Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Samo olim SAMA'

A cura dell'avv. Rosario Migliaccio di Sanfelice

Arma: di rosso a tre torri d’oro merlate alla guelfa di tre merli visibili, poste due e una, la prima aperta, la seconda e terza aperte e finestrate di due.
Motto: Vis in sanguine
Titolo: Nobile
Dimore: Napoli, San Giovanni a Teduccio, San Giorgio a Cremano, Santa Caterina dello Jonio, Sant’Andrea dello Jonio, Badolato, Salerno.


Stemma famiglia Samo

Un’antica stirpe che affonda le proprie radici nella Magna Grecia, individuando nel proprio nome la sua radice dal greco samaìos, che significa abitante dell’isola di Samo,(1) ubicata nell’egeo orientale, nota nel mondo ellenico per la produzione ed esportazione di vasellame domestico per tutto il periodo antico. Il ceppo originario dei Samà è individuato nelle colonie della locride ionica greca, ed in particolare in Sant’Andrea Apostolo Jonio dove le origine del luogo si fanno risalire al III sec. a.C.

Re Samo mostrato negli affreschi di Santa Caterina rotonda a Znojmo , XII secolo

La vulgata classica non esita a legare questa famiglia, con un tocco di leggenda, alle gesta del mercante franco, poi Re Samo ed il Regno breve che da lui prese il nome, esistito tra il 631 al 658 d.C. (2), che riuscì a liberare con la propria forza bellica gli slavi dal dominio degli Avari e degli stessi Franchi;  benché dalla fuliggine del tempo in assenza di documenti nulla potremmo escludere, visti i flussi degli scambi commerciali dopo la caduta dell’Impero Romano operata dai Franchi.

A questa breve nota, si premette la difficoltà di dare una stesura esauriente sugli antichi personaggi di questa casa e di non voler enfatizzare sulle vicende poco documentabili, in particolare per il periodo che va dal periodo angioino a quello vicereale del Regno di Napoli, non essendo del resto, esplorato tutto il materiale archivistico monastico basiliano. Così come lamentò lo stesso Alfredo Badolato nel suo Santa Caterina Jonio dal ‘600(3), di cui la sua famiglia ha avuto un ruolo di rilievo nella storia di Santa Caterina Ionio, così esprimendosi: “…Ma di tutto questo ne io, ne i miei parenti abbiamo saputo mai nulla…Non ho gli elementi concreti….per suffragare quanto fu potente la famiglia Badolato..”.  Lo stesso è per tute le famiglie di quell’area per il periodo antico, facendo da principali agenti due fattori: i due catastrofici sismi del 6 novembre 1659(4) e del febbraio 1783(5), che rasero al suolo diversi centri abitati, e le continue incursioni saracene per tutto il sec. XVIII.
Su questi eventi oltre quelli naturali, la realtà del danno è tradotto sulle popolazioni locali tra deportazioni, saccheggi e distruttivi assedi che trovano relativamente pace nel 1050 con l’avvento del periodo normanno, dando la certezza solo di un territorio, ma non una stabilità politica atta a frenare l’espansionismo militare musulmana(6).  

Pertanto il periodo altomedievale calabrese, registra attraverso cronache, relazioni ad limina ed atti ufficiali, nomi, fatti avvenimenti e famiglie legate a vicende di alto spessore politico militare e poco riscontriamo per penetrare il tessuto sociale ed urbano in continua mutazione e in lotta o antagonismo tra le varie realtà religiose che gareggiavano a conservare il loro predominio sulle anime ed il loro potere giurisdizionale, tra gli stessi ortodossi, cattolici, ebrei e musulmani stessi, essendo la parte ionica un crogiolo di razze miscelate durante il periodo bizantino non tralasciando arabi ed armeni. Fortunatamente tra alti e bassi, ripopolamento e spopolamento, inurbazione e flussi migratori, normanni, angioini ed aragonesi ha la meglio la Chiesa che con il Concilio di Trento(7), al solo fine di preservare e controllare la morale dei propri fedeli da eretici, conversi, spergiuri, streghe, bigami, figli illegittimi, figli di prete e matrimoni clandestini, nonché la elargizione dei sacramenti e la riscossione delle decime, istituisce la parrocchia e i libri parrocchiali per annotare i nuovi nati con il battesimo, i matrimoni e quelli nati al cielo. Da qui, abbiamo il prezioso tesoro delle genealogie per poter con certezza ricostruire la presenza dei nostri antichi, non perché prima non c’erano, ma forse perché non c’era la necessità per alcuni, di ricorrere al notaio.

