Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
d'Alessandro |
Il duca di Pescolanciano, Pasquale Maria, fu in gioventù attratto
dalle nuove correnti di pensiero di influenza francese, talune
esaltanti la “ratio” illuminante altre il misticismo-esoterico(1),
diffuse dalle diverse congreghe segrete presenti in Napoli nel
corso del XVIII secolo. |
Napoli - Palazzo d'Alessandro
oggi sede di due Ambasciate
e il piano nobile occupato da una nota casa
d'abbigliamento |
Nella casa “palazziata” di via Nardò (piazza
S. Ferdinando), don Pasquale d’Alessandro acconsentì tra l’altro di
dare in affitto un appartamento ad un gruppo di giacobini, i quali
vi aprirono un circolo. Ciò è quanto riferito dal Nottebella(2)
nel suo recente libro, “Napoli Giacobina”, ove accennando agli
avvenimenti politici accaduti a Napoli nel 1794 con il diffondersi delle
rivoluzionarie idee filo-francesi, costui così scrive “(...) esistono
circoli di commercianti francesi, quasi tutti favorevoli; continuano a
persistere logge massoniche, a cui partecipano anche napoletani (...) ai
commercianti ed ai banchieri francesi, fino dal 1785, è consentito di aprire un circolo in un appartamento del
marchese di Pescolanciano a discorrervi di negozi esteri e propri e
divertirsi in giochi permessi e di volta in volta con accademie di
balli e musica”(3).
E’ da segnalare,poi, la presenza anche di taluni bandi ed editti di
fine settecento contro la setta dei “Liberi muratori” tra i
documenti dell’archivio ducale ancora in possesso. |
La vicinanza a
questo mondo settario, nonostante la professata fedeltà del duca al
suo sovrano Borbone, è infine testimoniata dalla paterna amicizia
verso il principe Raimondo
di Sangro di Sansevero, da cui apprese i
fondamenti della scienza alchimistica e la probabile ispirazione di
produrre raffinate ceramiche. |
Questo affascinante
apprendimento di nozioni misteriose, da parte del giovane
aristocratico dei Pescolanciano, lo dovette influenzare nella scelta degli elementi
artistico-pittorici usati per i manufatti in ceramica. Questo affascinante apprendimento di
nozioni misteriose, da parte del giovane aristocratico dei Pescolanciano, lo dovette influenzare nella scelta degli elementi artistico-pittorici
usati per i manufatti in ceramica.
Si potrebbe spiegare, così, il
ricorrente motivo dell’immagine
gnostica della palma, presente
nelle diverse tipologie di alberelli, piatti, zuppiere e vassoi sfornati
dalla fabbrica molisana.
Trattasi del classico albero di palma della noce di cocco, noto come “cocos nucifera”(4),
che fu nativo delle regioni tropicali dell’Oriente.
Per la sua
particolare longevità (la pianta può sopravvivere oltre i cento
anni) simboleggiò presso gli antichi popoli pagani la potenza
dell’immortalità.
I greci chiamarono la palma “foinix”, fenice, il
mitico uccello che rinasceva dalle proprie ceneri senza mai morire.
Mentre nell’antica Roma le foglie di palma divennero l’emblema della
gloria militare e della vittoria conquistata. E’ solo con l’avvento
del cristianesimo che il suddetto albero divenne specifico simbolo
di ascensione, rigenerazione ed immortalità liberatoria. |
© Brocca con palma e la lettera P |
L’iconografia teologica(5)
dell’Annunciazione, ad esempio, mostrò l’arcangelo Gabriele
preannunciante la nascita del Cristo dal ventre di Maria con le
seguenti parole del salmo (91,13) circa “il Giusto fiorirà come
palma”.
La foglia di palma ricompare, poi, nell’annuncio della
morte della stessa Vergine, tenuta tra le mani dell’arcangelo
Michele, come pure nell’episodio della “domenica delle Palme”
allorquando Gesù, entrando in Gerusalemme venne osannato dalla folla
sventolante rami di palma a significare la celebrazione della sua
prossima salita al cielo.
