
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
Macedonio |
Arma dei Macedonio:
vaiato d'azzurro e d'argento, al leone d'oro(1).
Arma dei Macedonio di Maione: vaiato d'argento e
d'azzurro, alla banda d'oro attraversante, caricata di un leone rosso.
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© Napoli - Stemma della Famiglia Macedonio,
marchesi di Oliveto. |
Le origini della famiglia Macedonio non sono certe, due le ipotesi formulate:
1) famiglia originaria di Napoli;
2) casato proveniente dalla Macedonia(2),
risalente alla dinastia Macedone e, più precisamente, discendente di
Tessalonica, figlia di Filippo II di Macedonia (382
†
336 a.C.)
e di Nicesipoli di Farete, moglie di Cassandro (350?
†
297 a.C.)
re di Macedonia, sorellastra di Alessandro Magno (356
†
323 a.C.),
figlio di detto Filippo II e di Olimpia.
Non si deve dimenticare che gli autori dell'epoca per dare
più lustro al casato fantasticavano origini straniere e
lontanissime nel tempo senza alcun riscontro o prova.
La Famiglia ha posseduto molti feudi: Apice, Buonalbergo,
Campora Carifi, Casale, Faggiano, Frattamaggiore,
Grottaminarda, Marzano, Mola, Nisida, Sanfelice, Senerchia,
ed è stata investita dei titoli di:
marchese di: Capriglia, Oliveto (1655), Ruggiano
(1624), Tortora (1597);
duca di: Grottolelle (1646), Campora.
Vestì più volte l'abito di Malta (vedi
lapidario).
I Macedonio, insieme ai
de Dura, ai
di Gennaro, ai
Pappacoda, ai
Venato e agli
Strambone, possedevano lo
juspatronato
sulla chiesa di San Pietro a Fusariello(3)
ubicata nella contrada del Fusario, chiamata così perchè si
immergeva la canapa nelle acque correnti che in quel luogo
confluivano in abbondanza.
Le sei famiglie amministravano il seggio detto “Aquario”(4),
così chiamato per la presenza di numerose fonti d’acqua, alcune delle
quali anche curative. Con la riforma angioina iniziata da
re Roberto e
proseguita nel 1420 dalla regina Giovanna II si abolirono i sedili
minori e i nobili appartenenti ai seggi “Aquario” e “dei
Griffi” furono d'autorità aggregati al
sedile di Porto, la cui sede si trovava
nei pressi della chiesa di S. Giovanni Maggiore, non lontana dalla
fontana Spinacorona(5),
dove si lavoravano le trine dei tessuti con l'acqua che sgorgava limpida dai
seni della sirena Partenope(6), proveniente da una grotta posta al di sotto
di casa d'Afflitto. |

© Napoli - Fontana Spinacorona |
Tra i personaggi della
famiglia si ricorda:
Bartolomeo Macedonio che insieme ad altri nobili, Pappacoda,
Coppola,
Carmignani,
Poderico,
Liguori,
Frezza,
Afflitto,
Venato,
Origlia, Rossi,
Costanzo,
Ievoli,
Galeota, ecc,
finanziò la guerra di Carlo I d'Angiò contro
Corradino di Svevia.
Teseo fu Cameriere e Consigliere di Carlo I e poi di Carlo II ed ebbe in
dono le terre di Mola e Faggiano.
Galeotto Macedonio fu governatore della provincia di
Principato ultra.
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Pietro Macedonio, insieme a Giovanni
de Dura, Antonio Origlia, Leonetti
Pappacoda e Benedetto Sirignano, aiutò con mezzi e uomini Carlo
di Durazzo a spodestare la zia Giovanna I, a cingere la corona di re di
Napoli con il nome di
Carlo III di Durazzo.
Leone Macedonio fu sindaco di Napoli e in seguito nominato viceré delle
Calabrie dal
re
Alfonso I d'Aragona e da questi discendono i rami calabresi, i cui
membri a partire dal XV secolo furono cavalieri di Malta.
Antonio Macedonio,
eletto per il seggio di Porto, rendeva omaggio a sua Maestà Carlo I
di Spagna e V imperatore del Sacro Romano Impero; dopo Ettore
Minutolo
per il seggio di Capuana, Giovan Francesco Carafa per Nido, Aurelio
Pignone e Francesco
Rocco per Montagna, e
prima di Pietro Moccia per Portanova e di Gregorio Rosso per il seggio del popolo: rese omaggio
all’imperatore baciandogli il ginocchio e poi la mano, come fecero
tutti. |
© Napoli - Cappella
gentilizia della Famiglia Macedonio |
Nella chiesa di S. Pietro Martire di Napoli vi è la
cappella gentilizia dei Macedonio con il monumento sepolcrale di
Pietro Macedonio, morto nel 1437, vestito da guerriero, con le braccia
incrociate sul petto. Egli fu, tra l’altro, governatore degli Abruzzi,
ambasciatore di re Ladislao in Cipro ed in Armenia,
Siniscalco del Regno di Napoli.
