
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Rodino' di
Miglione |
Arma:
partito, nel primo d’oro alla mezz’aquila al naturale col
volo abbassato, coronata di nero, uscente dalla partizione;
nel secondo di verde, con in capo tre rose d’oro disposte
1-2 ed in punta due rami d’alloro posti in decusse, pure
d’oro.
Motto:
In virtute robur
Titoli:
Barone (mpr) Nobile (mf.) col predicato di Miglione o
Aracri-Celano: decreto ministeriale di riconoscimento 24
agosto 1938. |

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Stemma Famiglia Rodinò di Miglione |
Cenni storici
La famiglia Rodinò è ritenuta di origine
greca. Trarrebbe la sua origine da un familiare
dell'Imperatore di Costantinopoli Andronico I Comneno
(imperatore dal 1183 al 1185), Baldassarre, di cui peraltro
non si hanno precise notizie. Suo figlio Demetrio si sarebbe
stabilito in Francia nel secolo XIII, probabilmente nel
periodo dell'Impero latino successivamente alla conquista di
Costantinopoli da parte dei crociati nel 1204; il nipote di
Demetrio, Giulio Cesare, sarebbe venuto in Italia, milite di
Carlo I d'Angiò, nel 1265 prendendo successivamente dimora
in Calabria.
Le prime notizie documentali della presenza
della famiglia in Calabria risalgono ad un Antonino Rodinò
che possiede terreni a Galatro nel 1422 (Atto del notaio M.
Condursi "de Castronovo" del 15 giugno 1432, nella
Biblioteca comunale di Polistena, Archivio Milano Franco
d’Aragona, pergamena 1). Nel XVI secolo la troviamo
emergere tra le famiglie notabili di San Giorgio e Polistena,
marchesato dei
Milano, nell’allora Calabria Ultra (come ci
dice Gerolamo Marafioti, Croniche et antichità di
Calabria, Padova 1601, pag 114b) ed è con la fine di
questo secolo che inizia l’albero genealogico documentato.
Vincenzo Rodinò, teologo dell’Ordine
domenicano e padre baccelliere del Convento di San Giorgio,
fu coinvolto sia pure marginalmente nella congiura di
Tommaso Campanella.
Il ramo principale della famiglia trae
origine dal fratello di Vincenzo,
Francesco,
dottore in utroque jure e ‘razionale per la Calabria
ultra e mediana’, che nel 1593 ebbe l’investitura del feudo
nobile di Aracri-Celano o Miglione - sito tra i territori di
Polistena e Cinquefrondi – rimasto in possesso della
famiglia fino all’eversione della feudalità.
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Conseguentemente la famiglia Rodinò è stata iscritta al
Registro delle famiglie feudatarie da duecento anni
del Regno di Napoli ( cfr. Francesco Bonazzi, I Registri
della Nobiltà delle Province Napoletane, Napoli 1879,
pagg. 46-47) alla formazione di esso nel 1803, nelle persone
di Luigi Rodinò (1759 †
1829)
e dei figli Giovan Francesco (1787
† 1844),
Fortunato (1788 † 1829),
Giulio Antonio (1789
† 1827),
Giovan Michele (1791
†
1826)
ed Angelo (1792
†
1815),
e successivamente nel 1851 con Luigi (n. 1811) figlio di Giovan Francesco, e i figli Giovan Francesco (1838),
Carmelo
(1840), Giulio Cesare (1842), Antonio (1844) e
Giovanni (1850).
Tra gli esponenti che a partire dall’800 hanno
illustrato il ramo principale della famiglia, troviamo in primo
luogo Giovan Francesco
(1787
† 1844),
barone di Miglione, ammesso in
Arcadia col nome di Roseo Panfilio nel 1806 e autore di due
volumi di Poesie Varie, pubblicati a Napoli il primo nel
1809 e il secondo nel 1843, nonché di una poesia dedicata a
Napoleone: Il Principe di Joinville ed un Solitario in S.a
Elena, pubblicata a Parigi nel 1842; rivestì incarichi
amministrativi di rilievo nella provincia di
Calabria Ulteriore prima
(odierna provincia di Reggio Calabria) e fu il primo della
famiglia a porre il domicilio, sia pure sporadicamente a Napoli.