Analogo valore assume la palma della “Pentecoste”, prefigurante la
resurrezione del Salvatore alla fine del dramma del Calvario.
Tale raffigurazione allegorica della palma
fu ripresa dalla letteratura epico-esoterica per simboleggiare anche
la vittoria dei guerrieri cristiani sugli infedeli islamici,
rappresentanti le forze armate del Male. |
Santa Maria Capua Vetere (CE), sterno Basilica S. Angelo in Formis
- l'arcangelo Gabriele - |
La Terra Santa, luogo della natività e di purificazione da cui
poter accedere alla Luce eterna, venne così ad identificarsi nel
corso del medioevo nella regione delle palme. |
©
Il barone Guido d'Alessandro di Roccagloriosa -
glorioso condottiero della terza crociata (1189-1192) |
Fu consuetudine, così, dei pellegrini ,di ritorno da
detti luoghi vissuti dal Cristo, il portarsi seco un ramo di palma,
segno distintivo dell’avvenuto passaggio per le località di fede. E’
chiara, quindi, la scelta del duca, che vantava una secolare
tradizione cavalleresca del proprio Casato al servizio della croce(6),
di voler prediligere nella
decorazione dei suoi manufatti la figura di tale pianta, quale sorta
di messaggio cifrato per quei cultori ed appassionati delle
tradizioni cavalleresche, supportate da regole e valori dei primi
cristiani.
L’uso del legame
continuativo
al mondo
dell’antica cavalleria
attraverso le arti, d’altra parte, non è nuovo presso la famiglia
d’Alessandro di Pescolanciano.
l bisnonno di Pasquale, il duca Giuseppe d’Alessandro(1656†1715) dedicò la sua
vita alla passione letteraria ed a quella equestre e dall’unione di
tecnica ippologica ed arte poetica, colorata di assiomi esoterici e
tematiche cavalleresche, nacque il suo trattato “Pietra di
Paragone dei Cavalieri” edito nel 1711.
Il di lui figlio
Ettore, (1694†1741), nonno di Pasquale, fece poi ristampare nel 1723
la medesima opera paterna, ampliandola con ulteriori scritti e
tavole illustrative tra le quali varie figure allegoriche di
fisionomie tratte dal libro di
Giambattista della Porta.
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Alla luce di quanto sopra, si può ipotizzare così l’esistenza di una
strana coincidenza circa l’uso del marchio “P” su taluni manufatti, in quanto
lo stesso, oltre ad indicare la località
produttiva di Pescolanciano o il suo
artefice Pasquale, potrebbe derivare dall’iniziale di Palma e
costituire segno di riconoscimento delle succitate allegorie sulla
resurrezione o superamento della morte per una nuova vita (dalle
Tenebre alla Luce), cui si rifà la tradizione del pellegrinare(7).
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Saletta Castello di Pescolancino |
Castello di Pescolanciano
Ingresso appartamento del duca |
Fu, forse, un messaggio
codificato riservato ad una ristretta cerchia di amici, spesso
anche committenti, e familiari del duca, che condivisero tale
cultura tradizionale dell’antica simbologia? |
Del resto, nel corso del settecento fiorì questo interesse per la
simbologia mitologica classica, nonché per le tematiche tipiche
dell’epopea cavalleresca, come testimoniato dalle ricostruzioni
architettoniche di torri ed edifici merlati d’ispirazione medioevale
ad opera di esponenti collegati alle sette massonico-neotemplare,
che predilessero la ricerca ermetica, alchemica ed occultistica al
razionalismo illuministico(8).