Nella cappella vi è anche la lastra tombale di
Antonio e Padovano del 1516, voluta da
Luigi Macedonio; altra lapide ricorda Alessandro
Macedonio, morto nel 1777. Sulla tomba di detto Pietro e di
Leone Macedonio,
Vicario delle Calabrie,
si legge l'epitaffio, a fianco riportato: |
Hic requiescit corpus Magnif.
Domini Petri Macedonij de Neap.
militis Regis Ladislai et Regine Ioanne II
Senescalli. ob. 1432. 20 Januarij.
Hoc est sepulcrum Magnif.
Militis Domini Leonis Macedoni.
1464 |
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Marcello Macedonio (Napoli, 1582 † 1620), patrizio napoletano, gesuita,
fu poeta e scrittore in Napoli; scrisse tra l'altro "Le nove Muse",
raccolte e date alle stampe da Pietro Macedonio suo
fratello (Napoli, Gio. Rivardo, 1614).
Nel
1645 Scipione Macedonio acquistò il feudo di
Grottolette, in Principato Ultra, per 25.000 ducati; nel
1646 ottenne da re Filippo IV di Spagna il titolo di duca di
Grottelle per sè e per i suoi eredi
(7).
Vincenzo Macedonio, marchese di Ruggiano,
nel 1628 acquistò
l'isola di Nisida, situata tra Napoli e Pozzuoli,
ottenendo la giurisdizione civile e criminale.
Nel 1665 Francesco Macedonio,
duca di Grottolelle, fu
confratello dell’
Augustissima Compagnia della Disciplina
della Santa Croce, prima arciconfraternita laicale sorta a
Napoli nel 1290 con il silenzioso auspicio del Pontefice
Nicolò III, al
secolo
Giovanni Gaetano
Orsini (1216
†
1280),
ricordato anche da Dante (Inferno, XIX, 70-72). L’
istituzione che fin dalle origini ha operato per il bene della
collettività, assistendo i più bisognosi, vanta tra i suoi
membri i Papi Clemente XIV, Pio IX, Leone XIII, Pio X e il fior
fiore della nobiltà, con innumerevoli togati, uomini d'arme,
pubblici reggitori, esponenti delle lettere e delle arti, tra i
quali spiccano Jacopo
Sannazaro (1455
†
1530), i Cardinali Rinaldo Brancaccio (nel
1384 fece erigere la prima navata della chiesa) e Astorgio
Agnese,
e il duca di Maddaloni Domenico Marzio
Carafa, Priore
dell’arciconfraternita nel 1724.
Luigi Maria Macedonio fu vescovo di Sessa Aurunca
dall'8 giugno 1718 al 9 dicembre 1722.
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Lapide in ricordo di
Luigi Maria Macedonio vescovo di Sessa Aurunca
Foto inviate dal collaboratore Matteo Fimiani da
Montoro (Av) |
Nicola Macedonio, marchese di Ruggiano, brigatiere
generale, nel 1802 fu nominato Cavaliere del
Real Ordine di San Gennaro. |
Un ramo dei Macedonio, che ebbe il
ducato di Campora adottò il
cognome di MACEDONIO DE MAIONO o DE MAIONE volendo così
evocare la leggendaria discendenza del casato da Alessandro
Magno (MAGNO-MAIOR-MAIONO).

© Napoli - Stemma dei Macedonio
di Maione dei duchi di Campora |
Giovanni Vincenzo è considerato il capostipe
di questa linea; sposò donna Antonia
Venato figlia di Giovan
Battista, Patrizio Napoletano, e di Lucrezia Torres.
Dal matrimonio nacque:
1) donna Elena Macedonio de Maiono;
2) don Andrea Macedonio, Patrizio Napoletano, che nel 1604
comprò la terra di Campora e sposò
donna Andreana
Miroballo.
