Si tratta
di una raccolta di memorie sulla nobiltà cosentina, che
viene data alle stampe seguendo una moda del tempo. Nel
600 e nel 700, in molte città italiane si trovano opere
dello stesso argomento e dalla veste grafica molto
simile a quella in esame.
L’autore, Fabrizio
Castiglione Morelli, nacque nel 1660 da
Francesco,
Dottore in entrambe le Leggi e da Urania
Caputo,
era sposato con Maria
Dattilo
(†
Cosenza 11 ottobbre 1764) dalla quale ebbe solo
figlie femmine:
Carlotta,
sposata con Ignazio Maria
de Majo;
Teresa,
sposata con Don Francesco Dattilo;
Francesca, sposata con Marcello Maiorano
di Catanzaro
(1),
motivo per il quale questo ramo si estinse.
Il
Marchese Salvatore
Spiriti, nella sua opera “Memorie
degli Scrittori Cosentini”, Napoli, 1750, Stamperia de’ Muzi, a pag. 180, lo descrive come una persona deforme
dalle fattezze grottesche
“..figura strana del corpo
di costui, che parea della Schiatta dè Baronci…”, ma
dall’animo nobile e dalle “…molte belle virtù…” e
pervaso da un grande amore verso la città di Cosenza. Fu
“Principe” dell’ Accademia Cosentina. Cessò di
vivere nel 1736.
Fabrizio
Castiglione Morelli, persona dall’aspetto esteriore
goffa e ripugnate è stato, al contrario, l’autore del
libro più bello, elegante e raffinato della storia di
Cosenza, che non ha avuto eguali nella storia
cittadina.
Il volume
è scritto esclusivamente in latino, solo pochi sonetti
sono in lingua italiana ed è dedicato a
Tommaso Cornelio (Cosenza, 1614
† Napoli, 1684)
come viene riportato nel frontespizio,
filosofo del ‘600, autore del celebre trattato
“Progymnasmata Physica”, Senatore della Repubblica
Veneta, anche se pare che non lo fosse mai stato
(2).
Tommaso Cornelio (1614
† 1684) |
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L’opera
si apre con un scritto sempre in memoria di Tommaso
Cornelio, segue un elogio dell’opera a cura del Dottore
in entrambe le Leggi Francesco Zicari, esponente di
rilievo del tempo della città di Cosenza, che in una
sorta di presentazione illustra la storia della città di
Cosenza e dei suoi personaggi più significativi che si
sono succeduti in terra bruzia, segue un’altra lode di
Francesco Toscano, Patrizio Cosentino, in onore di
Didaco Castiglione Morelli, Patrizio Cosentino e
Marchese di Vallelonga (VV), avo paterno dell’autore.
Ancora,
di seguito una nota di Francesco Toscano, Patrizio
Cosentino e una nota del tipografo, rivolte entrambe al
lettore.
Successivamente si trovano alcuni sonetti composti da
esponenti di famiglie nobili del tempo e da notabili di
Cosenza, dedicati all’opera e all’autore, tra cui vi è
anche quello di una sola donna, Marianna Pascale Tauro,
moglie di Saverio
Pascale, Patrizio Cosentino.
Il
sonetto di Pompeo Galzerano, membro dell’Accademia
Cosentina, invece, è dedicato sempre all’autore ed in
modo particolare alla sua data di nascita il 1663.
Segue,
inoltre, un’approfondita monografia sui Castiglione
Morelli, scritta dal Dottore in entrambe le Leggi
Francesco Manfredi e dedicata all’autore del volume, che
volle in questo modo che fosse una terza persona colta
ed erudita a disquisire sulla sua famiglia.
Le
introduzioni, si concludono con uno scritto del
Castiglione Morelli, sormontato dallo stemma della città
(la seconda effige che si conosca stampata nel ‘700,
dopo quella riprodotta nell’opera di Pietro Tommaso
Pugliesi, Adversus propositiones nonnullas Dominici
Surrento De civitatibus aliquot Calabriae…, Napoli,
Nicola Abri, 1701, a pag. 63), in cui esalta la nobiltà
cosentina, gli ordini cavallereschi di cui molti nobili
fanno parte (Ordine di Malta, di
San Giacomo della Spada
e di Calatrava), i feudi, i castelli e i possedimenti
delle famiglie, i personaggi che nel corso dei secoli,
con i lori studi hanno portato lustro alla città di
Cosenza.
Nel 2017
e per alcuni mesi, il volume è stato sottoposto ad un
accurata e professionale opera di restauro conservativo
e di ripulitura, come di seguito indicato:
la
dimensione del volume è detta “in folio”, se si dovesse
seguire la numerazione impressa sulle pagine del tomo
analizzato, i fogli dovrebbero essere 84, come riportato
nell’ultimo, in realtà sono invece 57.
Nelle
fasi del restauro, tutte le pagine, singolarmente, sono
state immerse in una soluzione di ammoniaca a 28 gradi
per circa 15 minuti, per rimuovere lo sporco
accumulatosi nel corso dei secoli, sono state asciugate
e restaurate una ad una. Le stesse sono state
ricollocate nella composizione originaria, in quanto
anticamente alcune di esse erano state invertite.
Dal
riordino dei fogli è emerso un duplicato coevo della
pagina della dedica a Tommaso Cornelio, che è stata,
comunque restaurata, rimossa e conservata a parte.
Sulle
pagine sono presenti ancora lievi tracce di una
numerazione manoscritta a lapis blu e a matita, errata
ed ampiamente successiva al 1713.
Alcune
mancanze marginali nei fogli bianchi, intaccate
dall’umidità che ne aveva provocato l’arrossamento, sono
state reintegrate e restaurate professionalmente.
Il testo
a stampa non è leso in alcun modo ed è perfettamente
conservato e fruibile.