A Napoli, difatti, si insediò “una
delle quattro logge dell’ordine
dei templari”(9),
interessata alle antiche consuetudini esoteriche, derivanti dai
tempi della Partenope greco-romana. Questa corrente di pensiero
giunse a rispolverare anche l’alchemica leggenda del fragile uovo di
Virgilio, collocato sopra l’isolotto dinanzi a Mergellina e sul
quale si mitizzava essere appoggiata la città(10). |
Napoli - lo scoglio di Megarite |
Crebbe, così, l’interesse nei confronti di tale letterato, non
solo per le sue capacità erudite ma anche per il suo
simbolismo poetico, ricco di segni magici noti già dalla letteratura
medioevale. Il Sommo poeta mantovano, scelto non casualmente da
Dante Alighieri nella Divina Commedia quale guida spirituale lungo
il cammino spirituale negli inferi, riscosse particolare attenzione
per la sua affascinante medicina e soprattutto per le riconosciute
virtù taumaturgiche(11)
anche nel secolo dei lumi.
Si comprende, così, la grande attenzione
riposta nel sepolcro di Virgilio, meta di studiosi ma anche dei
diversi seguaci cultori della magica figura elevata a simbolo della
Ragione.
Curiosa circostanza: il duca Pasquale d’Alessandro era
l’allora proprietario della vigna, ospitante la
suddetta tomba, attigua al casolare di famiglia di Mergellina(12),
come testimoniò lo scrittore settecentesco Fernandez de Moratin.
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Napoli - Sepolcro di Virgilio
(70 -19 A.C.) |
Napoli - piazza Sannazaro
Ingresso casolare d'Alessandro |
Quegli “amici”, provenienti anche da altri regni, che il duca era
solito accompagnare (come da appunti epistolari) nella visita all’area
sepolcrale di Virgilio appartennero ad una setta, collegata a taluni
ambienti napoletani?
Si può scorgere, poi, una
sorta di collegamento di significati tra marchio “P”, la palma,
l’immortalità, la vittoria sulle tenebre, l’ascesa alla suprema Luce
con il classicismo mistico dell’autore dell’Eneide se si considera
l’altro elemento figurativo ricorrente nelle ceramiche del duca:
l’isola. |
Biscuit
"La Gerusalemme in catene"
©
proprietà privata - Casa d'Alessandro |
L’idea di raffigurare l’isola-scoglio potrebbe essere
derivata proprio da quell’isolotto, poco distante dalle proprietà
cittadine del duca, ove fu collocato il misterioso uovo di Virgilio
(oggi Castel dell’Ovo) raffigurante il vaso da cui metaforicamente
si generava il metallo prezioso fonte di Luce eterna.
L’immagine di
un vaso accompagna, sempre, la palma dell’isola nelle ceramiche di Pescolanciano. La simbologia ermetica del
duca d’Alessandro raggiunse, comunque, l’apice con la triade di
biscuit della “Gerusalemme in catene”, “Gerusalemme distrutta”,
“Gerusalemme liberata”. Nella Gerusalemme in catene ricorre
l’immagine centrale della palma (“sicut palma esaltata in Sion”)
a simboleggiare quanto già citato circa l’auspicio di una vittoria
di liberazione dal male nonché l’immortalità dello spirito
attraverso il cammino purificatorio di perfezionamento(13).
Tale manufatto ripropone, come gli altri due, tematiche
classicheggianti rifacentesi alla tradizione culturale esoterica, di
cui sopra, per la quale il menzionato cammino di perfezionamento
esistenziale veniva accomunato cabalisticamente al numero tre. Tale
manufatto ripropone, come gli altri due, tematiche classicheggianti
rifacentesi alla tradizione culturale esoterica, di cui sopra, per la quale il
menzionato cammino di perfezionamento esistenziale veniva accomunato cabalisticamente
al numero tre. |
Gerusalemme, la città santa méta ambita dei pellegrini redenti e
sacra terra difesa dai cavalieri dei diversi ordini, è rappresentata
da una figura dalle presunte sembianze femminili, mentre piange
seduta sulle rovine delle mura di detta città, alle quali è legata,
come lo è il vicino fanciullo, con una catena.
L’elemento catena,
tra l’altro, ricorda quella degli Eoni e dei Secoli della figura
gnostica di Baffomete, la presunta divinità ermafrodita (con gli
attributi di Cibale e Venere)adorata dai templari dopo il Padre
eterno. Detto personaggio del biscuit, pertanto, potrebbe anche
simboleggiare l’Europa cattolica (il Sole), delineata nel suo
momento di dolore per la persa libertà.