Sposato con Francesca dei baroni Lacquaniti, ebbe quattro figli
maschi tra cui Luigi (1811 † 1880)
di cui si parla appresso.
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© Ritratto di Giovan Francesco
Rodinò, barone
di Miglione (1787-1844) |
Luigi
(1811 † 1880),
barone di Miglione, primogenito di Giovan Francesco, è stato il
primo della famiglia a vivere non solo episodicamente a Napoli:
fu gentiluomo di camera di Re Ferdinando II nel 1847; pari del
Regno nella breve parentesi costituzionale del 1848; promosso
dallo stesso Re maggiordomo di settimana nel gennaio 1859.
Tra i pochissimi a restare
fedele a
Re Francesco II al
momento della partenza da Napoli per
Gaeta, lo seguì
nell’esilio romano e gli rimase sempre legatissimo, al punto che
il giornale cattolico-legittimista La Discussione del 28
giugno 1892, ricordava ancora come il
migliore amico e servitore
del nostro legittimo Re, il barone di Miglione;
tentò anche, e
senza fortuna, la vita politica, nelle elezioni dell’ottobre del
1865, tra i candidati “conservatori, cattolici e patrioti”
auspicati dal giornale napoletano La Tromba Cattolica.
Continuò quindi la sua attività nelle opere cattoliche, insieme
al consuocero principe di Bisignano. Fu
gran
cordone dell’Ordine di Francesco I e commendatore dell’Ordine di
San Gregorio Magno.
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Ritratto di Luigi Rodinò barone di Miglione (1811-1880) in
uniforme di Corte,
opera di Giuseppe Mancinelli (1860 circa) |
Giovan Francesco (1838 † 1913)
barone
di Miglione,
gentiluomo di
camera di Re Ferdinando II nel
1859, seguì re Francesco II a Roma dove sposò Maria Giuseppa
Sanseverino, figlia del principe
di Bisignano Luigi; con il suocero si impegnò nel movimento
cattolico napoletano e fu
tra i componenti del
Comitato napoletano dell’Opera dei congressi e comitati
cattolici, costituitosi a Napoli il 28 luglio 1879, quindi fu
presidente del Circolo cattolico per gli interessi di Napoli
che pur restando personalmente fedele alla deposta dinastia
guidò superando, se non totalmente, almeno in gran parte, gli
antichi pregiudizi legittimisti che avevano vincolato l’opera
dei cattolici napoletani.
Usò maritali nomine il titolo di
marchese di Sangineto,
concesso da re Francesco II in esilio, e fu cavaliere di
giustizia del S. M. O. Costantiniano di san Giorgio e
commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno. |
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Il marchese Giovan Francesco
(1838 † 1913),
barone di Miglione, e la moglie
Giuseppina Sanseverino di Bisignano
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Carmelo
(1840
† 1907)
guardia a cavallo della “Compagnia delle Regie Guardie del
Corpo”, fu tra i pochissimi della Compagnia a partecipare alla
difesa del Regno delle Due Sicilie, compiendo tutta la campagna
del 1860/61 in prima linea aggregato al “9° Battaglione
Cacciatori”. |

©
Carmelo Rodinò Guardia del Corpo a
cavallo di re Francesco II |
Antonio
(1844
† 1932)
sposò a Napoli nel 1882 donna Giulia
Imperiali dei
principi di Francavilla, da cui ebbe Francesco (1884
† 1945),
ingegnere, commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia, e
Marino (1884
† 1960),
cui si fa cenno in seguito.
Figli di Giovan Francesco furono
Luigi (1872
† 1928),
cavaliere di giustizia del
S. M. O. Costantiniano di san Giorgio,
commendatore dell’Ordine del Santo Sepolcro, cameriere secreto
di spada e cappa di Sua Santità, sposato con Anna Di Marzo;
Giulio
(1875
†
1946),
sposato con Nerina Sergio, di cui si dirà appresso;
Pio (1884
† 1960).