Su queste premesse, iniziamo a tracciare un breve profilo dei Samo, in antico Samà, o meglio la stessa famiglia e stesso ceppo dei Samà di Santa Caterina Ionio, translitterato nel napoletano il proprio nome ad un singolare maschile, trovando questa famiglia in alto stato, così come gli atti notarili attestano e gli stessi atti ecclesiastici. Ad univoca testimonianza evidenziamo Donna Caterina Samà che contrasse nozze con il Barone Antonio Badolato, patrizio di Moneteleone Calabro, atto per notar Paolino De Marco del 25 febbraio 1704. Donna Caterina e figlia di Don Jacobo Samà e di Donna Elisabetta Gullà, e presenti all’atto troviamo lo zio paterno parroco della Parrocchia di S. Pantaleone Rev. Don Filippo Samà, nonché il futuro sposo, il patrizio Antonio accompagnato dal padre, il barone Francesco Badolato. Essendo un matrimonio piuttosto importante al tempo rileviamo le firme dei testimoni, tra i magnifici di S. Caterina Ionio: Dott. Fisico Nicola Scoppa (un secolo dopo questa famiglia ricchissima sarà insignita del titolo baronale), Dott. Fisico Giovan Battista Mandarani, Dott. in Utroque Iure Don Giuseppe Tropiano, Magnifico Francesco Favilla, Magnifico Antonio Monteleone. E’ lodevole altresì ricordare che da questa unione sono nati sei figli(8), di cui Nicola che impalmerà Donna Antonia Marzano, figlia del Magnifico Don Federico Marzano, figlio del Duca di Ardore e feudatario di Santa Caterina, Don Erasmo Marzano. Il Cugino di Donna Caterina, Don Stefano Samà, figlio di Don Francesco e nipote di Don Pietro, uomo d’armi al servizio di Don Carlo Pignatelli e di altri cavalieri, verrà a Napoli dove contrasse nozze il 9 agosto 1679 con Donna Candida Buonincontro del casale di San Giovanni a Teduccio, (regio casale franco di tasse per i privilegi concessi ai casali del napoletano), così come testimoniano i verbali del processetto matrimoniale depositato presso l’Archivio Storico Diocesano di Napoli.  


...alli servitiy dell’Illustrissimo Don Carlo Pignatelli ed altri Cavalieri miei amici…

E’ chiaro che se non volessimo considerare la famiglia di un estratto nobile, ma non potrebbe essere visto la cugina Donna Caterina Samà che sposa il patrizio e barone Antonio Badolato, ed il di lui figlio Nicola impalmerà Antonia Marzano, nipote del Duca di Ardore, uno dei più potenti feudatari del tempo, di certo è di una condizione more nobilium.
Effettivamente nel tempo, tra beni burgensatici, fondi enfiteutici e successioni
(9), il reddito era molto alto, tenuto conto che nel napoletano Don Pascale Samà (n. 16-4-1751 † 21-11-1816), figlio di Don Nicola, disponeva di quaranta ducati per pagare il proprio sarto per pregiati e fini abiti di velluto alla data del 15 aprile 1785, così come testimoniano le fedi del Banco di Napoli notarizzate per notar Vincenzo Cipro di Napoli, come si può leggere dall’estratto sotto riportato.
Ed è da evidenziare che 40 ducati di quel tempo, erano pari ad una rendita annuale di una piccola feudo.