L’ostile civiltà araba,
invece, si può identificare nel sultano in atteggiamento spavaldo,
appoggiato su un altro angolo delle mura ove si scorge un’insegna
araldica ottomana. Pertanto, rifacendosi a cotali principi
neotemplari il biscuit della Gerusalemme in catene potrebbe
simboleggiare l’aspetto oscuro del citato cammino redentorio,
offuscato dalle tenebre della “mezza luna” islamica(14).
Mentre nel gruppo in biscuit
“Gerusalemme distrutta” l’indubbia figura femminile si erge con tre
pargoli supplicanti sulle rovine di una Moschea (come taluni
studiosi sostengono) o della stessa città palestinese,ruderi che
ricordano quel menzionato stile architettonico neotemplare.
Infine, la “Gerusalemme liberata” costituisce il manufatto finale
della triade allegorica in cui è impresso il momento trionfale del
regno cristiano, vittorioso su quello musulmano. |
Biscuit
"La Gerusalemme liberata"
© proprietà privata - Casa d'Alessandro |
Sorrento (NA) - Torquato Tasso
autore
della Gerusalemme Liberata |
E’ la méta ultima del
cammino di perfezionamento, la luce infinita ed immortale (il Sole
gnostico che squarcia le tenebre della Morte) che ricorda l’opera
mistica del de Sangro: il “Lume Eterno”.
E’ il biscuit più
interessante per le numerose figure allegoriche dai misteriosi
significati esoterici. In primo piano si evidenzia la figura della
Gerusalemme, dalle sembianze di un condottiero più mascolino, mentre
procede trionfante su un carro trascinato da due grifoni(15).
Alle ruote sono adagiati due personaggi dalle sembianze asiatiche ed
africana, rappresentati nell’atto di frenare (l’asiatico) ed aiutare
(l’africano) detto passaggio trionfale. La scena è sviluppata sulle
consuete macerie di una torre, il cui basamento si compone di molteplici
elementi-simbolo.
Innanzitutto, balza agli occhi
l’abbondante acqua, fonte di purificazione e rinascita spirituale,
dei due fiumi fuoriuscenti dalle anfore, contraddistinte dalle
scritte “Feritor” e “Fortifera”(16).
La dea-pesce(17)
è raffigurata nell’aspetto simbolico della femminilità fertile
(“portatrice di Vita”), che può ricondurci all’immagine metaforica
del “Graal”, concepito come ventre femmineo a custodia del Sangue
Reale, ben noto ai guardiani del Tempio e a quelli del Priorato di
Sion(18). |
Napoli - Piazza San Domenico Maggiore -
La chiesa dove riposa il duca Pasquale Maria d'Alessandro |
La chiave di volta, comunque,
della suddetta allegoria si rinviene nella data indicata sulla
fascia al di sotto della torre, cioè quella incisa del CCCXV (315).
Questa potrebbe essere stata confusa con quella del CCCXXV (325)(19),
cioè quando l’imperatore pagano romano Costantino il Grande(20)
decise di riportare la pace ed unificare Roma, tormentata da una
lotta religiosa tra gli adoratori delle divinità pagane ed i
cristiani, sotto l’unico vessillo religioso della Croce(21).
Alle metafore e simbologia
esoterica si affianca ulteriore interpretazione storico-culturale
degli elementi artistici richiamati nella produzione della triade.
Il riferimento è allusivo all’epoca del duca Pasquale, alla
diffusione delle idee giacobine e ai fatti rivoluzionari francesi e
suo governo del Terrore.
Il regno cattolico (la Luce),
rappresentato dalla Gerusalemme, si può identificare negli Stati
legittimisti ed anti-giacobini, mentre si può riconoscere nell’islam
(le tenebre) la Francia rivoluzionaria.
