Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Prignano

Arma: d'oro all'aquila spiegata d'azzurro imbeccata ed armata di rosso.
Alias: d'azzurro alla fascia di oro accompagnata nel capo da una stella dello stesso e nella punta da una ghianda al naturale.
Alias: di rosso al levriere al naturale collarinato d'oro attraversato da una freccia d'oro.

Motto: Flectar non frangar


© Capua - stemma di Bartolomeo Prignano, eletto Papa col nome di Urbano VI

L'antichissima famiglia Prignano si ritiene originaria di Pisa in quanto Nicolò, appartenente al ceto artigianale si trasferì a Napoli e sposò Margherita Brancaccio appartenente ad una delle più importanti famiglie nobili della città partenopea; di certo la famiglia prese il nome Prignano da una terra che possedevano in Principato citra.
Nel 1266 quando re Carlo I d'Angiò salì sul trono di Napoli, Antonello Prignano ebbe in dono dal sovrano il castello di Finocchio.
Il Casato possedette numerosi feudi tra i quali: Acquarola, Altamura, Aversa, Baiano, Capri, Castellammare, Cricignano, Gaeta, Minervino, Nocera, Pagliara, Scafati, Sorrento, Somma, Vatolla.
Fu investita dei titoli di:
conti di Fondi
duchi di: Amalfi (1381), Durazzo (1381)
principi di Capua (1381).

Il feudo di Vatolla, piccolo insediamento fortificato in una posizione strategica per il controllo della via di Lauriana, oggi frazione di Pedifumo in Principato Citra, appartenne ai Sanseverino, ai di Costanzo, ai Prignano, ai Griso baroni di Celso e Galdo, ai del Pezzo, al marchese Domenico Rocca, e infine nel 1767 fu acquistato dalla famiglia  Vargas Machuca, conservando il feudo fino all’abolizione della feudalità (1806).
Francesco
Prignano, barone di Acquarola, feudo in Principato citra, sposò Beatrice Gagliardi, figlia di Camillo Uditore della Provincia di Capitanata e del Contado di Molise dal 1534, e di Orsola Campana.
I Prignano godevano di nobiltà in Napoli fuori Seggio; nel 1549 Carlo Prignano trasferì la sua famiglia a Salerno dove furono ascritti ai Seggi di Campo e Portaretese. Nel 1600 i Prignano si diramarono in Lucera, Teano e Sanseverino.
Il ramo dei Sanseverino si estinse con Alessandro Prignano.
I Prignano si imparentarono con nobilissime famiglie: d'Afflitto, Brancaccio, Candida, Capuano, Cavalcante, del Giudice, Longo, Salerno, del Tufo, Rendina ed altre.
Nel 1383 una nobildonna di casa Prignano, nipote di Papa Urbano VI, sposò Giovanni d’Artus, conte di San’Agata e di Monteodorisio; il matrimonio fu celebrato solennemente dallo stesso Pontefice in Napoli nella sede arcivescovile. Le sorelle e nipoti del fu Bartolo barone di Licignano, Francesca e Geronima Rendina, baronessa di Licignano, sposarono rispettivamente Giovanni Antonio Prignano e Carlo Prignano.

chiesa s. maria la nova

chiesa s. maria la nova

Napoli - Monumento funebre di Francesco Prignano e Geronima Funicella - Anno 1589
A destra: cudo troncato con le armi dei Prignano e Funicella, famiglie imparentate

I Prignano, patrizi di Salerno, vestirono l'abito di Malta nel 1578 come quarto della famiglia Strambone e nel 1730 come quarto del Comm. Gennaro Salerno; i Prignano di Sanseverino nel 1598 come quarto della famiglia Ruggi.
La famiglia risulta iscritta
nel Registro delle Piazze Chiuse del Regno di Napoli e nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano anno 1922 nella persona di Girolamo Prignano (Lucera, 9.6.1853 † ivi, 11.12.1933), Patrizio di Salerno e di Lucera.

PAPA URBANO VI

Bartolomeo Prignano (Napoli, 1318 Roma, 1389), figlio dei già citati Nicolò e Margherita Brancaccio, si laureò in diritto canonico all'Università di Napoli e intraprese la carriera ecclesiastica. Fu nominato vescovo di Acerenza il 22 marzo del 1363 e arcivescovo di Bari nel 1377. 
Nel 1378 morì Gregorio XI e il 7 aprile il Collegio cardinalizio elesse nuovo pontefice Bartolomeo Prignano; un secondo scrutinio riconfermò il Prignano; il 18 aprile Giacomo Orsini pose la tiara sul capo di Urbano VI.
Il nuovo papa, desideroso di portare avanti la riforma ecclesiastica già avviata dal suo precedessore, dimostrò subito un temperamento forte e rigido entrando in contrasto con numerosi cardinali che erano contrari allo spirito di rinnovamento sul modo di essere cardinali.
Ben presto si scatenò una campagna denigratoria contro Urbano VI, mettendo in discussione anche la sua elezione, la stessa Caterina da Siena dovette intervenire in sua difesa affermando che i cardinali pensavano più alle cose materiali che spirituali.

chiesa s. maria la nova

Napoli - Busto di Urbano VI e stampa

Il 20 luglio 1378 i cardinali dissidenti, riunitisi ad Anagni, forti anche della vittoria delle truppe mercenarie al loro servizio che avevano sconfitto i Romani sul ponte Salario, dichiararono all'unanimità la nullità dell'elezione papale.
Il 20 settembre si trasferirono a Fondi, nel castello di Onorato Gaetani, seguendo il suggerimento di Niccolò Spinelli, conte di Giovinazzo a Ambasciatore della regina Giovanna I d’Angiò, e il giorno dopo venne eletto Roberto di Ginevra che prese il nome di Clemente VII, oggi noto come l'antipapa; questi con la sua Curia si stabilì ad Avignone.
Iniziò così lo scisma d'Occidente che si concluderà solo trentanove anni più tardi dopo varie battaglie.
Urbano VI dovette nominare nuovi cardinali, tra i quali Marino Vulcano e Rinaldo Brancaccio; nel 1380 dichiarava eretica Giovanna I d’Angiò, la scomunicò e la sostituì con il cugino, Carlo di Durazzo, della linea ungherese degli Angiò, che venne incoronato a Roma nel 1381.
Entrato a Napoli, Carlo III di Durazzo, con l'aiuto del cardinale Gentile de Sangro, fece prigioniera la regina Giovanna, che morirà in carcere nel 1382.
L'Europa cristiana si trovò ad un certo punto costretta a scegliere tra Urbano VI e Clemente VII; i due pontefici cercarono l’appoggio di sovrani e città.
Urbano VI nel 1384 si rifugiò  a Nocera, temendo che il re di Napoli, insieme ad alcuni cardinali, stesse cospirando contro di lui, fece imprigionare i porporati sospetti tra i quali il cardinale Marino del Giudice,  scomunicò Carlo III e lo dichiarò decaduto; il sovrano fece assediare il papa a Nocera dalle sue truppe; il 5 luglio del 1385 Raimondo del Balzo Orsini, passato dalla parte degli Angioini, al comando di settemila militi, con l’aiuto del principe Sanseverino, liberò il papa che si imbarcò alla volta di Genova.
Nel settembre del 1388 il Prignano tornò a Roma dove l’anno dopo rese l’anima a Dio.
Suo successore fu Bonifacio IX.

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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