È sempre attraverso alleanze matrimoniali che si evidenzia un alto stato dei Samà, ravvivando la memoria di altra Donna: Caterina Samà, madre di Don Ivan Cutierrez capitano spagnolo, ricordato dalla lastra tombale sita nella chiesa del Monte dei Morti a Salerno eretta nel 1530. È menzionato per essere stato tra i fondatori del Monte dei morti dove per una convenzione del 27 febbraio 1617 redatta dal notaio Gio Pandolfo di Salerno, fra il Monte dei Morti ed il Regio esercito per la sepoltura di capitani e soldati del Principato Citra, le parti furono rappresentate da: «Gennaro Mauro canonico e Cardinale della chiesa di S. Matteo di Salerno e i tenenti della compagnia della Regia Udienza di Salerno e Principato Citra»(10).

 

È peculiare per la Calabria, specie tra il ‘500 e il ‘600, in particolare nei piccoli centri come predominio sociale in mancanza di altre carriere, l’avere dei sacerdoti e delle suore in famiglia garantendo ampi benefici spirituali. Così per la famiglia Samà troviamo una schiera di sacerdoti e suore, come ci viene elencato da S. Tropiano nel suo “patrimonio ecclesiastico”(11), da cui: nel 1770 Rev. Don Nicola Samà; nel 1739 Rev. Don Filippo Samà Parroco di San Michele Arcangelo; nel 1794 Rev. Don Giuseppe Samà, Arciprete di Striniano e sempre nel medesimo anno altro Rev. Don Stefano Samà; Don Francesco Samà “chierico coniugato” (diacono). Nonché nel 1714 Suor Antonia Samà, nel 1765 Suor Maria Samà, nel 1794 Suor Maria Benedetta Samà, nel 1805 Suor Maria Samà, nel 1825 Suor Lucia Samà. Tutti dello stesso ceppo.
Ed infine al nostro tempo, una Serva di dio Beata Mariantonia Samà
(Sant’Andrea Jonio, 2 marzo 1875 27 maggio 1953). 





 

Così come anche nel territorio salernitano ritroviamo Don Graziano Samo (11 bis) e il Rev. Don Andrea Samo (11 ter).
Da Don Stefano Samà sopra citato, che si stabilì nel napoletano in San Giovanni a Teduccio e precisamente a palazzo Samo, questi illustrato nella parte dell’arma di questa casa, troviamo per questa linea una notevole quantità di atti di acquisti, vendite, permute agrarie, tant’è degno di nota, così come possiamo rilevare dall’ampia bibliografia sulla costruzione della prima ferrovia al mondo, la Napoli - Portici, dove Don Giuseppe Samo, figlio di Don Pascale e nipote di Don Nicola, elargì alcuni appezzi di terra per facilitare la realizzazione della novella strada ferrata.


Inaugurazione della linea ferroviaria Napoli-Portici

A seguire come dalle memorie storiche di Casa Samo, da Don Giuseppe (n. 10 aprile 1793 29 dicembre 1870) e Donna Raffaella Buccino si avrà Don Pasquale (n. 23 giugno1825 28 settembre 1909) che il 2 luglio 1853 rimpinguò di molto le sostanze di famiglia, impalmando Donna Rosa Gallo, di distintissima famiglia di Teano. Non possiamo tacere che questi prese parte come volontario all’assedio di Gaeta, rimanendo ferito gravemente ad un braccio.


Assedio di Gaeta

Da questi si avrà Don Salvatore Samo (n. 18 ottobre 1865 17 luglio 1943), funzionario dell’Arsenale Marittimo e Presidente, nello stile liberale dell’epoca del locale “Circolo San Luigi”.


