
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Ordine della Giara
a cura di
Ettore
d’Alessandro di Pescolanciano |

Collare Ordine della Giarta |
Da fonti documentate risulta essere
l’ambasciatore-giureconsulto Antonio, esponente del
patriziato napoletano dei
d’Alessandro, investito del
cavalierato dell’Ordine della Giara. Fu re
Ferrante/Ferdinando I d’Aragona,
detto il Magnanimo, a voler riconoscere al
suddetto personaggio illustre, a metà del XV secolo,
tale riconoscimento per i servigi svolti e le capacità
professionali.
Tale Ordine, tra l’altro, risulta essere
istituzionalizzato proprio dal citato sovrano aragonese,
di origine castigliana, verso i suoi importanti
dignitari di corte a segno della loro certa fedeltà
verso la corona. Secondo lo storico seicentesco Curita[1]
l’idea di fondare un tale ordine si concretizzò nel
giovane Ferdinando di Trastàmara o de Antequera (Medina
del Campo 2/11/1380
†
Igualada 2/4/1416), detto “il
giusto”[2],
allorquando era ancora duca di Penafiel ed infante di
Castiglia, e più precisamente nel giorno della festività
dell’Assunta (15 agosto) del 1403[3].
La Giara, poi, passò dall’autorità del Gran Magistero
ducale (circa sette anni) a quella reale, quando
Ferdinando salì al trono d’Aragona e Sicilia nel 1410.
Detto ordine raggiunse un notevole livello d’importanza,
in questo periodo, tale da sostituire i già esistenti
ordini regi, quale quello della Banda[4],
di S. Spirito[5]
e di S. Giorgio[6]
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Napoli - Castel Nuovo -
Particolar rilievo di Alfonso d'Aragona col collare
dell'Ordine della Giara |
Il regolamento-statuto dell’Ordine (Regla della Giara)
non presenta norme, che si rifanno ad una rigorosa
pratica “di vita associativa”[7]
o contenenti “obblighi di prestazioni militari” a favore
del principe-magister. Tra gli obblighi evidenziati,
invece, vi era il rito di indossare, nelle celebrazioni
importanti e il Sabato, tuniche bianche[8]
con paraventi su cui era impresso l’emblema dell’Ordine,
cioè l’immagine di una giara dalla cui bocca
fuoriuscivano tre gigli. Questa figura simbolica si
trovava, anche, impressa sul collare di onorificenza,
composto da una serie di giare saldate da cui pendeva un
grifone. Altra sequenza di giare dorate o argentate era,
pure, ricamata su una fascia a bandoliera in tessuto che
dalla spalla cadeva sul petto. Una testimonianza
iconografica dell’esistenza di tale sorta di banda si
rinviene nel monumento sepolcrale del citato
ambasciatore Antonio d’Alessandro, presso la cappella
d’Alessandro nella chiesa di S.Anna dei Lombardi (Monteoliveto).
L’immagine marmorea di costui raffigura il nobile
cortigiano in posizione di riposo con le braccia
conserte, con accanto la moglie
Maddalena Ricci. La fascia con le giare ed i
gigli è impressa sulla tunica diplomatica, partendo
dalle spalle si ricongiunge verso le mani sovrapposte. |

Napoli - il sepolcro di
Antonio d'Alessandro, barone di Cardinto. Da notare la
fascia con il sibolo dell'Ordine della Giara |
Il simbolo dell’Ordine è, inoltre,
rappresentato nella seconda parte smembrata del
monumento funebre del d’Alessandro con due grandi giare,
poste a decoro in rilievo nei pannelli marmorei,
fiancheggianti l’insegna araldica della famiglia.
La tunica della Giara doveva, comunque, essere indossata
con senso di fedeltà verso la dinastia aragonese
trionfante ed il suo rappresentante primogenito.
Difatti, le regole fissarono che la “facoltà di
conferire l’onorificenza sarebbe spettata in futuro
esclusivamente a coloro che dopo Ferdinando avessero
ereditato il diritto di primogenitura nella successione”[9],
a cui spettava obbedienza. La Giara comparve subito alla
nascita di re Alfonso, figlio primogenito di Ferdinando[10]
e divenne onorificenza tanto cara a detto sovrano da
essere spesso elargita ai suoi fedeli sudditi.
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Napoli - Castel Nuovo -
L'insegna dell'Ordine della Giara
nelle mani di un angelo

Napoli - Sepolcro della Famiglia d'Alessandro con le
insegne
dell'Ordine della Giara |
Re Alfonso offrì la Giara a grandi personalità, tra cui
l’imperatore Federico III in occasione della sua visita
alla corte di Napoli. Lo storico Vespasiano da Bisticci,
così, testimoniò tale evento: “Fecegli la Maestà del re
molti presenti, et di grandissima istima, et detegli
l’impresa della banda di farlo cavaliere della Vergine
Maria, che si porta a riverentia di nostra Donna”[11].
Ogni collare era composto da 30 giare poteva essere
conferito anche alle donne; nel 1546 il Re donò al
cavaliere inglese Giovanni Import il collare d'oro con
il grifone pendente dalle ali, questa volta, smaltate di
bianco, in segno di riconoscimento per le imprese
militari compiute[12].
Nel 1457 ottenne il collare Bernabò
Adorno.
Alfonso II d'Aragona associava il conferimento
dell'Ordine della Giara a quello dell'Ordine
dell'Ermellino per sottolineare l'appartenenza della
dinastia napoletana alla storia della Casa dei
Trastàmara, ma nello stesso tempo la su autonomia. Nel
giorno della investitura di re Alfonso II celebrata a
Napoli da Giovanni BurcKardus, gran cerimoniere di
papa Alessandro VI, Goffredo
Borgia, dopo aver ricevuto l'addobbamento a
cavaliere, fu insignito dal Sovrano, prima dell'Ordine
della Giara e, successivamente, di quello dell'Ermellino
[13].
L’Ordine della Giara fu in uso presso i diversi sovrani
aragonesi e se ne perse l’uso dell’investitura con il
regno di Ferdinando II, il Cattolico (1530).
Francesco
de Vicariis nel 1456 fu nominato cavaliere
dell'Ordine
della Giara da re Alfonso I d'Aragona.
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ALTRI ORDINI CAVALLERESCHI: |
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