Figli di Luigi: il barone Giovan Francesco (1905
†
1990),
sposato con Giovanna dei conti
Capece Galeota († 1994),
da cui barone Luigi (1932
† 2004),
avvocato, Anna (1934) sposata con Francesco Negri Arnoldi,
Teresa (1935), sposata con Gianfranco Stefanucci.
Giulio
(1875 † 1946),
avvocato, cavaliere di Gran Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro,
della Corona d’Italia e dell’Ordine del Cristo del Portogallo,
è senz’altro la figura di maggior spicco della famiglia, e
continuando, in forme, e soprattutto con spirito, nuovi e più
adeguati ai tempi, l’impegno politico e sociale del nonno Luigi,
del suocero principe di Bisignano e del padre, lo portò a
maggior livello.
Eletto al comune di Napoli nel 1901, con il
sindaco Luigi Miraglia, fu poi assessore delegato
dell’amministrazione Del Carretto. |
A lui si deve l'elaborazione
e l'attuazione della legge per Napoli, la creazione della zona
franca e del quartiere industriale, la riorganizzazione dei
servizi demografici e tributari, il completamento della rete
delle fognature, lo sviluppo della zona del Vomero, la creazione
dell'Istituto delle case popolari.
Eletto alla Camera per la XXIV legislatura, nel
1913, rimase ininterrottamente deputato di Napoli dal 1913 al 27
giugno del 1924, nelle legislature XXIV-XXVII, fino a quando,
dopo pochi mesi dall’inizio di quest’ultima legislatura, in cui
era stato Vice Presidente della camera, fu tra i promotori della
secessione ‘aventiniana’.
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©
Giulio Rodinò di Miglione (1875 † 1946),
Vice Presidente della Camera |
Tra i fondatori del Partito popolare italiano di
don Luigi Sturzo, firmò nel 1919 l'Appello A tutti gli uomini
liberi e forti che espresse le direttive programmatiche del
nascente partito, e dopo le dimissioni di Sturzo da segretario
del P.P.I. nel 1923 è, con Spataro e Gronchi, membro del
triumvirato cui era affidata la direzione del partito.
Fu Ministro della Guerra, nel 1920 con il II
Governo Nitti e nel 1921 con il V Governo Giolitti; Ministro di
Giustizia e Affari di Culto nel 1921-1922 nel I Governo Bonomi.
Dopo la caduta del fascismo, come massimo
esponente della Democrazia cristiana meridionale fu uno dei
quattro ministri senza portafoglio del II Governo Badoglio
(1944) in rappresentanza delle forze politiche del C.N.L., e
successivamente Vice Presidente del Consiglio, insieme a Palmiro
Togliatti, col III Governo Bonomi (1944-45). Partecipò ai lavori
della Consulta nazionale, apertasi il 25 settembre 1945, fino
alla sua morte.
A Giulio Rodinò è stata intitolata a Napoli una
piazza, già piazza Garofalo, tra via dei Mille e via Bisignano,
strada ove egli abitava nel palazzo già del nonno Luigi
Sanseverino, principe di Bisignano, e su questo palazzo, alla
via Bisignano 4, nel primo anniversario della sua morte è stata
apposta la seguente lapide: |

©
Lapide apposta sul palazzo in Napoli alla via Bisignano n. 4 |
Altra lapide apposta nel quartiere Pendino di Napoli: |

© foto Oreste Albanesi |

© Ercolano (NA) - targa in memoria
di Giulio Rodinò |
Ebbe
otto figli; due femmine, Giuseppina (1913
† 1977), sposata al
barone Donato Colletta, e Elisa (1916
† 2004), sposata a Enzo
Bevilacqua, e sei maschi:
Mario (1900 † 1960), ingegnere, deputato all'Assemblea
costituente nel gruppo liberale-democratico dell’Uomo qualunque,
sposato con Giulia Berner;
Guido (1901
†
1947), avvocato, membro della Consulta per il
gruppo della Democrazia cristiana;
Ugo (1904
† 1949),
avvocato, deputato all'Assemblea costituente e al Parlamento
nazionale nella I legislatura per la Democrazia cristiana,
Sottosegretario di Stato alla difesa, sposato con la
marchesa donna Luisa Piromallo Capece Piscicelli di Montebello;
Marcello (1906
† 1994), ingegnere e dottore in giurisprudenza,
dirigente della SME, amministratore delegato della RAI e
fondatore e presidente di Telespazio, cavaliere del lavoro e
cavaliere di grazia e devozione del Sovrano militare Ordine di
Malta, cavaliere di gran croce dell’Ordine di s. Silvestro e
cavaliere della Legion d’Onore, sposato con la marchesa donna
Maria Piromallo Capece Piscicelli di Montebello;
Diego (1908 † 1954),
medico chirurgo, professore universitario, sposato con Clotilde Tavassi La Greca; e
Riccardo (1911
† 1992), dirigente dell’Enel, sposato con
Maria Immacolata Cosenza.
