelli
ed ebbero per figli:
Fabio, fu vescovo di Bisignano nel 1530,
nunzio e collettore del Regno dal 1528 al 1535, vescovo
di Policastro nel 1537, governatore di Bologna nel 1537,
governatore della Marca nel 1538, promosso arcivescovo
di Capua il 18 gennaio 1549, morì nel maggio del 1564;
Giovanni; e
Francesco,
nel 1549 fu tassato per la terra di Mottafollone, sposò
in casa
di Sangro
ed ebbe per figlio
Pietro
che gli premorì.
Camillo, figlio di Pietro e di Ippolita
Conclubet dei marchesi di Arena, l'8 agosto 1556 ebbe
significatoria di rilevo per la terra di Mottafollone,
come erede del barone Francesco, suo avo paterno;
sposato a Livia
Acquaviva,
sorella del duca di Nardò, morì improle.
Lucrezia Arcella, nel 1572 fu tassata
per la terra di Mottafollone
(Cedolario 75,
f.119)
(1). Sposò Domizio
Caracciolo Rossi 1° duca di Atripalda nel 1572 conte
di Galerati, Vespolati e Torella. Lucrezia acquistò. con
atto stipulato il 27 ottobre 1586, per ducati 49.550 la
baronia di Santangelo a Scala
che comprendeva le
terre di Capriglia e Grotta Castagnara,
in Principato Ultra.
Lucrezia fu l’ultima della sua famiglia e i discendenti
di Domizio al cognome Caracciolo aggiunsero quello di
Arcella.
Gli Arcella godettero di nobiltà anche a
Tiggiano, in
Provincia di Otranto,
feudatari di detto feudo sin dal 1309, dove costruirono
una maestoso palazzo fortificato con torri e mure
merlate. |