Don Salvatore Samo - Foto 1930 circa

Questi impalò il 16 giugno 1892 Donna Gelsomina Russo, dello borghesia locale, sorella del medico Matteo Russo e dell’Arciprete della Chiesa Madre di San Giovanni a Teduccio, Rev. Don Giovanni Russo, non mancando di citare il fratello di Don Salvatore, don Giuseppe, decorato al valore, immolatosi per la Patria nel I Conflitto Mondiale. Don Salvatore Perì nel proprio palazzo raso al suolo, durante il violento bombardamento che colpì Napoli dagli “alleati” il 17 luglio 1943. Dalla coppia Samo Russo, si ebbe Don Giovanni Samo (n. 30 marzo1902 23 agosto 1959), che impalmò Donna Rosa Testa nel luglio del 1926, che nel suo parentado annoverava diversi togati ed è ricordata quale fervente operatrice di opere pie.


Giovanni Samo e la moglie Rosa Testa


Don Giovanni Samo, foto 1920 circa

Don Giovanni fu imprenditore e fondò la Società SAMO-ALTOMISI, che ebbe un importante e florido ruolo nel dopo guerra, sia per la ricostruzione e sia perché inserito nell’indotto delle acciaierie della Italsider di Bagoli e la Società Siderurgica italiana.
Il figlio di Don Giovanni, Don Salvatore Samo (n. 1928 1993) impalmò il 24 aprile 1958 la Nobildonna Laura Sorrentino, il cui casato vantava l’ammissione alla “Compagnia delle Regie Guardie del Corpo” nel 1835; fu funzionario presso la Società Sidercomit sede di Napoli. Cavaliere del Comitato Diocesano San Gennaro nominato con decreto Arcivescovile dal Venerato Cardinale Corrado Ursi. Presidente dell’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani Sidercomit fino al decesso, avvenuto nel 1993.


Don Salvatore Samo, foto 1960 circa

Da cui Don Giovanni Samo, Commendatore nel Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, funzionario presso la Provincia di Napoli, nonché Cavaliere del Comitato Diocesano San Gennaro, Guardia d’onore alla tomba del martire e Patrono San Gennaro nella Cappella Carafa del Duomo di Napoli; Cavaliere co-fondatore della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei Sovrani Borbone in Santa Chiara di Napoli.

Don Giovanni Samo con S.A.R. Carlo di Borbone - Anno 2016. A destra: le Reali Tombe dei Sovrani Borbone

Sposa Donna Patrizia Giannetti, da cui Don Salvatore, dottore in Giurisprudenza presso l’università degli studi di Napoli Federico II, nonché iscritto al foro di Napoli come praticante avvocato, già decorato della croce costantiniana per volere delle LL. AA. RR. i Principi Don Carlo e Donna Beatrice di Borbone De Sicilie, Don Antonio e Donna Laura, laureando il primo in Giurisprudenza e la seconda diplomanda. Entrambi questi ultimi sono Volontari della Guardia d’Onore alle Reali Tombe dei sovrani Borbone in Santa Chiara in Napoli.


Salvatore Samo con S.A:R. Beatrice di Borbone

Fa corona nel tempo odierno, S. E. Rev.ma Amando Samo, Vescovo di Caroline Islands, dimessosi di recente per motivi di salute, il 2 febbraio 2020 e morto il 7 agosto 2021.


S. E. Rev.ma Amando Samo

Portici (Napoli), targhe in ricordo dei caduti della Seconda Guerra Mondiale

L’Arma della famiglia Samo olim Samà

Un riscontro di carattere pubblico, è offerto dallo stemmario settecentesco del Gaetano Montefuscoli(12), una raccolta araldica custodita presso la Biblioteca Universitaria di Napoli del 1780, collocata precisamente al MSS121, dal titolo: “Imprese ovvero stemma delle Famiglie italiane raccolte da Gaetano Montefuscoli”, in sei volumi. L’arma Samà è vergata al tomo III a tergo della pagine 33. Da riscontri e memorie di famiglia, l’uso dell’arma è da rilevarsi già a Don Stefano Samà e visibile all’interno del portico di accesso del Palazzo Samo in Via Regia San Giovanni a Teduccio, dove ad oggi dopo i bombardamenti del 1943 che lo rasero al suolo, è ricordato dalla toponomastica locale: vicoletto Samo.