La
legatura, anch’essa pulita e restaurata, non è coeva ma
è in piena pergamena seicentesca, mentre le sguardie,
che non erano presenti, sono state aggiunte con carta
moderna.
Sul
frontespizio è presente una vecchie firma di possesso
cassata come anche una sull’ultima pagina, sempre sul
frontespizio è inserita un’ antica nota di possesso ad
inchiostro del ‘700 o dell’800 (ad usum Fratri Pauli
a Castro...Ordinis Capucini Castro…Bibliotecae applicat
cum facultate).
Nella
parte inferiore del frontespizio è inciso in rame un
bello stemma della città di Cosenza, sormontato da una
lista bifida svolazzante, riportante la scritta “nobilissimus
ordo consentinus”, che viene riproposto anche a pag.
1 del volume, sopra lo scritto dell’autore sulla città
di Cosenza, con una descrizione araldica, come
precedentemente indicato.
L’esemplare è privo della pagina su cui è impresso il
titolo dell’opera e di quella su cui è incisa la
meravigliosa antiporta architettonica e allegorica con
un trionfo di angeli, nel cui piede è riprodotta una
veduta “a volo d’uccello” della città di Cosenza,
realizzata con molta probabilità da Fabiano Miotte,
incisore napoletano di frontespizi ed antiporte di libri
illustrati, attivo tra il ‘600 e il ‘700.
All’interno sono presenti i due ritratti calcografici a
piena pagina e in ovale di Didaco e di Fabrizio
Castiglione Morelli, incisi finemente e firmati da
Fabiano Miotte (sculp) e da un autore non
identificato GB.S.(delineavit).
Il volume
contiene, seguendo un rigoroso ordine alfabetico, per
espressa volontà dell’autore, per non fare un torto a
nessuno, le monografie delle Casate nobili di Cosenza.
Ognuna di
essa è sormontata dal proprio stemma inciso in rame,
descritto e numerato in basso a destra, colorato secondo
il metodo di Marc Vulson de la Colombiere (tratteggi
orizzontali o verticali in sostituzione dei colori
araldici: rosso, verde, azzurro, nero e i puntini o il
bianco in sostituzione rispettivamente dell’oro e
dell’argento); stemmi molto belli probabilmente
realizzati dallo stesso Fabiano Miotte e da GB. S..
Nelle
prime pagine, non numerate, delle dediche e
dell’introduzione all’opera, sono presenti capilettere
ornati e nelle pagine successive dopo ogni monografia
familiare, finalini con puttini, corone, elementi
vegetali e architettonici, figure allegoriche e
mitologiche e croci, tra cui quella dell’Ordine di Malta
a piè pagina della monografia della famiglia
Curati, dei
frati Minori Cappuccini in quella degli
Abenante, mentre
in quella dei
Migliarese è presente, curiosamente un
centauro con un arco nella mano sinistra, faretra a
tracolla e un serpente attorno al braccio destro, sul
tutto una lista bifida svolazzante riportante il motto
Viribus Iugenda Sapienza, il tutto entro una
cornice architettonica sorretta da due figure umane, che
ricorda la marca tipografica di Giovan Battista Somasco
(sec. XVI).
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In tutti
gli esemplari finora consultati mancano gli stemmi e le
monografie delle famiglie nobili estinte, citate
tuttavia nell’indice, da cui deriva probabilmente
l’errore tipografico della numerazione del testo e delle
famiglie.
Nelle
copie censite, sono presenti errori d'impaginazione,
diverse collocazioni dei ritratti di Didaco e di
Fabrizio Castiglione Morelli, posposizioni di stemmi
come nel caso ad esempio dell’arma dei
d’Aquino
invertita con quella dei
Caselli e dei
Gaeta del leone
(copia custodita presso la biblioteca Nazionale di
Vienna).
La prima
copia dell’opera che si sarebbe dovuta stampare a Napoli
nel 1709, presso Domenico Antonio Parrino, come
riportato dallo stesso autore nel frontespizio
dell’edizione del 1713, non ha mai visto la luce in
quanto la tipografia come riferito dallo stesso Fabrizio
Castiglione Morelli a pag. 82 del volume in esame, ha
preso fuoco.
Nelle
conclusioni dell’opera a pag.74, l’autore cita anche un
incendio avvenuto il 22 settembre 1701 che ha distrutto
parte degli archivi napoletani.
L’opera è
estremamente rara, solo tre copie sono censite in ICCU,
Bari, Firenze, Soriano Calabro (VV), una copia è
custodita presso la Biblioteca Civica di Cosenza, una
copia presso la biblioteca Nazionale di Edimburgo e
un’altra presso la biblioteca Nazionale di Vienna, come
indicato precedentemente.
Sul
mercato antiquario nel 2012 è comparso un esemplare
(catalogo n. 163 (II) 2012) della libreria antiquaria
SEAB di Bologna ad euro 1.000,00 e un altro nel 2016
(catalogo n.44) della libreria antiquaria Gozzini di
Firenze ad euro 1.000,00.
L’editore
Forni di Bologna, nel 1977, ha pubblicato una copia
anastatica del volume tratto da un esemplare non
identificato, ove manca in quel caso il frontespizio
dell’opera.
Copie in
biblioteche private e finora censite:
1) - Ivan
Pucci a Cosenza (provenienza familiare, priva
dell’antiporta allegorico);
2) -
Cavaliere Francesco Paolo Piro a Cosenza (provenienza mercato
antiquario, completa);
3) -
Nobile Avv. Franco
Carolei a Roma (provenienza mercato
antiquario, priva dei ritratti calcografici di Didaco e
di Fabrizio Castiglione Morelli);
4) - Una copia era conservata presso l’abitazione di
Luigi Andreotti Loria di Cosenza.
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