Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Merenda

Armi:
di Forlì: troncato d’azzurro e di rosso da uno scaglione d’oro, caricato di tre stelle di rosso e sormontato da un crescente montante d’argento;
di Cesena: d’azzurro, ai due scaglionetti d’oro, tra di essi tre stelle dello stesso ad otto punte disposte 1 e 2, il tutto sormontato da un crescente rivoltato d’argento;
di Napoli ed Aversa: d’azzurro, ai due scaglionetti d’oro, tra di essi tre stelle di rosso ad otto punte disposte 1 e 2, il tutto sormontato da un crescente rivoltato d’argento;
di Cosenza: d’azzurro, ai due scaglionetti d’argento, tra di essi tre stelle d'oro di sei punte disposte 1 e 2, il tutto sormontato dal crescente rivoltato d’argento.
Cimiero: un semivolo d’argento.
Dimore: Forlì, Cesena Napoli, Aversa e Cosenza.

Roma, chiesa di Santa Maria della Vittoria, cappella dell’avvocato di Curia Ippolito Merenda di Cesena che
ottenne il giuspatronato nel 1627, già dedicata a San Filippo Neri, riconsacrò l’Altare a san Francesco d’Assisi.

La nobile ed antichissima famiglia Merenda nella città di Forlì ricoprì importanti cariche.
Tito Merenda, capostipite, fu segretario di San Mercuriale, vescovo di Forlì (IV secolo); Merlino, figlio di Michele, partecipò attivamente alla conquista della Terra Santa nel 1095; Silvestro e il figlio Cornelio nel 1275 e nel 1307 furono tra i primi consiglieri di Forli.
Fabrizio Merenda (n. 1663), consigliere di Forlì nel 1709, sposò Maddalena Salecchi di Faenza, ultima di sua casa, e il cognome di lei fu aggiunto al proprio dai discendenti; nel 1720 fu nominato conte, insieme ai suoi discendenti maschi e femmine in infinito da Augusto II Re di Polonia ed ebbe l’onore di aggiungere sopra lo stemma l’ala destra dell’aquila bianca del Regno di Polonia.


© Aversa, stemma famiglia Merenda

Giuseppe (n. 1687), figlio di Fabrizio, nel 1710 fu cavaliere di Giustizia dell’Ordine Gerosolimitano.
I Merenda di diramarono in molte città d’Italia, tra le quali Napoli,  Aversa e Cosenza.
I rappresentanti dei Meranda di Napoli ed Aversa furono prevalentemente uomini di Chiesa o d’armi: Paolo Meranda fu Cantore della cattedrale di Aversa, Carlo Merenda (Napoli, 1832
S. Giorgio a Cremano, 1884) fu Tenente del 15° Battaglione Cacciatori dell’esercito Napoletano; si distinse durante l’assedio di Gaeta del 1860.


Aversa, Cappella gentilizia della famiglia Merenda del 1548
e rifatta dopo il 1600.


Lastra tombale di Paolo Merenda eretta dal fratello Gennaro
nel 1733.

Anna Maria Merenda sposò Nicola Sozj Carafa, patrizio di Benevento e barone di San Nicola Manfredi, terra in Principato Ultra; figlio primogenito fu Francesco Maria Sozj Carafa (Castello di San Nicola Manfredi, 1702 † Napoli, 1752), comandante di una compagnia alla battaglia di Velletri, che sposò Beatrice Parisio.


Il tenente Carlo Merenda (1832 † 1884)

I Merenda di Cosenza provenivano dal regio casale di Paterno;  i loro rappresentanti furono prevalentemente uomini di legge: Giovanni Lorenzo, da un atto notarile del 1558 risulta essere Utriusque Juris Doctor (dottore nell'uno e nell'altro diritto, ovvero civile e canonico); Angelo, dottore in legge, fu ascritto al patriziato di Cosenza nel 1621; Filippo († 1637), dottore in legge, sposò Apollonia Quattromani; Angelo, figlio di Filippo, sposò la nobildonna Clarice Stocco; Domenico, figlio di Angelo, fu avvocato in Napoli.


Stemma Merenda di Cosenza, tratto dall'Opera di Fabrizio Castiglione Morelli.

Apollonio (n. a Paterno nel 1498 ca) un loro antenato, umanista, prese gli ordini sacri, fu segretario di Pietro Bembo uno dei massimi umanisti del Cinquecento soggiornando nella sua villa a Bozza di Curtarolo nel padovano; nel 1529 passò al seguito di Soranzo e si spostò da Padova a Venezia dove incontrò il suo conterraneo, l'umanista  Antonio Telesio, con esso s'imbarcarono nel mese d'ottobre per Napoli.

Dal 1530 fu segretario del vescovo di Bisignano Fabio Arcella (antica diocesi in provincia di Cosenza); nella seconda metà degli anni trenta iniziò a maturare l'idea religiosa verso il protestantesimo, frequentava Vermiglio, Juan de Valdés, Giulia Gonzaga, Mario Galeota ed altri. Nel 1539 fu nuovamente al servizio di Pietro Bembo a Roma il quale era stato creato cardinale; nel 1541 è al servizio del cardinale Reginald Pole e nello stesso tempo sempre più si avvicinava al mondo valdese rifiutando i sacramenti.

Nel 1545 è in Calabria per provvedere al sostentamento della famiglia di sua sorella; nel 1548 a seguito dei tumulti scoppiati a Napoli contro l'Inquisizione spagnola, il sant'Uffizio indirizzò le sue indagini presso il gruppo valdesiano frequentato da Apollonio; nel 1551 a Napoli fu arrestato e tradotto a Roma dove fu processato, il suo amico Girolamo Seripando scrisse " Messer Apollonio dicono sarà bello, incrocicchiato con quella patienza gialla et croce rossa"; nel 1553 fu reso libero. Raggiunse Ginevra e nel 1557 dopo aver prestato giuramento ottenne la cittadinanza ed entrò a far parte della "sainte Réformation évangelique" della Repubblica di Ginevra.Si hanno sue notizie sino al 1567.

Per eventuali approfondimenti si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e per Luigi, Luigi Nicola e Nicola Merenda gli Affari della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.

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Fonti bibliografiche:
- Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, appendice II, Forni Ed., Bologna 1969, pp. 322–323.
- Luigi Palmieri, “Cosenza e le sue famiglie”, Luigi Pellegrini Editore, 1999.
- Roberto M. Selvaggi, “Nomi e volti di un esercito dimenticato”, Grimaldi Editore, Napoli 1990.
-
Fabrizio Castiglione Morelli "De Patricia Consentina Nobilitate Monimentorum Epitome”,  Venezia 1713.
- Enciclopedia Treccani.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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