Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Suriano
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Parte seconda -
A cura del Conte don Pietro Giovanni Suriano

Il Castello Aragonese di Piazza Armerina e la Sua Castellania.

Il Castello di Piazza Armerina fu voluto Martino il Giovane o Martino I Re di Trinacria, figlio di Martino il Vecchio Duca di Montblanch e Conte di Barcellona e Fratello di Giovanni Re d’Aragona, cui successe nel 1392.
Il Giovane Re di Trinacria a soli diciassette anni sposò con il favore di Clemente VI, antipapa avignonese, la cugina Maria di Sicilia figlia del Re di Sicilia Federico IV, dotata con diritto Aragonese Jus Mulieribus, della trasmissione ereditaria del Titolo e dei predicati e dunque legittima regina di Sicilia.


Piazza Armerina (EN)

Il Castello aragonese di Piazza Armerina (l’antica Plutia) oltre per la sua imponente mole, è importante perché testimone di una grande pagina della storia di Sicilia e del basso medio evo.
Il Giovane Re di Sicilia Martino volle fortemente questa possente fortificazione, affinché fosse un tangibile segno di potenza del nuovo Regno di Trinacria, posto come fu nel bel centro della Sicilia e presidiato dai Cavalieri del Santo Sepolcro che avevano sede nel Gran Priorato proprio a Piazza Armerina e che avrebbero costituito un efficace presidio dissuasivo per ogni altra azione contro la corona.
Fu dunque caposaldo della volontà del nuovo regno siciliano e del regno aragonese che lo sosteneva, per combattere contro i soprusi dei Baroni siciliani ancora ribelli, fautori della restaurazione delle antiche leggi medioevali, che tanto avevano impoverito la terra di Sicilia.
Così nel 1392 a seguito dell’alleanza del giovane sovrano, ancora diciassettenne, con il Priore dei Cavalieri del Santo Sepolcro del Cenobio di S.Andrea presso Plutia, Don Giovanni Suriano, Cavaliere di Castiglia e Léon e Nobile di Soria e di Plutia, fu definitivamente sconfitto il Barone ribelle Andrea Chiaramonte Duca di Gerba e Conte di Modica, in realtà un vero e proprio sovrano che estendeva i suoi vasti feudi in mezza Sicilia compresa la Signoria di Palermo, in un’epica battaglia che si svolse presso la piana di Caltagirone. Successivamente il vittorioso Comandante Crociato Don Giovanni, consigliò a Martino il modo incruento per risolvere l’ultima aspra lotta contro l’altro potente barone ribelle Don Artale II Alagona Conte di Paternò e di Naso, ma praticamente signore di Catania, allettandolo con la promessa di avere il Ducato di Malta in cambio della sua fedeltà al nuovo regno.
Il Barone ribelle accettò l’offerta e quando questi fu a Malta, gli venne notificato l’esilio e la perdita di tutti i titoli e possedimenti.


Piazza Armerina, Gran Priorato di Sant'Andrea

Martino I e la consorte Maria di Sicilia, con l’approvazione del Padre, nuovo sovrano d’Aragona Martino il Vecchio, per riconoscenza verso il notevole aiuto ricevuto dal Nobile Piazzese e Cavaliere Crociato, lo nominarono Gran Priore dei Cavalieri del Santo Sepolcro, con dignità vescovile ed il governo quale Duca dei Gerosolimitani di S. Andrea, Conte Castellano di Plutia, Pari di Trinacria e Grande d’Aragona (Rico Hombre d’Aragon) e gli affidarono la costruzione del nuovo castello che avrebbe rappresentato il simbolo della grande alleanza e della forza di Piazza Armerina, che la città medesima aveva offerto e dimostrato con i fatti, ai sovrani.
Il castello fu portato a compimento nel 1396 e per ulteriore ringraziamento, verso il Castellano Don Giovanni I, il Re e la Regina di Trinacria soggiornarono presso il maniero per diverso tempo, così piacendo ai sovrani che sentivano oltre alla gratitudine anche la necessità di un sicuro, fedele e valido albergo per le loro auguste persone.
La Castellania di Giovanni Suriano si estese su una vastissima contea che faceva di Plutia, attuale piazza Armerina una città fra le più importanti della Sicilia e sicuramente la più importante per la strategia e le forti guarnigioni crociate che là vi soggiornavano. I feudi dal Castellano dipendenti erano quelli di Barrafranca, Monte Navone, Montagna di Marzo, Rachalmisuri, Valguarnera, fino alle contrade vicine a Niscemi da una parte e a Castrogiovanni (attuale Enna) dall’altra parte.
Inoltre era affidato a don Giovanni la facoltà del mero e misto imperio, ossia del giudizio sovrano sulla castellania e contemporaneamente pure l’autorità di capitano di giustizia, che gli permetteva di riscuotere ogni tipo di tributo anche reale, in nome e per conto dell’autorità sovrana.

Don Giovanni III Suriano, quale Conte Castellano di Plutia, svolse il suo compito con estrema saggezza e fu molto amato dal popolo piazzese ed assai rispettato da moltissimi nobili baroni del tempo, fra i quali il Conte del Vasto di Butera e di Policastro e il Conte Moncada di Augusta e Licata, nonché riconosciuto Gran Priore dell’Ordine dei Gerosolimitani e suo duce, dal Pontefice romano e dall’Arcivescovo di Catania che estendeva allora la sua diocesi fino a Castrogiovanni.
Morto Martino I nel 1409 durante una spedizione in Sardegna, nello stesso periodo morì il grande e Saggio Castellano di Piazza Armerina Don Giovanni Suriano, famoso per le sue doti di saggezza e di strategia politica e militare, gli successe il fratello Don Pasquale, che non avendo le medesime doti di coraggio, forza ed abilità del fratello Giovanni e temendo per la sua incolumità, in quel terribile periodo di sconvolgimenti epocali, abbandonò il castello ed i diritti di Castellania, dopo le minacce ricevute di mettere a ferro e fuoco la città di Plutia, dall’avido e spietato vicario del regno Don Bernart Cabrera, che già s’era impossessato di gran parte delle proprietà dei Chiaramonte.
Il Conte Cabrera affidò il Maniero al comando di un suo fidato, il Barone de Cardines, comandante della Piazza d’armi di Capri, che mai però governò direttamente in Piazza, ma tramite un suo mandatario.
Re Martino il Vecchio tuttavia non riconobbe alla famiglia De Cardines i titoli e i predicati che furono mantenuti per Giovanni Suriano ed i suoi discendenti.
Nei secoli successivi il Maniero, perdendo la sua funzione di fortezza, fu tramutato in prigione, soprattutto durante il Regno Borbonico, nel quale per legge decaddero le Castellanie. Durante il Regno d’Italia, il castello continuò ad essere utilizzato quale prigione, decadendo ben presto in rovina interna e perdendo in grandissima parte l’originalità interna della sua costruzione ed un intero quarto delle sue mura.
Avendo il legittimo discendente della famiglia Suriano, Don Raimondo Aurelio Salvatore, nell’immediato dopo guerra ossia nel 1944, avanzato rifiuto alla successione di diritto del Castello, questo venne d’autorità riconosciuto definitivamente di proprietà alla famiglia De Cardines, dalla quale negli anni 90, fu acquistato dal Barone Cammarata di Enna, che ne è l’attuale proprietario.

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Casato inserito nel quinto volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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