Difatti, la scelta di una simile tematica
classica del poema del Tasso, era in uso presso quella cultura
reazionaria anti-francese, che menzionava talune ottave dell’opera
Gerusalemme Liberata (canto 20, str.76, Incipit: vada in cener Parigi
e Gallia) perché premonitrici della decapitazione nel 1793 di re
Luigi XVI nonché del conseguente scoppio della rivoluzione francese. |
Napoli - Piazza Trieste e Trento - il
tratto di strada che il duca d’Alessandro
e lo zar delle Russie
Paolo I percorrevano per recarsi a Palazzo Reale
|
Il duca Pasquale, tra l’altro, come cavaliere dell’ordine di Malta
(nel 1794 ottenne la croce di devozione) nonché fratello di un
cavaliere professo(22),
non poté esimersi dal condannare la rivoluzione ed i rispettivi
eredi bonapartisti, destabilizzanti gli antichi stati. Questo suo
schierarsi dalla parte delle fronde della reazione legittima(23)
potrebbe spiegare il verificarsi dei due dolosi avvenimenti: il
misterioso incendio, in data 10 giugno 1798, del palazzo agnatizio
di piazza San Ferdinando e la precedente leggendaria distruzione
delle fornaci della fabbrica molisana di ceramiche.
Questi segreti ed altri, il
duca ceramologo portò con sé nella turbolenta senescenza, chiusasi
(come narra la tradizione orale di famiglia) con la perdita di quella
“ratio”, tanto studiata in vita. |
Castello di Pescolanciano, targa
in memoria del duca Pasquale d'Alessandro |
Il duca trovò sepoltura nella
tomba di famiglia collocata nella chiesa di San Domenico Maggiore,
posta proprio a pochi passi dalla cappella di Sansevero e dal
sepolcro dell’amico principe de Sangro in una delle più suggestive e
magiche piazze di Napoli. |
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Note:
1) Nell’Inventario del 1780 (AcSd,
Inventario del Ducal Palazzo di Pescolanciano.., 16 febb.1780)
si rinviene tra i libri catalogati l’opera utopistica del
ribelle calabrese Tommaso Campanella: la Città del Sole.
2) E. Nottebella, Napoli Giacobina,
Napoli, 1999, p.144.
3) L’autore V.Gleijeses, già
precedentemente, in una sua pubblicazione (Cfr.V.Gleijeses, Il
borgo di Chiaia, Napoli, 1977, pp.19-20)riportò la medesima
notizia, specificando però che solo nel 1793 per iniziativa di
un gruppo di cittadini napoletani e stranieri, “capeggiati da
Pietro Robby” fu fatta richiesta di licenza di aprire detto
circolo “affinché potessero farci dell’accademia e del salotto”.
Il reggente marchese Fuscaldo respinse la domanda, per poi esser
accolta allorquando la questione fu portata a Corte da alcuni
postulanti quali “l’incaricato di Francia Lenon ed il suo
console Didur, Giovan Battista Meuricroffe, Carlo e Luigi
Forquet, Giovanni Girand ed il console Antonio Liquer”.
L’inaugurazione del circolo avvenne il 4 giugno del 1793.
4) Terminologia scientifica formata
dal portoghese “cocos” = scimmia (forse per la somiglianza della
noce al muso di una scimmia) e dal latino “lucifera” = portatore
di noci.
5) Cfr. Jean Chevalier, Dizionario
dei simboli, 1999 ed.BUR.
6) Si ricorda il barone
rossocrociato Guido/Guidone d’Alessandro di Roccagloriosa,
citato nel “catalogo dei baroni del Borrelli (Na, 1653, p.56),
per la sua diretta partecipazione alla terza crociata
(1189-1192) in terra Santa. Il templare Lando d’Alessandro
risultò poi essere importante componente con frate Giovanni di
Lorenzo, l’oblato Giovanni Cono ed altri della comunità templare
della chiesa di S.Paterniano di Ceprano, a detta delle recenti
ricerche del Bramato (Storia dell’Ordine dei Templari in Italia,
Rm 1991, p.74).
7) Quella del pellegrinare fu
consuetudine di una “communitas”, volta al distacco dal mondo
materiale e proiettata verso il cammino della purificazione e
dell’ascesi immortale.