Figli di Mario: Giulio (1927), ingegnere, sposa
Heidi Walter; Nerina (1931, sposa avv. Guido Miletto.
Figli di Marcello: Giulia (1934) sposa dott.
Giuseppe Greco; Marina (1935), dott. in giurisprudenza, sposa
duca don Giannandrea Lombardo di Cumia; Giovanna (1937 †
1995),
avvocato, sposa prof. avv. Domenico Buonomo; Giuseppe (1938),
cavaliere d’on. e dev. del SMOM, dott. in economia e commercio,
sposa Federica Ielpo da cui Maria Lucrezia (1990) e Giulio
Maria (1992); Francesco (1940), ingegnere, sposa Brunella
Cocchia, da cui Maria (1970, sp. Francesco Mele, Francesca
(1979), Marcello (1973), sposa Mavie Cardi, Elisabetta (1986);
Elisabetta (1944), sp. nob. Michele
Zampaglione;
Ugo (1950), cavaliere d’on. e dev. del
SMOM,
dottore in giurisprudenza, sposa Caterina Casiere da cui
Alessandra (1977) e Nerina (1981).
Figli di Diego: Fabrizia (1940), dott. in
giurisprudenza, sposa avv. Valerio Ratti; Roberto (1942
†
2003),
dott. in econ. e commercio, sposa Maria Grazia
Leonetti dei
conti di Santojanni, da cui Cristiana (1973), Riccarda (1976),
Diego (1979), sp. donna Elena Visconti di Modrone; Paolo (1946
†
1995)
sposa Rosemarie Molajoli, da cui Fabrizia (1979), Clotilde
(1981) sp. Filippo Morlacchini, Lorenzo (1985).
Marino
(1884
† 1960), figlio di Antonio (1844 † 1932), come il cugino
Giulio appartenne alla generazione che, superato ormai
completamente il legame con Casa Borbone, si impegnò a pieno
titolo nel nuovo Stato: allievo di Francesco Saverio Nitti, fu
autore di opere di storia finanziaria e delle assicurazioni;
avvocato ed imprenditore agricolo, dal 1946 vice Presidente e
dal 1948 al 1952 Presidente della Confederazione generale
dell’Agricoltura italiana, trovandosi ad operare in quella veste
in uno dei momenti più difficili e delicati, cavaliere del lavoro nel 1954 (bonifica,
agricoltura e industria olearia), dal 1948 al 1960 fu membro del
Consiglio d’amministrazione e del Comitato esecutivo
dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e
presidente della Commissione per le attività agrarie,
consigliere d’amministrazione del F.A.T.A. Sposato con donna
Lucia Imperiali dei principi di Francavilla, ha avuto tre figli:
Maria Giulia (1942
† 2004), sposata col barone Paolo Putignano
Giordano, Antonio
(1944), consigliere parlamentare del Senato della Repubblica,
docente universitario, imprenditore agricolo, cavaliere
di giustizia del S. M. O. Costantiniano di san
Giorgio e grand’uff. dell’ordine della Repubblica italiana,
sposato con Simonetta Prosperi Valenti, da cui Daniel Marian
(1984); Francesco (1946 † 1948).