In Napoli nella chiesa di S. Maria la
Nova vi è il sepolcro di detto Giovanni Vincenzo
Macedonio, ove si legge il seguente epitaffio: |

© Napoli - epitaffio sul
sepolcro di Giovanni Vincenzo Macedonio |
© Napoli - Monumento funebre di
Vincenzo Macedonio,
insigne giureconsulto (1565). A destra: Arma della
Famiglia Macedonio di Maione |
Gli eletti del popolo don
Pietro Macedonio,
don Scipione
Dentice, don Fabrizio
Caracciolo, don
Marc'Antonio
Muscettola, don
Orazio
Sanfelice e Don Carlo
Grimaldi, in nome della città di
Napoli, si recarono nella chiesa di San Giovanni a
Carbonara, ristrutturata nel 1735, per portare ricchi doni a
Maria Vergine Consolatrice degli Afflitti, la cui immagine
nel giorno della SS. Trinità del 1620 comparve dopo la
caduta della tonica di un muro della bottega di un
falegname. Nello stesso giorno, la figlia del falegname
acquistò miracolosamente la vista; seguirono altri numerosi
miracoli. |
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Nel 1715 Scipione Macedonio,
duca delle Grottolelle,
fu
confratello
dell'
Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce, prima
arciconfraternita laicale sorta a Napoli nel 1290 con il
silenzioso auspicio del Pontefice Nicolò III, al
secolo
Giovanni Gaetano
Orsini (1216
†
1280),
ricordato anche da Dante (Inferno, XIX, 70-72). L’
istituzione che fin dalle origini ha operato per il bene della
collettività, assistendo i più bisognosi, vanta tra i suoi membri i
Papi Clemente XIV, Pio IX, Leone XIII, Pio X e il fior
fiore della nobiltà, con innumerevoli togati, uomini d'arme,
pubblici reggitori, esponenti delle lettere e delle arti, tra i
quali spiccano Jacopo
Sannazaro (1455
†
1530), i Cardinali Rinaldo Brancaccio (nel
1384 fece erigere la prima navata della chiesa) e Astorgio
Agnese,
e il duca di Maddaloni Domenico Marzio
Carafa, Priore
dell’arciconfraternita nel 1724.
Nel giardino
dell'Arciconfraternita si riunirono nel 1485 i nobili per
cospirare contro re Ferrante I d'Aragona.
Nel 1780 la Regia Corte vendette a Nicola
Macedonio, marchese di Ruggiano(8)
e patrizio napoletano, per ducati 24.400 la terra di
Capriglia con i suoi casali, in
Principato Ultra
(9).
Francesca Macedonio (†1853), figlia di Marcantonio,
marchese di Ruggiano,
nel 1838 ottenne il titolo di marchesa di Ruggiano per
refuta del padre. I coniugi abitavano a Napoli ed avevano ingenti
rendite in San Cipriano, Casal di Principe, Orta e Teverola.
Detta Francesca sposò Francesco Maria
Bonito, principe di Casapesenna, morì senza eredi e il titolo di marchese di Ruggiano passò
al fratello Nicola e nel 1860 alla sorella Giustina († 1862). Quest’ultima sposò Domenico de Riso di Carpinone, il cui Casato
acquisì il titolo nel 1862.
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Napoli, monumento
sepolcrale della famiglia Macedonio |
I Macedonio possedevano in Napoli, alla Riviera di
Chiaia, un immobile di cinque piani, all’interno del cortile vi
è un portale che reca due cavalli rampanti e probabilmente dava
accesso alla cappella di famiglia. L’edificio in precedenza
apparteneva ai
Cioffi;
dai Macedonio passò ai
Carafa di Traetto
ed infine ai
Caracciolo di Sant’Eramo |
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Note:
1) Libro d'Oro Napoletano -
Archivio di Stato di Napoli - Sezione Diplomatica.
2) Regione a nord-est della
Grecia.
3) Erroneamente fu
attribuita la costruzione della chiesa nel 1293 a Pietro
Proculo; di certo fu restaurata dalle sei famiglie
“Aquarie” agli inizi del XIV secolo.
4) I Seggi a Napoli erano
in totale 29, 6 "Maggiori" e 23 "Minori"
5) detta delle "Zizze",
esistente dal 1139 e abbellita nel 1354 da alcuni nobili
dei sedili di "Nilo" e "Aquario". Poi fatta ricostruire
in toto dal vicerè Pietro de Toledo nel XVI secolo.
6) Posta sul Vesuvio
intenta a spegnere le fiamme; sulle falde del vulcano
sono scolpiti i fiumi di lava e un violino.
7) Erasmo Ricca, La Nobiltà
delle Due Sicilie, Vol. II.
8) Posta in provincia
d'Otranto.
9) Erasmo Ricca, La Nobiltà
delle Due Sicilie, Vol. I. |
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