8) Nicola Pezzella, l’Architettura
Neotemplare, in rivista Templari, n°1, sett-ott.2001,
ediz.trentini, pg.34-37.
9) Scrive il Capecelatro (Giuliano
Capecelatro, Un sole nel labirinto storia e leggenda di Raimondo
de Sangro principe di Sansevero, Milano, 2000 p.88) “la città,
come le sarebbe capitato anche in un lontano avvenire, era
considerata una porta verso l’Est. Che, nel linguaggio
iniziatico rappresentava l’apertura verso il Sole. Quello
astronomico, se si vuole, che da oriente ogni giorno prende le
mosse nel suo incessante lavoro di dar luce al mondo, ma
soprattutto quello simbolico: il Sole che diffonde la luce della
conoscenza”.
10) Secondo il mito virgiliano,
Napoli sarebbe andata distrutta se tale uovo si fosse rotto.
L’autore dell’Eneide avrebbe di persona collocato in una gabbia
“murata in una nicchia sotto lo scoglio di Megaride, roccia a
sua volta in forma d’uovo, l’isolotto che fronteggia il nucleo
più antico della città, appollaiato sul monte Echia. L’uovo che
sorregge Napoli è in realtà un vaso destinato ad accogliere il
metallo vile e trasformarlo in oro, un atamor in cui si compie
l’Opera: creare il Sole che darà la Luce”(G.Capecelatro, Op.cit.
p.74).
11) Si ricorda la leggendaria
impresa di Virgilio di salvare Napoli dalle mosche infestanti,
utilizzando la mosca d’oro da lui creata. Il mito di Virgilio lo
consacrò anche per il suo potere di guarire cavalli ammalati,
ricorrendo ad un suo cavallo di bronzo, nonché a rendere pescoso
il mare napoletano con il suo pesce di pietra. Inoltre, la
storia dell’uccisione del feroce serpente, annidato nei pressi
dell’attuale quartiere Pendino, avvenne con il ricorso a formule
magiche. Virgilio fu, pertanto, celebrato anche per questo suo
ruolo di poeta trascendentale che esaltò la Vita sulla Morte, la
Luce sulle Tenebre.
12) Si trattava dell’immobile
“rustico”, forse all’epoca cascinale, con attiguo appezzamento
di terra che si estendeva fin sopra la collina di Posillipo,
ancor oggi visibile in piazza Sannazaro e facilmente
riconoscibile per lo stemma dei d’Alessandro rappresentato dal
leone attraversato da banda trasversale con tre stelle.
All’epoca del duca Pasquale, vi transitò intorno al 1793 lo
scrittore Leonardo Fernandez de Moratin per visitare la tomba di
Virgilio ivi ubicata. Costui riferì nella sua opera “Viaje a
Italie” (cfr. L.F. de Moratin, Napoli una corte sul mare, a cura
di A. Mozzillo e V. Cardone, Napoli, 1998 p.51) circa la
descrizione del sepolcro, aggiungendo: “sta dentro una vigna
recintata, appartenente al duca di Pescolanciano; si va per
sentieri erti e tortuosi, fra erbacce incolte; e quando lo si
vede, si trovano solo rovine molto confuse”. La proprietà fu
alienata intorno al 1820 al francese F. Bonniot, come testimoniò
lo scrittore Tullo Massarini (Nei parentali di Virgilio, Nuova
Antologia, fasc. sett. 1882) che così riporta: “L’entrata al
sepolcro, prima che si aprisse nel masso dalla parte della
grotta la scaletta che abbiamo di sopra descritta, avveniva
dalla parte delle rampe di S. Antonio a Posillipo per la villa,
che fu un tempo dei Duchi di Pescolanciano ed oggi è proprietà
di un signore francese F. Bonniot”.