Tale toponimo è annotato nella stesura della toponomastica storica napoletana da accreditato e pregevole saggista storico, quale Gianni Infusino(13) che “annota” e scrive: “Nome rimasto ad una piccola stradina di San Giovanni a Teduccio, nonostante i Samo non vi abbiano più interessi dalla seconda guerra mondiale che distrusse le loro residue proprietà”. Effettivamente gli interessi dei Sama’, translitterato al singolare maschile Samo, sono presenti in San Giovanni a Teduccio con Don Stefano Samà di Santa Caterina Ionio per il matrimonio che avvenne nel 1626 con la gentildonna Candida Buonincontro.
È interessante descrivere anche l’origine ed il significato dell’arma dei Samo che tecnicamente è così blasonata: di rosso a tre torri d’oro merlate alla guelfa di tre merli visibili, poste due e una, la prima aperta, la seconda e terza aperte e finestrate di due.
Le torri, sono il richiamo alla propria terra d’origine in riferimento al sistema difensivo di torri costiere della Locride ionica
(14), dove nella prima torre in alto a destra, quella non finestrata è ricordata proprio l’Universitas di Badolato, e non a caso è da menzionare la “somiglianza” con l’odierna arma civica del Comune di Badolato: d’azzurro a tre torri non finestrate merlate alla guelfa, di oro, poste in fascia. Le altre due torri finestrate dello scudo, indicano per la seconda a sinistra, l’Universitas di Santa Andrea Apostolo, nucleo primordiale da dove si diramarono tutti gli altri ceppi dei Samà o Samo, compreso Samo Calabro posteriore al precedente, dove i Samoiti li stabiliti non producevano stoviglie di vasellame, ma erano dediti alla produzione metallurgica di preziosi. Infine, alla punta dello scudo, vi è la torre S. Antonio simbolo ab immemorabili dell’Universitas  di Santa Caterina Ionico, oggi come da circa due secoli, è di proprietà della famiglia baronale Badolato(15) da cui il primo capostipite di questa, il patrizio di Monteleone Calabro, barone Don Antonio Badolato impalmò nel 1706 in Santa Caterina Ionico, Donna Caterina Samà.

La costa ionica fu scenario di devastanti incursioni saracene, e sottoposta ad incendi e saccheggi ripetutamente fino sul finire del ‘700, lamentando una cospicua distruzione del patrimonio storico monumentale e documentale con pochi precedenti, dovendo di fatto rinnovare nel tempo l’intero tessuto urbano. È noto alle cronache le realtà civiche di Cariati, Pietrapaola e Trebisacce ricordando che per quest’ultimo il più efferato attacco, fu quello del 1544, deportando ad Algeri oltre la popolazione civile, anche il vescovo Giovanni Carnuti(16).

Tralasciando le antiche gesta, l’arma dei Samo scolpita in pietra, così come da testimonianze ancora oggi in loco e memorie, poteva osservarsi insieme a materiali archeologici provenienti dalla Locride, sotto l’androne d’ingresso del Palazzo Samo ubicato a destra della così detta “Strada Regia delle Calabrie” andando verso la Reggia di Portici, molto più avanti del “Ponte dei Francesi”. Uno stabile di origine cinquecentesca che si ingrandì notevolmente sul finire dell’800, così come viene indicato nelle stesure delle varie successioni ereditarie della famiglia Samo, ricordando che la strada andando verso portici era sede di sontuose ville dell’aristocrazia napoletana, tratto di strada meglio conosciuto come il miglio d’oro.

Archivio famiglia Samo, fot. delle macerie dell’interno di palazzo Samo. Sul fondo è visibile quello che resta dell’androne dell’ingresso principale dopo il bombardamento del 17 luglio 1943. Le fotografie furono scattate dai fotografi de “IL MATTINO”, per documentare
la violenza del bombardamento in tutto il napoletano.