Nel quarto centenario della nascita di S. Pasquale Baylon (1540
† 1592),
protettore delle donne, il marchese Marino Rodinò di Miglione fu uno
dei benefattori che contribuì alla decorazione della nuova
abside della chiesa di Napoli dove sono conservate le reliquie
del Santo, insieme al principe Fabrizio Pignatelli, alla
principessa Antonietta Alliata, al conte Luigi Statella, al marchese Girolamo Carignani di Novoli, al marchese
Nicola Ruffo di Guidomandri, alla marchesa Ortensia Rubino, alla
marchesa Angelina Santangelo, alla marchesa Maria Quarto di
Belgioioso, al principe Diego Aragona Pignatelli Cortes, al
conte Augusto Garolla e tanti
altri.
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© Napoli - Targa in
ricordo dei benefattori
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© Napoli - Abside della
Chiesa dove sono conservate le reliquie
di S. Pasquale Baylon |
Alla famiglia Rodinò appartiene un altro ramo, il
cui capostipite fu Giovan Tommaso (15.. † 1634), fratello o cugino
del Francesco primo barone di Miglione, trasferitosi con Carlo
verso il 1670 in Catanzaro, dove la famiglia fu ascritta al ceto
nobile, da cui discendono due personaggi che hanno avuto un
certo rilievo nella storia napoletana:
Gaetano
(1757 †
1848), nato a Catanzaro da Cesare e da Giovanna Cauzi (o
Cavazzi), è stato uno dei protagonisti della
Repubblica
Partenopea nel 1799, di cui ha lasciato interessanti ricordi nei
suoi Racconti storici ad Aristide suo figlio (pubblicati
da Benedetto Maresca in Archivio storico per le province
napoletane, anno 1881); condannato per questo alla
deportazione dal Regno, fu in Francia e poi nella Repubblica
cisalpina, a Milano pubblicò le Lettere di Lord
Bolingbroke sulla storia, tradotte in italiano da G.R.,
Tipografia Milanese, Milano anno XI (1800). Tornato a Napoli nel
1803 fu condannato di nuovo alla reclusione nella ‘fossa’ della
Favignana; nel decennio francese ebbe incarichi amministrativi
in diverse province; tornati i Borbone, fu coinvolto nei moti
del 1820-1821 e condannato alla relegazione nell’isola di
Pantelleria. Rilasciato visse poi a Napoli, dove si spense alla
fine del 1847 in una data non casuale per un vecchio
rivoluzionario, cominciando allora i primi i moti che portarono
alla breve parentesi costituzionale: ciò che portò il suo
funerale ad essere una vera e propria dimostrazione politica
come si ricava dal capitoletto Morte di Rodinò, della
Storia degli ultimi fatti di Napoli fino a tutto il 15 maggio
1848, che riferisce dell’elogio proferito da Mariano
d’Ayala. Da Aristide, figlio di Gaetano e di Maria Giuseppa
Maurizio Colonna, attraverso Cesare, sp. Maria Gironda dei
principi di Canneto, e Luigi Aristide, sp. Antonia Dandolo,
discende un ramo tuttora fiorente a Venezia.