13) Fu concetto ricorrente nelle
architetture sette-ottocentesche di ispirazione templare. E’, ad
esempio, un elemento simbolico nella “casa dei Templari” del
1784 a Weimar o nel castello del giardino di Machern del 1792
presso Lipsia, di Karl August von Lindenau. Fu rappresentato un
percorso rituale finalizzato al perfezionamento dell’essere che
passava da uno stato di oscurità ad altro fatto di luce
propiziatrice.
14) Secondo taluni studiosi,
quale il prelato Gioacchino Maselli, detta allegoria si rifece
alla tradizione epica di Olindo e Sofronia, descritta con il
capo appoggiato sulla destra ed i figli piangenti.
15) La scelta dei due fantastici
animali, con corpo di leone e testa d’aquila, è direttamente
collegata alla tradizione mitologica egiziana ed ellenica poi
ripresa dalla simbologia cristiana per rappresentare la forza
demoniaca.
16) Feritor, come participio del
verbo fero-feris, è da intendersi come “generatrice/portatrice”.Fortifera,
dall’aggettivo Fortis, è traducibile come
“incoraggiante/valorosa”.
17) Si ricorda che la donna dal
corpo pisciforme di medioevale raffigurazione era localizzata
nel mare, come tramanda il mito omerico, che costituiva
l’alterità rispetto al mondo degli uomini. Mentre
nell’escatologia postomerica la sirena venne rappresentata
nell’oltretomba, quale alterità assoluta, con il compito di
affascinare le anime che giungevano nell’Aldilà, rendendo più
dolce la morte (cfr. L’Enciclopedia, Vol.18, UTET 2003,p.581).
18) Il Priorato di Sion fu
fondato da Goffredo di Buglione (il condottiero per il quale si
tramandava erroneamente presso il casato d’Alessandro aver
combattuto l’antenato Guidone) che tentò di recuperare dalle
rovine del Tempio di Salomone i documenti testimonianti del
Sangue Reale, Sangreal, circa la discendenza divina dei
Merovingi, generatisi da Gesù Cristo e Maria Maddalena.
19) E’ da segnalare, al di là
dell’eventuale errore, che già dal 314 l’imperatore Costantino,
nella sua carica di Pontifex Maximus della religione
tradizionale, intervenne nelle controversie fra cristiani e
pagani, così nella contesa dei donatisti come in quella tra
ariani/meleziani contro ortodossi/atanasiani.
20) Costui fu il grande sacerdote
del culto del Sol Invictus,Sole invincibile, la religione
ufficiale romana ancora diffusa nei territori imperiali a
distanza di tre secoli dalla crocifissione, seppur seriamente
minacciata ed estromessa dai seguaci del cristianesimo.
21) Molta simbologia pagana
“trasmutò” nella religione cristiana, così come avvenne per
taluni rituali tipici del culto del Sole-Luce divina. E’ il
caso, ad esempio, della domenica dei cristiani che derivò dal
giorno in cui i pagani rendevano omaggio al Dio Sole, nonché del
25 dicembre della natività derivante dalla celebrazione della
nascita del Dio Mitra e dei compleanni delle divinità
Osiride/Dionisio. Infine, anche l’immagine stessa di Iside che
allatta il figlio Horus, che fu concepito in modo divino, ispirò
quella della concezione della Vergine allattante Gesù Bambino.
22) Costui fu Francesco Maria
(1757-1836), educato al pari di Pasquale, scelse di divenire
cavaliere professo dell’Ordine di Malta, entrandovi a far parte
dall’anno 1795.
23) Il duca d’Alessandro, tra
l’altro, accolse nel 1797 come ospite presso la sua dimora di
piazza San Ferdinando lo zar delle Russie Paolo I, divenuto
principale esponente e fautore della coalizione europea,
antifrancese. Infatti, lo zar si oppose alla Francia
rivoluzionaria, alleandosi nel 1798 con Gran Bretagna e regno di
Napoli. Inoltre, nel 1797 costui accolse sotto la sua personale
protezione l’Ordine di Malta, allorquando Napoleone occupò
l’isola Melitense, espellendone i cavalieri. Lo zar Paolo I
divenne di facto Gran Maestro dell’Ordine. |
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