_________________
Note:
(1) -
P. Kosmàs, docente di filologia, monaco del Monte Athos, cfr. G. Rohlfs, Scavi linguistici nella Magna Grecia, Nuova edizione interamente rielaborata ed aggiornata, Congedo Editore, Galatina, 1974, pp. 235-241 e G. Roholfs, Dizionario  dei cognomi e dei soprannomi in  Calabria, Ravenna 1979M. Tasso, Tracce culturali bizantine nelle distribuzioni dei cognomi di etimologia greca in Calabria, Lucania e Puglia-Terra d’Otranto, tesi di laurea Università Cà Foscari di Venezia, anno accademico 2017-2018, p. 105.
(2) - L. Leciejewicz, Gli slavi occidentali: origini delle società e delle culture feudali. Spoleto:
Centro italiano di studi sull'alto medioevo, 1991.
(3) -
A. Badolato, S. Caterina Jonio dal ‘600, ovvero dal 1632 al 1855 sulla scorta soprattutto di quanto tramandato dai Notai, (nda) il pdf manca della data, v. parte III pp da 12 a 25.
(4) -
Archivo General de Simancas, Secretarías Provinciales, Nápoles, legajo 30 (1659-60), Consultas originales, Lettera del viceré di Napoli conte di Peñaranda al Re di Spagna relativa ai danni causati nella provincia di Calabria Ultra dal terremoto del 5 novembre 1659, Napoli 29 novembre 1659; Tra le fonti inedite va infine ricordata una lettera scritta da un anonimo ecclesiastico di Terranova pochi giorni dopo il terremoto, conservata in un codice miscellaneo della Biblioteca Apostolica Vaticana (Vaticani Latini, 10444) (13). La principale fonte edita, a cui fa riferimento direttamente o indirettamente tutta la tradizione della sismologia storica, è la relazione ufficiale di De Marinis (1660) (14). Questo documento, presentato al viceré al ritorno di De Marinis dalla Calabria nel marzo 1660 e pubblicato nell’aprile successivo, fornisce informazioni dettagliate sulle vittime e sui danni alle costruzioni: non solo case ed edifici di rilievo (chiese, monasteri, conventi, castelli, palazzi baronali), ma anche strutture produttive come mulini, "trappeti" (frantoi), "battendieri" (gualchiere). Il testo è inoltre corredato dai dati precisi sulla numerazione dei fuochi di tutte le località visitate e sulla situazione fiscale di ogni università, sia nei confronti dell’erario statale, sia nei confronti degli assegnatari; D. A. De Marinis, Relatione fatta a S.E. sopra li danni che hanno patito molte Città, Terre, & Casali nella Provincia di Calabria ultra, per cagion del terremoto, che seguì la notte delli 5 di Novembre 1659, Napoli 1660; cfr. Archivio Segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Napoli, vol.61 D, "Relatione delle notizie che sin’hora si hanno de’ danni del terremoto succeduto nella Calabria a dì 5 novembre 1659" allegata al dispaccio del nunzio apostolico Giulio Spinola arcivescovo di Laodicea al segretario di Stato cardinale Giulio Rospigliosi del 13 dicembre 1659.
(5) -
G. Mercalli, I Terremoti della Calabria Meridionale e del Messinese. Accademia dei Lincei, Roma, 1897.
(6) -
A. ACCONCIA LONGO, San Giovanni Terista nell’agiografia e nell’innografia, in Calabria bizantina. Civiltà bizantina nei territori di Gerace e Stilo, Soveria Mannelli, 1998.
(7) - XIX Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica, per rispondere alle dottrine del Calvinismo e Luteranesimo, celebrato in più sessioni in Bologna e Trento dal 1545 al 1563.
(8) - Archivio di Stato di Napoli – Riveli del Catasto Onciario di S. Caterina del 1741.
(9) - Archivio di Stato di Napoli – Real Camera della Sommaria, Segreteria Partium, inventario, 1468-1688, f. 221.