Leopoldo
(1810
†
1882), nato a Palermo da Michele (a sua volta figlio di
Saverio, fratello del predetto Cesare) e di Tommasa Bruni, dal
1830 a Napoli fu allievo e assistente del grande filologo e
letterato napoletano Basilio Puoti alla cui scuola si ritrovò e
strinse amicizia con Francesco de Sanctis ed ebbe come allievo
Pasquale Villari. Partecipò attivamente alla storia culturale di
Napoli, in cui rappresentò l’ala moderata ed osservante del
purismo e scrisse varie opere, di carattere letterario e
sociale: tra le prime, la Grammatica novissima della lingua
italiana, pubblicata nel 1848 che ebbe notevole
diffusione e fu, addirittura, contrapposta da Vittorio Imbriani
sul Giornale napoletano della Domenica all’esempio
del Manzoni; la più nota forse (e di recente ripubblicata) è il
Repertorio per la lingua italiana edito a Napoli nel
1858. Nella sua attività di letterato e docente Leopoldo ebbe
come allievi il beato Bartolo Longo e santa Caterina Volpicelli
e fu professore di Benedetto Croce al Collegio “La Carità”,
fondato nel 1866 da padre Ludovico da Casoria. Consigliere
provinciale nel 1863 e comunale nel 1875, si dedicò con grande
zelo di cittadino e di cattolico alle opere benefiche; nel 1861
aveva fondato l’Opera per la mendicità e successivamente nel
1869 l’Opera Pia Scuola e Convitto per le giovani cieche, poi
trasformata in Fondazione con il nome di Istituto
Strachan-Rodinò per l’assistenza ai minorati della vista,
tuttora operante a Napoli come IPAB “Scuola Convitto
Strachan-Rodinò”, in via Filippo Rega, mentre nel 1879 fu
protagonista, come vice Presidente dell’Associazione napoletana
al Congresso italiano per la riforma e ordinamento delle Opere
Pie, tenutosi a Napoli.
Per le sue benemerenze, a Leopoldo è intitolata
una strada a Napoli vicino all'Università; una lapide
commemorativa, posta nel 1890 a cura degli alunni delle scuole
serali professionali e del Convitto Strachan ‑ Rodinò sulla
facciata del palazzo in via Toledo n.46 ricorda che lì visse.
Dei figli di Leopoldo, Augusto continuò gli
interessi letterari del padre, tenendo una scuola attiva a
Napoli negli ultimi anni 50 e negli anni 60 dell’Ottocento, tra
i cui allievi troviamo, oltre al fratello Carlo, Eugenio
Francesconi, Alfredo De Ruggiero, Carlo e Felice Cuciniello,
Francesco Coppola, Giacinto De Luca, Vincenzo Amato, e Michele
De Aloe. |
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Pianeta commissionata dalla
famiglia Rodinò |
Famiglie imparentate con Casa Rodinò:
Capece
Galeota:
il barone Giovan Francesco (1905
† 1990) sposa a Napoli nel 1930
donna Giovanna dei conti
Capece Galeota della Regina, figlia del
conte Francesco e di donna Teresa
Colonna di Paliano dei
principi di Summonte
Imperiali di Francavilla:
Antonio (1844
†
1932) sposa a Napoli nel 1882 donna Giulia
Imperiali d’Afflitto dei principi di Francavilla, figlia di
Francesco e di Luisa Ricciardi dei conti di Camaldoli; Marino
(1884
†
1960) sposa a Napoli nel 1938 Lucia Imperiali d’Afflitto
dei principi di Francavilla, figlia di Michele e di Teresa Tommasi dei marchesi di Casalicchio
Piromallo Capece Piscicelli:
Ugo ((1904
† 1949) sposa a Napoli nel 1930 la marchesa donna Luisa
Piromallo Capece Piscicelli di Montebello, figlia del marchese
Giuseppe duca di Capracotta e di Giulia dei marchesi Romanazzi
Carducci; Marcello (1906
† 1994) sposa a Napoli nel 1933 la
marchesa donna Maria Lucrezia Piromallo Capece Piscicelli di
Montebello, figlia del marchese Giuseppe duca di Capracotta e
di Giulia dei marchesi Romanazzi Carducci
Sanseverino di Bisignano:
Giovan Francesco (1838
†
1913), barone di Miglione, sposa a Roma
nel 1867 donna Maria Giuseppa
Sanseverino, figlia di Luigi,
principe di Bisignano e di donna Giulia Imperiali dei principi
di Francavilla
Visconti di Modrone:
Diego (1979) sposa a New York nel 2006 donna Elena Visconti di Modrone, figlia del conte Leonardo, ambasciatore d’Italia, e di
donna Anna
Sanfelice dei duchi di Bagnoli e dei marchesi di
Monteforte. |
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Sitografia:
Manifattura dell'Italia meridionale sec. XIX, Piviale
grigio con stemma Rodinò - 4726750 - it
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