(10) - G. BERGAMO, Ricostruzione delle chiese della città di Salerno e del suo comune, Battipaglia, 1971; Alfonso Gambardella, ììUn inedito episodio tardo-rinascimentale a Salerno: la chiesa del Monte dei Morti, in «Rassegna Storica Salernitana», XXIX-XLIII (1968-1983), pp. 163 ss.

(11) -
S. Tropiano, Santa Caterina dello Ionio: patrimonio ecclesiastico ed archivistico, ed. dell’Autore. Catanzaro 1997.
(11 bis) -
Nel caso di specie Rev. Don Graziano Samo, produce un parere in diritto ecclesiastico, prevalendo sul parere precedentemente reso dal defunto Vescovo di Capaccio. Archivio di Stato di Napoli, in Registro dei dispacci n. 526, febbraio 04. 1796, reg. 526, carta. 34.

(11 ter) - Nel caso di specie Rev. Don Andrea Samo, parroco della Chiesa di San Giuseppe di Polla, presenta richiesta al Vescovo RE per fondare una Congregazione a Galdo. Archivio di Stato di Napoli, in Registro dei dispacci, n. 206, 25 nov. 1756, reg. 206, carta 33v.
(12) - Gaetano di Montefuscoli nacque a Napoli nel 1748, cartografo, calligrafo e disegnatore prima nel laboratorio Zannoniano e poi nel Burò tipografico del Re. Morì nel 1815 e dedicò gran parte della sua vita alla compilazione di un manuale di araldica che oggi, rappresenta per gli specialisti, una fonte di eccezionale interesse: “Imprese ovvero Stemmi delle Famiglie italiane”, un blasonario manoscritto in sei tomi (di cui uno contenente solo disegni acquerellati) contando ben circa 22.000 stemmi, prevalentemente meridionali. L’opera fu completata nel 1780.
(13) - G. Infusino, Le nuove strade di Napoli, Adriano Gallina Editore, 1987; Cfr. Stradario della Città di Napoli, nuova edizione aggiornata, allegato a “La Voce di Napoli”, diretto da Marino Turchi, 1940.
(14) - Il Troyli, nel solo ‘500, conta circa 366 torri di guardia di cui 36 nella Calabria Citra e 60 nella Calabria Ultra, v. P. Troyli, Istoria generale del Regno di Napoli, 1747.
(15) - Cfr. Genealogia famiglia Badolato per la linea di Santa Caterina Ionio, fonte pubblica da famiglie nobili del Mediterraneo:
http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterab/badolato.htm; M. Pellicano Castagna, La Storia del Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria, Editrice C.B.C., 1996, Vol. II, pp 191 a 192, ed. 1999, Vol. III pp 22 a 23; L. Palmieri, Cosenza e le sue famiglie attraverso testi, atti e manoscritti, ed. Pellegrini, 1999, pp. 273 a 274; L. Galasso, Economia e Società della Calabria del 500, ed. L’Arte Tipografica, 1967, p. 57; G. B. di Crollalanza, Dizionario Storico Blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, 1886, p. 78; A. Piromalli, La letteratura calabrese, ed. Pellegrini, 1996, p. 228 e sg.
(16) - Per tutti, L. Renzo, Spazzi di Calabria: società storia e cultura, ed. Pellegrini, 1994, p. 57; v. anche:
O. Pasanisi, La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel XVI secolo, in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, I.T.E.A, Napoli 1926, pp. 423 a 442; V. Faglia, La difesa anticorsara in Italia dal XVI secolo: le torri costiere, gli edifici rurali fortificati, Istituto Italiano dei Castelli, Roma 1974; V. Stefano, Calabria. Torri e castelli tra mare e cielo. Conquiste saracene e difesa dell'identità, Regione Calabria, Camigliatello Silano 2004.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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